OLYMPUS OM ZUIKO
21mm f/3,5:
IL SUPERGRANDANGOLO COMPATTO
CHE HA FATTO TENDENZA
(06/08/2016)
Olympus OM Zuiko 21mm f/3,5 appartenente all'ultima serie, prodotta dalla fine del 1981.
L'Olympus OM Zuiko 21mm f/3,5 è un supergrandangolare retrofocus da 92° sulla diagonale che fu presentato col primissimo lotto di obiettivi, quando il sistema OM venne lanciato in anteprima sul territorio Giapponese nella primavera 1972 ed era ancora denominato Olympus M System, in onore di Yoshihisa Maitani, il geniale progettista che lo aveva concretizzato.
Quest'obiettivo è estremamente significativo per una serie di ragioni; innanzitutto, assieme al più spinto Zuiko 18mm f/3,5 (che esordì contemporaneamente in una provvisoria versione L-Zuiko a 12 lenti con montatura anteriore fissa da 72mm, poi modificata nel modello finale a 11 lenti con struttura più compatta), rappresenta il primo tentativo della Olympus di avventurarsi nell'infido settore dei supergrandangolari retrofocus, visto che nel pur completissimo corredo della precedente Olympus Pen mezzo formato il grandangolare più spinto copriva l'angolo equivalente a quello di un tranquillo 28mm per formato 24x36... Del resto negli anni '60 il calcolo dei grandangolari retrofocus era ancora in una fase adolescenziale ma sul finire del decennio nuovi computers e programmi di calcolo più sofisticati, grazie anche all'azione pionieristica di Erhard Glatzel della Zeiss, permisero di osare, prefiggendosi obiettivi bel più ambiziosi.
Un altro elemento è la felice coniugazione di ampio angolo di campo e resa prospettica ancora gradevole: in pratica il 21mm è un valido compromesso in cui la veduta inequivocabilmente supergrandangolare non è ancora afflitta da dinamizzazioni prospettiche eccessive e da una innaturale scansione degli elementi in secondo piano, fattori invece già troppo invasivi in focali leggermente più corte come 18mm o 17mm, e permette di ambientare adeguatamente un soggetto principale in grande evidenza senza che l'osservatore sia troppo infastidito da evidenti artifizi o esagerazioni prospettiche.Infine, non va dimenticato il ruolo di grande trendsetter svolto dal celebre Zeiss Biogon 21mm f/4,5 di Ludwig Bertele, il primo supergrandangolare fotografico moderno, lanciato nel 1954 in attacco Contax e caratterizzato da una qualità ottica di tale livello da renderlo subito leggendario, portando così alla ribalta questa particolare lunghezza focale e tutti i suoi caratteristici stilemi espressivi.
Sicuramente in casa Olympus devono avere considerato tutti questi fattori: infatti il sistema OM venne deliberato a metà anni '60 e servì oltre un lustro di lavoro certosino e nascosto per dare vita a questo hardware straordinario; curiosamente, analizzando i vari brevetti disponibili, si può notare come fino al 1970 il team capitanato da Maitani-San si sia focalizzato esclusivamente sulla fotocamera ed i suoi elementi, trascurando la progettazione dei relativi obiettivi, poi calcolati a tamburo battente e con tempi strettissimi, se consideriamo che il corredo già completo presentato in Giappone ad inizio del 1972 è stato progettato interamente nei 24 mesi precedenti; ebbene, nella sequenza cronologica il primo progetto in assoluto è proprio relativo ad una versione preliminare del 21mm f/3,5, presentata per il brevetto il 4 Agosto 1970, a riprova della particolare attenzione rivolta dalla Casa a questa specifica lunghezza focale; è interessante notare come questo progetto sia sostanzialmente simile alla versione finale ma probabilmente è stato realizzato quando le quote meccaniche del corpo M-1 (poi OM-1) non erano ancora definite esattamente: infatti lo spazio retrofocale disponibile non è sufficiente per garantire la corsa corretta dello specchio reflex, dal momento che nei tre modelli ipotizzati il massimo spazio disponibile è di 27,32mm mentre sul corpo OM sono necessari almeno 36,40mm: probabilmente erano state sottostimate le grandi dimensioni dello specchio poi applicato al corpo macchina.
Il modello definitivo, presentato per il brevetto il 10 Maggio 1972, è invece perfettamente compatibile con le quote meccaniche della Olympus M-1; naturalmente un 21mm f/3,5 nel 1972 non costituiva un exploit particolare, se pensiamo ad esempio al Nikkor PD (poi QD) 15mm f/5,6 presentato già alla Photokina 1970, poi bissato dal prototipo Zeiss Distagon 15mm f/3,5 della Photokina 1972, tuttavia i supergrandangolari retrofocus di quel periodo erano caratterizzati da schemi di grande complessità con dimensioni e pesi rilevanti e la vera rivoluzione introdotta da questo Zuiko consisteva proprio nel limitarli ad un livello mai visto prima, in pratica replicando le dimensioni contenute degli obiettivi Olympus Pen per mezzo formato in ottiche destinate al 35mm intero; l'immagine seguente chiarisce il tutto in modo eloquente.
Ecco due classiche e prestigiose fotocamere anni '70 con relativi grandangolari spinti: una Leicaflex SL2 dotata di Leitz Canada Elmarit-R 19mm f/2,8 (lanciato nel 1975) e una Nikon F2 S con Photomic DP-2 e obiettivo Nikkor 18mm f/4 (a sua volta introdotto nel 1974); quindi, mentre i corpi macchina sono coevi alla introduzione della OM-1, i due grandangolari addirittura non esistevano ancora quando lo Zuiko 21mm f/3,5 fu presentato, e nonostante siano leggermente più recenti le loro dimensioni sono drammaticamente superiori a quelle del piccolo supergrandangolare Olympus (le tre fotocamere sono state fotografate simultaneamente in questa posizione e sono in esatta scala), così come la piccola reflex OM-1 è vistosamente più compatta rispetto alle concorrenti.
Fu una vera rivoluzione, immediatamente recepita ed apprezzata dagli utenti, amatori e professionisti, specialmente quando presero atto che gli obiettivi OM Zuiko non erano solo molto più piccoli e leggeri ma anche molto validi otticamente e permettevano di ridurre sensibilmente i pesi e gli ingombri di un corredo senza compromessi con la qualità finale.
Il 21mm fu quindi il primo obiettivo al quale si mise mano quando iniziò la campagna per la progettazione delle ottiche Zuiko destinate al sistema Maitani; della versione f/3,5 esistono tre progetti sequenziali: la versione preliminare con spazio retrofocale insufficiente (04/08/1970), il modello di serie (10/05/1972) ed un prototipo evoluto (23/08/1977) con una lente aggiuntiva nel modulo posteriore che generava uno schema simile a quello dello Zuiko 24mm f/2,8 e che non raggiunse mai la produzione di serie; tutti questi progetti sono stati firmati dal grande Jihei Nakagawa, uno dei nomi venerabili del sistema OM che, fra il 1971 ed il 1976, calcolò gran parte del gruppo iniziale di obiettivi Olympus OM Zuiko, e precisamente i vari 8mm f/2,8 Fisheye, 16mm f/3,5 Fisheye, 18mm f/3,5, 21mm f/3,5, 24mm f/2,8, 35mm f/2, 50mm f/1,4, 55mm f/1,2, 100mm f/2,8, 135mm f/2,8 e 1000mm f/11 oltre al prototipo preliminare del 21mm f/2 ed al prototipo del 24-40mm f/4 del quale solo pochi esemplari sono stati assemblati: sicuramente i fotografi appassionati a questo sistema gli devono imperitura riconoscenza! Ecco gli estratti dai brevetti relativi alle tre versioni,
La prima ipotesi di 21mm f/3,5 presentata nell'estate 1970 evidenzia uno schema eccezionalmente compatto e raccolto, con una grande lente anteriore per contrastare la vignettatura e grande attenzione al controllo dell'aberrazione cromatica: erano infatti previste fino a 3 lenti in vetro Crown ai fluoruri tipo FK5 a dispersione molto contenuta (v= 70,0); come si può visualizzare dai dati riportati, lo spazio retrofocale dei tre modelli corrisponde rispettivamente a circa 1,20, 1,25 ed 1,30 volte la lunghezza focale (21mm), cioè all'incirca 25,1mm, 26,2mm e 27,3mm, tutte quote largamente insufficienti alla tolleranza richiesta dal grande specchio surdimensionato della OM-1, cioè 36,4mm... Non è dato di sapere il perchè Nakagawa abbia calcolato gli obiettivi con spazio retrofocale scarso, sicuramente si tratta di progetti retrofocus e sono destinati al sistema reflex e l'unica ipotesi, già accennata, è che nel momento in cui fu impostato questo progetto non fosse ancora noto lo spazio retrofocale che avrebbe caratterizzato la futura reflex di Maitani, anche se nessuna delle reflex in voga a quei tempi avrebbe potuto accettare un obiettivo con l'ultima lente così ravvicinata... In ogni caso questo modello preliminare consentì di fare esperienza su schemi miniaturizzati e comunque, se osserviamo l'architettura del primo e terzo modello, possiamo notare quanto lo schema sia già concettualmente simile a quello definitivo.
Per la versione di normale produzione, anch'essa firmata da Jihei Nakagawa, venne richiesto il brevetto giapponese il 10 Maggio 1972 (nello schema index è riportata anche la sua intestazione originale); in questo caso l'evoluzione degli schemi derivati dai prototipi del 1970 ha tenuto conto delle quote reali della M-1 e infatti lo spazio retrofocale è pari a 36,40mm, sufficiente, sebbene di stretta misura, a non impattare con lo specchio. In questa configurazione l'obiettivo venne prodotto a partire dal 1972 e distribuito fino agli ultimi giorni del sistema OM, nel 2003 (e anche dopo, negli U.S.A., per alcuni anni era facilmente reperibile sugli scaffali, brand new, come giacenza di magazzino).
Nakagawa-San, nel primo lustro degli anni '70, lavorò intensamente sullo schema base dello Zuiko 24mm f/2,8, molto simile a quello del 21mm f/3,5 tranne che per la quinta lente, trasformata nel 24mm da elemento singolo in doppietto collato, ottenendo così uno schema a 8 lenti contro le 7 del 21mm; in questi numerosi bevetti è presente anche il progetto per un prototipo di Zuiko 21mm f/3,5 evoluto, sdoppiando la quinta lente come sul 24mm, un brevetto richiesto in Giappone il 23 Agosto 1977; questo progetto non ebbe seguito nella produzione di serie e forse una delle ragioni sta anche nel fatto che subito dopo, intorno al 1978-79, Jihei Nakagawa ricevette una proposta "non rifiutabile" dalla Sigma Corporation, talmente interessante da convincerlo a lasciare il brand col quale aveva condiviso la progettazione ed i successi del sistema OM Zuiko per passare "al nemico": infatti già il noto Sigma 18mm f/2,8, brevettato nel 1980, è stato calcolato dallo stesso Jihei Nakagawa per conto del nuovo datore di lavoro... Non conosco i retroscena di questo cambio di casacca per certi versi clamoroso, visto che Nakagawa era un pilastro della Olympus e vantava la paternità della maggioranza degli OM Zuiko presentati fino da allora, e conoscendo anche il senso dell'onore e del dovere che è un meraviglioso caposaldo della cultura giapponese stento a immaginare le ragioni che lo abbiano portato ad un voltafaccia così brutale e, per certi versi, anche "irrispettoso"... In ogni caso questa versione evoluta rimase solo un'ipotesi depositata all'ufficio brevetti, essendo venuto a mancare in Azienda il suo ideatore.
Riassumendo, il precursore presentato nell'Agosto 1970 era servito come base concettuale per l'OM Zuiko 21mm f/3,5 ma non poteva essere utilizzato tout court a causa dello spazio retrofocale insufficiente; la seconda versione del Maggio 1972 aveva le carte in regola da questo punto di vista e fu utilizzata per il modello di produzione; infine, il prototipo avanzato dell'Agosto 1977, anch'esso dotato del necessario spazio retrofocale, prevedeva lo sdoppiamento della quinta lente in un doppietto collato, generando uno schema analogo a quello dell'apprezzato 24mm f/2,8 ma non entrò mai in produzione.
Il modello regolarmente messo a catalogo venne quindi prodotto per tutto l'interregno del sistema OM, dalla presentazione sul mercato interno giapponese nella primavera 1972 fino all'azzeramento ufficiale della gamma; nel corso degli anni si sono alternate 5 versioni, differenziate solamente per piccolissimi dettagli come le scritte anteriori, il trattamento antiriflessi delle lenti e piccoli elementi meccanici minori, non visibili all'esterno.
Nel dettaglio, i primissimi esemplari realizzati prima della Photokina 1972 (con matricola a partire da 100.001, come è spesso avvenuto nella gamma Zuiko), erano identificati dalla scritta M System, presentavano trattamento antiriflessi singolo, la ghiera frontale cromata ("chrome nose") e la denominazione G.Zuiko Auto-W 1:3,5 f = 21mm (dove "G" indica 7 lenti, essendo la 7^ lettera dell'alfabeto, e W sta per wide, cioè grandangolo); questa serie limitatissima fu in circolazione dalla primavera del 1972 fino all'inverno 1972-73, visto che alla Photokina di Colonia, quando il sistema fu ufficialmente presentato ai mercati internazionali, la Leitz chiese amichevolmente ad Olympus di modificare la denominazione "M System" perchè creava confusione con la gamma Leica serie M (esisteva sia una Olympus M-1 sia una Leica M1...) e gli esemplari di questo tipo sono davvero pochissimi e rari.
Nell'inverno 1972-73 si passò quindi alla prima produzione di serie definitiva, identica alla precedente (trattamento SC, chrome nose, scritte G.Zuiko Auto-W 1:3,5 f = 21mm) e l'unica differenza sta nella denominazione Olympus OM System anzichè Olympus M-System; questo modello fu a catalogo dalla matricola 100.000 fino approssimativamente al seriale 108.000.
A questo punto fu introdotta una terza, piccola variante: fermo restante ogni caratteristica del tipo precedente, l'unica variazione consiste nell'eliminazione della ghiera anteriore cromata, adottando una livrea tutta nera più moderna ed aggressiva; questi "single coated" all-black sono noti approssimativamente fra le matricole 108.000 e 116.400.In questa fase della produzione fu introdotta la modifica più importante e cruciale di tutta la serie: il passaggio dall'antiriflessi singolo ad un più moderno trattamento multistrato MC; questa quarta versione è identica alla precedente ma la colorazione delle lenti evidenzia subito il trattamento multistrato che migliora anche il contrasto dell'obiettivo (ora ottimo) e la resistenza al flare; questa serie fu prodotta approssimativamente fra le matricole 116.400 e 118.400 e il miglioramento nel rivestimento delle lenti era chiaramente specificato dalle nuove scritte anteriori: Olympus OM System Zuiko MC Auto-W 1:3,5 f = 21mm (compare la denominazione MC e scompare la G. che indica il numero di lenti).
Va anche annotato che, episodicamente, sono apparsi obiettivi marcati MC ma forniti di seriali inferiori, fino a circa 114.380, quindi in apparente overlap con la numerazione della serie precedente SC; non ci sono spiegazioni ufficiali a questa anomalia, possiamo ipotizzare che si tratti di piccoli lotti "di prova" con trattamento multistrato prima della produzione standardizzata, inseriti nell'ambito della serie SC..Infine, negli ultimi giorni del 1981, fu delberata la quinta versione, identica alla precedente ma con nuove scritte anteriori, dove la denominazione MC veniva omessa, essendo ormai un trattamento universalmente diffuso e dato per scontato, e le nuove scritte vennero modificate in Olympus OM System Zuiko Auto-W 21mm 1:3,5; questa serie resistette fino al crepuscolo del sistema e venne prodotta approssimativamente fra le matricole 118.400 e 125.500 circa.
L'OM Zuiko 21mm f/3,5 fu dunque prodotto in poco più di 25.000 esemplari fra le varie serie susseguitesi in circa 30 anni di carriera, una quantità sicuramente limitata che ne fa un obiettivo non così facile da trovare, soprattutto considerando che i proprietari, solitamente molto soddisfatti dalle sue prestazioni, difficilmente vogliono separarsene; naturalmente a contenere le vendite, oltre alla focale insolita, contribuiva anche il costo non proprio abbordabile: il suo prezzo di listino era oltre il doppio rispetto ad altri classici e diffusi OM Zuiko: nello stesso periodo il 28mm f/3,5 costava 144.000 Lire, il 135mm f/3,5 127.000 Lire ed il 21mm f/3,5 290.000 Lire; d'altro canto il successivo e più luminoso Zuiko 21mm f/2 del quale parleremo in seguito costava ben 493.000 Lire. Ribadisco che la successione delle matricole riportata sopra è approssimativa e basata sulla verifica statistica di numerosi esemplari, dal momento che non esistono dati ufficiali e la numerazione esatta di passaggio fra due serie successive non è nota.
Riguardo ad eventuali evoluzioni e migliorie al gruppo ottico, lo schema ufficiale Olympus con l'esploso dell'obiettivo e l'indicazione dei vali componenti e delle relative sostituzioni nella serie non lascia intendere alcuna modifica sostanziale al gruppo di lenti.
Come si può dedurre dal diagramma con l'esploso dei componenti, le lenti cambiarono numero di codice solamente quando si passò dalla versione con rivestimento a strato singolo (C, Coated) a quella con trattamento multistrato (NMC, New Multi Coating) ma apparentemente non esiste altra variante meccanica o strutturale che stia ad indicare una modifica alle caratteristiche ottiche delle lenti (numerate in rosso sullo schema e indicate a parte nella sezione dell'obiettivo); infatti, nel diagramma aggiuntivo con i pezzi modificati, sono indicate solo piccole componenti meccaniche estranee al sistema ottico; ritengo quindi che il nocciolo ottico e le relative prestazioni siano rimasti invariati per tutta la produzione, con l'eccezione del passaggio all'antiriflessi evoluto. (fonte dei diagrammi: Olympus Corporation).
Vediamo ora come si presenta l'obiettivo ed il relativo imballaggio.
Anche la scatola è molto minuta e in sintonia con la miniaturizzazione del relativo obiettivo: addirittura la documentazione allegata è ripiegata anche più volte per trovare posto al suo interno; il numero di matricola era indicato manualmente, a pennarello, sul fianco destro della scatola mentre questo esemplare, venduto ad inizio anni '80, evidenzia come all'epoca ai prodotti regolarmente nazionalizzati e distribuiti in Italia venissero applicati vari adesivi del contrassegno di stato per l'imposta erariale al consumo, vistose etichette rosa che oggi non sono il massimo su un oggetto da collezione...
La dotazione dello Zuiko 21mm f/3,5 commercializzato da Polyphoto: scatola, pieghevole con caratteristiche, dati tecnici e tabelle di profondità di campo (sul retro), obiettivo con tappi, garanzia italiana Polyphoto e garanzia internazionale Olympus.
Il certificato di garanzia dell'importatore italiano, la Polyphoto S.p.A. di Milano; all'epoca, per combattere la "piaga" dei pezzi venduti dai negozianti lasciando la garanzia in bianco e pronta ad essere attivata solo in caso di guasti, magari dopo molto tempo (infatti anche il documento di questo esemplare non risulta compilato, datato e timbrato...), gli importatori cominciarono a stampare una data di scadenza finale della garanzia direttamente sul format del documento... Naturalmente tale data era sufficientemente lontana per lasciare al rivenditore un ragionevole tempo per piazzare l'obiettivo ad un cliente e mantenere comunque il tempo di garanzia standard previsto senza arrivare a questa "dead line". Interessante anche la denominazione dell'ottica, "Z 3.5/21", decisamente laconica: sarà stato per risparmiare tempo oppure inchiostro?
Il pieghevole con le caratteristiche e i dati tecnici dell'obiettivo, stampato in 4 lingue principali. (Olympus Corporation)
L'Olympus OM Zuiko 21mm f/3,5 (questo esemplare, matricola 119.365, appartiene all'ultima serie) condivide la classica livrea degli obiettivi OM, sicuramente piacevole e con grafiche chiare grazie anche ai vistosi smalti fluorescenti utilizzati (e dovreste vedere come si "accendono" alcuni di essi in luce di Wood...); la classica ghiera solidale alla baionetta incorpora due pulsanti per lo sblocco dell'obiettivo e la chiusura manuale del diaframma che sono estremamente pratici nell'uso quotidiano, rendendo queste operazioni veloci e a prova di errore; l'unica obiezione che si può formulare riguarda il ridotto spazio destinato alla doppia scala di messa a fuoco in metri e piedi, le cui misure risultano affastellate le une sulle altre ma comunque ben differenziate grazie ai diversi colori; come si può notare l'obiettivo focheggia fino a 0,2m dal piano focale, una prestazione molto interessante che consente riprese molto spettacolari, quasi delle "macro grandangolari" (si inquadra un formato A5) ma occorre ricordare che quest'obiettivo non incorpora un sistema flottante per compensare le aberrazioni a coniugate brevi e, nonostante gli advertising ufficiali della Casa ricordassero che grande attenzione era stata prestata alla resa a distanze ridotte, siano di fronte classica "coperta corta" quindi, se proprio è necessario lavorare ad una spanna dal piano focale, almeno provvediamo a chiudere bene il diaframma (ad esempio, ad f/11) per compensare eventuali problemi.
L'obiettivo risulta eccezionalmente compatto, nonostante il grande diametro della baionetta d'innesto, e al suo esordio additò nuovi standard: 31mm di lunghezza, 59mm di diametro e 185g di peso (versione chrome nose, 180g per le ultime); il diaframma chiude da f/3,5 ad f/16 senza scatti sui valori intermedi ed è presente la serie di riferimenti per la profondità di campo e per la correzione di fuoco nell'infrarosso. La filettatura anteriore per i filtri è da 49x0,75mm mentre il paraluce, codice 15-214, va acquistato a parte.
La consueta baionetta Olympus OM è molto robusta e realizzata con materiali di prima qualità; notate il piccolo diametro della lente posteriore, tenuta in sede da una ghiera con prese per chiave a compasso; questa baionetta consente non soltanto l'applicazione alle moderne fotocamere digitali mirrorless ma anche alle varie reflex Canon EOS, anche full-frame e, grazie all'esclusivo sistema di svincolo dell'obiettivo con pulsante sulla ghiera del barilotto, è possibile lasciare un singolo anello montato sul corpo macchina, velocizzando la sostituzione.
Le dimensioni estremamente contenute dell'OM Zuiko 21mm f/3,5 sono evidenziate in questa foto dal confronto con il classico obiettivo normale OM-Zuiko 50mm f/1,8, anch'esso rinomato per la sua compattezza: l'ingombro dei due obiettivi è praticamente identico e proprio l'aspetto dimesso, informale di questo 21mm, scambiato invariabilmente per un "normale", consentiva di effettuare scatti rubati di street photography, inquadrando il soggetto leggermente decentrato e scattando mentre lui, vedendo l'obiettivo puntato in altra direzione, non immaginava nemmeno di essere il protagonista dello scatto, comunque inquadrato grazie ad un insospettabile angolo di campo!
L'OM Zuiko 21mm f/3,5 assieme ad un altro classico grandangolare della prima ora, l'eccellente OM Zuiko 35mm f/2,8, anch'esso appartenente all'ultima serie con trattamento MC che garantisce un contrasto e un'accuratezza cromatica superiori rispetto a quelle fornite dalla versione SC.
Vediamo ora di approfondire le caratteristiche ottiche del 21mm f/3,5; in questa fase non possiamo esimerci dal prendere in considerazione anche il suo "fratellone" Olympus OM Zuiko 21mm f/2, la versione superluminosa e molto più costosa che all'epoca fece scalpore e che lo affiancò qualche anno dopo.
Normalmente queste ottiche Olympus OM venivano realizzate utilizzando vetri ottici della vetreria giapponese Sumita (in rari casi qualche materiale veniva selezionato anche dal catalogo della vetreria Ohara); in questo caso i 7 elementi sono realizzati con 5 tipi di vetro: un Flint al lantanio, tre phosphate Crown PSK a media rifrazione e bassa dispersione, un Crown al lantanio, un Flint e un Dense Flint ad alta rifrazione ed alta dispersione; l'utilizzo di 3 vetri PSK a base di fluoruri e metafosfati richiama l'attenzione preposta al controllo dell'aberrazione cromatica che avevamo già notato nei prototipi preliminari del 1970.
L'Olympus OM Zuiko 21mm f/2, presentato circa un lustro dopo la versione f/3,5, presenta naturalmente uno schema ottico più complesso ad 11 lenti in 9 gruppi e con un sistema flottante collegato all'elicoide di fuoco per compensare le aberrazioni a distanza ravvicinata; per la sua realizzazione sono stati utilizzati 9 elementi in vetro Sumita e 2 elementi in vetro Ohara appartenenti a 6 categorie: un Flint al bario, tre Crown al lantanio, un Dense Flint al lantanio, due Flint, due Dense Flint e un Flint al lantanio, un'architettura sofisticata e giustificata dalla grande apertura relativa che, a quei tempi, costituiva un autentico record.
Per quanto concerne la progettazione dell'OM Zuiko 21mm f/2, la sua genesi è piuttosto articolata perchè la prima ipotesi fu concretizzata dallo stesso Jihei Nakagawa, che la calcolò fra l'autunno 1973 ed il Febbraio 1974 ottenendo uno schema a 10 lenti i 8 gruppi che rimase in ibernazione per un paio di anni, finchè il suo collega Yoshitsugi Ikeda lo prese in carico ed introdusse una modifica chiave che rappresenta tuttora l'elemento caratterizzante dell'obiettivo di serie: lo sdoppiamento della quarta lente di grande spessore in due elementi, sempre realizzati con lo stesso vetro Flint tipo F4, introducendo una lente d'aria per migliorare la correzione, mentre non sfruttò le due nuove superfici ottenute dal "taglio" della lente per ricavare ulteriori elementi rifrangenti, visto che il loro raggio è infinito, quindi sono assolutamente piatte.
Si giunse quindi al brevetto definitivo, richiesto in Giappone il 14 Marzo 1977 e i cui elementi fondamentali sono riportati nella scheda riassuntiva soprastante.
L'Olympus OM Zuiko 21mm f/2 ritratto anni fa assieme ad altri celebri obiettivi della stessa gamma durante una sessione di test che, per varie ragioni, non ho mai concretizzato nel relativo articolo che avevo pianificato.
Immagine realizzata con l'Olympus OM Zuiko 21mm f/2 ad f/2,8, montato su Canon EOS 5D primo tipo a 200 ISO e scattando ad 1/50".
Ho avuto modo di utilizzare entrambe le versioni di OM Zuiko 21mm e sicuramente lo stato di correzione è differente: il 21mm f/3,5 ha un comportamento più classico e prevedibile, con una resa molto buona in quasi tutto il campo ma che degrada fisiologicamente dal centro ai bordi, cedendo negli ultimi 2-3mm di diagonale utile con una fuzziness abbastanza improvvisa agli angoli estremi, con componenti anche cromatiche, e una distorsione contenuta, a barilotto, dalla progressione costante; il più luminoso 21mm f/2 evidenzia invece una ottimizzazione più complessa con un comportamento differente, caratterizzato da una correzione elevata sull'asse e ai bordi con un calo non vistoso nelle zone intermedie verso l'estremità del fotogramma; quello che disturba di più è una vistosa vignettatura (davvero elevata ad f/2) ed una distorsione "moustache" che risulta più vistosa con elementi geometrici. Ecco due test di risolvenza realizzati sui 21mm OM Zuiko negli anni '80 dalla rivista italiana "Il Fotografo - Mondadori" (non più edita da oltre 30 anni).
Naturalmente questi test su mire piane, a maggior ragione con supergrandangolari che si trovano ad operare a distanze più ridotte, risentono in maniera evidente della curvatura di campo, aberrazione che - nell'uso pratico - in molti casi è trascurabile, quindi i valori misurati servono solo come indicazione generica, comunque i diagrammi confermano le prove sul campo: lo Zuiko 21mm f/3,5 è un ottimo supergrandangolare retrofocus ma dal comportamento tradizionale, è un obiettivo da "diaframma chiuso", ottimo in asse a tutte le aperture con le zone più periferiche verso i bordi che migliorano via via alla chiusura dell'iride, quindi è necessario diaframmare almeno ad f/8 per ottenere una valida uniformità sul campo, mentre il 21mm f/2 ha una resa più insolita e se vogliamo impressionante perchè la seconda curva partendo dall'alto in realtà corrisponde ai bordi estremi, vistosamente sovracorretti rispetto alle zone mediane ad 1/3 e soprattutto 2(3 di campo; i bordi di un supergrandangolare da 92° con simili valori a tutte le aperture sono uno spettacolo insolito e sicuramente siamo in presenza di una particolare giacitura dei piani astigmatici per cui il piano di messa a fuoco ai bordi coincide perfettamente con quello dell'asse mentre la curvatura di campo residua interagisce nelle zone intermedie, penalizzando la lettura perchè tali aree non risultano perfettamente a fuoco sul fotogramma; considerando la vertiginosa apertura massima e l'anno di progettazione si tratta comunque di un obiettivo impressionante ma entrambi i 21mm nell'uso pratico fanno una bella figura, sebbene con sfumature di comportamento diverse legate agli schemi; occorre anche ricordare che il modello più luminoso, in queste prove a coniugate ravvicinate, si avvantaggia del sistema flottante, assente nel 21mm f/3,5.
Un ulteriore test sullo Zuiko 21mm f/3,5 fu realizzato dalla rivista "Fotografare" (all'epoca molto prestigiosa e diffusa) a fine anni '70; anche in questo caso, confrontando i risultati con altri obiettivi misurati con lo stesso procedimento (nel quale per molti modelli il valore di 56,1 era il massimo raggiungibile), il rendimento risulta ottimo, confermando in ogni caso un comportamento tradizionale, senza sovracorrezioni insolite in certe zone del campo, e la necessità di chiudere su valori intermedi, preferibilmente ad f/8, per sfruttare al 100% le alte prestazioni dell'obiettivo.
A destra ho invece riportato nuovamente la prova sullo Zuiko 21mm f/3,5 eseguita dalla testata "Il Fotografo - Mondadori" assieme a quella di obiettivi simili della stessa epoca, affiancati due a due per storica rivalità di brand: abbiamo quindi lo Zuiko 21mm f/3,5 abbinato all'SMC Pentax-M 20mm f/4, il Leitz Super-Angulon-R 21mm f/4 e lo Zeiss Contax 18mm f/4 (all'epoca non esisteva uno Zeiss Oberkochen da 20-21mm) ed il Canon FD 20mm f/2,8 a confronto col Nikon Nikkor Ai 20mm f/3,5; curiosamente, va detto che il Pentax-M, giunto sul mercato 5 anni dopo, si ispirò palesemente al modello Olympus OM Zuiko, sia per le dimensioni minute che per lo schema ottico e infatti anche l'andamento dei diagrammi, superiori per l'Asahi, è simile come andamento generale; molte prove risultano deludenti, probabilmente perchè in questo contesto certi esemplari devono fare i conti con una curvatura di campo elevata che mortifica il rendimento sulle mire piane e in altri casi, vedi il Canon, probabilmente l'esemplare si avvantaggia per una maggiore planeità.In ogni caso la OM-1 ed i suoi obiettivi OM-Zuiko sconvolsero le certezze consolidate dell'ambiente e la grossa e minacciosa fotocamera-carrarmato con i suoi obiettivi itifallici in voga all'epoca non venne più vista come l'unica, rassicurante simbolo di eccellenza per il fotografo impegnato ed il professionista... l'alta qualità costruttiva del corpo macchina, i suoi comandi ergonomici e sovradimensionati nonostante le ridotte dimensioni della cassa, gli obiettivi minuscoli ma eccellenti e soprattutto insolitamente uniformi sul campo, in tutte le zone e ai vari diaframmi, costituivano veramente un nuovo step generazionale del quale presero atto immediatamente gli utenti ma soprattutto i grandi brand concorrenti che videro l'obsolescenza appannare in un attimo lo smalto dei loro sistemi... Molti di essi corsero ai ripari, chi prontamente chi in modo più tardivo, sia impostando una gamma di fotocamere più compatte (vedi le Pentax serie M, le Nikon FM-FE o la nouvelle vague della Leica R4) sia miniaturizzando a loro volta i propri obiettivi più corpulenti: citiamo nuovamente la gamma SMC Pentax M, forse quella che con più convinzione si è gettata sul percorso tracciato dagli Zuiko, ma anche diversi obiettivi Nikon Nikkor come il 20mm f/3,5, l'85mm f/1,8 o il 200mm f/4 che rinacquero in vesti decisamente più ridotte; possiamo tranquillamente verificare tale tendenza osservando i tre obiettivi da 20mm commercializzati da Nikon dal 1967 al 1977.
Il Nikkor-UD Auto 20mm f/3,5, il celebre "padellone", era un obiettivo di grande successo lanciato nel 1967 ed ampiamente apprezzato dai professionisti per la sua resa elevata ma anche per il suo aspetto massiccio e rassicurante, da ottica indistruttibile, sottolineato dalla montatura anteriore da 72mm; prodotti massicci e ben dimensionati sembravano incarnare perfettamente lo spirito della Nippon Kogaku e invece dopo 7 anni, nel 1974, l'effetto dirompente dello Zuiko 21mm f/3,5 indusse ad un drastico cambiamento di rotta e venne presentato il Nikkor 20mm f/4 che sembrava addirittura lillipuziano rispetto al predecessore, si era persino rinunciato ad 1/3 di stop dell'apertura massima per contenere ulteriormente le dimensioni e serviranno 10 anni esatti per tornare, nel 1977, alla luminosità originaria mantenendo ingombri molto compatti grazie al successivo Nikkor Ai 20mm f/3,5: le ottiche OM Zuiko, e in questo specifico caso il 21m f/3,5, avevano fatto tendenza e il mondo della fotografia non sarebbe più stato lo stesso!
Analizzando gli schemi ottici di alcuni degli obiettivi citati, pur evidenziando una matrice comune fra le architetture, compresa quella dello Zuiko 21mm f/3,5, si può notare come gli schemi Nikon ideati da Ikuo Mori siano comunque più complessi e questo impedisce di replicare la compattezza longitudinale dell'ottica Olympus, mentre nel caso dell'SMC Pentax-M 20mm f/4 la clonazione del modello Zuiko è stata minuziosa: non soltanto gli ingombri esterni sono paragonabili ma anche lo schema ottico è molto simile, con l'unica palese differenza dello sdoppiamento della quinta lente in due elementi separati.
Come già riferito, questo Zuiko 21mm f/3,5 è stato un obiettivo storico e ha cavalcato l'intera parabola del sistema OM; ecco alcune scansioni di materiale informativo e pubblicitario ufficiale nel quale compare tale obiettivo.
Le pagine dedicate nel catalogo degli obiettivi Zuiko anni '70 dove viene anche dichiarata una particolare attenzione nell'ottimizzare le aberrazioni a distanze ridotte in sede di progetto. (fonte: Olympus Corporation)
Lo Zuiko 21mm f/3,5 nella brochure dei corpi OM-1 ed OM-2 di fine anni '70. (fonte: Olympus Corporation)
Immagine d'insieme del gruppo di ottiche Zuiko da una brochure anni '80. (fonte: Olympus Corporation)
I due 21mm Zuiko nella brochure del corpo Olympus OM-4 Ti. (fonte: Olympus Corporation).
Abbiamo dunque visto che l'Olympus OM Zuiko è una pietra miliare nell'ottica fotografica anni '70: fu il primo obiettivo Olympus OM ad essere calcolato, tracciò nuovi parametri di resa ottica e con la sua eccezionale compattezza e leggerezza ha obbligato la concorrenza ad adeguarsi a questa nuova, rivoluzionaria tendenza che ha continuato a garantire numerosi e nuovi proseliti, basta considerare il successo che arride tuttora alle compatte mirrorless digitali formato M 4/3 o APS-C con i relativi obiettivi.
Naturalmente un obiettivo così minuscolo e valido otticamente, specialmente se disponiamo di una versione multicoated che garantisce contrasto e colori brillanti, può essere utilizzato tuttora con grande soddisfazione grazie anche al fatto che, trattandosi di un obiettivo per reflex, dispone di uno spazio retrofocale sufficiente a garantire la proiezione telecentrica necessaria anche per un sensore 24x36mm, quindi otteniamo immagini prive di color cast, vignettatura o problemi di resa ai bordi che possono affliggere un grandangolare non retrofocus anteposto ad un sensore full-frame; inoltre, la possibilità di abbinarlo efficacemente e facilmente alle reflex Canon EOS consente di sfruttarlo con la "filosofia di utilizzo" originale ma naturalmente, se desideriamo lavorare in analogico, nessuno vieta di utilizzarlo tuttora su corpi Olympus OM, ancora funzionali ed efficienti, oppure su una EOS a pellicola, magari una EOS-1.
Personalmente, utilizzando lo Zuiko 21mm f/3,5 illustrato in questo articolo, ho sempre cercato di creare un ponte ideale fra la tecnologia del passato e le possibilità del futuro, sfruttandolo in abbinamento alle moderne tecniche digitali come ad esempio le panoramiche composite: per concludere queste mie note voglio quindi allegare alcune immagini panoramiche ottenute con svariati scatti in verticale a mano libera, ruotando il complesso fotocamera-obiettivo e cercando di mantenere l'asse di rotazione il più possibile coincidente col punto nodale dell'ottica, visto che una focale così corta risulta molto critica per questo impiego a mano libera, senza teste speciali o sistemi di controllo del punto nodale: trovo affascinante "dare nuova vita" a questi vecchi e gloriosi obiettivi, sfruttandoli con profitto in contesti che i loro progettisti e gli utilizzatori dell'epoca non avrebbero mai immaginato.
Il borgo di Brisighella e la relativa torre dell'orologio che domina il centro, visti dagli spalti rocciosi settentrionali del castello. OM-Zuiko 21mm f/3,5 su EOS 5D Mark II in verticale ad f/8 + polarizzatore; numerosi scatti a mano libera ruotando sull'asse verticale, assemblati con PtGui Pro.
Il borgo di Brisighella visto dalla torre dell'orologio in una tarda mattinata estiva. OM-Zuiko 21mm f/3,5 su EOS 5D Mark II in verticale ad f/8-11 + polarizzatore; numerosi scatti a mano libera ruotando sull'asse verticale, assemblati con PtGui Pro.
Piazza del Popolo e Piazza della Libertà a Faenza col duomo rinascimentale, la torre dell'orologio e il palazzo del podestà nel primo pomeriggio, con gli ambulanti del mercato che stanno lasciando la piazza. OM-Zuiko 21mm f/3,5 su EOS 5D Mark II in verticale ad f/8; numerosi scatti a mano libera ruotando sull'asse verticale, assemblati con PtGui Pro in prospettiva cilindrica.
Si tratta naturalmente di un utilizzo particolare ma non è un mistero che molti appassionati di escursioni in montagna ed arrampicate in ferrata da molti anni hanno scelto questo Zuiko come ottica prediletta, sfruttando quell'iresistibile mix di grandi prestazioni e leggerezza/compattezza che cambiarono il mondo delle ottiche supergrandangolari e che, a distanza di quasi 45 anni, continua ad intrigare.
(Marco Cavina)
(testi, attrezzature, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato; ringrazio il caro amico Prof. Vicent Cabo per alcuni schemi ottici, splendidi come sempre).