KODAK  AERO-EKTAR  RADIOATTIVI :

SCHEMI OTTICI  E  VETRI  CON  TORIO
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Riprendo in particolare argomenti già trattati nel pezzo generale sugli obiettivi radioattivi;
come accennato, i Kodak aero-Ektar del tempo di guerra erano obiettivi per "aerial
reconoissance" notturna, concepiti per ricognizioni fotografiche notturne su territorio
nemico tramite il lancio di autentiche "flash bombs". Come confermato da Michael Briggs,
astrofisico esperto di gamma rays e collezionista di aero-Ektars, questi obiettivi presentano
una certa radioattività in quanto per realizzare le versioni luminose come il 7" (178mm) f/2,5,
il 12" (305mm) f/2,5 ed il 24" (610mm) f/6 i progettisti utilizzarono volontariamente nuovi
vetri ottici ad alta rifrazione e bassa dispersione, ottenute additivando l'impasto con notevoli
quantità di torio; in realtà gli aero-Ektar erano autentici concentrati delle soluzioni più avanzate:
trattamenti antiriflessi (per quanto primitivi e facilmente asportabili), collanti per lenti di ultima
generazione, schemi ottici di nuova concezione, vetri esotici....la necessità di ottenere obiettivi
in grado di impressionare grandi formati (5x5", ad esempio, ovvero 12x12cm) mantenendo
elevate luminosità massime non fece andare tanto per il sottile, e nell'innovativo schema
gauss a 7 lenti in 4 gruppi messo a punto da Aklin nell'Ottobre 1941 (e poi impiegato sugli
aero-Ektar da 7" a 12" di focale), la 5^ e la 6^ lente dello schema (che sono comprese nei
due doppietti collati posti dietro il diaframma) furono realizzate con un vetro che conteneva
rispettivamente l'11% ed il 13% in peso di torio, oggi evidenziato da una certa emissione nello
spettro gamma e dal classico viraggio color bruno-fumèe delle lenti incriminate, dovuto ad
un processo degenerativo indotto negli anni dalle radiazioni.

In realtà il torio, presentando un tempo di semi-decadimento nell'ordine di 14 miliardi di anni,
nel breve interregno della nostra vita emette solo modeste quantità di alfa e beta; purtroppo
decadendo produce altri isotopi, i cosiddetti "daughters", in stato eccitato; specificamente,
nei vetri degli aero-Ektar si è generato il tallio-206 che nel suo rapidissimo decadimento a
piombo-206 presenta una ragguardevole emissione nel gamma, colpevole della radioattività
che ha reso tristemente celebri gli aero-Ektar; il maggiore della serie, il mastodontico 24" f/6
presenta uno schema ottico diverso da quello presentato in questo contesto, ma il tipo di
emissione lascia intendere che anch'esso adotta vetri al torio analoghi a quelli presenti nei
modelli inferiori; nel progetto di Aklin qui presentato gli elementi risultati radioattivi e
caratterizzati dal viraggio cromatico, il 5° ed il 6°, sono proprio quelli che vantano
il migliore compromesso fra alta rifrazione (1,745 ed 1,755) e bassa dispersione
(numero di Abbe 46,4 e 47,2, rispettivamente); in realtà la Kodak brevettò all'epoca
diversi  schemi basati su vetri dalle insolite caratteristiche di rifrazione/dispersione, molti
dei quali rimasti allo stadio prototipico, che erano stati progettati da George Haklin,
Charles Frederick e Maximilian Herzberger, tutti volti ad ottenere dei Gauss dalle
insolite caratteristiche di alta luminosità, spinta ad f/1,9, f/1,5 e persino f/1,4; per
concepire questi obiettivi, all'epoca davvero all'avanguardia, si fece ricorso ai due
vetri sopra citati con l'aggiunta di un'altro, con rifrazione 1,744 e numero di Abbe
45,8; per ottenere questo favorevole rapporto fra rifrazione e dispersione, in quei
primi anni '40, non era ancora nota la tecnologia che prevede la sostituzione del
biossido di silicio con quote di ossido di lantanio, zirconio, boro od altre terre
rare, e ci si affidava all'ossido di torio, additivo che sta alla base di questi vetri
dalle caratteristiche eccezionali per l'epoca; riassumendo, i tre vetri formulati
con l'aggiunta di ossido di torio in quantità variabile dall'11% al 13% sono:

1,744 - 45,8
1,745 - 46,4
1,755 - 47,2

I primi due tipi presentano molte similitudini con un moderno vetro flint al Lantanio
della Schott und Genossen, il tipo N-LAF2, caratterizzato da nd = 1,744 e vd = 44,85,
realizzato però con l'ausilio di ossido di lantanio, assolutamente innocuo, salvo contaminazioni...

 




UPGRADING  29/12/2007


Ho effettuato una ricerca sistematica sui vetri ottici disponibili da metà anni '30 alla fine della WWII,
recuperando fra l'altro anche il progetto originale relativo a questo tipo di vetri di nuova generazione,
che garantivano l'elevato indice di rifrazione dei vecchi Flint con un numero di Abbe maggiorato del
60% e quindi una dispersione molto più ridotta; uno dei vetri al Torio responsabile dell'attuale radioattività
riscontrata negli Aero-Ektar fu ideato nel Luglio 1939 dai tecnici Kodak Leon Eberlin e Paul De Paolis,
ed effettivamente contiene circa il 12% di Torio ma anche - inopinatamente - il 28% di ossido di  Lantanio;
quest'ultimo e le sue proprietà erano dunque ben noti fin dall'anteguerra, ma con tutta probabilità l'ossido
di Torio si rendeva comunque necessario per mantenere nel vetro le caratteristiche fisiche (struttura amorfa,
fluidità, trasparenza, etc.); infatti entrambi i materiali garantiscono l'aumento della rifrazione e la riduzione della
dispersione, ma un abuso di ossido di Lantanio incide negativamente sulla struttura del vetro, che devetrifica
improvvisamente assumendo una struttura pseudo-cristallina e non omogenea; il vero passo in avanti dei
progetti postbellici non fu quindi sostituire il Torio con il Lantanio (già abbondantemente presente), ma
trovare elementi diversificati che  garantissero al posto del Torio lo stesso rapporto rifrazione/dispersione,
mantenendo così la quota di Lantanio entro i limiti necessari per avere un'amalgama vitrea dalle caratteristiche
fisiche e meccaniche desiderate; ecco uno schema con le coordinate della tabella di Abbe relative a questi
vetri progettati nel 1939 ed una tabella con i componenti del vetro 745464 impiegato negli Aero-Ektar.

 

 

 



END  OF  UPGRADING  29/12/2007



Allego a seguire gli estratti di vari brevetti Kodak del 1940-41 relativi ai gauss più
spinti e luminosi rispetto al progetto di Aklin che fu alla base degli aero-Ektar, evidenziando
in rosso le lenti realizzate con uno dei tre vetri al torio elencati sopra.

Oggi, dopo le recenti e roventi polemiche sull'uranio impoverito, può sembrare assurdo
infarcire di torio strumenti di uso quotidiano per i militari, ma al culmine della WWII la
possibilità di effettuare foto-ricognizione notturna senza rischiare morte certa sotto i colpi
della contraerea lascia intendere come il compromesso fosse quantomeno accettabile.






L'estratto del brevetto americano n° 2.343.627 del 7 Marzo 1944 evidenzia lo schema
ottico tipico degli Aero-Ektar compresi fra 4"(100mm) f/2,5 e 12" (300mm) f/2,5; il
progetto era stato terminato nell'Ottobre 1941 e ci consegna un gauss molto moderno,
la cui modesta curvatura degli elementi tradisce il ricorso a vetri ad alta rifrazione; dal
momento che i vetri convenzionali ad alta rifrazione presentano di solito anche alta
dispersione che si traduce in spettro secondario residuo, si adottarono i vetri al Torio
perchè riducevano la dispersione permettendo una correzione dell'aberrazione cromatica
di livello superiore, spesso vitale negli obiettivi da aero-fotografia: non dimentichiamo
infatti che sovente si faceva uso di filtri rosso scuro o addirittura IR che acromatizzavano
l'obiettivo sul rosso, solitamente il più critico in quanto a trasferimento di contrasto.
Pur adottando già primitivi trattamenti antiriflessi, all'epoca un autentico segreto militare,
lo schema dell'Aero-Ektar tradisce comunque una progettazione in funzione della
massima riduzione dei passaggi ad aria, aggregando le 7 lenti in appena 4 gruppi.




Particolare dello schema ottico; in giallo sono evidenziati i due elementi
realizzati con un vetro speciale ad alto contenuto di Torio (13% nella
lente n° V ed 11% nella n° VI), necessario a garantire l'elevata rifrazione
e la bassa dispersione richieste in un Gauss così luminoso; dal 1945 ad
oggi quasi tutte queste lenti sono virate ad una tonalità bruno-giallastra,
probabilmente per l'interazione distruttiva delle radiazioni con l'impasto
vetroso, riducendo incidentalmente anche la luminosità massima effettiva.
Una riprova della correlazione fra l'aggiunta del Torio e l'effetto sulle
caratteristiche ottiche è deducibile facilmente dalla tabella sottostante
lo schema del brevetto: proprio le lenti V e VI presentano un indice di
rifrazione di 1,745 ed 1,755, un valore molto elevato per quei tempi e
superiore a quello di tutti gli altri elementi dell'obiettivo; nonostante
questa rifrazione elevata, i vetri V e VI presentano un numero di
Abbe di 46,4 e 47,2, spia di una dispersione medio-bassa e molto
favorevole in funzione dell'alta rifrazione garantita.





un progetto di Aklin per un gauss f/1,5 che utilizza nella sesta lente
il vetro nd = 1,744  vd = 45,8

 



un brevetto di frederick ed Herzberger  per Kodak, coevo al precedente,
relativo ad un Gauss addirittura f/1,4; anche per questo prototipo è stato
utilizzavo il vetro nd = 1,744 e vd = 45,8 nella sesta lente

 



un'altro progetto di Aklin risalente allo stesso periodo dei due
precedenti che presenta una luminosità di f/1,9 ed utilizza per
la quinta e settima lente il vetro nd = 1,744 vd = 45,8

 

un'ulteriore ipotesi di Aklin, leggermente posteriore (Ottobre 1941),
per un Gauss f/1,5 che utilizza in ben tre lenti (la prima, la quinta e
la settima) il vetro nd = 1,755   vd = 47,2, caratterizzato dalla
presenza in massa del 13% di ossido di torio; se fosse stato prodotto
oggi sarebbe la star dei dosimetri !! Da notare come il terzo vetro
al torio, il tipo nd = 1,745  vd = 46,4 sia stato impiegato solo nella
versione f/2,5, poi entrata in produzione con la serie Aero-Ektar




UPGRADING  24/12/2007

ABOUT  AKLIN'S  AERO-EKTAR  SCHEMA

WITH  NEW  LANTHANUM  GLASSES

 

Nel dopoguerra  George Aklin continuò a progettare obiettivi per la Eastman Kodak
Company di Rochester (New York), ma non trascurò l'evoluzione dell'Aero-Ektar,
uno dei suo progetti più "riusciti", anche se determinante in ben tristi circostanze...

Va specificato che in America furono all'avanguardia nello sviluppo dei nuovi vetri cosiddetti
"alle terre rare" a base di ossido di Lantanio, ed i matematici statunitensi ebbero a disposizione
fin da metà anni '50 versioni dalle caratteristiche davvero eccezionali, come il tipo 880411 che
vanta un favorevolissimo rapporto fra alta rifrazione (1,8804) e bassa dispersione (41,1) e che
sarebbe stato bissato solo molto tempo dopo dallo Schott LA-SF31A di caratteristiche analoghe
e largamente utilizzato in moderni progetti estremi, come i superluminosi Canon FD ed EF; proprio
a metà anni '50 Aklin mise mano allo schema Gauss "M type" che era stato alla base dell'Aero-Ektar,
spaziando ad aria il doppietto posteriore e sostituendo i due vetri precedentemente adottati nella
quinta e sesta lente con nuovi Flint al Lantanio, privi di ossido di Torio ed esenti da radioattività
presente o futura; in particolare, le ultime tre lenti del nuovo schema utilizzano tutte vetri ad alto
contenuto di ossido di Lantanio (fino ad oltre il 50% per il tipo 880411), caratterizzati da un rapporto
fra rifrazione (1,7767 - 1,8804 - 1,8037) e dispersione (44,7 - 41,1 - 41,8) davvero eccezionale
per l'epoca; questo nuovo progetto costituirebbe così un taglio con il passato e con quegli Aero-ektar
rivelatisi tanto nitidi quanto radioattivi, se non fosse per la scelta inspiegabile e discutibile di utilizzare
comunque un "vecchio" vetro all'ossido di Torio (con rifrazione 1,755 e dispersione 47,2), già adottato
nella sesta lente della versione 1941; l'unico "vantaggio" sta nel fatto che nel modello del 1955 questo
vetro viene sfruttato per la lente anteriore, con meno rischi di velatura per l'emulsione (ma maggiore
esposizione per l'operatore)... probabilmente per l'ottimizzazione fine dello schema era necessario
proprio questo rapporto nD/vD, e del resto nemmeno oggi esiste un vetro al Lantanio con queste
esatte caratteristiche che possa fungere da succedaneo; ecco a seguire gli schemi delle due versioni
con i dati relativi ai vetri adottati.







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