LE OFIOLITI DI RIO DELLE OSSA E
DI CA' DE LADRI (BOLOGNA)
updated 14/01/2010
I litotipi ofiolitici dell'Appennino
bolognese sono formazioni la cui genesi primaria risale al Giurassico
superiore, in un momento in cui le zolle tettoniche Africana ed Euro-asiatica
seguivano uno schema a
cella convettiva divergente; sul fondale della Tetide, i relativi movimenti
crostali favorirono la risalita in
superficie, al seguito delle fessurazioni per distensione, di magma contenente
gabbri, basalti e tracce del
mantello, materiali poi soggetti a trasformazioni e metamorfosi idrotermali che
rientrano nel gruppo delle
serpentiniti.
la locazione dei litotipi in discussione.
La prima fase connessa alla formazione delle ofioliti.
Precedentemente, a partire dal Trias e dall'inizio della fase
divertente che portò alla frammentazione
della Pangea ed alla nascita del mare della Tetide, si era messa in atto una
copiosa sedimentazione
marina che sarebbe continuata per Giurassico, Cretaceo, Paleocene, Eocene,
Oligocene ed una buona
parte del Miocene, creando orizzonti di notevole potenza che avrebbero
costituito la stuttura basilare dei
futuri Appennini; questi sedimenti, quando le due zolle tettoniche giunsero
nuovamente a contatto, assunsero
la configurazione di una coltre costituita da flysch torbiditici composti da
clasti arenitici e calcarenitici generati
dall'attrito iniziale fra le placche.
L'effusione ofiolitica viene inclusa nella coltre sedimentaria.
Durante la fase di convergenza la zolla Africana venne subdotta sotto quelle
Eurasiatica, con conseguente
impilamento di materiali sedimentari; i litotipi ofiolitici vengono sradicati
dal sito originale e dispersi nei
sedimenti, come materiale alloctono.
Il corrugamento della dorsale dovuto alla spinta delle placche, in certi casi,
ha generato
frane sottomarine che hanno spostato i clasti ofiolitici in altra sede.
Al termine dell'orogenesi Appenninica i litotipi ofiolitici risultano dispersi
come clasti alloctoni in formazioni estranee.
Con molta approssimazione, e semplificando brutalmente, questa
è dunque l'origine delle ofioliti bolognesi,
rocce caratterizzate da un intenso idrotermalismo e dalla presenza di varie
specie di minerali cristallizzati,
la cui struttura geomorfologica è sostanzialmente estranea alla formazione
ospite; nell'area bolognese sono
state segnalate numerose ofioliti di questo genere, già abbondantemente
smantellate dagli appassionati
collezionisti a partire dagli anni '60, ed in questa sede vorrei soffermarmi in
particolare su due di esse,
particolarmente famose nell'ambiente: l'ofiolite di Cà
de Ladri e l'ofiolite di Sasso delle Ossa.
La storica ofiolite di Cà e Ladri si trova nell'Appennino
bolognese, non lontano dal
paese di Riola di Vergato.
(mappa da Google Earth)
Un campo più stretto evidenzia la posizione del sito, posto
fra le frazioni di Bombiana (altro
nome storico della mineralogia bolognese) e Pian di Casale.
(mappa da Google Earth)
L'area del sito con le esatte coordinate.
(mappa da Google Earth)
L'area di Cà de Ladri scende il declivio fino alla sede stradale ed è
storicamente suddivisa in tre zone
sovrapposte, denominate Cà de Ladri alto, Cà del Ladri Frana, Cà de Ladri
strada.
(mappa da Google Earth)
L'ofiolite di Cà de Ladri è stata una delle prime ad essere oggetto di
ricerche mineralogiche sistematiche,
ed è famosa (alla stregua di altri siti analoghi del Bolognese) soprattutto per
i solfuri di Nickel a struttura
aciculare e bacillare, come Millerite e Jamborite, e per la Brookite e l'Anatasio
(biossido di Titanio); altri
minerali reperiti in questa ofiolite sono: Calcite, Calcopirite, Barite,
Clorite, Quarzo bipiramidato e Talco.
Oggetto di intenso sfruttamento fin dagli anni '60, questa ofiolite è stata
smantellata e difficilmente, in tempi
recenti, è stato possibile reperire campioni pregevoli come quelli dei tempi
d'oro; le foto che seguono sono
interessanti perchè illustrano delle mineralizzazioni presenti in due campioni
raccolti intorno al 2007-2008,
all'interno dei quali sono presenti microscopiche spalmature di intenso colore
blu cobalto che attribuirei
ad Azzurrite: la cosa non deve stupire, visto che a Cà de Ladri è già
presente la Calcopirite (solfuro di ferro
e rame) ed i cristalli aciculari di Millerite sono iridescenti per una copertura
di solfuri cupriferi.
Ciuffi di Millerite aciculare nel quarzo scheletrico di Cà de Ladri; la
Millerite è
un solfuro di Nickel ed è una tipico minerale-guida delle ofioliti bolognesi.
Un dettaglio più ravvicinato di questo delicatissimo minerale.
Una vista ulteriormente ingrandita rivela un cristallo di
Anatasio (biossido di Titanio)
e le iridescenze che interessano i cristalli di Millerite, causate da solfuri
cupriferi.
In questo dettaglio possiamo osservare la Millerite con le
caratteristiche
iridescenze (non presenti in campioni analoghi provenienti da altre ofioliti
bolognesi), Anatasio, Quarzo ed una sottilissima spalmatura cuprifera,
probabilmente di Azzurrite.
In questa immagine troviamo copiosa Millerite aciculare, un
gruppo di
cristalli di Anatasio ed altre, microscopiche spalmature di Azzurrite.
Un bel gruppo di cristalli aciculari di Millerite con le consuete iridescenze da solfuri cupriferi.
cristalli aciculari di Millerite, incurvati e parzialmente compenetrati nella
matrice.
Cristalli bacillari ed aciculari di Millerite, alcuni dei quali vistosamente incurvati.
Un altro reperto con Millerite di Cà de Ladri; in questo caso
il ritrovamento risale agli anni '80.
Purtroppo qualche congiunto troppo "solerte" ha rimosso dalle vetrine
della mia collezione tutti i campioni
appartenenti a questa categoria, mettendoli in una scatola tuttora irreperibile,
quindi, per illustrare qualche
altro reperto di Cà de Ladri, mi vedo obbligato a riesumare vecchie scansioni
realizzate nel 1998 su diapositive
che ho prodotto nel lontano 1983, con tutti i limiti del caso.
Un microscopico cristallo di Vaesite (rarissimo bisolfuro di
Nickel), di foggia ottaedrica,
appoggiato su cristalli aciculari di Millerite.
Un altro campione di Millerite, molto fresca.
L'ofiolite di Rio delle Ossa, un piccolo
affluente di sinistra del torrente Sillaro, in comune di S. Clemente,
a monte di Castel S. Pietro Terme (Bologna), è nota a sua volta fin dagli anni
'60 col nome di Sasso delle Ossa,
ed era un'autentica celebrità, dal momento che nelle sue strutture idrotermali
di quarzo scheletrico celava
minerali molto interessanti: Quarzo bipiramidale jalino, nero ed azzurro (questi
ultimi in paragenesi con
Steatite e Magnetite), rari solfuri come Millerite, Vaesite e Jamborite ed
ancora Anatasio, Siderite, Dolomite,
Ematite (che sovente in forma ossidata tingeva il quarzo di rosso), Goethite....Sono
molto legato affettivamente
a questa località perchè fu la prima ofiolite dove effettuai ricerche,
nell'inverno 1976,e già allora la struttura
principale del Sasso delle Ossa era stata quasi completamente smantellata dal
suo sito a colpi di trapano a
motore, credo di essere stato uno degli ultimi a vederne la complessione
originaria; proprio in quella prima
uscita mio padre, che mi accompagnava per benevolenza ma non era (ANCORA)
appassionato, picchiò
senza convinzione su uno dei tanti massi in discarica sotto l'ofiolite e scoprì
una vena di Quarzo azzurro
di qualità eccezionale, come non se ne reperiva dagli anni lontani in cui la
vena era ancora accessibile sul
sasso principale..epiteti ed illazioni si sprecarono! Allego ad esempio uno dei
campioni recuperati quella
prima, fortunatissima volta nel lontano 1976; purtroppo nel 1982 un importante
smottamento, cui si
riferiscono queste immagini, trasfigurò la morfologia della zona seppellendo le
discariche rimaste e
mettendo di fatto la parola fine alla fiaba incantata di questa ofiolite.
Peccato, la lacrimuccia è di rigore.
P.S: Quarzo SCHELETRICO del RIO DELLE OSSA?!? brrrr....
L'ofiolite di Sasso delle Ossa si trova sulla destra fluviale
del Rio delle Ossa,
affluente del torrente Sillaro, non lontano da Castel S. Pietro terme (Bologna)
(mappa da Google Earth)
Risalendo il torrente Sillaro da Castel S. Pietro Terme si
raggiunge l'abitato
di S. Clemente, passato il quale troviamo il Rio delle Ossa e l'omonima
ofiolite; notate la località Monterenzio, molto nota per la mineralogia
bolognese fin dai tempi epici di Bombicci.
(mappa da Google Earth)
Un dettaglio più ravvicinato evidenzia il Rio delle Ossa e la
posizione della corrispondente ofiolite idrotermale.
(mappa da Google Earth)
L'ofiolite con le relative coordinate; anche presso il Rio di
Zelo sono allocati
dei litotipi ofiolitici che hanno fornito Anatasio, Brookite ed anche Quarzo
azzurro, ma di qualità inferiore rispetto a quello di Sasso delle Ossa.
(vista del sito e campione di Quarzo azzurro reperito nel 1976: cliccare sulle slides per ingrandire le immagini)
Il sottoscritto, Marco Cavina, lungo il Rio delle Ossa
nell'inverno 1983-84;
all'epoca avevo 19 anni ed erano già passati oltre 7 anni dalla mia prima
"visita" in loco (inverno 1976); immagine scattata dalla mia futura
moglie.
Una tipica paragenesi della ofiolite di Sasso delle
Ossa - Rio delle Ossa: Quarzo azzurro
con Millerite; l'inconfondibile e bellissimo colore di questo Quarzo, tipico del
luogo, è
dovuto ad inclusioni di talco Steatite.
Anche in questo caso i reperti che conservavo il collezione
sono stati "traslocati" in luogo ignoto, e purtroppo
per alcuni esemplari devo avvalermi di vetuste scansioni eseguite su diapositive
risalenti ai primi anni '80...
Magnifica associazione di Anatasio su Millerite, Dolomite
e Quarzo azzurro, una delle paragenesi che hanno reso celebri
l'ofiolite di Sasso delle Ossa.
Un campione di Jamborite nel Quarzo scheletrico,
con cristalli cresciuti su un nucleo di solfuri.
Purtroppo questi siti vanno devono
essere ormai considerati storici, ma sono
lieto di testimoniare e documentare in minima parte la grande importanza che
hanno rivestito per la mineralogia locale e per lo studio delle ofioliti
bolognesi
in senso lato.
(Marco Cavina)
CONTATTO
RICERCHE IN ITALIA 1981-84