SPECIALE ZEISS:
TOPOGON CONTAX 25/4 - BIOGON CONTAX
21/4,5 -
TELOMAR ICAREX 400/5 - TELE-TESSAR CONTAREX
400/5,6
RASSEGNA E PARALLELI SU DUE
COPPIE DI
RARI OBIETTIVI ZEISS: I FAMOSI GRANDANGOLARI
PER TELEMETRO E GLI UNICI 400mm
PRODOTTI DALLA
CASA TEDESCA NELLA SUA LUNGA STORIA
ABSTRACT
an all-Zeiss appetizing dish: close ups, description and some brief shots with
four unusual
ad sought-after Zeiss lenses: the famous Topogon 25 and Biogon 21 for Contax
rangefinder
and the only two 400mm lenses produced by Zeiss: the Zeiss Ikon - Voigtlaender
Icarex
400mm f/5 Telomar and the Zeiss Contarex 400mm f/5,6 Tele-Tessar: four monuments
fogged
by a mistique of their own, materialized for a while in my hands.
12/08/2008
Questo pezzo doveva essere in realtà una prova sul campo
finora inedita, nel corso della quale
sarebbero stati torchiate sul patibolo dei moderni film ad alta risoluzione due
coppie di obiettivi Zeiss
molto rari, interessanti ed intriganti, ciascuno a suo modo: Topogon Contax 25mm
f/4 vs Biogon Contax
21mm f/4,5 e Telomar Icarex 400mm f/5 vs Tele-Tessar Contarex 400mm f/5,6;
ciascuno di essi merita
una collocazione speciale nella storia dell'ottica: il Topogon fu il primo, vero
supergrandangolare di produzione
con luminosità praticabile ed era basato sul geniale progetto
aero-fotogrammetrico di Richter che risaliva ad
inizio anni '30, tanto semplice come schema quanto diabolicamente complesso da
realizzare in pratica; il Biogon
f/4,5 da 90° di Bertele fu la prima interpretazione del padre di tutti i
grandangolari simmetrici moderni, obiettivo
dalla resa leggendaria; per quanto riguarda il Telomar ed il Tele-Tessar, si
tratta semplicemente degli unici due
obiettivi da 400mm prodotti da Zeiss nella sua lunga storia, sia pure
considerando l'infinita messe di sistemi
portati in produzione!
Sono tutti obiettivi decisamente insoliti quando non rari: il
Topogon 25mm f/4 postbellico in attacco Contax fu
prodotto dalla Zeiss Jena il 1.195 esemplari (fra il 1950 ed il 1957, con
matricole da 3.318.101 a 4.891.200),
ed il Biogon 21mm f/4,5 con medesima montatura fu prodotto ad Oberkochen
in 10.200 esemplari (a partire dal
1954, con matricole comprese fra 1.136.060 e 1.883.802: in questo caso la
successiva ed otticamente identica
versione per Contarex è più rara, con appena 4.000 pezzi realizzati); passando
ai 400mm, non si hanno registri di
produzione per il Telomar f/5 (marcato Carl Zeiss ma formalmente prodotto da
Voigtlaender, come rivelato anche
dal numero di matricola non coerente, scelto per gli obiettivi Icarex a partire
da oltre 7 milioni quando la vera numerazione
di Oberkochen era nell'ordine di 4.800.000 - 5.000.000); si tratta tuttavia di
un obiettivo molto raro e probabilmente
prodotto in quantità assai limitate: il sistema Icarex era infatti una gamma di
fotocamere di classe media che strizzava
l'occhio al fotoamatore senza eccessive pretese, un target di utenti che
difficilmente portava a casa un mastodontico e
pesante 400mm originale... Per quanto riguarda il Tele-Tessar Contarex, fu
prodotto nel 1970 in un lotto di appena
366 esemplari, e si tratta quindi di uno degli obiettivi Zeiss più rari e
ricercati, conteso fra i più celebri esperti e
collezionisti Zeiss del mondo.
Come dicevo, l'idea iniziale era quella di imbastire una
coppia di test sul campo da cardiopalma, tuttavia nè io nè
Pierpaolo Ghisetti, il caro amico che in distinte occasioni mi ha messo a
disposizione i prezioso materiale da testare,
avevamo fatto i conti con i ragionevoli acciacchi dell'età, che spesso minano
l'affidabilità di materiali molto anziani e
rimasti troppo a lungo inattivi: nella fattispecie, testando i due
grandangolari, il famigerato otturatore della Contax IIA
impiegata per la prova malfunzionava con i tempi più rapidi, aprendosi solo
parzialmente e rendendo inutilizzabili le
diapositive-test; nel caso dei 400mm - memori della prima sdentata - utilizzammo
due corpi già collaudati e "sicuri",
ma in questo caso a "fare i capricci" è stato il complesso sistema di
rinvio per il diaframma del 400mm Contarex, i
cui comandi - induriti dall'inutilizzo e probabilmente dai lubrificanti secchi -
facevano ritardare la chiusura ad un punto
tale che il diaframma si posizionava al valore di lavoro quando l'otturatore
aveva già completato l'esposizione, restituendo
diapositive sovraesposte (durante l'esposizione vera e propria l'iride era
ancora completamente aperto): è così sfumata
la possibilità di realizzare il "pezzo" così come era stato previsto
ma il materiale raccolto era comunque interessante e
tale da giustificare questa pagina...
(tutte le foto che seguono sono state eseguite in condizioni
che potremmo
eufemisticamente definire precarie, quindi la loro qualità non è quella
consueta)
I due rari grandangolari Zeiss in compagnia della classica
Contax IIA e del relativo
mirino tipo 440; la Zeiss Ikon Stuttgart, lo stabilimento dove nascevano le
fotocamere,
produsse due distinte versioni del mirino multifocale, descritte sui cataloghi
con lo stesso
codice 440: un primo tipo, realizzato in piccola tiratura e molto raro, con
focali da 25mm a
135mm e destinato al Topogon 25, ed una seconda opzione con focali da 21mm a
135mm
(priva però della focale 25mm) dedicato al successivo Biogon 21, entrato in
batteria nel 1954;
va notato che il Topogon 25mm era prodotto dalla Carl Zeiss Jena nella DDR, dal
momento che
l'obiettivo tipo Topogon era un progetto ed un brevetto su cui la CZJ
rivendicava i diritti, e ad
Obrkochen non era legalmente possibile realizzarlo; successivamente Richter
brevettò nuovamente
il suo Topogon nelle varie opzioni anche a nome della Carl Zeiss occidentale:
non furono realizzati
Topogon per il normale impiego fotografico (ampiamente coperto dai vari Biogon e
Distagon) ma
la divisione metrica dell'Azienda mise in produzione obiettivi come il Topogon
60mm f/11 (destinato
ad un apparecchio topografico stereo) o il Topogon 180mm f/6,3 ed f/5,6 (da
ingrandimento, applicato
ad un enorme ingranditore per lastre aero-fotogrammetriche); questo antefatto
del secondo brevetto
di Richter a nome dello Stiftung occidentale spiega dunque l'arcano di questi
misteriosi Topogon made
in Oberkochen e che teoricamente non dovrebbero esistere.
una foto d'insieme con la vista anteriore e posteriore dei due
obiettivi, da cui si può già notare
le minuscole proporzioni del nocciolo ottico Topogon ed il suo maggiore spazio
retrofocale;
la montatura del Topogon, molto leggera, fa trasparire l'origine DDR, mentre i
Biogon fa largo
uso di bronzo ed ha una complessione più solida; entrambi gli obiettivi sono
trattati antiriflesso,
con sfumature: il Biogon ha già trattamenti di seconda generazione, poi
perfezionati a fine anni
'50 per il sistema Contarex ed Hasselblad e piuttosto efficaci, mentre il
Topogon ha un trattamento
delle lenti più primitivo, identificato dalla T rossa (per Transparenz), che
paga l'entrata in produzione
precedente.
Il Topogon 25mm f/4 su Contax IIA; le ridottissime proporzioni
del nocciolo ottico
sono particolarmente evidenti, e giustificano la grande difficoltà incontrata
nella molatura
delle sue lenti, caratterizzata da molte rotture e scarti: in particolare, i due
sottilissimi e
minuscoli menischi interni in vetro Short Flint ad alta rifrazione, notoriamente
più coriaceo
da lavorare, rendevano l'operazione penosa; addirittura alla Nippon Kogaku,
producendo
l'omologo Nikkor 2,5cm f/4 per Nikon a telemetro, si dovettero creare nuovi
protocolli di
lavorazione (ad esempio, l'asciugatura con getto d'aria dopo la pulizia ad
ultrasuoni fu abolita,
perchè lo sbalzo termico dovuto alla rapida evaporazione faceva incrinare i due
famosi, sottilissimi
menischi interni...)
vista frontale del Topogon 25 con la ghiera del diaframma
coassiale alla montatura anteriore;
lo strombo è già passivato in nero come negli obiettivi moderni, per
minimizzare i riflessi parassiti;
nell'immagine a destra si nota il diaframma in posizione di lavoro: per
semplificare la realizzazione
di un iride così piccolo furono adottate soltanto 5 lamelle
il dettaglio del cannotto posteriore conferma le minuscole
dimensioni del nocciolo ottico, posto ad una
buona distanza retrofocale; in considerazione di questa caratteristica - e
sempre per minimizzare potenziali
riflessi parassiti - il cannotto è stato prolungato verso il piano pellicola
con uno strombo posteriore completamente
passivato in nero opaco.
La vista anteriore del Biogon 21mm f/4,5 evidenzia un sistema
ottico ben più complesso
e lenti di diametro maggiore; il Biogon 21mm f/4,5 esordì in attacco Contax, fu prodotto
anche per Contarex nonchè fornito al produttore specializzato Maurer per una
fotocamera
aero-fotogrammetrica di piccole dimensioni.
Un dettaglio dei due mirini 440, entrambi made in Stuttgart: a
sinistra la prima e rara versione
per Topogon 25, a destra il modello più conosciuto, nato per il Biogon 21
Una rimpatriata fra parenti di varie generazioni, tutti
"fuori quota": Topogon 25mm f/4, Biogon
21mm f/4,5 ed Hologon 16mm f/8 per Contax-G
Gli schemi ottici del Biogon f/4,5 e del Topogon affiancati,
con i relativi vetri ottici utilizzati;
il Topogon si avvale di due coppie simmetriche di vetri antagonisti, per
correggere l'aberrazione
cromatica: a bassa rifrazione quelli esterni e ad alta rifrazione/alta
dispersione quelli interni; il
Biogon è molto più complesso ed approccia la correzione dell'aberrazione
cromatica con due
elementi anteriori a bassa dispersione, di classe Schott BK10 e Schott FK5,
seguiti da un
moderno vetro LAK10 ad alta rifrazione e bassa dispersione; questi primi tre
vetri (così come,
ad esempio, la penultima lente posteriore in Short Flint al Piombo) sono stati
tutti "riprogettati"
dalla Schott quando sono entrate in vigore le severe normative sull'eliminazione
di materiali
inquinanti come Piombo, Cadmio ed Arsenico, il che ha comportato - in tempi
moderni -
la necessità di riprogettare l'immortale Biogon f/4,5: apparentemente lo schema
è praticamente
identico ma gli MTF rilasciati dalla Zeiss sono inferiori a quelli del modello
originale, confezionato
con vetri "non ecologici"...
alcune inedite copie delle schede relative agli obiettivi
Zeiss prebellici compilate da Willi Mertè ed
Edward Kaprelian per la operation Paperclip, poi secretate per anni presso il
Central Air Defence
Office di Dayton, Ohio; nelle schede sono censite tre versioni originali del
Topogon; purtroppo il
trasferimento su rulli di pellicola e la successiva conservazione per 60 anni in
condizioni non ottimali
ha portato il deterioramento dell'emulsione, e le schede non sono perfettamente
leggibili
Fra le più famose copie del tipo Topogon possiamo annoverare
il Canon 25mm f/3,5 per modelli
a telemetro, caratterizzato da una quinta lente di campo posteriore come alcuni
dei modelli originali
prebellici.
Credits: photo Westlicht Photographica Auction - Wien
un altro tipo Topogon ortodosso è il Mamiya 65mm f/6,3 per
Universal 6x9cm, "limitato"
a 76° (sul formato 6x9cm equivale ad un 28mm del 24x36mm) e con un'abbondante
diaframmazione iniziale anche a tutta apertura per combattere la vignettatura,
forse l'unico
difetto di questo geniale schema ottico; curiosamente, la sua focale e
luminosità coincide
quasi perfettamente con quella del primo progetto Topogon di Richer dell'inizio
anni '30
(66mm f/6,3, con una copertura angolare superiore in virtù della destinazione a
lastre
quadrate per aero-fotogrammetria, più grandi del formato 6x9 della Mamiya
Universal)
Pochi sanno che l'ultimo, vero Topogon progettato e prodotto
è probabilmente un'ottica destinata
al banco ottico 10x12cm ed appartenente alla gamma economica Geronar del famoso
costruttore
tedesco Rodenstock, caratterizzata da obiettivi con luminosità e copertura
inferiore ai modelli top
di gamma abbinate a schemi ottici più semplici, per contenere il costo e creare
un prodotto entry-level;
nel caso delle focali normali ci si è avvalsi del classico tripletto di Cooke,
mentre per il medio grandangolare
da 90mm è stato adottato lo schema Topogon originale, limitandolo anche in
questo caso ad 86° ed
accontentandosi di un'apertura iniziale di f/8 per combattere la vignettatura;
prego di notare che il diametro
delle lenti consentirebbe un'apertura molto superiore e che il valore f/8 è
ottenuto con l'iride già abbondantemente
chiuso in stop-down al valore d'esordio, come si nota dalla sezione; questa
riproduzione di una brochure Rodenstock
dell'epoca è molto interessante perchè riporta l'andamento tipico delle curve
MTF riferite a questo schema, il che
consente di valutarne la "filosofia": ridotta forcella fra calotta
sagittale e tangenziale (che indica il contenimento della
curvatura di campo e dell'astigmatismo) e recupero marginale della lettura
sagittale fin quasi ai valori dell'asse (in
pratica l'obiettivo ha una soddisfacente uniformità sul campo, ad onta degli
86° consentiti)
questi schemi si riferiscono al modello Rodenstock Grandagon
90mm f/4,5, obiettivo molto più costoso e
complesso basato sui concetti Super-Angulon e Biogon, molto più moderni ed
articolati rispetto al semplicissimo
Topogon; sull'asse l'obiettivo garantisce valori un po' più alti (non fosse
altro in ottemperanza alla regola generale
sulla diffrazione - che questi obiettivi seguono a sufficienza sull'asse -
grazie alle maggiori aperture di riferimento)
ma come andamento tipico i bordi degradano di più, senza il recupero del tipo
Topogon; va però considerato il
fatto che il 90mm f/4,5 presenta una copertura estesa a ben 105° contro gli
86° del Geronar-WA...
credits: schema (2) Rodenstock Muenchen
Come anticipato, il malfunzionamento del corpo Contax IIA ha vanificato quasi
tutti gli scatti di prova eseguiti col
Topogon 25 ed il Biogon 21; a seguire un'immagine ripresa in interni con i due
obiettivi chiusi ad f/8 su Fuji Provia
a 100 ISO, scansionata con Nikon Coolscan senza aggiungere alcuno sharpening nè
in fase di scansione nè in Photoshop.
da quest'immagine (realizzata frettolosamente dietro i banchi
di una fiera del settore)
ho ricavato 7 crops da 400x400 pixel che visualizzeremo affiancati (Topogon a
sinistra,
Biogon a destra); il crop n° 7 serve per valutare la resistenza al flare; dato
che gli obiettivi
non sono accoppiati al telemetro, avevo effettuato una misurazione in autofocus con
il Canon
EF 85mm f/1,2 L, riportando poi manualmente sulle due ottiche il valore
rilevato.
Curiosamente, la diapositiva esposta col Biogon è più densa,
anche se è stata ripresa
con lo stesso corpo macchina, sullo stesso rullo di Provia 100, con lo stesso
tempo di
posa e l'identica regolazione f/8: posso solo ipotizzare una diversa
calibrazione nell'iride
dei due obiettivi; il blend più caldo ottenuto col Biogon è probabilmente
legato alla
risposta cromatica della diapositiva sottoesposta; dal punto di vista della resa
ottica
(ricordo che non c'è alcuno sharpening in nessun punto della catena cinematica,
e quindi
le immagini appaiono naturalmente un po' morbide), il quotatissimo Biogon 21
sembra avere
un maggiore microcontrasto, tuttavia (come confermato da riprese in controluce
qui non
pubblicate) il Topogon soffre di un vistoso flare anche con minimi controluce,
ed il
contrasto più basso è probabilmente dovuto ad interriflessioni (come
confermato dalle
ombre molto "aperte"); per quanto riguarda la risoluzione, il Topogon
regge bene il
confronto col ben più moderno e dotato Biogon, ed anzi, in certe zone
intermedie prevale
leggermente; solo ai bordi estremi il Biogon tiene meglio (ed infatti ha
equipaggiato anche
apparecchi metrici...). Il crop n° 7 non rende l'idea della reale sensibilità
del Topogon al
controluce (certe immagini della stessa sala in controluce con varie finestre in
campo sono
quasi "disastrose"), una caratteristica inaspettata in uno schema
così semplice.
questo scatto eseguito col Topogon ad f/8-11, uno dei pochi
con qualche dettaglio visibile,
evidenzia la difettosità dell'otturatore che ha pregiudicato il test; l'elevato
contrasto disponibile
ci rivela che il flare diffuso dei crop precedenti dipende esclusivamente dal
controluce.
due serie di crop centro/bordi al 100% mostrano l'elevata
risoluzione del Topogon 25
ed il leggero ammorbidimento ai bordi; facendo queste prove con raro materiale
d'epoca
occorre anche considerare infinite variabili funzionali, la minore planeità di
campo dei vecchi
piani focali, eventuali decentramenti o scalibrature degli obiettivi o della
baionetta sul corpo
macchina, etc.: è davvero difficile giungere a conclusioni attendibili.
Questo scatto eseguito con Topogon 25mm ad f/8 evidenzia
alcune caratteristiche peculiari:
la ridottissima distorsione, la visibile vignettatura e la capacità di
mantenere una leggibilità
d'immagine molto simile su vari piani della scena posti a distanze molto
differenti anche con
chiusure del diaframma non eccessive, fornendo una impressione di profondità di
campo
superiore ad altri obiettivi di pari focale utilizzati in condizioni analoghe;
naturalmente oggi
esistono grandangolari molto performanti e luminosi, ma se consideriamo che
quest'obiettivo
risale al 1933, quando ipotizzare 80° di campo così corretto sembrava
un'utopia, le sue
prestazioni sono da considerarsi molto elevate.
E veniamo ai due "cannoni": curiosamente, nella
lunga storia della Zeiss che ha visto catadiottrici
militari da 28 metri (SIC, non millimetri) di focale già ai tempi della WWII,
gli unici due 400mm
prodotti sono quelli presentati in questa occasione, raro l'uno ed estremamente
raro l'altro, in testa
alla wish-list dei più famosi collezionisti Zeiss; del resto, restando nel
settore fotografico convenzionale,
è ben nota l'idiosincrasia Zeiss per le lunghe focali: l'azienda che ha
inventato il grandangolare non ha
mai dotato i propri sistemi di supertele "umani", e persino il sistema
Contax-Yashica del recentissimo
passato soffriva di questa sindrome... Non so quante volte questi due calibri di
casa Zeiss saranno stati
documentati e provati simultaneamente, ma grazie all'amico Pierapaolo (ritratto
qui sopra mentre arringa
qualche attentissimo appassionato) ho avuto l'occasione di farlo in prima
persona.
In condizioni di fortuna, sotto il sole implacabile
dell'estate incipiente, due "cugine"
del recente passato esibiscono "l'attrezzo": a fianco della
sempreverde Contarex
Super laccata nera e dell'insolita Icarex 35 CS Pro nera con pentaprisma
esposimetro
fanno bella mostra di se gli unici 400mm targati Zeiss della storia: a sinistra
il Carl
Zeiss Voigtlaender Telomar 400mm f/5 per Icarex BM, a destra il ben più
compatto
Carl Zeiss Tele-Tessar 400mm f/5,6 per Contarex, uno degli obiettivi più rari
della
Casa dall'alto dei suoi 366 esemplari.
i due cannoni montati sui rispettivi corpi macchina: il
modello Contarex è molto più compatto
perchè adotta uno schema tipo Tele-Tessar, dotato di un ragionevole
telephoto-ratio, mentre
l'ingombrante Telomar è basato su un semplice tripletto (probabilmente in grado
di coprire un
formato ben superiore al 24x36mm), privo di gruppi posteriori divergenti in
grado di minimizzare
le dimensioni; la luminosità superiore (f/5) fa il resto...
appaiando le montature anteriori la differenza di sbalzo è
imbarazzante; mentre il cannotto
del 400mm Contarex ha un'estetica datata ma fluida, essenziale e piacevole, il
400 Telomar
è una sorta di arcimboldo o torre di Babele che replica numerosi tipi di
finitura, quasi si
trattasse di un "missile" multistadio: notare i due strombi in cascata
davanti alla baionetta, il
doppio collare godronato per messa a fuoco e diaframma, il cannotto principale
anodizzato
con paraluce rivestito in finta pelle e addirittura due anelli cromati
decorativi: decisamente
troppo per i sobri gusti attuali.
i tappi protettivi dei due obiettivi sono esteticamente molto
differenziati, quasi a voler staccare
ancora di più la produzione destinata alla divina Contarex da quella meno
nobile e - se vogliamo -
un po' "imbastardita" prodotta da Voigtlaender col marchio Carl Zeiss
per le fotocamere Icarex,
dettagli che fotografano bene lo stato di confusione manageriale che
caratterizzava l'ultima fase
delle fotocamere prodotte dallo Zeiss Stiftung; il tappo del Telomar, con
marchio del consorzio
Zeiss Ikon Voigtlaender creato quando quest'ultima fu assorbita dalla Zeiss,
replica la finitura
del corrispondente paraluce estraibile, mentre il tappo posteriore del Contarex
è un vero gioiello
di design, in metallo smaltato e finemente sbalzato; l'insolita impugnatura con
gomma rifinita
"shark-skin" (che sembra prelevata direttamente da una Nikonos anni
'60) fa parte della dotazione
funzionale del 400mm f/5,6 Tele-Tessar Contarex, va applicata alla filettatura
per il treppiede e
nelle intenzioni della Casa dovrebbe aiutare a brandeggiare l'ottica a mano
libera.
Un dettaglio delle "bocche da fuoco", con lenti
trattate antiriflessi senza fare economia; in realtà
i due cannotti non sono in scala: quello Contarex (a sinistra) accetta filtri da
77mm, mentre il Telomar
(a destra) è predisposto con una filettatura da 95mm, anche se la lente
anteriore sfrutta meno il diametro
utile ed è simile nelle misure a quella del Tele-Tessar; va notato che,
nonostante la firma Carl Zeiss,
l'obiettivo Telomar esce da una linea di produzione differente (curata da
Voigtlaender), come dimostrato
dal numero di matricola "illogico" (ad Oberkochen sono arrivati a
questi valori intorno al 1990...)
Il rarissimo Tele-Tessar 400mm f/5,6 dispone di un pratico
collare rotante
con attacco per treppiede dotato di fermo a 90° con relativo pulsante in
allumino godronato per lo sblocco; il paraluce anteriore è estraibile ed è
dotato di una doppia filettatura per avvitarlo in posizione di sicurezza sia
collassato che estratto: una montatura molto raffinata per il cannone del
sistema reflex d'eccellenza di casa Zeiss!
la messa a fuoco del Telomar 400mm f/5 Icarex è gestita dalla
presa di forza in alluminio
godronato, con una finitura analoga a quella degli Zeiss Contarex (forse l'unica
parentela);
la scala scende fino ad una distanza di 6 metri, non eccezionale; notare, sotto
ai riferimenti
per la profondità di campo, il collare rotante per applicare l'ottica al
cavalletto.
Un elemento esclusivo e qualificante del 400mm f/5,6 Tele-Tessar, introdotto nel 1963 sul
fratellino Sonnar 250mm f/4, è rappresentato dallo Schnellfokussier-Einrichtung,
ovvero un
sistema di messa a fuoco rapida tramite pignone e cremagliera gestito da un
pomello rotante
in posizione laterale, che garantisce in effetti una messa a fuoco agevole e
rapida pur in assenza
di flottaggi interni al gruppo ottico; il pomello secondario che sporge
sull'asse è una frizione per
regolare la resistenza del sistema, un'ulteriore raffinatezza che - unitamente
alla squisita estetica
del dettaglio - configura questo dispositivo come il punto focale dell'intera
meccanica ed autentico
valore aggiunto dell'obiettivo; incidentalmente, la messa a fuoco di quest'ottica
scende fino a 4 metri,
un valore migliore rispetto al Telomar ma non eccezionale per lo standard
Contarex, che aveva abituato
i clienti ad autentici obiettivi "macro": probabilmente lo sbalzo del
cannotto telescopico sarebbe diventato
fastidioso, dal momento che modifica la distanza fra l'apparecchio appoggiato
all'occhio e la mano che
regola la messa a fuoco, obbligando ad un insolito movimento di "va e
vieni"; l'obiettivo si caratterizza per
340mm di lunghezza, 95mm di diametro e1.760g di peso, valori ragionevoli considerando al focale e
l'anzianità del progetto.
un dettaglio dell'iride dei due 400mm: a sinistra il 400mm
Contarex, col classico diaframma
"ad ingranaggio" presente anche su altri modelli, dotato di chiusura
automatica al momento dello
scatto; a destra il 400mm Icarex, con diaframma manuale a funzionamento
stop-down: questo
ha risolto alla radice il problema legato ad attriti e inerzie ed ha permesso
l'adozione di un sibaritico
iride a ben 20 lamelle, praticamente tondo! Proprio la "pigrizia"
nella chiusura del diaframma automatico
Contarex ha pregiudicato anche questo confronto parallelo...
l'affascinante aspetto dell'iride Contarex, simile all'occhio
di un animale minaccioso,
mi ha suggerito questa composizione, ovvero: gli occhi della Zeiss...
Gli schemi ottici dei due 400mm: il Contarex si basa su un
apprezzato e collaudato
tipo Tele-Tessar, adottato anche sull'omonimo 350mm f/5,6 Hasselblad, mentre il
Telomar Icarex si accontenta di un semplice tripletto, seguendo le orme della
Nippon
Kogaku e dei suoi 350 e 500mm per Zenza Bronica e Nikon S; osservando lo schema
e conoscendo l'ampia copertura dei Nikkor (arrivavano al 6x6cm) azzardo
l'ipotesi che
anche il tripletto del Telomar copra ben più del 24x36mm, anche se le
strozzature meccaniche
della montatura non consentono la verifica...
Vediamo ora qualche scatto di prova eseguito con il Telomar
Icarex, sfruttando come soggetto il
decolletèe di una piacente signora, ingaggiata al volo per l'occasione; su
cavalletto ho eseguito tre
scatti ad f/5 - f/8 - f/11 con Icarex 35 CS pro caricata a Fuji Provia 100 ISO;
visualizzeremo per
ogni apertura due crops da 400x400 pixel al 100% del formato della scansione,
uno prelevato
nelle zone centrali ed uno in quelle periferiche; puntualizzo e ribadisco la
grande difficoltà incontrata
anche in questo caso per sfruttare una focale così critica su un corpo macchina
il cui mirino ed il cui
vetro di messa a fuoco rendono estremamente difficile una messa a fuoco
accurata, manovra indispensabile
con focali così lunghe.
il fotogramma intero (i crop non sono identici perchè il soggetto ha leggermente cambiato postura)
il Telomar a piena apertura f/5 ha una resa soddisfacente,
considerando l'epoca di costruzione,
la classe del suo sistema e la scansione senza alcuno sharpening in tutto il
processo; verso i bordi
si percepiscono leggeri fringing legati all'aberrazione cromatica laterale non
perfettamente corretta,
ma decisamente accettabili; la modesta morbidezza ai bordi è forse più dovuta
al piano di fuoco
leggermente diverso (non intercettato a dovere dalla ridottissima profondità di
campo) che a pecche
dell'obiettivo, ed il tipo di rendimento mi conferma l'ipotesi di una copertura
effettivamente superiore
sfruttata sono nella porzione centrale; chiudendo il diaframma ad f/8 ed f/11
l'obiettivo migliora leggermente
ai bordi ma peggiora sull'asse, quindi è forse preferibile utilizzarlo alla
massima apertura, avvantaggiandosi
dei tempi rapidi ed evitando il problematico utilizzo del diaframma stop-down; la
resa è comunque secca e
contrastata, con una piacevole blend cromatico leggermente caldo, insolita nei
report d'epoca sui teleobiettivi
datati: spesso infatti, nei sistemi acromatici dell'epoca, il vetro a bassa
dispersione era una versione dell'attuale
Schott FK-5, dotato di numero di Abbe vD intorno al 70; la particolare
composizione chimica di questa
famiglia di vetri lascia passare la banda verso l'ultravioletto fino a frequenze
di solito tagliate dagli altri vetri
(lo Schott FK-5 è ancora parzialmente trasparente persino a 280nm, dove
garantisce ancora il 40% di trasmissione),
e questo forniva un resa cromatica leggermente fredda; probabilmente le
emulsioni moderne, dotate di filtri UV,
minimizzano il problema restituendo un bilanciamento cromatico più caldo.
un'altro scatto eseguito a distanza medio-lunga con il Telomar
Icarex 400mm f/5 chiuso ad f/8, la resa
ha una piacevole presenza con ombre ancora leggibili ed un blend gradevole,
caldo-rosato e non giallastro.
due crops al 100% confermano la buona nitidezza nel piano di
fuoco e la buona leggibilità
residua nelle zone leggermente fuori fuoco: è senz'altro un ottimo obiettivo
per l'epoca, ma
anche un pesce fuor d'acqua nel corredo Icarex, un sistema senza troppe pretese
che obbligava
gli utenti del periodo a a puntare su barilotti targati Soligor o Tamron per
scendere sotto i 35mm dello
Scoparex...
Questa interessante tabella di fine anni '60 mostra lo
spostamento di fuoco degli obiettivi Contarex
focheggiando nel visibile ed impressionando l'immagine nell'infrarosso a 700,
750 ed 800nm di
lunghezza d'onda; come si può notare, il tipo Tele-Tessar è piuttosto
corretto, considerando la sua
lunga focale: ad esempio, il Sonnar 250mm, pure avvantaggiato da una focale più
corta, ha uno
spostamento decisamente superiore; come curiosità va notato lo spostamento
molto deciso del 18mm
Distagon: sembra strano, ma spesso la correzione per l'infrarosso richiesta è
superiore nei supergrandangolari
rispetto ai teleobiettivi, e neanche Zeiss fa eccezione.
Come curiosità storica a fin di narrazione, l'adozione di
tripletti spaziati ad aria
con focali molto lunghe ha origine negli anni '30 con gli obiettivi da
episcopio,
nei quali la lunga focale non serviva in realtà ad ottenere un ridotto angolo
di campo
su un piccolo formato ma a coprire con angoli normali degli originali di
dimensioni
superiori... Naturalmente applicando l'obiettivo ad un formato ridotto, e
sfruttando
solo una piccola porzione centrale della proiezione sovrabbondante, l'effetto
tele
era acquisito, così come avvenne con gli Elmar 9cm f/4 e 13,5cm f/4,5 per Leica,
in realtà focali "normali" a schema Tessar nate per formati ben
superiori; nello schema,
anch'esso ricavato dalle schede compilate nell'immediato dopoguerra da Willi
Mertè
ed Edward Kaprelian, un tripletto Epiotar da 430mm f/3,5 datato Marzo 1936.
la scheda originale del Versuch (prototipo) n° 32 del 1931
riferita al padre di tutti
i teleobiettivi a schema tripletto: il celebre Zeiss Triotar 85mm f/4; dai
diagrammi
semi-cancellati si deduce un'ottima correzione di partenza, come confermato da
recenti
MTF eseguiti su banco Zeiss K8 e pubblicati in un'altro pezzo di questa stessa
rassegna
MARCOMETER
I DUE
GRANDANGOLARI SONO STATI VERI
TRENDSETTER TECNOLOGICI NEI RISPETTIVI
PERIODI, CON RESA ALL'EPOCA INARRIVABILE;
I 400mm SONO INTERESSANTI IN QUANTO
INCURSIONI
ZEISS IN UN CAMPO INCONSUETO, HANNO UNA
BUNA QUALITA' COMPLESSIVA MA NON AGGIUNGONO
NULLA DI NUOVO ALLO STATO DELL'ARTE DEL
SETTORE IN QUEL PERIODO, QUANDO ALTRI
COSTRUTTORI
UTILIZZAVANO GIA' ADDIRITTURA LA FLUORITE...
SONO COMUNQUE TUTTI OBIETTIVI INSOLITI ED
INTERESSANTI IN QUANTO PERFETTAMENTE NELL'ALVEO
DELLA TIPICA FILOSOFIA ZEISS
(Testi e foto di Marco Cavina, dove non
altrimenti specificato; ringrazio nuovamente
Pierpaolo Ghisetti per la squisita ospitalità e per la disinteressata
generosità dimostrata
lasciandomi giocare - come al solito - con qualcuno dei suoi balocchi pregiati).
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