WALTER WOELTCHE, GLI ZEISS SUPERLUMINOSI

E L'IMPRINTING CANON
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Come già descritto nel pezzo sugli obiettivi FD-L, la Canon aveva sfornato fra il 1971 ed il 1976
un tris d'assi rappresentato da un corredino completo di ottiche superluminose asferiche, accreditate
di sonanti prestazioni: il supergrandangolo 24mm f/1,4, il normale 55mm f/1,2 ed il telino 85mm f/1,2.
Questa clamorosa prova di forza non poteva passare inosservata fra i matematici progettisti dei più
qualificati brand rivali, ed infatti così non fu; in particolare, in casa Zeiss (abituata ad una leadership
incontrastata nel campo dell'ottica) questa esibizione muscolare  mosse le acque più che altrove.

Il responsabile della progettazione, da poco subentrato in servizio, era Walter Woeltche, brillante
matematico che mi è stato descritto da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo come persona tanto
geniale quanto affabile ed alla mano; il giovane Woeltche si era formato alla Schneider Kreuznach
(dove aveva firmato fra l'altro il PA-Curtagon 35/4 ed il Super-Angulon 21/4 retrofocus, entrambi
adottati da Leica sui corpi R e destinati a grande successo commerciale); transfuga in Zeiss finì sotto
l'ala protettrice di quell'autentico monumento rappresentato dal dott. Erhard Glatzel, ormai al termine
di una luminosa carriera; ebbe il tempo di assistere al parto dei suoi ultimi lampi di genio poi toccò a
lui raccogliere l'eredità di nomi leggendari come Rudolph, Vandersleb, Bertele, Mertè e molti altri,
subentrando al timone; Woeltche, metodico come ogni buon matematico, si procurò i tre obiettivi
della Canon ed analizzò a fondo il loro schema, i vetri utilizzati e li testò anche sui banchi MTF Zeiss
(che tuttora dispongono della flangiatura Canon FD), realizzando una memoria interna secondo la
quale non v'era nulla di trascendentale o inarrivabile in quei progetti, nei quali anche l'uso della lente
asferica, per allora un exploit incredibile, non era formalmente necessaria - almeno nel 55 e nell'85 -
per conseguire tali risultati, affermando che la tecnologia Zeiss avrebbe potuto bissare quei vertici
di luminosità con qualità anche superiore con semplice utilizzo di superfici convenzionali.

Questo dossier rivelato davanti ad una folta assemblea era stato scritto soprattutto per tranquillizzare
gli animi, tuttavia nella mente e negli indirizzi del progettista stesso nulla sarebbe stato più come prima,
e l'ombra dei tre SSC Aspherical di Canon avrebbe gravato a lungo su analoghi progetti Zeiss;
paradossalmente, la prima risposta della Zeiss al banzai nipponico fu proprio un'ottica che non
uscì dallo stadio di prototipo, per quanto lungamente invocata nei mantra dei fanatici Zeiss: infatti
appena un anno dopo l'introduzione del Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical, nel 1976,furono 
completati i calcoli (certo complessi) del Distagon 25mm f/1,4, basato su 13 lenti in 11 gruppi
e "casualmente" anch'esso con una lente asferica, posizionata immediatamente dietro il diaframma,
sebbene lo stesso Walter Woeltche, come già accennato, nella memoria interna dedicata ai
superluminosi rivali avesse sminuito il suo impiego... in realtà ad Oberkochen erano perfezionisti e
 coscienti che mentre alla Canon avevano messo a punto un sistema proprietario per lavorare
le lenti asferiche a controllo numerico che era all'avanguardia mondiale, non altrettanto si poteva
dire (all'epoca) per Zeiss, la cui apparecchiatura soffriva ancora di tolleranze produttive eccessive
per l'estrema criticità dei calcoli, e probabilmente venne introdotta nell'1,4/25 Distagon per
assoluta ed inderogabile necessità; dell'ottica fu montato ad Oberkochen un esemplare prototipo
provvisorio tuttora conservato nei famosi armadi metallici che contengono i "campioni di riscontro";
 non entrò in produzione proprio perchè Woeltche ammise realisticamente che le tolleranze
 richieste dalla superficie asferica erano troppo severe per le capacità di casa Zeiss all'epoca,
 inoltre il peso finale poco si accordava con l'uso previsto nel reportage dinamico: fatto sta
 che il prototipo restò tale e al momento attuale non è reperibile alcuna fotografia di questo
obiettivo, ma soltanto uno schema grafico di profilo che evidenzia comunque le sue dimensioni
effettivamente king-size: 126mm di lunghezza e 90mm di diametro per la montatura
anteriore, che sarebbe stata servita da filtri da 86mm (vecchio retaggio Contarex) tramite
un adattatore; l'obiettivo avrebbe presentato una scala dei diaframmi compresa fra f/1,4
ed f/16 con messa a fuoco fino a 0,3m gestita da un sistema floating per minimizzare gli
evidenti cali di resa propri di un retrofocus così luminoso; il suo schema ottico è estremamente
complesso ed originale, basato praticamente su due Gauss posti in sequenza, assolutamente
differente da quello del Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical, il che evidenzia come
la progettazione fosse in effetti iniziata già prima del lancio del modello nipponico, basandosi
forse su concetti da superluminoso per cinematografia; l'aspetto doveva essere imponente:
immaginate, effettuando mentalmente una sorta di patchwork, un Sonnar 2,8/135 con la
scala diaframmi del Planar 1,4/50 ed uno strombo anteriore aggiuntivo simile a quello del
Distagon 2,8/21! Per ulteriori informazioni su quest'ottica, oltre ai diagrammi MTF e
quelli relativi a distorsione e vignettatura - misurati sul prototipo - potete riferirvi allo
specifico pezzo sui prototipi Zeiss presente in questa stessa sezione; purtroppo gli MTF
originali Canon si basano sullo standard attuale, con letture a 10 e 30 l/mm di frequenza
spaziale contro le 10, 20 e 40 di Zeiss; inoltre il Distagon 1,4/25 prototipo fu testato
(come all'epoca era talvolta prassi in Zeiss per i superluminosi) ad f/1,4 ed f/2,8 mentre
il Canon prevede letture ad f/1,4 ed f/8, per cui l'unica curva comune è quella relativa
a 10 cicli/mm ad f/1,4, comunque molto importante, ed ho provveduto a sovrapporla
al diagramma Zeiss; dal confronto si evince come il Distagon tenesse un po' meglio
fuori asse, e sicuramente sarebbe stato un vero campione di riferimento, se fosse
andato in produzione senza passare direttamente al mito...

Come i più attenti avranno notato non ho attribuito specificamente ed esclusivamente la
paternità del Distagon 25mm f/1,4 a Woeltche, dal momento che non esiste una prova di
riscontro che i calcoli siano tutti suoi; Woeltche giunse alla Zeiss nel 1973, forte di una
esperienza già ventennale presso la ISCO Goettingen, la Schneider Kreuznach ed altri
brand dell'ottica tedesco-occidentale; al momento in cui fu concepito questo prototipo
Glatzel era ancora al timone e l'attribuzione ad personam del prototipo è tuttora dubbia;
più realisticamente diverse mani hanno dato il loro contributo, piccolo o grande che fosse,
anche se dati, schemi e brevetti da me recentemente rivangati spostano la bilancia a netto
favore del vecchio leone Glatzel e del suo team.

Dopo la prima rinuncia a combattere sul grandangolare, Woeltche ebbe modo di riavvicinarsi
immediatamente ai concetti del rivale giapponese, mentre stata progettando una serie di ottiche
superluminose T=1,3 (f/1,2) per il cinema 35mm; nel pacchetto previsto di ottiche in montatura
Arriflex la focale più lunga era, appunto, un Planar 85mm f/1,2, calcolando il quale Woeltche
allungò in corsa la diagonale disponibile fino ai fatidici 21,5mm necessari a coprire il 24x36,
aprendo la via ad un impiego futuro su Contax e ad un secondo confronto diretto con Canon.

L'occasione si presentava dal momento che alla Zeiss si stava aggiornando una gamma di
ottiche cinematografiche calcolate da Glatzel all'inizio degli anni '70 e presentate nel 1976
nelle focali Distagon 25mm f/1,2 asferico flottante, Distagon 35mm f/1,2 asferico flottante,
Planar 50mm f/1,3 con lenti convenzionali e Planar 85mm f/1,4 con lenti convenzionali,
quest'ultimo identico alla versione fotografica lanciata nel 1974 per Contarex e Rolleiflex;
Questa gamma, pur premiata, non incontrò il completo favore degli utenti del settore cine,
perfezionisti ed esigenti; in particolare tutta la serie fu dichiarata capace di un T (luminosità
massima effettiva tenendo conto degli assorbimenti e delle riflessioni sulle lenti) pari ad
1:1,4, credibile per i due grandangoli, ancora passabile con difficoltà per il 50mm f/1,3
ma assolutamente non realistica per l'85mm che era già f/1,4 di targa, senza correzioni
(per lui sarebbe stato più logico dichiarare un T=1,5 o forse meno, ma si optò per la
piccola bugia forse per uniformare i dati tecnici sui cataloghi); inoltre le caratteristiche 
ottiche del Planar 85/1,4 (ben note dato che è tuttora in produzione in versione ZF)
consentono una buona resa su infinito ma a distanza molto ravvicinata e con diaframma
1,4 (situazione di utilizzo frequente nella cinematografia eseguendo primi piani del volto
e sfuocando lo sfondo indesiderato) la curva MTF e la nitidezza scendono decisamente,
fornendo immagini troppo morbide per la specifica destinazione cine; preso atto di questi
appunti, nel 1976 alla Zeiss incaricarono Woeltche di ricalcolare il 50/1,3 e l'85/1,4 portando
entrambi all'f/1,2 nominale proprio dei due grandangoli (apprezzati dall'utenza e lasciati
in produzione senza modifiche), permettendo di dichiarare un valore T=1,3 omogeneo e
questa volta realistico; inoltre la specifica prevedeva di migliorare la resa ottica proprio
nella focale 85mm, la più criticata dai clienti, specialmente a distanza ravvicinata:
stava nascendo la serie Zeiss High Speed Cine Lenses.

Fu così che Woeltche, fra il 1976 ed il 1979, calcolò il Planar 50mm f/1,2, dotato di
gruppo flottante, e soprattutto in nuovo Planar 85mm f/1,2, anch'esso flottante, con un
T effettivo pari ad f/1,3 contro T=1,5 dell'85mm di Glatzel; ribadendo la tradizione,
Woeltche calcolò il Planar 85mm f/1,2 per una diagonale di 21,5mm, prevedendone
quindi l'utilizzo anche sul formato fotografico 24x36mm, così come avveniva con l'85mm
f/1,4, col vantaggio di nascere  per il cinema e conforme alle sue altissime specifiche...

Mantenere le specifiche cinematografiche in questo particolare caso non era impossibile, perchè
il ridotto angolo di campo dell'ottica 85mm risentiva meno di questa variazione al progetto;
il calcolo iniziò praticamente ai tempi del lancio del Canon FD 85mm f/1,2 SSC Aspherical
e di quanto possa averne risentito il progetto Zeiss si può valutare negli schemi abbinati;
In questo caso Woeltche scartò l'idea di impiegare superfici asferiche per le solite ragioni ed
ottenne la correzione necessaria utilizzando speciali vetri Schott ad alto indice di rifrazione:
due lenti dei gruppi convergenti furono realizzate col vetro Schott LAFN2 (caratterizzato da un
indice di rifrazione di 1,74) ed altre due lenti (sempre nei gruppi convergenti) con un'altro vetro
Schott ancora più particolare, caratterizzato da un indice di rifrazione medio superiore ad 1,8,
accettando a cagione di ciò una piccola quota di aberrazione cromatica residua o spettro secondario
 (i vetri ad altissima rifrazione per loro natura possiedono anche alta dispersione) ed i mugugni degli
 addetti alla lavorazione delle lenti (questo tipo di vetro è durissimo). Non mi è nota la denominazione
del secondo tipo di vetro; lo Schott LAFN2, invece, costituisce un motivo di continuità col precedente
 85mm f/1,4 di Glatzel, dato che tutte le lenti dei suoi gruppi convergenti erano realizzate proprio con
 questo tipo di vetro, progettato in origine da.... Leitz (curioso intereccio, no?) e poi concesso in
 produzione alla Schott per ottenere quantitativi industriali, liberalizzandone le royalties; anche nei Gauss 
Planar 50mm f/1,7 e Planar 100mm f/2 tutte le lenti dei gruppi convergenti sono realizzate con vetro del
 tipo LAFN2, sfruttato fra l'altro sistematicamente da Glatzel nei prototipi dell'innovativo schema
retrofocus che è alla base del Distagon 1,4/25 (come confermano le tabelle che ho inserito nel'apposito
pezzo sull'origine di quest'obiettivo e che troverete a seguire nello stesso elenco di link cui è collegata
questa pagina).


Il Planar 85mm f/1,2, subito acclamato, fu uno dei capolavori di Woeltche; in particolare, a piena
 apertura f/1,2, era possibile ottenere MTF a 10 cicli/mm fino ad 87% sull’asse che restavano sull’80%
 fino ai bordi della calotta più corretta, avvicinando sull'asse gli standard degli attuali obiettivi fissi
 cinematografici T/1,3 che a piena apertura prevedono il 90% di MTF a 10 cicli/mm partendo
dall'asse e mantenendoli per circa l'80% della diagonale (ma sono avvantaggiati dalla diagonale minore);
per il Planar 85mm  è realistica un'aspettativa ad f/1,2 su qualsiasi esemplare, anche allo standard
minimo di centratura (estremamente critica in questo esemplare) di almeno l'80% di MTF a 10 l/mm
di frequenza spaziale partendo dall'asse fino a 10mm fuori centro, circa metà della diagonale, con
qualsiasi orientamento della calotta, valori inferiori ai Master Primes ma comunque assolutamente 
straordinari e fuori quota per un obiettivo f/1,2 che copre il formato completo 24x36mm (non
dimentichiamo che i Master Primes sono i migliori obiettivi cine superluminosi del mondo, pesano
come un 300mm f/2,8, hanno ingombri imbarazzanti e costano cifre nell'ordine dei 15.000 euro
cadauno....per capirne la qualità sia sufficiente come esempio la trilogia de "The lord of the rings").

 Nell'MTF a 40 cicli/mm ad f/1,2 si partiva da circa 40-42% sull’asse fino a non meno di 30%
 ai bordi nella calotta più scarsa, la sagittale; anche in questo caso sono valori eccezionali, dal
momento che 30% MTF è il "valore magico", il minimo necessario a percepire una soddisfacente
sensazione di nitidezza, ed in questo caso stiamo parlando di 40 coppie, ovvero 80 linee/mm...

 La centratura di questa splendida ottica è molto critica; in particolare, modificando la lente d’aria
 fra le due metà del Gauss è possibile correggere l’andamento dell’aberrazione sferica riducendo lo
 shift di fuoco a valori ottimali, appena 1 micron da f/1,2 ad f/1,4 e circa 30 micron da f/1,2 ad f/5,6
 per un circolo confusionale reale di 1/187mm ( circolo confusionale reale = 1000 : shift/diaframma,
 ovverosia 30micron : 5,6 = circa 5,35 ; 1000/5,35 = 187, ovvero 1/187mm) consentendo una resa
 ottimale ai diaframmi centrali, sia pure accettando un leggero calo di contrasto a 10 cicli/mm di
frequenza spaziale ad f/1,2.  Il passaggio da f/1,2 ad f/1,4 comportava un incremento di MTF molto
 modesto, viceversa la vignettatura calava drasticamente anche con una diaframmazione così minima.
 Il sistema di lenti flottanti combinato all’andamento dell’aberrazione sferica comportava una resa a
 distanze ravvicinate incredibilmente alta per un superluminoso: addirittura, ad un metro di distanza
 (il fuoco minimo) l’MTF sagittale a 40 cicli/mm era del 70% costante fino ai bordi, superiore persino
 a quello dello specifico Makro-Planar 100/2,8 allo stesso ingrandimento; la correzione a piena apertura
 f/1,2 alla distanza minima era migliore di quella dell’ottimo Planar 100/2 all’apertura f/2 ed identica
distanza, ma con 1,5 stop di vantaggio. Proiettando una mira di riscontro su un lato di 4 metri
a piena apertura f/1,2 è possibile distinguere 200 linee/mm al centro su circa 2mm di copertura
 ed ancora 140 l/mm a 19mm offset sulla calotta più corretta e 100 l/mm in quella più sfavorevole
 ( e si parla di f/1,2); in pratica l’ottica non fornisce mai meno di 100 l/mm in qualsiasi condizione
 ed altezza di diagonale. La qualità globale di questo progetto è tale che il suo creatore Woeltche,
 seppure assai modesto ed umile, definì letteralmente “astrale” il suo grado di correzione; posto
in vendita in montatura Arriflex nel 1980, arrivò col sospirato attacco Contax nel 1982  nella
versione celebrativa "50 Jahre", diventando ben presto il termine di riferimento per l'high-end
dei medio tele, eppure basta osservare gli schemi appaiati per capire quanto questo
campione si riferisca al progenitore Canon....

L'ultima ipotesi di confronto, sul campo dei normali, sembrava ormai destinata a scemare
dal momento che il sempreverde Planar 50/1,4 continuava a godere di un lusinghiero e
duraturo successo di vendite e critica; si dovette attendere fino al 1996 perchè a Woeltche,
ormai maturo e nel massimo fulgore della sua competenza tecnica, fosse commissionato
un obiettivo in tiratura limitata per celebrare il 100° compleanno dello schema tipo Planar;
le specifiche geometriche che Woeltche ricevette, un Planar 55mm f/1,2, casualmente
ricalcavano quelle del primo Canon Aspherical del 1971 che aveva innescato quello che
 io ritengo un salutare effetto domino...tuttavia Woeltche, peraltro già impegnato nel
calcolo di uno dei suoi capolavori, la serie Ultra Primes per il cinema, fu poco entusiasta
della richiesta, con l'aggravante del ridottissimo preavviso concesso; fra l'altro Woeltche
 dichiarò di ritenere la focale 55mm poco sensata nell'uso pratico e non si fece scrupolo
 di ammettere di aver progettato il Planar 55mm f/1,2 "100 Jahre", per così dire, un po'
 di malavoglia....

Analizzando lo schema di questo 55/1,2 Planar, nato un quarto di secolo dopo l'omologo
Canon FD Aspherical, mi stupisce il notare ancora reminiscenze di questo antenato; se
infatti, fedele al suo credo, Woeltche ha evitato la superficie asferica (in anni in cui questa
tecnologia di lavorazione era diventata comune e la stessa Zeiss l'aveva ben affinata sulle
ottiche cinematografiche), resta comunque un caratteristico fingerprint del 55/1,2 Canon:
l'ottava lente di campo posteriore aggiunta al Gauss e flottante: la coincidenza su questa
caratteristica può essere anche un caso, ma puntualizzo che il Canon 55/1,2 Aspherical
(col derivato 50/1,2 L) ed il Planar 55/1,2 "100 Jahre" sono gli unici normali Gauss
per la fotografia convenzionale 35mm a mettere in campo questa configurazione:
 in pratica l'emigauss posteriore è concettualmente identico e l'unica differenza macroscopica
 nello Zeiss consiste nella spaziatura ad aria della seconda e terza lente anteriore, tipicamente
 collate nei Canon (questo per aggiungere due superfici diottriche ed aumentare le variabili
 di calcolo); il sistema flottante portò notevoli benefici nella resa a distanze ravvicinate,
 dove la curvatura di campo era molto più corretta rispetto ai Planar 50mm f/1,4 ed f/1,7
 che ne soffrono in modo severo, specie il più luminoso; i valori MTF del Planar 55mm f/1,2
sono simili a quelli dell'eccellente Canon 55mm f/1,2 Aspherical a piena apertura mentre
la grande competenza di Woeltche (nonostante la scarsa propensione ideale a questo
progetto) appare nell'MTF ad f/5,6, dove la tenuta sulla diagonale è ottima, senza i
flessi dovuti a curvatura di campo ed astigmatismo propri del Canon; curiosamente,
gli MTF ufficiali Zeiss prevedono una lettura come valore di lavoro ad appena f/2,8,
insinuando nell'utenza il sospetto che oltre ci sia già diffrazione e che si possa contare
solo su questi non eccelsi valori; viceversa test MTF indipendenti e standardizzati
a quelli Zeiss, effettuati ad f/5,6, svelano le reali possibilità di quest'ottica, globalmente
superiore ai due Planar 50 convenzionali.

In definitiva, la tripletta "speciale" di superluminosi Canon FD ha lasciato il segno,
creando una nicchia ed influenzando con la loro progettazione estrema, innovativa
e senza vincoli o preconcetti anche superluminosi Zeiss nati dalla mano di un
autentico genio dell'ottica, un fingerprint immanente cui nessuno, da quel momento
in poi, ha più potuto sottrarsi.
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Il Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical del 1975 fu il primo obiettivo a vedere una risposta Zeiss, almeno
allo stadio di prototipo: il Distagon 25mm f/1,4, realizzato in esemplare unico nel 1976





Questo è l'aspetto che avrebbe avuto il Distagon 1,4/25:
126mm di lunghezza per 90mm di diametro, un voluminoso
cannotto che celava un prezioso sistema ottico a 13 lenti





Una primizia assoluta: lo schema ottico del Distagon 25mm f/1,4 prototipo
abbinato a quello del Canon FD 24mm f/1,4 SSC Aspherical: appare evidente
come la progettazione dello Zeiss si sia evoluta autonomamente e sia iniziata
anteriormente al lancio del Canon; lo schema a 13 lenti in 11 gruppi prevede
un elemento asferico (quello subito dietro al diaframma) ed un sistema flottante;
interessante la struttura, dove si evidenziano due Gauss i sequenza, caratteristica
approfondita nel pezzo sugli obiettivi Zeiss prototipo presente in questa stessa
sezione




Altri dati inediti: l'MTF ad f/1,4 per 10, 20 e 40 l/mm
misurato sul prototipo del Distagon 25mm f/1,4; la curva
in colore rosso è quella relativa al Canon 24mm f/1,4 a
10 cilci/mm; dal confronto si evidenzia una migliore
tenuta fuori asse per il prototipo Zeiss






Gli schemi abbinati del Canon FD 55mm f/1,2 Aspherical e dello Zeiss
Planar 55mm f/1,2 "100 Jahre"; sia pure lanciati a 25 anni di distanza
presentano l'identica, caratteristica ed unica soluzione dell'ottava lente
aggiunta posteriormente al Gauss e flottante: coincidenza?.....
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ECCEZIONALE DOCUMENTAZIONE SUL PLANAR 1,2/55 100 JAHRE

       

       

       

   

cliccare sulle slides per ingrandire
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Gli MTF a 10,20 e 40 l/mm per le aperture f/1,2 ed f/5,6 relativi al Planar 55mm f/1,2 "100 Jahre"  ed ai
precursori concettuali, i Canon FD 55mm f/1,2 Aspherical ed FD 50m f/1,2 L: a tutta apertura sono valori simili
(e globalmente inferiori a quelli dello splendido Planar 85mm f/1,2) ma passano decisamente a favore dello Zeiss
ad f/5,6, che surclassa con evidenza gli obiettivi nipponici nelle zone periferiche; da notare che sviluppando
la versione FD-L la semplice riduzione di focale a 50mm mantenendo inalterato lo schema ha comportato
visibili compromessi, evidenziando come sia via via più difficile  mantenere alti livelli di correzione nei superluminosi
all'aumentare dell'angolo di campo; probabilmente il Gauss dell'85mm Planar costituisce un felice e
e riuscitissimo compromesso...è curioso notare che l'MTF originale dello Zeiss Planar 55mm f/1,2 non
prevede questa lettura ad f/5,6 ma solamente ad f/2,8, cove i valori decisamente inferiori hanno diffuso
strane leggende metropolitane sulla qualità effettiva di questo raro obiettivo, sfatate peraltro dalle testimonianze
dirette dei fortunati e soddisfattissimi proprietari.

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SERIE DI IMMAGINI DEL PLANAR 85mm f/1,2 50 JAHRE

       

       

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Il Canon FD 85mm f/1,2 asferico (qui in esecuzione FD-new con la denominazione L)
è stato certamente una base concettuale su cui Woeltche ha realizzato uno dei suoi
capolavori: lo Zeiss Planar 85mm f/1,2






Più delle parole: a sinistra lo schema del Canon FD 85mm f/1,2 Asperical del 1976, a destra quello dello Zeiss Planar
85mm f/1,2 del 1979: il fingerprint concettuale è palese






Gli MTF campione del Planar 85mm f/1,2 Planar: eccellenti, specie ad f/1,2; in realtà da test individuali
eseguiti su altri esemplari nella stessa sala dei banchi MTF Zeiss risulta che queste specifiche sono talvolta
superate, arrivando con 10 l/mm di frequenza spaziale ed f/1,2 in asse a quasi 90% di MTF, avvicinandosi ai
celebratissimi obiettivi cinematografici Zeiss Master Primes, avvantaggiati da una diagonale più ridotta;
viceversa, lavorando sulla spaziatura ad aria del Gauss, ed accettando un leggero calo proprio ad f/1,2 su
10 l/mm di frequenza spaziale, è possibile minimizzare lo shift di fuoco fra f/1,2 ed f/4-5,6 a valori ridottissimi
(considerando l'apertura iniziale) che garantiscono un MTF a diaframma chiuso superiore a quello dello
standard sopra riportato, dove il flesso sagittale a 40/mm compreso fra 10 e 15mm di altezza sulla diagonale
è pressochè inesistente.
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