IL MIO "VERO" AUTORITRATTO
Avete voglia di ascoltare la storia di un pomeriggio della mia vita?
Questa casa si trova sulle dolci colline della Serra, sui
primi contrafforti a Sud di Castelbolognese, a pochi
chilometri da dove risiedo; fu eretta al limitare di un bosco, sulla vetta del
colle, e domina declivi solcati
da vigne ordinate, i cui filari si estendono a perdita d'occhio; in questa casa
sono nati e vissuti mio nonno,
suo padre ed il padre di suo padre, ed incarna un simbolo delle origini del mio
casato, quantomeno per
quanto si č potuto tramandare a memoria d'uomo.
Accanto a questa casa vegetano e fioriscono magnifiche rose,
che traggono linfa dal terreno che fu della mia
famiglia per oltre un secolo; mia madre si chiama Rosa e questi fiori sono
l'incarnazione delle mie radici,
QUELLE ROSE SONO ME.
Di tanto in tanto ritorno con mio padre in quel luogo, ed č
come fare il punto nautico di se stessi, resettare il
"qui ed ora", camminare con i brividi nelle orme degli antenati,
ritornare all'astronave madre: mettetelo come
volete, ma per me č importante, e cosė feci anche alcuni giorni fa; colpito da
quelle magnifiche rose che crescevano
dove i mio trisavolo si affaccendava quotidianamente, ne ho colte alcune e le ho
portate a casa; trascorso il
tempo necessario a lasciarle sfiorire leggermente, mentre le osservavo
illuminate da una finestra, ho sentito
l'impulso irrefrenabile di fotografarle perchč questo simbolo della mia
identitā perduta non sfiorisse anche nel
ricordo.
Ho preso il banco ottico 4x5", decidendo di scattare con
lo chassis 545 su Polaroid tipo 55 "positivo-negativo"
scaduta da sette anni, e quindi deteriorata, esattamente come il ricordo di
quegli antichi trascorsi familiari; per
la presa ho letteralmente "costruito" un obiettivo che non esiste,
esattamente come il filo apparentemente invisibile
che mi lega a quei luoghi, montando un Rodenstock Apo-Gerogon 150mm f/9 (vecchio
di 40 anni e smontato
da una vetusta reprocamera) su un otturatore di servizio Copal Press 1.
il banco rapidamente posizionato in cucina e l'obiettivo "che non esiste" assemblato appositamente
Ho realizzato un set noncurante (l'acutezza delle sensazioni
di quel momento non si sposavano con alcun artificio
o logorrea) ed ho scattato.
Questa č la stampa ricavata da quella Polaroid 4x5"
vecchia di anni: questi non sono fiori, sono me:
Marco Cavina e le sue origini, il mio VERO AUTORITRATTO
Spesso, rimuginando soprapensiero , mi sorprendo a rinverdire
come un mantra questo concetto:
"non sai dove vai se non conosci da dove vieni"
io non voglio dimenticare.
aggiunta del 28/10/2008
28 Ottobre 2008: in questo avello polveroso, parte di un
vecchio colombaio del cimitero di Castel Bolognese risalente
ai primi anni del '900, riposa Francesco Cavina (1833-1921), padre del padre del
padre di mio padre; quest'uomo
trascorse l'intera esistenza sulle alture della Serra di Castel Bolognese ed
ebbe domicilio proprio nella grande casa
descritta in questa sede; egli era il "nunč gagh" (nonno biondo
chiaro) con gli occhi azzurri che mio nonno Alfredo
ricordava dalla sua infanzia sulla Serra e mi descriveva quando ero un ragazzo;
ho "riscoperto" l'ultima dimora del
mio trisavolo una dozzina di anni fa e da allora non manco di visitarlo con una
certa frequenza, felice di tornare in
sintonia - anche solo per pochi minuti - con radici cosė lontane.