BOLCA
UN LAGUNA PIETRIFICATA
DI 50 MILIONI DI ANNI FA
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Ormai siamo abituati a diffidare delle
apparenze, tuttavia a volte la realtà va oltre l'immaginazione
più fervida: Bolca di Vestenanuova è un piccolo paesino dell'alta Val d'Alpone,
conteso fra le province di
Verona e Vicenza, nei Lessini meridionali, posizionato a circa 850m di
quota; nessuno, durante una gita
in quei luoghi ameni, mentre respira l'aria frizzante delle prealpi e si bea dei
verdi paesaggi ondulati
e punteggiati di ciliegi, potrebbe immaginare che 50 milioni di anni fa
quella era una frastagliata linea
costiera del grande mare della Tetide, acque calde e costellate di atolli
corallini brulicanti di vita animale
e vegetale in sterminata messe di specie e forme, un meraviglioso e complesso
ecosistema che, con
variazioni irrilevanti, possiamo ancora ammirare nell'oceano Pacifico, Indiano e
presso le odierne barriere
coralline tropicali; paiono fantasie sperticate eppure è la nuda realtà:
infatti le rocce sedimentarie di
questa zona - ascrivibili all'Eocene, con piccole variazioni ed eccezioni - nel
corso dei secoli hanno
restituito una straordinaria fauna e flora fossile, molto diversificata ed
eccezionalmente conservata - che
hanno permesso di ricostruire in modo puntiglioso l'habitat di quell'antico
mare, la punto che il nome di
Bolca rappresenta ormai un mito della paleontologia.
Quello di Bolca è uno dei siti paleontologici noti da più tempo: infatti già
nel 1555 il botanico Andrea
Mattioli ebbe a scrivere "ricordo essermi state mostrate (omissis) in
Venezia (omissis) alcune lastre di
pietra portate dal veronese in cui (sfendendosi in mezo) si trovavano scolpite
diverse specie di pesci con
ogni lor particola conversa in sasso"; trattandosi di reperti presenti in
collezioni naturalistiche si può ritenere
che già da tempo i pesci pietrificati della Val d'Alpone fossero noti fra gli
appassionati; nel XVI secolo il
celebre museo naturalistico di Francesco Canceolani conservava già una ricca
collezione di fossili di Bolca;
nel 1700 e 1800 l'aristocrazia veronese scoprì il vezzo della collezione di
fossili, su impulso del marchese
Maffei; in particolare, il conte Giovanbattista Gazola (o Gazzola) primeggiò
con una splendida raccolta
esposta in ordine sistematico nel suo palazzo, strutturato come un museo e
aperto al pubblico; pezzo forte
della raccolta di Gazola era un'eccezionale collezione di reperti di Bolca, la
cui qualità ci viene palesata
da tavole della celebre opera di G. S. Volta, "Ittiologia Veronese" -
1796-1808; questa famosa collezione
contribuì alla fama del sito di Bolca, con risvolti negativi: infatti Napoleone
nel 1797, dopo l'episodio delle
Pasque veronesi, ordinò di requisire la collezione del conte, che finì al
Museum National d'Historie Naturelle
di Parigi, dove si trova tuttora; il conte Gazola, che possedeva parte dei
giacimenti della "pessàra" (o cava
della lastrara, come prima veniva chiamata, il resto era di proprietà del
marchese Maffei), con una nuova
campagna di scavi ricostituì la collezione che fu poi venduta in blocco dagli
eredi nel 1892 al Museo di
Storia Naturale di Verona (assieme ad alcuni pezzi della prima collezione,
nascosti a Napoleone), andando
a costituire quello che è tuttora il nucleo della sala di Bolca; lo stesso
arciduca Francesco Giuseppe d'Austria
(sotto la cui giurisdizione si trovava allora Bolca) era conscio del grande
valore scientifico di quel giacimento
e sono noti suoi viaggi per sovrintendere direttamente alle ricerche; la
rinomanza mondiale è dovuta poi a
studi sistematici sulla fauna svolti da grandi naturalisti, come Agassiz, che
studiò a Parigi i reperti portati da
Napoleone, Heckel, Valenciennes, Scortegagna, Cuvier, de Zigno, Nicolis,
Pasa, Blot e Sorbini; proprio
il barone Achille de Zigno, nobile appassionato di paleontologia, nel 1881 donò
la sua collezione di ittioliti
dal giacimento di Bolca al museo "Cappellini" di Bologna, dove tuttora
è possibile ammirarli; stessa sorte
per gli ittioliti di Bolca conservati a suo tempo nella collezione della
contessa Teresa Gozzadini.
Dal punto di vista geologico l'area di Bolca, nel mesozoico, era completamente
sommersa dall'acqua della
Tetide, un mare che dal Nordafrica si estendeva fino all'attuale Giappone e
separava il Nordafrica stesso
dal continente Eurasia; nel terziario la spinta orogenetica dovuta alla
pressione delle faglie continentali
frantumò il rigido pack sedimentario presente nell'attuale area dei Lessini,
fratture dalle quali si manifestò
l'effusione di magma basaltico presente negli strati profondi della litosfera e
che da allora indirizzarono gli
orientamenti preferenziali dei movimenti tettonici della zona, i cui principali
effetti deformativi risalgono a 12 e
6 milioni di anni fa; queste frequenti movimenti tettonici del fondale marino e
le effusioni vulcaniche sono la
ragione che rese molto vario l'ambiente in cui agivano le forme di vita fissate
nel tempo dalle rocce di Bolca;
L'habitat nell'Eocene medio, l'epoca dei fossili in questione, comprendeva
lagune costiere a clima tropicale
divise dal mare aperto da barriere coralline, all'interno delle quali la forte
eutrofizzazione di plancton foto-
sintetizzante privava le acque di ossigeno, impedendo l'aggressione dei cadaveri
deposti sul fondo da parte
di necrofagi e vermi limivori, disperdendo anche nell'acqua ingenti quantità di
anidride carbonica che
innescavano un'intensa deposizione dolomitica sui fondali, inumando rapidamente
i cadaveri; anche le
frequenti effusione vulcaniche portavano nell'acqua anidride carbonica che
accelerava il processo oltre a
solfuri che assieme all'elevata salinità di quelle acque stagnanti facilitavano
la successiva mineralizzazione
dei corpi inumati; recenti studi sostengono che i pesci giungessero già morti e
trasportati dalla corrente
all'interno delle calde e placide lagune costiere (forse anche nel mare aperto,
all'esterno delle barriere
coralline, era in atto una intensa eutrofizzazione di alghe rosse che avvelenava
le acque), che in realtà
erano un sito di morte dove nessuna forma di vita disturbava l'inizio del lento
processo diagenetico che
ha portato alla perfetta fossilizzazione dei reperti; in epoche successive,
quando la successione
sedimentaria era già consolidata, un'ennesima effusione lavica ricoprì gli
strati dell'attuale pesciara,
preservandoli come uno scrigno da ulteriori effetti deleteri; tutte queste
eccezionali concause hanno
consentito a questi reperti di giungere fino a noi in condizioni di
conservazione eccezionali, comprese
ad esempio le maculazioni cutanee della Paranguilla Tigrina; naturalmente la
zona presenta altri siti
paleontologici importanti e noti in tutto il mondo, come il monte Postale, il
monte Purga, lo Spilecco
ed il Vegroni: lo Spilecco è interessante in quanto include gli orizzonti più
antichi della valle, a partire
dalla cosiddetta Scaglia cretacea (Maastrichtiano superiore), quindi ancora nel
Mesozoico, oltre 65
milioni di anni fa, scendendo per il Paleocene fino alla base dell'Eocene medio;
sono celebri i suoi
denti di squalo (Odontapsis Elegans), i brachiopodi (Rhinconella Bolcensi e
Polymorpha) ed i tipici
macroforaminiferi di acque calde come i nummuliti ( Nummulites Spileccensis); il
Postale ha fornito
una fauna simile a quella della pesciara ed i suoi strati tipici sono
ascrivibili al Luteziano inferiore, anche
se nei suoi orizzonti è possibile evidenziare una completa sequenza ben
descritta da Jean Blot nel suo
"Les poissons fossiles du monte Bolca" Verona, 1969, con una serie
stratigrafica che parte dalla
Scaglia del cretaceo superiore per salire via via ai calcari di Spilecco con
tufo e brecce vulcaniche,
ascrivibili al Paleocene, ai calcari compatti, ai calcari in plaquettes, al
calcare dolomitico varvato
(corrispondente alla sequenza fossilifera della pesciara), all'orizzonte proprio
dei calcari di monte
Postale, ai calcari organogeni ad Alveoline e molluschi, ai calcari di
Brusaferri, alle brecce e tufi
vulcanici, alle ligniti, fino ai tufi coevi al monte Purga ed al Vegroni; gli
orizzonti di monte Purga
(propri del Luteziano medio) sono caratterizzati da una successione di tufi
vulcanici, colate basaltiche
e calcari ad Alveoline e Nummuliti; in un livello a breccioline e tufi basaltici
sono stati rinvenuti
resti di palme tropicali (Hemiphoenicites, Latanites, Morinda), di tartarughe
d'acqua oltre al
famoso scheletro del Crocodilus Vicetinus, lungo 1,85m e conservato al museo di
Verona;
orizzonti simili anche sul Vegroni: si trattava probabilmente di aree emerse
dove era l'attività
vulcanica a causare la morte e garantire la conservazione delle forme di vita
rinvenute.
Naturalmente il fiore all'occhiello del sito paleontologico di Bolca è l'antica
cava della lastrara,
poi "pessàra" ed infine pesciara: la serie di orizzonti del Luteziano
medio, 19 metri di potenza
in tutto, che per 4 secoli hanno fornito una fauna fossili che ha sbalordito il
mondo per varietà
e qualità della conservazione; la pesciara è uno sperone roccioso inferiore a
100 metri sul lato
lungo, porzione minore di una faglia la cui parte cospicua giace 300 metri più
sotto, in luogo
difficilmente accessibile; gli orizzonti della pesciara, 19 metri come detto,
partendo dal basso
si possono suddividere in:
cava bassa: 1,45m
strati a molluschi: 4m
cava alta: 1,5m
strati a molluschi: 6m
cava del pozzo: 1,2m con una piccola alternanza a molluschi
strato sterile: 1,8m
cava superiore: 1,1m
strato sterile: 0,2m
strati "matti" (lenti a fossili in strati sterili): 1,3m
strato sterile: 4m
Come si può dedurre gli strati fossiliferi ad ittioliti superano appena la
potenza complessiva di
5 metri, ma nonostante le piccole dimensioni del sito "la pesciara"
(poche decine di metri sui
due lati) si stima che negli ultimi 400 anni abbia fornito oltre 100.000
reperti, dei quali circa
2.000 eccezionali; questo sito è completamente sfruttato fin dagli ultimi anni
'80, infatti al suo
interno è possibile osservare lo scavo giunto fino al punto di contatto con
l'intrusione lavica, dato
che tutti gli strati contigui sono stati completamente rimossi, compreso un
"pesce angelo" (Eoplatax
Papilio) risultato per metà compromesso dal calore della lava (oltre 1000°C);
un'accurata verifica
sistematica ci conferma che dalla pesciara sono usciti circa 200 specie di pesci
e circa 50 specie
suddivise fra vermi, coleotteri, ditteri ortotteri ed uccelli (piume),
provenienti dai famosi 5 metri
caratterizzati da una varvatura sedimentaria fine e regolare, mentre le parti a
molluschi sono più
caotiche e prive di laminazione primaria, probabilmente deposti in condizione di
alta turbolenza,
un'alternanza di condizioni ripetutasi molte volte nel tempo.
Nello specifico, la pesciara di ha donato 140 generi di ittiofauna,
prevalentemente Teleostei
appartenenti alle famiglie dei Carangidi, Clupeidi, Percidi, Chetodontidi,
Menidi, Exellidi, Platacidi
ed Efippidi, rappresentati dai generi Dules, Carangiopsis, Naseus, Exellia,
Caranx, Seriola,
Vomeropsis, Mene, Archaephippus, Eoplatax, Cybium, Scatophagus e Carangodes;
parte di
rilievo hanno anche gli Elasmobranchi come gli squali e le razze, ben
rappresentate a Bolca da
esemplari eccezionali; per chiunque volesse approfondire l'argomento due tomi
fondamentali sono il
già citato "Ittiologia Veronese del museo Bozziano" Verona, 1796 a
cura della Società Ittiologica
(SIC!) Veronese (tipografia Giuliani) e l'opera di Agassiz "Recherches
sur les poissons fossiles"
Neuchatel, 1843-44.
Come ho avuto modo di rilevare personalmente il tono dei sedimenti estratti di
fresco è eccezionalmente
elevato ed è quasi impossibile aprire una lastra seguendo regolarmente
l'andamento degli strati, anche
utilizzando con perizia mazza e sottile scalpello piatto: la roccia sedimentaria
si comporta come una
dolomia massiva, si rompe con difficoltà seguendo un andamento quasi concoide;
a tale ragione,
da secoli, i cavatori mettono in atto un rituale che prevede l'estrazione delle
lastre nel periodo invernale,
blocchi che vengono lasciati alle intemperie per mesi affinchè l'escursione
termica e l'azione degli
elementi allenti al tensione degli strati, permettendo una comoda e
precisa apertura dei preziosi
sacelli...Tuttavia, anche con questi accorgimenti, la roccia delle pesciara non
si apre mai seguendo
perfettamente la sequenza sedimentaria, e spesso occorre estrarre il reperto in
centinaia di pezzi,
preventivando poi moltissime ore per liberarlo e ricomporlo.
Parlando di cavatori è per me un onore tracciare un profilo della famiglia che
da secoli incarna
l'anima dei celebri giacimenti di Bolca e che per generazioni ha sostenuto
l'onere e goduto del
privilegio di mettere alla luce queste meravigliose vite sospese; per un
appassionato di vecchia
data come il sottoscritto il nome Cerato incarna una mistica che è tutt'uno con
la grande storia
della paleontologia, una sorta di mito vivente. I Cerato, già all'epoca
cavatori specializzati di
fossili, giunsero a Bolca a fine '700 provenendo dalla zona di Asiago, attirati
dalla fama che già
circondava quella località: era un appuntamento col destino dal momento che
divennero subito
i cavatori del marchese Maffei e della famiglia Gazola, proprietari dei
principali siti del luogo,
estraendo e preparando magnifici esemplari della pesciara, del monte Postale,
del Purga, del
Vegroni; dopo il "ratto" di Napoleone impiegarono i primi decenni
dell'800 per ricostituire la
collezione del conte Gazola e terminato questo compito continuarono in proprio
l'attività
di cavatori e preparatori di fossili, affrontando sovente grandi sacrifici per
mantenere la
proprietà di queste cave che, dopo secoli di duro lavoro, erano ormai parte del
DNA di
famiglia; Giuseppe ed Attilio Cerato furono attivi nella seconda metà dell'800
mentre
Massimiliano Cerato raccolse il testimone ad inizio '900; suo figlio Erminio
Cerato estese
i suoi interessi a tutte le cave fossilifere dei Lessini, trasmettendo la
passione ed insegnando
il mestiere al figlio Massimiliano Cerato, insignito Cavaliere, attuale
proprietario delle cave,
che nella sua lunga carriera ha estratto dai duri sedimenti eocenici reperti
eccezionali, dal
famoso Crocodilus Vicetinus trovato sul monte Purga nel 1946 a magnifici Exellia
Velifer,
come quello estratto nel 1973 e virtualmente perfetto, fino a vari e splendidi
esemplari di
pesce angelo, il più bello, ambito e raro ittiolite della pesciara: non più di
20 esemplari in
400 anni ! Uno di questi Platacidi, caratterizzato da tre lunghe e magnifiche
pinne ventrali,
è stato classificato ed intitolato a suo nome come Ceratoichthys Pinnatiformis,
giusto tributo
all'epigono di grandi cavatori che ha dedicato la sua lunga vita alla ricerca di
alcuni fra fossili
più belli del mondo; è stato per me una gioia, il 23 Aprile 2006, trovarlo
ancora saldo sulla
plancia di comando, stringergli la mano e scattare una foto ricordo del mito
vivente assieme
a mia moglie; non so davvero cosa darei per osservare a mia volta quello che i
suoi
chiarissimi occhi hanno visto emergere dai blocchi delle pesciara in tutti
questi anni, anche se
una bella selezione è razionalmente organizzata ed esposta nel locale museo dei
fossili che
mozza letteralmente il fiato per la qualità dei reperti presentati.
Concludendo, in quest'anema località dei Lessini meridionali c'è una porta
spazio-temporale:
dall'altra parte un mare tropicale attende pazientemente da 50 milioni di anni
che qualcuno
apra le lastre e risvegli le vite sospese di animali e piante dal lungo sonno,
così perfetti nel
dettaglio e vitali nell'aspetto che paiono giacere nella roccia solo da ieri.
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testi e foto (escludendo le ultime sette) di
Marco Cavina
le immagini dei reperti sono state eseguite al museo di Bolca in condizioni
critiche
di illuminazione, attraverso spessi plexiglass riflettenti, senza treppiede ed
in presenza di luci
eterogenee e non uniformi, per cui nonostante abbia dedicato all'editing
digitale delle
immagini tutta la mia attenzione quelle foto non sono purtroppo perfette
Immagini realizzate con Canon EOS 5 D - Canon EF 24-105mm f/4 IS L e
17-40mm f/4 L - Canon 580EX
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la celebre "pessara" di Bolca:
vista generale, l'ingresso per le visite e l'entrata originale
la pesciara di Bolca: l'ingresso antico e due vedute generali all'interno delle
gallerie
dentro la pesciara: la cava del pozzo, vecchi scavi presso l'antico ingresso e
la parte alta
stratigrafia della pesciara e vedute degli strati fossiliferi all'interno di
essa
parte alta della pesciara: il limite degli orizzonti fossiliferi a contatto con
la lava
strati numerati e papà Gianfranco nella pesciara; una guida illustra ai bambini
le modalità di ricerca
il classico divieto e gli scavi più recenti sul monte Postale (2005)
dettaglio sui lavori, colleghi del Gruppo Cesenate all'opera sul Postale e
l'esterno del museo di Bolca
mosaico a tema ed il Cav. Massimiliano Cerato, mito vivente della paleontologia
italiana, con mia moglie Rita
Eoplatax Papilio - Mene Rhombea e Blochius Longirostris - esempio di
decomposizione pre-inumazione
due esempi di distorsione del fossile assieme gli strati - Eolates Gracilis
il celebre immaturo di squalo - il sito esatto del suo reperimento nella
pesciara - Trygon Muricata
razza elettrica Narcine Moloni - Platinx Macropterus - Paranguilla
Eocottus Veronensis e due esemplari di Eolates Gracilis
Carangopsis Dorsale - Mene Rhombea - sparide trituratore (Sparnodus)
sparide (Orata) - Eoplatax Papilio - Sphyraena Bolcensis
Mene Rhombea - Eoplatax Papilio - ballistide della fauna corallina
razza elettrica Narcine Moloni - Sphyraena bolcensis - carangide della barriera corallina
pesce della fauna corallina - Maffeia Ceratophylles
vedute d'insieme delle eccezionali vetrine del museo di Bolca
altre viste generali della magnifica esposizione del museo
mia moglie Rita funge da riferimento dimensionale
quadri d'ambiente ricostruiti al museo; notare la mia "aggiunta" al
secondo
due interpretazioni personali in omaggio al mito del Cav. Massimiliano Cerato
campioni non presenti al museo di Bolca: Ceratoichthys Pinnatiformis ed Exellia
Velifer
altri esemplari non presenti al museo di Bolca: Exellia Velifer e Vomeropsis
Triurus
mappa dell'area della pesciara - gli antenati di Massimiliano Cerato - adesivo
della pesciara
Le immagini seguenti illustrano alcuni reperti di Bolca originariamente annessi
alle collezioni
della contessa Teresa Gozzadini e del barone Achille de Zigno e da loro donati al
Museo
"G. Capellini" di Bologna: in data imprecisata la contessa Gozzadini,
nel 1881 il barone de Zigno.
(ho fotografato questi ittioliti al museo in condizioni di luce disperate ed attraverso vetri
riflettenti,
quindi mi scuso per la qualità scadente della immagini).
Queste immagini sono state dunque
riprese all'interno del museo "Giovanni Capellini"
dell'Università di Bologna e vengono pubblicate per gentile concessione del
museo, grazie
alla disinteressata intercessione del Direttore, Prof. Gian Battista Vai, e del
Curatore,
Dott. Carlo Sarti, che ringrazio sentitamente per l'autorizzazione formalmente
concessami.
Mene Rhombea (due esemplari) e Lichia Prisca
Sparnodus Macrophthalmus, Sparnodus Sp. ed un magnifico esemplare di squalo
Alopiopsis Cuvieri
Mene Rhombea e Cybium Speciosum
Platax Macropterygius e Platyrhina Bolcensis
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MINERALOGIA E
PALEONTOLOGIA