LE  EVAPORITI  MESSINIANE  DELLA  GOLA  DI  TRAMOSASSO

(FORRA  DEL  RIO  SGARBA,  BORGO  TOSSIGNANO,  BOLOGNA),

NELLA  VENA  DEL  GESSO  EMILIANO-ROMAGNOLA:  GENESI,

MORFOLOGIA  E  REPERTI  FOSSILI  IN  UN  SITO  SIMBOLO

DELLA CRISI  DI  SALINITA'  DEL  MEDITERRANEO  DURANTE

IL  MIOCENE SUPERIORE  ESTREMO





ABSTRACT

In upper Miocene (about 5,96 - 5,33 millions of years ago) the Mediterranean sea
crossed a dramatic stage of almost complete draining (the flow of fresh oceanic water
from the Strait of Gibraltar stopped for the mutual thrust between African ad Euroasian
 tectonic plaques); the Calcium sulphide concentration crossed the saturation limits and
huge Gypsum packs settled in the bottom of the sea-lake; during these 600.000 years
the water flow started again temporary ( feeded by momentary Gibraltar's slits and by
the Indian ocean and the Caspium sea  across the Mesopotamian depression), leading
to the sedimentation of clay's strata between the Gypsum packs which testify the phases
of minimum draining. This condition occurred 16 times and the result is the actual
Gessoso-Solfifera formation placed in Emilia-Romagna (Italy); the clay's shales between
the Gypsum packs keep preserved the fossil evidences of the euri-halyne fishes that
was able to resist to the incredible salinity ad temperature of this phase, and the Borgo
Tossignano's site is famous worldwide because it's sequences match the moment of
most dradful draining. The rio Sgarba's ichtyofauna gives back three different kind of
fishes: Aphanius Sp,. Atherina Sp. and Globius Sp., all of which extremetely adapted
to the near-lethal salinity; I will discuss the genesis and morphology of this site, showing
unprecedented superwide images of the quarry (closed in mid '80) - taken on August
2009, and pics of Aphanius Crassicaudus fossil fishes fount in the clay's shales between
the XII and XIII Gypsum cycles of this site.






29/10/2009

(UPTADING 06/12/2010)

Uno dei miei più macroscopici pregi/difetti consiste nel fatto che, talvolta, parlo apertamente, davvero col cuore
in mano, cosa irrisa da alcuni e vista da altri come una debolezza della quale approfittare; affrontando
il particolare argomento di questa pagina, tuttavia, non posso esimermi da un atteggiamento particolarmente
romantico ed emozionale, dal momento che la celebre cava Gesso di Borgo Tossignano, a suo tempo
coltivata dalla SPES S.p.A., rappresenta per me un vero imprinting alla paleontologia ed una nave scuola
indimenticabile: nella primavera dell'ormai lontano 1975, quando avevo 10 anni di età e frequentavo solamente
la 5^ classe elementare, passavo già le Domeniche mattina nel piazzale della cava di Borgo Tossignano, stordito
dagli effluvi di metano che esalavano dalle peliti fossilifere e col cuore a mille per l'eccitazione, stato d'animo
che raggiungeva l'acme emozionale quando, fendendo gli strati rammolliti dalle infiltrazioni d'acqua, appariva
l'inconfondibile sagoma di un Aphanius fossilizzato, muto testimone dei terribili momenti che il Mare Nostrum
si trovò ad attraversare per interminabili stagioni circa 6 milioni di anni fa... Tuttora, a distanza di molti anni e
con la cava ormai abbandonata e quasi completamente invasa dalla vegetazione spontanea, continuo a
commuovermi ricordando quei momenti così pieni ed intensi, fra i quali vanno doverosamente annoverati anche
le tattiche di "guerriglia" per eludere il famoso custode Celeste, un energumeno sanguigno che nei giorni festivi
presidiava il luogo scorazzando con un vecchio "quarantotto" ed imbracciando minacciosamente una doppietta
da caccia; direi che provo addirittura una sensazione di "territorialità" animale per questo luogo con una sfumatura
di irritato fastidio quando leggo le pubblicazioni di Accademici di chiara fama o Direttori di museo e relativa progenie,
lanciata su un'autostrada preferenziale ai fasti di un'altrettanto fulgida carriera, e trovo descrizioni del sito e della
ittiofauna di Borgo Tossignano: il primo pensiero istintivo è più o meno: "ma chi siete voi per gloriarvi rovistando
in questo giacimento che sento così mio e nel quale effettuavo ricerche quando i più giovani di voi avevano ancora
il moccio al naso?"

L'avevo anticipato: cuore in mano...

Per introdurre la narrazione è necessario descrivere anticipatamente gli eventi geologici che hanno dato origine ad
uno dei più acclamati monumenti della mineralogia e paleontologia italiana: la formazione Gessoso-Solfifera emiliano-
romagnola, una poderosa successione evaporitica che risale alla parte terminale dell'ultimo tempo della serie Miocene,
il piano Messiniano, e che in località Borgo Tossignano è particolarmente esposta e rappresentata.




La vena del Gesso a monte di Borgo Tossignano (Bologna) espone in faglia le successioni
evaporitiche del Miocene superiore (Messiniano): 16 banchi di gesso ed altrettanti strati di
argille sedimentarie di modesta potenza che, per  tale ragione, vengono anche definiti come
"le alternanze" del Messiniano.

 

Un dettaglio ravvicinato evidenzia i banchi di gesso e gli strati di argilla intercalati;
questi 16 cicli evaporitici hanno avuto luogo all'incirca fra 5.960.000 e 5.610.000
anni fa.

 

Durante il Miocene inferiore e medio, una serie che ha avuto origine 23 Milioni di anni fa,
l'afflusso di acqua al Mediterraneo era regolare ed in questo contesto si sono deposti gli
orizzonti sedimentari della formazione Marnoso-Arenacea: nelle fasi dell'innalzamento
appenninico esisteva una grande avanfossa (una depressione marina) che dalla valle del
Sillaro, fra Bologna ed Imola, si estendeva fino a Gubbio; questa fossa venne colmata da
depositi torbiditici, una successione di marne ed arenarie dello spessore di alcune centinaia
di metri la cui struttura alternata le ha mutuato anche la denominazione alternativa di Flysch
Marnoso-Arenaceo tosco-romagnolo; questo processo di riempimento dell'avanfossa da
parte delle correnti marine proseguì in modo regolare per i piani Langhiano, Serravalliano e
Tortoniano, corrispondenti ad un intervallo cronologico compreso fra 15.970.000 e 7.250.000
anni fa; con l'avvento del Messiniano, 7,25 milioni di anni fa, ebbero luogo eventi destinati a
modificare drasticamente l'ecosistema del Mediterraneo.

 



Un calo generalizzato dei livelli oceanici (uniti al progressivo innalzamento del fondale dello
stretto di Gibilterra, allora molto più largo rispetto ad oggi) rese parziale ed incostante
l'approvvigionamento idrico del Mediterraneo, ed i principali paleofiumi dell'epoca non
erano in grado di compensare l'intensa evaporazione legata ad un clima molto più tropicale
rispetto ad oggi, creando iniziali condizioni eusiniche (alta salinità, scarso ricambio ed
ossigenazione degli strati profondi, eutrofizzazione) testimoniate dalla sedimentazione
degli shales eusinici pre-evaporitici e dagli orizzonti carbonatici posti alla base dei
successivi cicli evaporitici.


La situazione precipitò quando la mutua pressione esercitata dalla zolla Africana e
dalla zolla Euroasiatica corrugarono i fondali di Gibilterra, interrompendo completamente
l'afflusso di acqua al Mediterraneo, trasformato così in un grande lago salato; la forte
evaporazione fece abbassare drasticamente il livello del mare, portando contemporaneamente
ad una elevata concentrazione salina; a mano a mano che il processo progrediva riuscivano
a sopravvivere solamente le specie ittiche eurialine, in grado di adattarsi a salinità sempre maggiori,
fino ad arrivare all'acme critica in cui restavano solamente alghe filamentose, coccoidi e batteri
e poi più nulla, fase estrema cui corrispondeva la formazione di un banco evaporitico dovuto alla
precipitazione dei sali presenti nell'acqua ormai completamente evaporata; durante questa fase
evaporitica iniziale, protrattasi per 300.000 anni fra i 5.95 ed i 5,65 milioni di anni fa, lo stretto
di Gibilterra fu saltuariamente in grado di riversare acqua fresca oceanica nella conca de Mediterraneo,
ormai ridotta ad un dedalo di laghi e di lagune costiere sovrassalate disseminate sulle coste
dell'Appennino embrionale, creando violente correnti torbide che depositavano sedimenti pelitici
sul precedente bancone evaporitico composto da sali minerali, all'interno dei quali venivano inumati
i resti dei pesci nuovamente introdotti nel Mediterraneo dall'afflusso d'acqua dall'Atlantico, sovente
uccisi dall'intensa eutrofizzazione e dal conseguente ambiente eusinico che trovavano all'interno delle
lagune costiere sovrassalate; una volta che l'afflusso d'acqua fosse nuovamente interrotto, il ciclo
evaporitico si ripeteva e l'eventuale presenza o meno di fauna fossile stenoalina (non adattabile a forte
salinità) testimonia la quantità maggiore o minore di acqua introdotta nel lago-mare ormai prosciugato
ad ogni trasgressione oceanica.


I cicli evaporitici intercalati da afflusso d'acqua e relativa sedimentazione argillosa
si sono ripetuti 16 volte, creando sequenze numerate da I a XVI; le prime due, poste
alla base della serie, si differenziano dai successivi banchi gessosi dal momento che
incorporano stromatoliti gessificate; successivamente alla deposizione dei 16 cicli,
 nell'intervallo cronologico che corrisponde al Messiniano terminale, inquadrabile
in un periodo compreso  fra 5,61 e 5,33 milioni di anni fa, l'apporto idrico minimo e la
perigliosa sopravvivenza dell'ecosistema furono garantiti anche da un "insperato" afflusso
d'acqua proveniente dall'oceano Indiano - golfo Persico grazie alla depressione Mesopotamica
che si era creata nel territorio degli attuali Irak e Siria, che richiamava anche acqua
dolce da mar Caspio, preziosa per tamponare l'altissima salinità; pare che anche l'istmo
di Suez contribuisse alla causa, grazie all'attivazione di soglie col mar Rosso; in questa
ulteriore fase, che non interessa la Formazione Gessoso Solfifera dell'Appennino
Tosco-Romagnolo (dove ha sede il sito di Borgo Tossignano), si depositarono
nuovi banchi di Gesso, noti appunto come "Gessi superiori", una sequenza invece
presente, ad esempio, nel Miocene siciliano.

 


L'avvento della serie Pliocene, 5,33 milioni di anni fa, è caratterizzata da un altro
evento epocale che garantì la salvezza del Mediterraneo ed il ripristino dell'ecosistema
che oggi conosciamo: il fondale di Gibilterra subì uno sprofondamento tettonico che consentì
un rapido ripristino dei consueti livelli, dando origine alla sedimentazione delle argille azzurre
pliceniche; il rientro su livelli normali è confermato dall'ittiofauna delle argille plioceniche,
costituita da pesci tipici di acque profonde e non da forme avvezze a sguazzare in pochi
decimetri di acqua calda e salatissima come nel Messiniano.

La discrasia fra i cicli evaporitici messiniani della Formazione Gessoso Solfifera emiliano-romagnola
e quelli documentabili in altri siti del Mediterraneo richiede un ulteriore distinguo, esemplificato nello
schema seguente:


Come si può notare, alla sommità della Formazione Marnoso Arenacea
si depositarono dapprima sedimenti eusinici pre-evaporitici, una spia che
l'antico Mediterraneo cominciava a prosciugarsi oltre il lecito, cui fecero
seguito sequenze di carbonati e cicli con stromatoliti gessificate, un'escalation
che porta alla crisi di salinità vera e propria, iniziata 5,96 milioni di anni fa e
testimoniata dai 16 cicli evaporitici alternati a sottili sedimenti sapropelitici;
terminata la deposizione del bancone gessoso corrispondente al XVI ciclo,
5,61 milioni di anni fa, l'evento tettonico intra-messiniano sollevò i banconi
della Formazione Gessoso-Solfifera della Romagna occidentale, interrompendo
la sedimentazione e creando una lacuna stratigrafica compresa fra 5,61 milioni
di anni fa e circa 5,45 milioni di anni fa, quando la trasgressione dei depositi
continentali-deltizi-lagunari della Formazione a Colombacci (in rosa nella grafica)
coprì i Gessi del XVI ciclo (in certe zone degradati al punto da esporre settori del
XV ciclo) e riprese ad incrementare la potenza sedimentaria; la trasgressione della
Colombacci FMT si è protratta da 5,45 milioni di anni fa a 5,33 milioni di anni fa,
quando la riapertura dell'istmo di Gibilterra scandì l'inizio del Pliocene e la sedimentazione
delle argille azzurre tipiche di questo periodo, collocate sopra al membro della Colombacci.


Mappa geologica schematica dell'area di Borgo Tossignano.

L'analisi delle specie fossili rinvenute nei vari cicli evaporitici del Messiniano superiore conferma
che il rapporto fra il periodico ripristino del livello idrico e la successiva evaporazione seguì un
trend costante a favore di quest'ultima, per cui le fasi evaporitiche divennero via via più critiche ed
il prosciugamento del Mediterraneo sempre più completo con susseguirsi delle fasi; nei primi cicli
l'acqua oceanica fluiva liberamente fino all'alto Adriatico, tamponando la salinità e consentendo la
vita di specie tipicamente stenoaline come  Zeus Faber (pesce San Pietro), Scorpaena e Sardina,
rinvenute nelle argille intercalate ai primi cicli evaporitici; successivamente l'apporto non fu più
sufficiente, ed anche nelle pause non evaporitiche restavano solamente laghi e lagune costiere
sovrassalate, nei quali potevano sopravvivere solamente forme di vita stenoaline.

Il sito di Borgo Tossignano ha rinomanza mondiale proprio perchè nei suoi orizzonti in faglia
sono esposti i banconi gessosi relativi agli ultimi cicli: infatti, anche se la faglia presente nella
forra di rio Sgarba sono presenti tutti e 16 i cicli, nella parete della gola di Tramosasso, sede
della ex cava di gesso gestita dalla SPES S.p.A., sono esposte le alternanze relative alle ultime
sequenze: specificamente, dall'originale piazzale della cava sono accessibili i cicli XII, XIII e XIV.

I reperti fossili di Borgo Tossignano sono dunque muti testimoni della fase evaporitica più terribile,
nel corso della quale l'intero Mediterraneo era ridotto ad una fornace punteggiata di lagune fetide
e a stento colmate da acqua calda e salatissima, e costituiscono il massimo stadio di adattamento
a salinità così elevate, al punto che alcune specie misero in atto una vistosa pachiostosi (anomalo
ingrossamento dello scheletro) dovuta proprio alle letali concentrazioni di sali.


A Borgo Tossignano la gola di Tramusasso, nella faglia del rio Sgarba, fu coltivata fin dal periodo
medievale per l'estrazione e la cottura del gesso per edilizia, al punto che all'epoca il luogo era noto
come "Le calcinaie"; l'ultima gestione del sito fu attuata dalla società SPES, inizialmente in parete e
poi, dalla metà degli anni '70, in sotterraneo, scelta che preservava l'impatto ambientale ma privava
fatalmente i paleontologi del necessario apporto di "materiale fresco" su cui lavorare; da bambino
ho avuto la fortuna di frequentare la cava negli ultimi tempi in cui si estraeva ancora in parete ed
era ancora possibile trovare blocchi argillosi di grandi dimensioni, facilmente lastrabili per cercare
i reperti, storditi dal tipico ed inconfondibile odore di metano che ha fatto ribattezzare questi
materiali "argille fetide".

 

Un'immagine della cava di gesso di Borgo Tossignano risalente al 1928; oggi - ovviamente - la
linea del fronte di faglia è molto più arretrata a causa dei sistematici interventi estrattivi terminati
solamente a metà anni '80.

 

Inquadriamo geograficamente il sito.

 

La cava di Borgo Tossignano è situata in Emilia Romagna, in provincia di Bologna

(schema da Google Earth)

 

Borgo Tossignano è situato sulla montanara imolese, la SP 610, che da Imola
conduce in Toscana, fra gli abitati di Casalfiumanese e Fontanelice.

(schema da Google Earth)

 

la faglia lungo la forra del rio Sgarba nei pressi di Tossignano e Borgo Tossignano è
particolarmente ben esposta nella gola di Tramosasso, sede della ex cava di gesso SPES,
famosa fra i paleontologi di tutto il mondo.

(schema da Google Earth)

 

 

Vista ravvicinata dall'alto della gola di Tramosasso (o Tramusasso); le frecce indicano le
successioni evaporitiche sulla parete orientale, quella coltivata per secoli, corrispondente
agli ultimi cicli del Messiniano, mentre proseguendo lungo la faglia vengono esposti quelli
inferiori e più antichi.

Le coordinate del sito sono esattamente

44°  16'  21.61"  latitudine Nord

 11°  36'  43.68"   longitudine Est

Etimologicamente, "Tramosasso" o "Tramusasso" deriva dal dialetto emiliano-romagnolo
"tràm e sàss" o "in trèm a sàss" che significa letteralmente "in mezzo al sasso, fra i sassi"

 

La parete orientale della cava come appariva nel 2006, dopo 20 anni di abbandono; i possenti
banconi gessosi dei cicli evaporitici sono ben evidenti così come i sottili strati pelitici che
testimoniano la temporanea trasgressione oceanica e che conservano i resti della fauna fossile
eurialina (evidenziati dai pallini verdi); i banchi sulla parete della cava sono relativi agli ultimi
cicli, corrispondenti alla massima evaporazione del lago-mare Mediterraneo. Il pallino rosso
indica la galleria principale che consentiva la coltivazione in sotterraneo, praticata negli ultimi
anni di attività.

 


Mio padre Gianfranco nel 2006 sul piazzale della cava, ormai invaso da vegetazione
spontanea; era proprio lui ad accompagnarmi, oltre 30 anni prima, nello stesso sito
per donare al suo bambino la gioia della ricerca.

 


Papà Gianfranco, davanti all'ingresso della galleria, posa accanto ad un blocco
costituito da cristalli di gesso geminati "a ferro di lancia"; quando la cava era
attiva e regolarmente coltivata in parete era molto facile reperire magnifici
cristalli da collezione.

 


Un dettaglio dei cristalli di gesso con struttura stratificata selenitica
ed il tipico colore rossiccio-mielato


Come ho anticipato, la cava è chiusa da quasi 25 anni e la vegetazione spontanea ha ormai
invaso completamente il sito, rendendo quasi impossibile accedere agli strati; inoltre, venendo
meno la coltivazione in parete, le argille intercalate ai banchi di gesso sono state progressivamente
dilavate dalle acque percolanti e sono tenacemente e pericolosamente incassate in profondità
fra i pacchi gessosi, rendendo praticamente impossibile accedere al materiale; del resto, anche
ai "tempi d'oro" era difficile metter mano a blocchi argillosi dalle dimensioni adeguate, dal momento
che le tenere argille sono state stressate dai movimenti orogenetici e si presentano molto frammentate
già in situ. nell'Agosto 2009 ho effettuato un sopraluogo alla cava, per me sempre un tuffo nei ricordi
più belli, ma l'accesso al piazzale è ormai impossibile a causa della vegetazione lussureggiante, ed ho
dovuto risalire il fianco dell'altura, aggirando le recinzioni, arrivando così sul piano più alto della parete
orientale, all'apice della formazione; da questa posizione privilegiata ho potuto realizzare le seguenti
immagini che testimoniano l'attuale condizione del sito con visuali inedite grazie all'ausilio dell'obiettivo
grandangolare per reflex più spinto mai realizzato finora, un 12mm da 122° di campo sulla diagonale.


Il pianetto all'apice della parete orientale della ex cava, quello coltivato, con le ultime
sequenze evaporitiche Messiniane.

 


La prima immagine è stata scattata sul bordo dello strapiombo all'apice della parete orientale
e mostra il piano di faglia sul versante opposto, mai fruttato; la seconda immagine evidenzia
i gradoni sulla parete coltivata, intercalati ai quali quali sono presenti le argille con ittioliti;
la terza immagine illustra entrambe le pareti con al centro la forra del rio Sgarba.

 


Questa scultura di gesso è stata erosa naturalmente dalle intemperie e si trova
alla sommità estrema delle successioni evaporitiche, in cima alla parete della cava.

 


Sebbene nelle successioni più antiche (esposte in fondo al piazzale della cava) sia stato
saltuariamente rinvenuto anche lo Zeus Faber, uno zeidae stenoalino che testimonia come
inizialmente la salinità nelle fasi di trasgressione oceanica tornasse a livelli quasi normali,
la cava di Borgo Tossignano è celebre per la fauna reperita nelle successioni più tarde,
relative alle alternanze dei cicli XII, XIII e XIV, costituita essenzialmente da specie in
grado di sopravvivere a salinità molto elevate; infatti, l'epigono dell'Aphanius Crassicaudus,
l'attuale Nono, sopravvive tranquillamente nelle acque sovrassalate delle Valli di Comacchio.

Ecco i tre generi reperibili in questi orizzonti, anche se la salinità era così elevata che quello
di gran lunga più diffuso è proprio l'Aphanius, ovvero il più specializzato a sopravvivere
in concentrazioni saline altissime e l'ultimo a scomparire quando le condizioni divenivano
completamente proibitive.

 


La fauna dei cicli superiori di Borgo Tossignano è costituita principalmente dall'Aphanius Crassicaudus Agassiz,
tipico fossile guida delle evaporiti messiniane e presente anche nella fauna attuale (Nono delle valli di Comacchio);
sporadici ritrovamenti sono relativi anche ad Atherina Cavalloi Gaudant e Gobius Ignotus Gaudant, altre specie
eurialine cui corrispondono gli attuali Latterino e Ghiozzo o Paganello.

Va anche annotato che, in tempi recenti, a Borgo Tossignano sono stati rinvenuti nuovi taxa, come il ciclide
Oreochromis Lorenzoi  o il carangide Lichia aff. lamia, un super-predatore che entrava nelle lagune costiere
messiniane in fase di alta marea.


La morfologia Oreochromis Lorenzoi. 

 

Ecco alcuni Aphanius Crassicaudus Agassiz reperiti molti anni fa nella cava di Borgo Tossignano
sugli orizzonti pelitici evidenziati nella relativa foto dal pallino verde inferiore.

 


Alcuni esemplari presentano una vistosa decomposizione antecedente all'inumazione,
nonostante il fatto che le acque sovrassalate ed eutrofizzate rendessero difficile la
sopravvivenza a varie forme di necrofagi; è possibile che il clima tropicale ed il basso
livello delle acque comportasse una temperatura molto elevata che mandava rapidamente
in supurazione il cadavere. Il tipico colore rosso-rugginoso sul fondo di argilla grigia è
esteticamente molto attraente e rende inconfondibili i reperti delle alternanze messiniane.

 

Noti accademici hanno largamente sviscerato l'argomento della pachiostosi, ovvero
l'ipertrofia scheletrica evidenziata negli ittioliti vissuti in condizioni di ipersalinità estrema;
questo Aphanius Crassicaudus di Borgo Tossignano presenta tracce di quest'anomalia
e conferma come queste peliti siano state sedimentate nella fase più acuta della crisi di
salinità sofferta dal nostro mare durante il Messiniano terminale.

 


Le sequenze inferiori di Borgo Tossignano restituivano anche resti di vegetali continentali, probabilmente
provenienti da alluvioni; il loro stato di fossilizzazione è interessante: il legno ha subito un processo di
carbonificazione con vistosa riduzione del volume originale; il modello interno lasciato dal legno (e ridotto
ad una sottile impronta carboniosa) è stato sostituito in pseudomorfosi dal solfato di calcio che ha riempito
il lume originariamente occupato dal legno.


Questa fotografia di fine anni '80 ritrae l'autore sulla parete della gola di Tramusasso, a Borgo
Tossignano; sono evidenziati i banconi evaporitici e le argille organogene depositate nell'intervallo
fra due crisi esteme di salinità, durante la trasgressione oceanica; in queste argille sono conservati
i resti fossilizzati appena descritti.

(foto: Rita Vespignani)

Chiedo scusa per il ritardo: avevo promesso questo pezzo circa tre anni e mezzo fa ma un rivolo di
interessi contrastanti mi aveva fatto perdere la retta via; il sito di Borgo Tossignano è ormai un
classico della paleontologia mondiale, ed i suoi ittioliti eurialini che hanno trovato la morte nella
fetida laguna costiera del Messiniano raccontano la storia del momento più drammatico nella
storia recente del Mediterraneo, quando tutto sembrava perduto e l'intero ecosistema destinato
ad una morte orribile; fortunatamente gli eventi seguirono un'evoluzione favorevole, e questa
antica storia dimenticata può metaforicamente costituire un monito anche per noi ed il nostro
delirio d'onnipotenza che sta sconvolgendo gli equilibri naturali, con esiti imprevedibili.

Borgo Tossignano, per me, è anche un luogo della memoria nel quale posso tornare bambino
e rivivere l'entusiasmo spensierato dei grandi ideali giovanili non ancora corrotti dal compromesso
e dalla mortificante routine, riassaporando la gioia di entrare in connessione diretta con un mondo
parallelo distante da noi vertigini di tempo ma, in qualche modo, strettamente connesso: com'è
possibile, aprendo la lastra e scoprendo lo scheletro mineralizzato di quell'antica forma di vita
che ha lottato strenuamente  in condizioni avverse fino a soccombere, evitare la classica e fatale
domanda: "chi sei, piccolo uomo,  e dove stai andando?"

(Marco Cavina)




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