CARL ZEISS CONTAREX
PLANAR 55mm f/1,4
CON LENTE POSTERIORE OPACA:
PICCOLO DIARIO DEL RECUPERO DI
UN OBIETTIVO CONSIDERATO PERDUTO
(dedicato a Gianni Maria)
16/12/2012
L'obiettivo fotografico Carl Zeiss Planar 55mm f/1,4 per Contarex, prodotto col Bestellnummer 11.2407 in 8.275 esemplari dal 1961 al 1970 (inizialmente satinati cromo e, dal 1964, neri) è un vero classico, dal momento che - se escludiamo il raro e costosissimo Planar 85mm f/1,4 T* realizzato in minime quantità nel 1974, "fuori tempo massimo" rispetto alla produzione delle fotocamere - è stato l'unico obiettivo superluminoso realmente disponibile per quasi tutta la vita utile di quel mitico sistema fotografico.
Di recente, per un delizioso intreccio di circostanze, sono entrato in possesso di un esemplare cromato in eccellenti condizioni generali: elicoidi fluidi, diaframma pulito e perfetto, niente polvere all'interno, barilotto quasi intonso; purtroppo l'unica pecca bastava a pregiudicarne l'utilizzo pratico, dal momento che, non si capisce in che maniera, sulla superficie esterna della lente posteriore si era materializzato un alone opaco the comprometteva interamente la trasparenza della lente stessa, trasformando l'immagine traguardata nel mirino in una sorta di vista con nebbia fitta in val Padana...
Lo Zeiss Planar 55mm f/1,4 in questione; esteticamente è quasi inappuntabile ma la pesante patina opaca sull'ultima lente ne faceva un soprammobile di bell'aspetto o poco più...
Il magnifico diaframma dalla sagoma complessa è solo uno dei deliziosi dettagli che fanno di quest'obiettivo un vero classico; risulterà quindi comprensibile la mia frustrazione per l'increscioso neo che caratterizzava questo esemplare, pregiudicandone l'utilizzo; senza indugiare un attimo mi sono immediatamente attivato nel tentativo di rimuovere il deleterio alone, sia pure convivendo con l'inquietante considerazione che i precedenti proprietari avranno tentato a loro volta, in ogni modo, di risolvere il problema, senza successo.
La prima, ovvia serie di prove si è basata sull'impiego di chimici, da tensioattivi a solventi di ogni genere; armato di bastoncini con ovatta per orecchie e carta assorbente da cucina, ho trattato e successivamente strofinato a lungo la patina con:
pulitore per vetri all'ammoniaca
alcool a 90°
alcool assoluto
tricloroetilene
xilene
essenza di petrolio
diluente per vernici
acetone per smalto da unghieDopo numerose applicazioni ed altrettanto vigorosi strofinamenti circolari, una volta asciugata, la patina opaca ha assunto nuovamente l'aspetto originale, senza la benchè minima attenuazione; piuttosto sconfortato, ho provato anche a "sgommare" la superficie alonata usando una gomma Staelder per cancellare la matita (solitamente molto efficiente per rimuovere la patina di ossido dall'argento) e a rimuovere la patina usando la punta di stuzzicadenti di legno ma, anche in questo caso, l'alterazione è rimasta tale e quale, beffardamente al suo posto a ridere di me.
A questo punto ho preso in considerazione l'idea di far lucidare la lente, accettando il sacrificio dell'antiriflessi per rendere la vista al prestigioso normale, ma gli ottici che ho contattato mi hanno scoraggiato, dal momento che ormai lavorano quasi esclusivamente con lenti in resina e non praticano più la lucidatura del vetro in bottega; i vetrai non hanno l'attrezzatura specifica per intervenire su una lente così piccola ed incurvata (ed anche difficile da smontare, essendo fissata in sede da una ghiera sottilissima e priva di tacche per chiave a compasso, in ossequio alla solita e diabolica cerebralità Zeiss); come ultima spiaggia, avevo preso in considerazione di affidare l'obiettivo ad un orefice, chiedendogli di trattare la lente alla stregua del vetro rigato di un orologio da recuperare, tuttavia, prima di procedere a questo passo estremo, dando comunque per perso l'antiriflessi, ho deciso di tentare in proprio, sapendo che avrei lavorato con la massima delicatezza e cura possibile, una prassi non garantita delegando a terzi.
Ho quindi provveduto a smontare il Planar nelle sue componenti principali.
Per nostra fortuna, le ottiche Contarex con barilotto standard sono assemblate in modo da semplificare un certo tipo di assemblaggio finale e manutenzione.
Come si può intuire da questo esploso, il nocciolo ottico pre-assemblato è praticamente "sospeso" ai lobi sospesi della sua flangia anteriore, senza altri punti di ancoraggio: tali lobi vengono stretti fra la battuta anteriore dell'elicoide di fuoco che sporge dal barilotto ed il guscio anteriore di ottone cromato che chiude l'obiettivo e reca la baionetta B56 per gli accessori: una volta ruotato il nocciolo ottico per metterlo correttamente in fase col la camma del diaframma, tre viti fissano il guscio anteriore all'elicoide di fuoco, passando nelle tre asole presenti nella flangia anteriore del gruppo ottico, e quest'ultimo risulta così fissato, semplicemente sfruttando l'attrito fra i lobi della sua flangia ed i due piani che li tengono stretti; la larghezza delle asole che interrompono la flangia per il passaggio delle 3 viti consente ampia libertà di rotazione al gruppo ottico durante le operazione di sincronizzazione della camma per il diaframma.
In questo modo era possibile predisporre il nocciolo ottico completo, assemblandolo con tolleranze eccezionalmente ridotte grazie alla lavorazione con strumenti di alta precisione e personale altamente qualificato, e successivamente il montaggio finale sul barilotto risultava rapido e semplice: occorreva solamente regolare la battuta del tiraggio ad infinito sulla focale effettiva (misurata su ogni specifico esemplare di gruppo ottico) ed inizializzare correttamente la camma di controllo del diaframma, affinchè - col comando meccanico a fondo corsa - anche l'iride fosse completamente aperto. In questo schema la sezione del gruppo ottico è riportata in esatta scala sopra al relativo barilotto.
Sul barilotto del nocciolo ottico, realizzato in alluminio passivato per indurirlo e renderlo scorrevole, è sgorbiata la focale effettiva misurata su quest'esemplare, ovvero 57,3mm, leggermente superiore allo standard medio di 57,1mm; l'ottica è dichiarata come 55mm perchè una cifra "pari" sarebbe stata accettata meglio dai clienti. Esiste un prototipo di pre-serie con dicitura "Planar 1:1,4 f=58mm" ma subito dopo la Zeiss decise di"normalizzare" la focale a 55mm, grazie alle tolleranze ammesse dalle coeve norme DIN, e persino le ghiere con incisione "58mm" già allestite per la produzione vennero distrutte.
Nella porzione più larga del barilotto è ricavata una sottile asola nella quale scorre una camma che consente l'apertura e la chiusura del diaframma, a sua volta fissata ad un disco che chiude quasi completamente la fessura, impedendo alla polvere di entrare e depositarsi sulle lenti interne; questa camma si accoppia ad un rinvio che permette al corpo macchina di gestire le aperture.
Sullo stesso barilotto si nota la fresatura meccanica sul lato inferiore della flangia anteriore, realizzata per regolare la battuta e far coincidere esattamente il tiraggio di infinito con la specifica focale 57,3mm di quest'esemplare (ovviamente questa prassi veniva ripetuta con ogni obiettivo prodotto); contrariamente a quanto avveniva con gli obiettivi Leica a telemetro, la Zeiss non ha predisposto vari modelli di elicoide corrispondenti a diverse lunghezze focali, dal momento che il fuoco effettivo viene riscontrato direttamente dal corpo macchina reflex, e ci si limitava a tarare la posizione di infinito. Sullo stesso barilotto sono riportati dei segni di riferimento, utilizzati come punti di fede dal tecnico che ha effettuato l'assemblaggio finale; in un altro punto del barilotto è presente un incisione quasi invisibile che riporta "2/61", ovvero Febbraio 1961, periodo in cui questo Planar fu prodotto.
Come si può notare il nocciolo ottico pre-assemblato è privo di tacche o prese visibili per lo smontaggio, come se i tecnici di Oberkochen avessero voluto ribadire il fatto che operare all'interno di un sistema assemblato con tolleranze così ridotte dev'essere off-limits per tutti tranne le maestranze qualificate che hanno fisicamente eseguito il montaggio, sfruttando interferometri e strumenti di misura dalla precisione inaudita.
Una sorta di piccolo scrigno blindato e messo al sicuro da mani "sacrileghe", dunque.
Il barilotto completo dell'obiettivo presenta elicoidi, ghiere e cannotto interno in alluminio anodizzato con uno speciale indurente e, osservando le sue cavità, si può notare una forchetta solidale alla ghiera girevole posteriore che comanda il diaframma: calando il nocciolo ottico nel barilotto, la camma che comanda il diaframma deve calzare all'interno della forchetta che, in questo modo, trasmette il moto rotatorio del disco posteriore (collegato alla rotella del corpo macchina che gestisce le aperture) alla camma del nocciolo stesso e quindi all'iride; la sede molto allungata serve per tenere il posizione la camma del gruppo ottico, lasciandola scivolare avanti ed indietro, anche quando l'obiettivo viene messo a fuoco a distanze minime, avanzando molto il gruppo stesso (e quindi la sua camma) rispetto alla montatura.
Per fasare correttamente il diaframma occorre posizionare l'elicoide su infinito, tenere il disco metallico posteriore, coassiale alla baionetta, a fondo-corsa in posizione di massima apertura e ruotare il gruppo ottico finchè al fondo-corsa del disco posteriore non corrisponda il diaframma completamente aperto, di giusta misura.
A questo punto, facendo attenzione a non spostare ulteriormente il gruppo ottico, si applica il guscio cromato anteriore, posizionando i suoi fori tre fori passanti davanti ai corrispondenti fori filettati nella battuta anteriore dell'elicoide di fuoco, e si avvita a fondo, bloccando tutto nella posizione prescelta.Durante queste operazioni "a cuore aperto" mi sono accorto che l'informazione, da tempo universalmente riconosciuta, secondo la quale il Planar 55mm f/1,4 Contarex sarebbe privo del dispositivo di compensazione del diaframma a distanze di fuoco ridotte è errata, quantomeno per quanto concerne questo esemplare (e quindi forse, per estensione, l'intera produzione cromata?)
Infatti, come si nota chiaramente nell'illustrazione, l'asola presente nella forchetta che comanda la camma del diaframma e le consente di avanzare a distanze minime non ha andamento rettilineo bensì diagonale per cui, quando il nocciolo ottico avanza passando da infinito alle distanze minime, la sua camma viene forzata a spostarli lateralmente, aprendo via via il diaframma per compensare l'assorbimento luminoso operato dall'aumento del tiraggio posteriore; questo dispositivo era utile con i corpi privi di esposimetro (Special, Professional) o equipaggiati con esposimetri non-TTL (Contarex I "Cyclope"), dal momento che il T= effettivo non variava alle diverse distanze, mentre divenne superfluo con i corpi dotati di lettura TTL (Super e Super Electronic); non ho mai ispezionato un Planar 55mm f/1,4 nero, di produzione più tarda, per verificare se questo particolare è rimasto invariato, tuttavia un controllo empirico è molto facile: basta prendere l'obiettivo, settarlo su infinito, chiudere manualmente il diaframma (meglio lasciarlo abbastanza aperto, per valutare meglio le differenze) e focheggiarlo a distanze minime tenendo sempre d'occhio la posizione dell'iride, attraverso le lenti anteriori: se il diaframma si muove, aprendosi leggermente (come avviene nel mio esemplare), tale obiettivo è sicuramente equipaggiato con forchetta curva e compensa automaticamente l'apertura.
Va anche annotato che questo dispositivo, per il quale molti avevano ipotizzato una meccanica molto complessa e sofisticata, è realizzato invece in modo tanto semplice quanto geniale.
Prima di svelare l'epilogo dell'operazione, mi si consenta - contestualmente - di dettagliare meglio le caratteristiche ottiche di questo bel pezzo di storia Zeiss.
Il 55mm f/1,4 Contarex fu progettato da Johannes Berger, padre di molti celebri Planar (uno su tutti, l'80mm f/2,8 per Hsselblad) e Guenther Lange, scienziato molto esperto e capo del Rechensbuero di Oberkochen fin dalle origini della Zeiss Opton, a fine anni '40; l'obiettivo venne brevettato nel Maggio del 1959, giusto in tempo per l'arrivo del neonato sistema Contarex, e ben presto affiancò il classico planar 50mm f/2, disponibile fin dall'esordio.
Lo schema prevede un classico Gauss a 7 lenti in 5 gruppi, con due doppietti collati contrapposti al diaframma e due menischi posteriori singoli, un'architettura classica per i normali f/1,4 anni '60 e '70 che ritroviamo in molte realizzazioni Canon, Nikon, Pentax o Leitz; come avviene spesso negli standard luminosi, per contenere i raggi di curvatura e quindi le aberrazioni si è fatto uso di vetri ottici moderni, alle Terre Rare, caratterizzati da alta rifrazione e bassa dispersione: Schott lanthanum Flint LaF3 nella prima e settima lente e Schott lanthanum Flint LaF33 per la quinta e sesta lente; completa la batteria il vetro Dense Flint ad alta rifrazione Schott SF6 della quarta lente.
Tornando al nostro esemplare con lente completamente opaca, dopo aver inutilmente tentato un intervento palliativo, cercando di renderla trasparente trattandola con olio di silicone e crema con cera d'api, in un momento di lucida follia ho messo mano a creme lucidanti abrasive per metalli teneri, ho schermato il nocciolo ottico con cellophane per alimenti (lasciando libera solo la porzione di cannotto con la lente posteriore) ed ho iniziato a testare vari prodotti: un primo esperimento con una crema lucidante per rame ed ottone non ha sortito risultati (anzi, l'opacità sembrava più marcata) e, come ultimo tentativo prima di desistere, ho provato un prodotto lucidante per l'acciaio della batterie da cucina della serie Smac Brilla Acciaio, un flacone che ho in casa da molti anni e che, in questa configurazione, è fuori produzione da tempo; incredibilmente, stendendo più volte la crema abrasiva e lucidando vigorosamente con carta assorbente da cucina, la patina si è progressivamente attenuata fino a scomparire quasi del tutto (rimane solo un lieve accenno ai bordi estremi, a contatto con la ghiera di serraggio, dov'è più difficile strofinare vigorosamente), restituendo una lente completamente trasparente e, con mia grande sorpresa e giubilo, senza aver minimamente compromesso il trattamento antiriflessi, che presenta le sue tipiche colorazioni su tutta la superficie, senza alcuna discontinuità: dopo aver ripulito il nocciolo ottico e l'interno del barilotto da residui di lubrificante ho rimontato il tutto, fasando il diaframma, e l'obiettivo è tornato agli antichi splendori, con lenti completamente trasparenti.
La lente posteriore dopo il trattamento; l'immagine non rende giustizia al risultato del temerario intervento con crema abrasiva per acciaio inox: l'elemento è perfettamente trasparente ed il trattamento antiriflessi non presenta alcuna anomalia.
Ecco il prodotto (in confezione obsoleta) che, dopo numerosi tentativi, ha avuto ragione della patina opaca; a lato ho riportato la composizione della versione attuale (in confezione spray); sospetto che - più che l'azione acida dell'acido citrico - ad aver ragione del velo sia stata l'azione abrasiva del sodio fosfato microgranulare, un materiale caratterizzato da una media durezza (circa 5 sulla scala di Mohs) mentre i classici componenti degli antiriflessi di quella generazione sono fluoruro di magnesio (circa 4 della scala di Mohs) ed ossidi di Zirconio e Tantalio (decisamente più duri): in sostanza, ipotizzo che l'alone avesse aderito ed interagito tenacemente con l'antiriflessi e che sia stato rimosso meccanicamente da queste micro-particelle, la cui durezza era all'incirca pari o inferiore a quella degli antiriflessi, il che ha rimosso selettivamente la patina senza danneggiarli in alcun modo. Fra gli ingredienti ho indicato anche il benzotriazolo: probabilmente non sarà servito a nulla, ma cosa c'è di meglio di un classico.... antivelo per sviluppi fotografici per trattare la lente di un prezioso obiettivo Zeiss?
Il Planar 55mm f/1,4 Contarex, ormai riportato alla vita, posa assieme al figlio primogenito, il Planar 50mm f/1,4 per Contax-Yashica, rappresentato da un esemplare appartenente al primissimo lotto di produzione e particolarmente scelto, con prestazioni ottime.
Per finire in bellezza questa storia un po' ansiogena, ecco il riscontro finale: un'immagine realizzata col Planar Contarex 55mm f/1,4 "ripulito", ottenuta scattando alla massima apertura f/1,4 ad una distanza di fuoco pari a circa 70cm: dove prima appariva solamente un vago fantasma nebuloso ecco sbocciare un'immagine caratterizzata dalla particolare bellezza e dal gradevole sfuocato che solamente gli obiettivi classici di prim'ordine che venivano progettati basandosi sull'osservazione di autentiche fotografie stampate sono in grado di produrre, ed in questo ristretto novero le ottiche Zeiss Contarex hanno sempre avuto un posto di riguardo proprio per la bellezza soggettiva delle immagini alle quali danno vita.
(Marco Cavina)
(Testi, attrezzature, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato)
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