STORIE DI FOTOGRAFIA:

GIANNI BERENGO GARDIN, UN PARALUCE ED UNA VALIGIA ROSSA
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Primavera 1994; seduto accanto a Gianni Berengo Gardin sto parlando
del più e del meno mentre lui prende in mano ed osserva distrattamente
alcuni pezzi del mio sistema Leica M ed R che all'epoca portavo fuori
in un'apposita valigia metallica rossa molto sgargiante, con scomparti
interni sagomati alla bisogna e rivestimento in raso blu; ad un certo punto
vedo che Gianni si ferma e fissa lo sguardo su un modesto paraluce,
concentrato come se raccogliesse lontani ed intimi ricordi; era un paraluce
12575, cilindrico e senza strombi o feritoie, dedicato a vecchie glorie del
sistema M degli anni '50 e '60, come l'Elmar 90mm f/4, l'Elmarit 90mm f/2,8
primo tipo, l'Hektor 135mm f/4,5 ed il Tele-Elmar 135mm f/4 (io lo
abbinavo proprio a quest'ultimo obiettivo); effettivamente è un bel paraluce,
elegante con le sue clip metalliche a pressione, ma niente di che.

Gianni Berengo Gardin solleva leggermente lo sguardo e d'un getto mi dice
le testuali parole: "questo è il più bel paraluce che sia mai stato fatto"....
Solo anni dopo, scovando una vecchia foto di fine anni '50, avrei capito
il senso di quelle parole; nel frattempo l'amico Maurizio Rebuzzini,
straordinario agitatore di uomini e idee, cogliendo l'attimo particolare
e vedendo Gianni curvo su quel sistema Leica, entrò col suo tipico
entusiasmo prorompente nella conversazione, spargendo badilate di
simpatia e chiedendo a Berengo Gardin di suggellare quel momento
con un bell'autografo sull'imbottitura della pittoresca valigia rossa,
facendo spuntare dal nulla un pennarellone bianco indelebile; nel
mentre che Gianni autografava la valigia, Rebuzzini sfornò per
l'occasione un nick da appiopparmi (Maurizio è matto, ma di quella
pazzia buona, propositiva), ovverosia "Valigia Rossa", e così mi
chiamò per anni, senza possibilità di replica, neanche fossi un
indiano Navajo....

La valigia rossa, denominatore comune della curiosa storia, da
allora riposa in un ripostiglio con al preziosa firma autografa; per
rispetto ed in ricordo di quel bel pomeriggio non l'ho mai più
usata nè aperta fino ad oggi, per le fotografie che seguono.

Ed i paraluce che aveva colpito Gianni? Fu una foto a farmi
capire che, assieme al paraluce, lui stava osservando un
frammento della sua giovinezza perduta.
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1994: Marco Cavina e Gianni Berengo Gardin ai tempi cui si riferisce questa storia

 

Il paraluce Leitz 12575 che suscitò l'interesse di Gianni

 

Il paraluce sul Tele-Elmar 135mm f/4 del 1965 sula quale lo montavo

 



Ed ecco la foto che, anni dopo, mi fece capire il rigurgito di nostalgia: un
giovane e quasi irriconoscibile Gardin con Leica M3, Leicameter, Leitz
Elmar 9cm f/4, guarnito proprio col paraluce 12575; siamo nel 1958

 

La "valigia rossa" del racconto, riesumata per l'occasione dopo quasi 16 anni d'oblio

 

La valigia aperta: sull'imbottitura del coperchio si vede l'autografo di Gianni

 

L'autografo di Berengo Gardin sulla valigia rossa che mi costò
l'omonimo, ridicolo nickmane e che da allora giace inutilizzata,
preservandolo, nel buio dei ricordi.

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