NIKON ULTRA-MICRO-NIKKOR 29,5mm f/1,2 E-LINE:
I SEGRETI
SCONOSCIUTI CHE SI CELANO DIETRO
AL PIU' NITIDO FRA GLI OBIETTIVI NIKKOR
PRODOTTI NELL'EPOCA D'ORO
ABSTRACT
All it was possible to collect about a
famous Nikkor industrial lens
from the sixties: the Ultra-Micro-Nikkor 29,5mm f/1,2 projected
in late 1964 by Akira Yashuda to photo-engrave the high-resolution
masks for micro-electronic components; this avesome lens, based on
an higly spaced Petzval front lens and a light-converging Luboshez
back group, closely resembles a reversed microscope lens, and in fact
his 1:25 reprodutio ratio is for reduction; the lens featured a staggering
multi-layer coating, a Fluorite element and was one of the sharpest
micro-engraving lens suitable for the visible e-line green light: infact, at
f/1,2 it almost peaks the theorical diffraction limits and delivers a
stunning 1.260 l/mm: yes, no less! The back glued triplet of the front
Petzval member is interesting: the first lens is a low dispersive fluor-krown
glass, while the remaining two elements match to create a so called
hyperchromatic doublet, with almost the same refractive index (1,6940
ad 1,6945) but different dispersion (Abbe number 31,2 and 54,8); in
mid-60s this lens was the tip of the Nippon Kogaku's proud skyscraper
and only the actual models, projected for much shorter UV-light wavelenghts,
could overlap the incredible resolution of this really advanced lens.
13/08/08
Ho avuto il privilegio di descrivere per
la prima volta esaustivamente la storia e le caratteristiche
tecniche dei misteriosi Ultra-Micro-Nikkor già alcuni anni fa, e potete trovare
il PDF del relativo
articolo (Pubblicato nel 2005 su "Scatti nel tempo") nella sezione
"Articoli pubblicati & pezzi
significativi" alla pagina generale Articoli tecnici
fotografici; come già accennato, la corposa
produzione Nippon Kogaku degli anni '60 e '70 si spingeva ben oltre i consueti
confini legati
alla fotografia convenzionale il 35mm, e la famiglia dei cosiddetti "Industrial
Nikkors" annoverava
decine di corredi diversi, in grado di coprire le più disparate esigenze; in
questo contesto, gli
Ultra-Micro-Nikkor rappresentavano una sorta di fiore all'occhiello e vanno
considerati una
delle fondamenta su cui poggia l'attuale tecnologia e la moderna way of life:
infatti queste ottiche
dotate di un potere risolvente mostruoso furono create per realizzare le "photo-masks"
dei primi
micro-circuiti, una rivoluzione tecnologica che diede vita all'elettronica di
consumo e a gran parte
della tecnologia e dei gadget che allietano la vita di ciascuno di noi.
In pratica il modello del micro-circuito
era prodotto in scala 100-500 volte più grande rispetto
alle dimensioni finali, in modo da riportare agevolmente tutte le
numerosissime piste necessarie;
il modello era ridotto ad un primo stadio con fattore 1:10 utilizzando obiettivi
da riproduzione,
e questa maschera intermedia era poi ridotta allo stadio finale (con fattore
variabile ma solitamente
compreso fra 1:10 ed 1:40) grazie ad un apposito Ultra-Micro-Nikkor; com'è
facilmente intuibile,
la forte riduzione in scala del grande modello iniziale comporta un conseguente
avvicinamento delle
relative piste previste per il circuito finale, quindi è necessario che
l'ultimo stadio, cioè l'obiettivo
Ultra-Micro, abbia un potere risolutivo tante volte superiore all'ottica repro
del primo stadio quante
volte il formato intermedio verrà ridotto per creare il modello finale: in
soldoni, se l'Ultra-Micro-Nikkor
riduce con fattore 25x, per mantenere definite tutte le piste la sua risolvenza
dovrà superare di 25
volte quella del già eccellente obiettivo repro utilizzato nello stadio
precedente!
Questi dati chiariscono subito
l'eccezionalità di questa famiglia di obiettivi; come già chiarito nel pezzo
sopra citato, dopo le timide esperienze con i Micro-Nikkor per microfilmare i
complessi caratteri
giapponesi, le prime industrie che si stavano specializzando in microcircuiti
bussarono alla porta della
Nippon Kogaku chiedendo di rilanciare la sfida ad altezze ben più rarefatte
e chiedendo a gran voce
obiettivi adatti alle specifiche esigenze del settore; il primo
Ultra-Micro-Nikkor della serie, proposto
nel 1962, fu il frutto di ricerche, sperimentazioni ed alchimie del vetro
realmente pionieristiche, dal
momento che si trattava di creare nuovi protocolli e tecnologie partendo
praticamente dal foglio
bianco... Non sono mai state disponibili immagini di questo rarissimo e storico
obiettivo, tuttavia
recentemente ne ho recuperata una su una brochure giapponese dell'epoca.
Quest'obiettivo, per ottenere la necessaria risoluzione, venne
acromatizzato solamente sulla
cosiddetta e-line, a circa 546nm di lunghezza d'onda, ed ottimizzato su un
rapporto di riduzione
fisso, eliminando molte variabili che inficiavano il risultato finale; come
specificato nell'immagine,
l'ottica fu progettata da Zenji Wakimoto, il venerabile padre del primo
micro-Nikkor f/3,5, ma
la diffusa convinzione che abbia progettato tutta la gamma Ultra-Micro
(realizzata in un periodo
compreso fra il 1962 ed il 1970) - alla luce di recenti acquisizioni - è da
considerarsi errata.
Lanciato il volano, la Nippon Kogaku cercò subito di
differenziare la produzione, prevedendo
sia obiettivi in grado di realizzare una maschera finale più grande e con
risolvenza inferiore, sia
ottiche che impressionavano una maschera più piccola con risolvenza molto più
alta, anticipando
il forsennato trend alla miniaturizzazione dei circuiti che ha portato agli
incredibili gioielli tecnologici
dei nostri giorni; l'obiettivo che più di ogni altro si spinse in questa
direzione e che raggiungerà il
limite massimo di risolvenza - avvicinandosi ai limiti teorici di diffrazione -
fu proprio il modello
protagonista di questo pezzo, sviluppato rapidamente e con lungimiranza dalla
Nikon e reso
disponibile alla fine del 1964: infatti, nel Novembre di quell'anno, il
progettista Akira Yashuda-San
completò il calcolo del celebre Ultra-Micro-Nikkor 29,5mm f/1,2 (talvolta
arrotondato a 30mm), il
più nitido e luminoso di tutti gli obiettivi della gamma; l'ampia
luminosità f/1,2 - in realtà diaframma
ottimale di lavoro - si rendeva necessaria per ottenere la risoluzione prefissa, proprio in ottemperanza
alla regola generale sulla diffrazione... Basta poco per inquadrare
l'eccezionalità del pezzo:
l'Ultra-Micro-Nikkor 29,5mm f/1,2, anch'esso acromatizzato nella e-line a 546nm
(luce verde), inquadrava
un modello intermedio da 50x50mm, con piste già riprodotte a 50 l/mm di
risoluzione, e lo riduceva
di 25 volte trasformandolo nella maschera per un micro-circuito da appena 2x2mm
di lato, per risolvere
il quale occorrevano - appunto - 25 x 50 = 1.250 l/mm di risoluzione, ed infatti
l'obiettivo dichiarava
1.260 l/mm @ f/1,2 !
una rara immagine d'epoca che immortala l'Ultra-Micro-Nikkor
29,5mm f/1,2,
un obiettivo dotato di caratteristiche tecniche e di risoluzione mostruose per
quel 1964;
la meccanica misura 213mm di lunghezza per 60mm di diametro, con un peso di
circa
800g, montatura posteriore da 50x0,75mm ed attacco filtri da 40,5x0,5mm.
Potete immaginare il valore tecnico ed economico dirompente
attribuibile nel 1964 ad
uno strumento in grado di riprodurre migliaia di piste su un micro-circuito di
appena 2x2mm!
Come fu possibile in quell'epoca tutto sommato adolescenziale arrivare a simili
risultati? In
questo caso alla Nippon Kogaku sfruttarono il know-how di famiglia ed in
particolare presero
a prestito le esperienze nel settore microscopi: infatti lo schema ottico del
29,5mm f/1,2 appare
molto simile a quello di un obiettivo da microscopio 25X APO invertito
(ricordiamo che l'Ultra-
Micro lavora in riduzione, quindi l'equazione regge)... Poi l'ottimizzazione
specifica dello schema
e l'aiuto fornito da coniugate fisse e balda monocromatica hanno permesso
l'exploit.
lo schema ottico (peraltro poco accurato) riportato sulle rare
brochure d'epoca assieme ad
uno schema meccanico fornito direttamente dagli archivi della Nikon Co. ed
ottenuto grazie
all'amicizia con il guru del settore, Michio Achiyama-San.
ecco lo schema ortodosso che ho personalmente ricavato dal
progetto originale, e per la prima volta
è possibile valutare anche la scelta di vetri adottati; come si deduce dalla
tabella, l'ottica inquadrava
con una coniugata anteriore di 810mm una maschera da 50x50mm, riducendola con
fattore 25x fino
al modello finale di appena 2mm; il piano focale posteriore si trovava ad appena
3,79mm dall'ultima
lente e l'obiettivo è praticamente esente da aberrazione sferica, astigmatismo, curvatura di
campo e aberrazione
cromatica (ovviamente, lavorando in banda singola 546nm), mentre è stata
accettata una certa distorsione,
completamente assente in altri UMN destinati a maschere di dimensioni maggiori:
i dati ufficiali parlano
di 1,3% ma sugli schemi del progetto originale le curve superano anche il 2%.
L'obiettivo è effettivamente molto simile ad un'ottica da microscopio
invertita, e deriva molto probabilmente
da un modello Nikon APO da 25 ingrandimenti (nel nostro caso, col nocciolo
invertito abbiamo lo stesso
fattore in riduzione); sono riconoscibili due membri principali: un membro
anteriore tipo Petzval con ampia
distanza fra i due moduli che lo costituiscono, ed un gruppo posteriore simile al
celebre sistema di Luboshez,
una sorta di moltiplicatore di focale al contrario che concentra il fascio
luminoso in uscita dal membro anteriore
(come avviene con una lente di ingrandimento esposta al Sole), riducendo la sua
focale iniziale ed anche il formato
coperto, ottenendo in cambio un incremento della luminosità; questo espediente,
ideato da Luboshez a fine anni '20,
è stato ampiamente sfruttato in moltissimi obiettivi super-luminosi.
Quest'obiettivo fu uno dei primi al mondo, alla pari dei coevi
Fujinon utilizzati sulle telecamere alle olimpiadi di Tokyo,
ad adottare un sofisticato trattamento antiriflessi multiplo, specificamente
ottimizzato per la banda monocromatica di
luce verde in cui l'obiettivo lavorava; come ulteriore conferma della
derivazione diretta da ottiche per microscopio, la
penultima lente è realizzata in Fluoruro di Calcio (Fluorite, con numero di
Abbe nella e-line vE= 94,9), mentre è molto
interessante il complesso tripletto collato che costituisce il secondo membro
del Petzval anteriore, subito dietro al diaframma:
la prima lente è realizzata con un vetro Fluor-Krown a bassa rifrazione (nE=
1,448) e bassa dispersione (vE= 67,0),
mentre i restanti due elementi combinati creano un cosiddetto "doppietto
ipercromatico", nel quale l'indice di rifrazione
dei due elementi è pressochè identico ma la dispersione (numero di Abbe)
sostanzialmente differente, e di solito viene
utilizzato quando si vuole correggere di fino l'aberrazione cromatica senza
intervenire sui valori di Seidel relativi alla
correzione ottica delle altre aberrazioni; in questo caso sono stati impiegati
due materiali (SF8 ed LAK9) dotati di
rifrazione praticamente identica (nE = 1,6940 - 1,6945) e dispersione
sostanzialmente differenziata (vE = 31,2 - 54,8).
Il diaframma spazia su valori compresi fra f/1,2 ed f/8, ma
l'ottica è ottimizzata a piena apertura (diffraction-limited)
e chiusure maggiori vanno sfruttate solo in caso di reale necessità; infine,
per ottenere una simile risoluzione ed una
elevata correzione di molte aberrazioni, l'angolo di campo effettivo è stato
drasticamente tagliato: appena 6°.
Akira Yashuda aveva previsto i parametri per due diversi
modelli, il primo dei quali è poi entrato
in produzione; il caro amico Vicent Cabo ha disegnato per noi i due schemi
(grazie Vicent!) che
appaiono estremamente simili fra loro; dal punto di vista ottico sono
caratterizzati da un rapporto
in riduzione leggermente diverso: 25x esatti il modello di produzione (0,04x) e
26,55x il secondo
prototipo (0,03766x); l'unico elemento a rifrazione sufficientemente elevata è
lo Short Flint di vecchia
generazione in posizione anteriore, un omaggio alla tipica filosofia di
progettazione degli obiettivi repro
ad alta risoluzione che vuole una correzione progressiva, armoniosa e gentile
delle aberrazioni,
distribuendole progressivamente di lente in lente, senza "salti"
bruschi.
un nuovo schema disegnato da Vicent Cabo con dettaglio
ingrandito evidenzia come
l'unica variante introdotta nel secondo prototipo - oltre ad una maggiore
spaziatura
nei membri del Petzval anteriore - sia un differente profilo dell'ultima lente
convergente
posteriore.
Gli schemi originali del gruppo ottico di Luboshez, presentati
nel 1928; l'effetto convergente
riduce la focale ed il diametro della coniugata posteriore del sistema,
aumentando la luminosità
relativa; come si può notare, l'ultimo modulo posteriore dell'UMN 29,5mm f/1,2
si ispira a
questo modello: probabilmente focale e luminosità effettiva del singolo membro
anteriore
sarebbero di circa 75mm f/2,0, ridotti a 30mm f/1,2 dal modulo di Luboshez
adottato.
le aberrazioni tipiche descritte nel progetto originale:
astigmatismo ed aberrazione
sferica sono negligibili (come richiesto dalla specifica destinazione d'uso),
mentre
la distorsione è stranamente elevata (nel mio UMN 55mm f/2 è ancora 0 dopo
quattro decimali...)
Questo schema riassume e chiarisce il ruolo dell'Ultra-Micro-Nikkor
29,5mm f/1,2: il modello originale di circa 50cm
(con piste disposte a 5 l/mm) viene ridotto ad un primo stadio con fattore 1:10
da un obiettivo repro ottimizzato a questo
rapporto (dotato di almeno 50 l/mm); il modello così ottenuto, da 5x5cm e 50
l/mm, viene ulteriormente ridotto dall'UMN
con attore 1:25, generando la maschera finale nelle dimensioni richieste, appena
2mm, e mantenendo il dettaglio di tutte le
piste grazie alla risoluzione superiore a 1.250 l/mm; contrariamente a quanto
sempre supposto - ed asserito anche da me -
nel primo stadio non erano utilizzati obiettivi come gli Apo-Nikkor o i
Process-Nikkor per photo-engraving: questi obiettivi
sono infatti tutti ottimizzati al rapporto di riproduzione 1:1; probabilmente in
questo caso entrano in campo gli schemi
Micro-Nikkor 75mm f/5 e Micro-Nikkor 105mm f/5,6, ottimizzati per una riduzione
di 1:10 - 1:12 (quindi perfetti per la
bisogna) e dotati di un potere risolutivo ampiamente superiore a quelle 50 l/mm
necessarie nel primo stadio; naturalmente
la riproduzione della maschera intermedia dev'essere assolutamente priva di
fringings (cosa che sarebbe stata garantita dai
già citati Apo-Nikkor e Preocess-Nikkor, apocromatici per arti grafiche), e
questo forse spiega l'eccezionale correzione
dell'aberrazione cromatica presente nel classico schema Micro-Nikkor della prima
ora (lo Xenotar illustrato sopra), nel quale
i tre colori primari sono a fuoco sul piano a poche decine di micron di
distanza... E' possibile che in fase di calcolo questa
particolarissima opzione d'uso fosse stata considerata.
una snapshot che evidenzia il certosino lavoro svolto da
Vicent Cabo
per disegnare accuratamente i prototipi partendo dai parametri numerici
originali...
Dopo questo necessario briefing si può capire che quest'obiettivo,
per quanto lontano
dalla prassi fotografica di tutti i giorni e praticamente sconosciuto anche agli
amatori,
rivestì in realtà un ruolo chiave nella definizione di nuove tecnologie, come
appunto la
microelettronica, che sono alla base di ogni gesto quotidiano per ciascuno di
noi; si
può dire che sia stato un po' il padre dell'attuale way of life e non c'è
implicazione della
nostra vita che non dipenda dal suo umile e sconosciuto contributo materiale....
(ringrazio calorosamente Vicent Cabo per la consueta, gentilissima e
disinteressata
collaborazione nella realizzazione degli schemi ottici dei prototipi)
MARCOMETER
CARATTERISTICHE OTTICHE INARRIVABILI,
PARAMETRI
DA BRIVIDO (1.260 l/mm - SPAZIO RETROFOCALE
3,79mm...)
AUTENTICHE PRIMIZIE (MULTICOATING, LENTE IN FLUORITE)
ED UN RUOLO CHIAVE NELLO SVILUPPO
DELLA MICRO-
ELETTRONICA: COSA SI PUO' DIRE O VOLERE
DI PIU'
DA QUESTO PEZZO DI STORIA CHE HA
UN RUOLO
PARIMENTI CRUCIALE SIA NELL'OTTICA CHE NELLO
STESSO INDIRIZZO PRESO DALLA SOCIETA' MODERNA?
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