LA  15^  TAPPA  DEL  GIRO  D'ITALIA  2011

CONEGLIANO - GARDECCIA  (22 MAGGIO)

OVVERO:  IL  CICLISMO  PERFETTO

 


27/05/2011

Da buon cicloamatore praticante, ogni anno, analizzo meticolosamente i percorsi delle varie tappe del Giro d'Italia, prestando particolare attenzione alle varie salite previste dall'altimetria di giornata, cosciente che il VERO ciclismo, quello degli albori eroici, è fatto di sudore, fatica, crampi, acido lattico e quel gusto un po' masocistico di portare le proprie ruote fino in capo al mondo, affrontando le erte più impervie ed impossibili: questo significa andare in bicicletta!

Quest'anno gli Organizzatori hanno fornito un assist che mi ha fatto sobbalzare sulla sedia: la 15^ tappa. prevista per Domenica 22 Maggio 2011, si sarebbe conclusa nella spianata del rifugio Gardeccia, in val di Fassa, degna conclusione di un percorso infernale che piombava nella celebre valle alpina dal passo di Fedaia, dopo aver affrontato la famigerata salita di Malga Ciapela -  Marmolada.

Questa tappa mi ha molto emozionato perchè, da tempo, dormo 30 giorni all'anno a circa 250 metri dall'imbocco della terribile salita lunga 6,15 chilometri che, dal fondovalle della SS 48 in località Pera di Fassa, conduce al rifugio Gardeccia, posto in mezzo alla val del Vajolet, sotto la costa del Larsec che gli da il nome, proprio ai piedi del Catinaccio centrale, in uno scenario così tipicamente alpino che sembra impossibile vi si possa accedere in bicicletta...

Naturalmente la salita di Gardeccia, così vicina al "campo base" della mia villeggiatura montana, è una delle mie mete preferite ed ogni anno, appena arrivo a Pera di Fassa, ancora con l'ematocrito del livello del mare e stanco per il viaggio e la sistemazione dei bagagli, come primo "rituale" inforco la bici e mi inoltro per questa strada che accoglie subito il ciclista con rampe al 15% di pendenza...

Anche la lunga salita di Malga Ciapela - Marmolada è un monumento al ciclismo che si snoda in scenari di incomparabile bellezza ma richiede un penoso contributo per giungere finalmente al capolinea dei suoi tornanti costellati di rampe simili a trampolini da sci ed approdare sul sinclinale di Fedaia col suo magnifico lago e la maestosa Marmolada che ci sovrasta imperturbabile.

E' stata quindi una tappa epica e sicuramente plasmata sul principio informatore del ciclismo "perfetto", quello che sollecita noi poveri mortali a lanciare il cuore oltre i  limiti fisici e mentali, tutto questo dipanandosi fra scorci di bellezza assoluta e che ho avuto la fortuna di calcare numerose volte con la mia "due ruote"; permettetemi quindi di ripercorrere le ultime fasi della tappa sul filo della memoria, delle emozioni e dell'empatia suggerita dai ricordi personali!

Giungendo da Caprile a Rocca Pietore, il percorso si inoltra per l'orrido di Sottogouda, una magnifica e strettissima valle con pareti a picco, il torrente e cascatelle di acqua, che sale a Malga Ciapela; la full-immersion nella natura lascia ben presto il passo al fiatone causato dalla pendenza che aumenta progressivamente fino al 15% dell'ultimo tratto...


Mia moglie Rita ripresa in corsa, da bici a bici, nel tratto iniziale di Sottogouda.

 




2006: la mia bici da corsa appoggiata ad un parapetto nell'orrido di Sottogouda durante una "pausa foto".

 

Una panoramica a 360° dentro l'orrido di Sottogouda, con la relativa stradina che si inerpica con pendenze via via crescenti in uno scenario emozionante.

 



l'altimetria della salita di Malga Ciapela - Marmolada (fonte: La Gazzetta dello Sport)

Oltrepassando l'orrido di Sottogouda si guadagna la stazione della cabinovia di Malga Ciapela e si affronta il lungo e temibile rettilineo a forte pendenza che porta a Capanna Bill (1780m); oltre questo punto ci attendono i famosi tornanti con rampe al 15% che danno il colpo di grazia alle nostre gambe ormai fiaccate dagli sforzi e dall'acido lattico.

Arrivando sul passo di Fedaia da Caprile - Malga Ciapela (quota 2.057m), il ciclista è annichilito da questa visione mozzafiato: Gran Vernel, Marmolada col ghiacciaio, Col di Bousc, Sas da les Duodes e Sas da les Undesh in parata sopra al lago artificiale con relativa diga... Il lungolago di alcuni chilometri consente di apprezzare il vero paradiso naturale che ci siamo guadagnati pedalando lungo in versante agordino... Nei miei cimenti su Malga Ciapela ho utilizzato i rapporti 39x27 o 39x30 denti.

 

Una vista ad infrarossi (da una postazione subito sotto il Col di Bousc) del lago di Fedaia con la costiera affrontata dai ciclisti provenienti da Malga Ciapela.


Superato lo sbarramento artificiale, il ciclista si fionda nella galleria che da inizio alla veloce discesa verso Penìa, Alba e Canazei: lunghi rettilinei con tornanti a distanze regolari da affrontare ad alta velocità, sopportando l'aria gelida che dal ghiacciaio della Marmolada imbocca la galleria e si diffonde verso valle; nella tappa del 22 Maggio il nostro Vincenzo Nibali ha affrontato questa discesa ad andatura spaventosa, recuperando circa un minuto sui ciclisti che lo precedevano!

Terminato il Fedaia con l'ultima, pericolosa curva a sinistra davanti a Penìa che si affronta a velocità sempre troppo elevata, un lungo abbrivio ci porta verso Canazei, e rinfrancati dall'aria immediatamente più tiepida si procede a quasi 60 orari, sforzandosi (senza riuscirci) di mantenere una velocità molto alta anche nel dossetto di Alba.

 

La parte più alta di Canazei vista dalla cella campanaria del campanile di S. Florian; a sinistra si scorge il primo tratto di strada che conduce al passo Pordoi mentre sullo sfondo, al centro, il Contrin domina la via che scende dal Fedaia.


Giunti a Canazei, il tratto che ci separa dalla temibile ascensione al Gardeccia è col vento in poppa: Gries, Campitello, Fontanazzo, Ciampestrin e Mazzin si snodano su un tratto della SS 48 in costante discesa, fatta eccezione per il dosso-ponte che attraversa Campitello; dopo l'abitato di Mazzin troviamo un breve abbrivio in discesa che conduce all'omonima "dritta": in questo punto, pedalando a fondo, ho sfiorato gli 80 km/h e volendo si potrebbe mantenere una velocità molto elevata fino al termine del rettilineo (talvolta ho anche superato automobili o motociclette che procedevano ad andatura turistica), spingendo di cattiveria il 53x12 col mento sull'attacco della piega e sopportando le sollecitazioni trasmesse dalle frequenti sconnessioni stradali, ma stavolta non ci è concesso: all'altezza del camping Soal la nuovissima rotatoria ci introduce alla strada de Gardecia, finora appannaggio di una limitata schiera di cicloamatori "iniziati", avvezzi a pedalare in questa specifica zona, ed ora invece proiettata verso una fama planetaria.


L'altimetria della stada de Gardecia che, dal fondovalle presso il ponte sul ruf Soal, subito dopo Pèra de Sora, risale la val del Vajolet fino al rifugio Gardeccia; gli ultimi 1.700 - 1.800 metri sono micidiali e non lasciano un attimo di respiro. (fonte: La Gazzetta dello Sport)

 

Lo storico imbocco di Gardeccia, nel punto di intersezione fra la via che sale dalla SS 48 e quella che scende da Pèra de Sora (indicato come tornante-bivio sulla cartina altimetrica); nel 2010 - 2011 la viabilità è stata modificata, ed ora l'imbocco dalla SS 48 è regolato da una rotatoria; siamo a neanche 100 metri dall'inizio della strada ma il "Gardeccia" accoglie subito gli sventurati ciclisti con queste rampe al 15% (anche se l'apposita segnaletica, forse per non spaventarli troppo, riporta un fin troppo ottimistico 10% medio).

 

Dopo la prima, micidiale rampa di 850 metri (dove personalmente, anche allenato, fatico a toccare i 10,5 - 11 km/h di picco), questo strettissimo tornante a sinistra si raccorda ad una rampa di pendenza altrettanto inquietante... Benvenuti sulla strada de Gardecia!


Sul lato esterno del primo tornante si può godere di una vista mozzafiato sull'alta val di Fassa, con gli abitati di Mazzin, Ciampestrin e Campitello dominati dal Col Rodella e dal massiccio del Sella - Pordoi: è sicuramente una buona "scusa" per appoggiarsi al guard-rail a rifiatare, affettando indifferenza e fingendo di godersi il panorama... :-)

 



dopo la seconda rampa e la strettoia di Ronch la strada spiana e lascia rifiatare, ma ecco cosa ci aspetta dopo la curva per arrivare all'abitato di Muncion...


Giunti all'abitato di Muncion la strada scende per qualche centinaio di metri, consentendo di calare qualche dente e fare due appoggi fuorisella per sgranchire le gambe, fino alla barriera oltre la quale l'accesso con le autovetture è rigorosamente vietato e regolamentato, con l'esclusione dei grossi pulmini che fanno la spola da Pera al Gardeccia e ritorno; questi ultimi occupano quasi tutta la stretta carreggiata ed occorre molta attenzione ai frequenti incroci.

Inoltrandoci nel primo tratto a circolazione limitata possiamo godere di una brevissima tregua con pendenze limitata che consente di inebriarci ammirando lo straordinario scenario della val del Vajolet, dominata dal Larsec a destra e dal Catinaccio sullo sfondo; si tratta però di un breve momento transitorio perchè, dopo questa curva, la pendenza aumenta subito conducendo alla baita "la Regolina", oltre la quale, passato un piccolo guado sterrato, ci sono tre distinti "strappi" ben oltre il 10%, intercalati da tratti meno impegnativi di lunghezza progressivamente inferiore e tali da portare quindi all'affanno; giunti ad una piccola rotatoria, a circa 1.720m di quota, occorre rallentare al massimo e iperventilare nel breve tratto immediatamente successivo, perchè di lì a poco ci attendono gli ultimi 1.700 - 1.800 terribili metri di salita sulla stretta via, con pendenze massime fino al 18% e lunghe rampe insistite intorno al 15%: come molti avranno notato, persino i professionisti reduci da due settimane di Giro, perfettamente allenati ed al peso hanno sofferto molto in questi ultimi, interminabili chilometri, e lo stesso Alberto Contador, dopo un forcing in questo tratto, ha dovuto rallentare l'andatura, tagliando il traguardo, stremato, nel pianetto sotto il rifugio Gardeccia, così provato che ha subito smesso di pedalare e non è caduto solo perchè due addetti l'anno immediatamente sorretto.

Di norma ho sempre affrontato il Gardeccia con rapporti 39x26 o 39x27 denti, e con una "stazza" variabile fra i 76kg e gli 82kg non è mai stato uno scherzo; fra le molte volte in cui sono salito al Gardeccia ne ricordo un particolarmente traumatica: avevo trascorso l'intera mattinata a Brixen, camminando senza sosta e facendo foto con una borsa fotografica in spalla da oltre 10kg; non ebbi tempo per il pranzo e alle cinque di pomeriggio ero ancora digiuno dalla sera prima; annoiandomi, presi la bici da corsa, senza nemmeno indossare gli appositi scarpini con attacco rapido ai pedali, e mi inerpicai così, a borraccia vuota per contenere il peso (bravo pirla!), senza aver mangiato e bevuto dal giorno prima; la mia bici adotta pedali Speedplay dalla sagoma minimale (immaginate due "bottoni" da 5cm di diametro), che non consentono di spingere adeguatamente con scarpe convenzionali, e complice il digiuno e la disidratazione andai terribilmente in crisi proprio nell'ultimo tratto, il più duro: la lingua e le labbra si erano appiccicate al punto che non riuscivo più a separarle nè a muoverle, rendendo penosa la respirazione; arrivai al Gardeccia come se fossi crocefisso alla bicicletta, maledicendo questa scelta avventata...

 

Questa panoramica ci fa capire fin dove sia possibile arrivare, pedalando il sella, sulla strada de Gardecia: siamo praticamente nel cuore delle Dolomiti, al cospetto di celebri massicci; utilizzando una mountain bike e mettendo in campo un'esperienza non comune per gestire la trazione (ci sono rampe ghiaiate con pendenze sicuramente superiori al 30%) c'è chi riesce addirittura a seguire il sentiero 546 (la traccia bianca tortuosa sotto il catinaccio) salendo fino ai rifugi Preuss e Vajolet (i due edifici al centro della foto)! Conoscendo molto bene questi percorsi non posso che ammirare sia le doti acrobatiche (anche in discesa...) sia l'opportunità di raggiungere siti di una simile, incomparabile e crudele bellezza in sella al fido velocipede.

Ho scritto questi brevi appunti quasi ad occhi chiusi, richiamando alla memoria i profumi, l'aria fresca, i flash di paesaggi struggenti, i luoghi consueti, le buche nella strada conosciute a menadito, il training per resistere, metro dopo metro, alla fatica ed allo scoramento, le accortezze nella ripida discesa, il rituale della borraccia dalla quale bere frequentemente a piccoli sorsi per distogliere un attimo la mente dallo sforzo; è stato molto emozionante assistere alla tappa e rivivere, metro dopo metro, strade e salite alle quali sono affettivamente legato in maniera indissolubile.

Marmolada, Gardeccia... C'è chi ha scritto che queste tappe fossero troppo dure, esagerate, fini a se stesse: dal mio punto di vista questo è il ciclismo, il vero ciclismo è qui, dove si guadagna ogni metro contando più sulla volontà che sui propri mezzi (nel mio caso, limitati), stringendo i denti per salire a quella velocità e non meno, anche se ogni parte del nostro essere biologico grida il contrario, sforzandoci ogni volta di beffare il limite precedente, in un processo che definirei catartico e che non so esattamente dove conduca ma questo non importa, finchè il percorso che ci addita è così terribilmente bello ed appagante.

(foto e testi di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato).



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