TEST  N° 14 -  ZOOM  NIKKOR  ED  ANGENIEUX  ALLA  FOCALE  28mm:

ZOOM-NIKKOR 28-45mm f/4,5  -  ZOOM-NIKKOR  25-50mm f/4  -

AF  ZOOM-NIKKOR  28-85mm f/3,5-4,5  -  AF-S  ZOOM-NIKKOR  17-35mm f/2,8  ED  -

AF-S  VR  ZOOM-NIKKOR  24-120mm f/3,5-5,6  ED  -  ANGENIEUX  ZOOM  AF

28-70mm f/2,6  PER  NIKON,  UTILIZZANDO  COME  OTTICA  CAMPIONE  UN

NIKKOR AiS  28mm f/3,5  ED  AGGIUNGENDO  INEDITI  MTF  DEL  NIKKOR

17-35mm f/2,8  REALIZZATI  SU  BANCHI  ZEISS  K8  E  SCHEMI  DAL  PROGETTO

DI  VARI  OBIETTIVI  CON  LE  CARATTERISTICHE  DEI  VETRI  UTILIZZATI

E  PARAMETRI  DI  CALCOLO.



ABSTRACT

I tried to recognize the evolution of wide-zoom lenses' optical performances checking some Nikkor and
Angenieux items at 28mm focal lenght, starting from the first wide-angle zoom lens ever built, the
mythical zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5 released in 1975; for reference I also tested a Nikkor AiS 28mm
f/3,5 fixed focal lenght at the same iris aperture; I limited the test to f/8 and f/11, as I was interested only
to verify the peak performance the lenses could deliver; I also added MTF indipendent charts with the
Nikkor 17-35mm f/2,8 efficiency and drawings showing glass and optical data of  most of these lenses.

10/08/2009


Apparentemente, e comprendo l'obiezione che potrebbe essermi rivolta, questa prova può apparire
ridondante, dal momento che avevo già testato una serie di ottiche Nikkor da 28mm a focale fissa,
contestualmente alla quale ho inserito anche due zoom compresi anche in questa tornata, il 25-50mm f/4
ed il 17-35mm f/2,8... In realtà la pertinacia nell'ambito dei 28mm è puramente accessoria, dal momento
che il punto di vista attuale verte sull'evoluzione nel tempo della resa fornita dagli zoom dotati di focali
grandangolari, a partire dal primo, mitico zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5, presentato in montatura "K"
gommata pre-Ai nel Settembre dell'ormai lontano 1975; adottando come focale di riferimento quella
più corta garantita da questo modello, ho poi preso in considerazione altri zoom via via più recenti,
attingendo dal purtroppo non illimitato corredo personale, passando così allo zoom-Nikkor 25-50mm
f/4 (lanciato nel 1979), all'AF zoom-Nikkor 28-85mm f/3,5-4,5 (lanciato nel Settembre 1986, ereditando
il nocciolo ottico della versione AiS del Dicembre 1985), all'Angenieux 28-70mm f/2,6 per Nikon (messo
in commercio nel 1992 come primo zoom standard superluminoso con questo attacco), all'AF-S zoom-
Nikkor 17-35mm f/2,8 ED D (lanciato nel 1999 come primo zoom superwide Nikon progettato per il
digitale), all'AF-S VR zoom-Nikkor 24-120mm f/3,5-5,6 ED G (arrivato nel 2004 in sostituzione del
precedente modello non stabilizzato); come standard di riferimento ho utilizzato un classico Nikkor AiS
28mm f/3,5, ottica lanciata in attacco Ai nel 1977.

 

Foto di famiglia con gli zoom dotati di copertura grandangolare che ho testato alla focale
28mm: due ottiche manual focus di prima generazione (28-45mm f/4,5 e 25-50mm f/4),
un obiettivo AF di seconda generazione (l'apprezzatissimo AF 28-85mm f/3,5-4,5) e
due ottiche moderne di terza generazione, già dotate di proiezione telecentrica idonea
al digitale (AF-S 17-35mm f/2,8 ED ed AF-S VR 24-120mm f/3,5-5,6 ED); al gruppo
compatto di zoom-Nikkor si unisce un outsider di lusso, il celebre Angenieux AF zoom
28-70mm f/2,6 del 1992, all'epoca l'unico zoom "standard" superluminoso professionale
disponibile in attacco Nikon AF (il tanto atteso AF zoom-Nikkor 28-70mm f/2,8 sarebbe
arrivato solo 7 anni dopo, nel 1999).

 

Come obiettivo di riscontro ho utilizzato una classica focale fissa del corredo
Nikon, ovvero il Nikkor AiS 28mm f/3,5, qui ritratto assieme ai fratelloni
Nikkor 28mm f/2,8 appartenenti alla generazione "K" ed AiS.

L'avvento degli zoom grandangolari prima e super-grandangolari poi è stata, a mio modesto parere, una
delle più grandi conquiste dell'ottica; l'angolo di campo e la manipolazione prospettica messe a disposizione
dei fotografi hanno creato nuovi linguaggi espressivi, permettendo visualizzazioni mai immaginate prima, e siamo
tutti debitori nei confronti di chi si è reso protagonista un processo evolutivo lento ed irto di difficoltà culminato
con l'avvento di questa nuova generazione d'obiettivi; in quest'ottica lo zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5 del 1975,
che oggi suscita tenerezza per la sua modesta variazione focale e la ridotta apertura,  fu in realtà un vero salto
generazionale: il primo zoom che permettesse un angolo di campo di ben 76°, la soglia dell'autentica fotografia
grandangolare, con resa ottica e correzione della distorsione al livello dei migliori obiettivi fissi dell'epoca;
ritengo che quest'obiettivo meriti un posto privilegiato nel corredo/nella collezione di ogni Nikonista.

Approfitto contestualmente di questa sede per divulgare una tabella realizzata dopo pazienti ricerche e che
sottolinea la lenta ma costante evoluzione portata avanti dalla Nippon Kogaku nel campo dei grandangolari:
in questo caso si tratta di 28mm Nikkor a focale fissa, e lo schema include due coppie di obiettivi derivati
concettualmente l'uno dall'altro: Nikkor 28mm f/3,5 con AF-Nikkor 28mm f/2,8 D e Nikkor 28mm f/2,8
con Nikkor 28mm f/2,8 AiS.

 

In questa tabella inedita sono raggruppate informazioni agognate per anni dai Nikonisti: si tratta
degli schemi ottici originali con stato di correzione delle aberrazioni e vetri ottici impiegati relativi
a quattro obiettivi: il Nikkor AiS 28mm f/3,5, l'AF-Nikkor 28mm f/2,8 D, il Nikkor AiS 28mm
f/2,8 e il Nikkor 28mm f/2,8 F - Ai; molti appassionati si sono sempre chiesti quale fosse l'obiettivo
"migliore" fra il Nikkor 28mm f/2,8 AiS ed il Nikkor 28mm f/2,8 AF D, versione evoluta con 6 lenti
anzichè 5; dati originali alla mano, si può senz'altro argomentare che il 28mm f/2,8 AiS ad 8 lenti sia
superiore, presentando una migliore correzione dell'astigmatismo e della distorsione ed avvantaggiandosi
anche nei primissimi piani (fino a 0,2m dalla linea focale) grazie al sistema flottante CRC, assente
nell'AF-Nikkor; ho recentemente utilizzato in modo estensivo il 28/2,8 AiS ottenendo ottimi risultati.


Tornando alle ottiche incluse nel test, devo anticipare che il vetusto 28-45mm f/4,5, il più anziano fra i
contendenti, ha saputo stupirmi con un'ottima correzione fino ai bordi e soprattutto con una pastosità,
una personalità dell'immagine intensa e pittorica, confermando in digitale le impressioni già abbozzate
dopo l'impiego su Nikon F4S caricata a Velvia Professional; queste considerazioni suscitano un clamore
ancora superiore se consideriamo che il calcolo ottico dell'obiettivo risale addirittura al lontano 1970!
In realtà, all'epoca, lo zoom fotografico rappresentava nell'immaginario collettivo un autentico miracolo
e si era pronti a dilapidare autentiche fortune per assicurarsi un esemplare di alta qualità: proprio la
possibilità di gestire un prezzo di listino finale elevatissimo consentiva ai progettisti di "dare il massimo"
e creare prodotti dalle prestazioni oggi insospettabili, mentre la successiva generazione di zoom ha
dovuto scendere ha patti con la grande concorrenza dei costruttori universali e la perdita dell'effetto-
novità, per cui i clienti non erano più disposti ad accendere un mutuo per il magico varifocale... Tutto
questo ha comportato compromessi, anche e soprattutto nella qualità meccanica dei barilotti e delle
camme, essenziali per il perfetto allineamento micrometrico del complesso sistema ottico, arrivando
al paradosso che molti zoom più moderni non replicano le prestazioni sul campo dei primi esemplari
di gran marca concepiti "senza compromessi".

 

Advertising giapponese dello zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5 (notate la Nikkormat marcata
Nikomat, denominazione adottata sul mercato interno); l'obiettivo fu lanciato con una massiccia
campagna pubblicitaria che sottolineava l'eccezionalità delle sue caratteristiche geometriche.

(credits: picture Nippon Kogaku K.K.)

 

Brochure d'epoca con le caratteristiche geometriche e lo schema solo
apparentemente semplice, ma in realtà servito da un vero tour de force
di vetri speciali e modernissimi.

(credits: sheet Nippon Kogaku K.K.)

 

Questa pagina della brochure d'epoca in lingua italiana ribadisce i punti
di forza dell'obiettivo e descrive i flottaggi del suo sistema ottico.

(credits: borchure COFAS SpA - Roma)

 



Gli stessi concetti sono ribaditi da questa brochure del 1976.

(credits: brochure Nippon Kogaku K.K.)

 

Lo schema ottico con le caratteristiche dei vetri dello zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5;
Soichi Nakamura-San è stato uno dei più esperti e brillanti matematici dei quali la
Nippon Kogaku si sia avvalsa e fu un pioniere nella progettazione degli zoom moderni;
è evidente che in quel lontano 1970 Nakamura-San percepisse tutto il peso della responsabilità
trovandosi ad agire in terreni inesplorati ed essendo chiamato a realizzare uno zoom
grandangolare della gamma Nikkor, sinonimo di eccellenza: sapeva bene che non poteva
fallire il colpo e dar vita ad uno di quegli obiettivi un po' opachi che terminano la loro carriera
attiva lasciandsi alle spalle foto poco grintose e ricordi sgradevoli. Il progettista adottò uno
schema apparentemente semplice (si tratta comunque di 11 lenti, a fronte di una variazione
di focale ben inferiore a 2x), ed anche se le spaziature reciproche soggette a variazione sono
solamente due (D1 e D2), in realtà i gruppi mobili sono tre, uno dei quali (quello frontale)
con movimento asincrono rispetto agli altri due, scelta che, per mantenere la dovuta precisione
dei movimenti micrometrici, ha caldamente suggerito l'adozione del comando a ghiera rotante
anzichè quello "a pompa" già sfruttato in altri zoom-Nikkor, e per rendere l'idea del perfezionismo
di Nakamura faccio notare che nel progetto originale le quote delle spaziature D1 e D2
corrispondenti alle varie lunghezze focali sono espresse con precisione al decimillesimo di mm!
Nonostante queste già impressionanti credenziali, alle quali dobbiamo aggiungere il diaframma
mobile (che flotta assieme al secondo gruppo, controllando così la distorsione), il dettaglio
che meglio illustra l'exploit tecnologico del Nikkor 28-45mm è rappresentato dall'impressionante
batteria di vetri con caratteristiche speciali che nobilitano il suo schema: su 11 elementi presenti
ben 9 sono stati realizzati con vetri che non esistevano prima della "rivoluzione" delle terre rare
e prima del grande sviluppo impresso al settore negli anni '50 e '60... Già l'ampio elemento
frontale, scelto per minimizzare la vignettatura, è un primo azzardo, dal momento che venne
realizzato con un vetro Phosphor-Krown proprietario Nikon dotato di favorevolissimo
rapporto fra rifrazione media e dispersione molto bassa (vD= 70,1): si tratta di un vetro
costituito prevalentemente da fluorfosfati e fluoruri, intrinsecamente fragile, igroscopico,
con scarsa resistenza meccanica all'abrasione e dilatazione termica superiore alla norma:
tutti problemi cui si è ovviato incassando la lente nella montatura e fornendola di antiriflessi
multiplo NIC con indurente; anche il doppietto acromatico successivo (lenti L2 ed L3) è
di mirabile efficacia ed unisce un moderno vetro LaSF44 dotato di alta rifrazione e bassa
dispersione ad un vetro Fluor-Krown a bassa rifrazione e bassa dispersione; analoghe
considerazioni potrebbero interessare il resto dello schema e la sua teoria di vetri Short-
Flint, Flint al Lantanio e Short-Flint al Lantanio, un'orgia di materiali che conferma come
quest'obiettivo venne progettato senza alcun riguardo al risparmio ma con l'unico intento
di produrre un' "opera prima" che fosse fin da subito all'altezza del blasone.


Il secondo esemplare in ordine cronologico di progettazione è lo zoom-Nikkor 25-50mm f/4,
un obiettivo altrettanto celebre perchè prese il posto del precedente ed ormai mitico 28-45mm,
espandendo il suo potenziale fino a 25mm, alla soglia dei supergrandangolari da 80°, un altro
limite invalicabile che veniva raggiunto e frequentato con profitto; quest'obiettivo è letteralmente
idolatrato dai Nikonisti che si contendono affannosamente gli esemplari disponibili: ricordo che,
quando acquistai il mio esemplare (come nuovo ed imballato) ad una fiera mercato di metà anni
'90, lo lasciai un attimo sul banco del venditore affinchè mi compilasse la garanzia; nel frattempo
un distinto ed elegante signore un po' attempato vide l'obiettivo, esplose in un'esclamazione di
gioia e lo agguantò, spiegando al venditore che lo stava cercando da anni... Appena apprese
che l'articolo era appena stato venduto al sottoscritto vidi le lacrime solcargli letteralmente il volto,
fu una scena imbarazzante. Nonostante questo allure col quale ha sempre offuscato il predecessore,
il 25-50mm f/4 non venne progettato con lo stesso anelito per l'assoluto ma rientrava "semplicemente"
fra le favorevoli variabili di calcolo nell'articolato progetto per un 35-70mm che a sua volta sarebbe
entrato in produzione come zoom-Nikkor 35-70mm f/3,5 "72mm", un obiettivo zoom "standard"
previsto per una larga diffusione (e non solamente indirizzato ad privilegiata nicchia professionale) e
quindi calcolato con un occhio anche ai costi, escludendo la pletora di vetri esotici che nobilitano lo
zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5; ecco le caratteristiche di progetto del 25-50mm f/4.


Lo schema ottico dello zoom-Nikkor 25-50mm f/4 fu calcolato nel 1976 da Norio Mizutani
con la supervisione del decano Soichi Nakamura; come accennato, il progetto era incentrato
sulla focale 35-70mm e questo 25-50mm costituiva una versione alternativa derivata dagli
schemi base: per tale ragione fu tenuto in stand-by per tre anni, dando la precedenza alla
produzione del 35-70mm f/3,5, ritenuto più interessante per un vasto settore di clientela.
Anche il 25-50mm f/4 utilizza 11 lenti, ma la priorità al risparmio traspare il alcuni dettagli:
è presente solamente un doppietto collato (vengono così ridotte le lavorazioni) ed i vetri
ottici utilizzati prevedono versioni più convenzionali e meno costose: L7, L8 ed L10 sono
tutte realizzate col comune vetro Krown  commerciale K10, mentre L4 ed L6 utilizzano
l'altrettanto comune SF6. In pratica le lenti realizzate con moderni vetri alle terre rare
sono solamente due: L1 (realizzata con vetro LaF34) ed L3 (in LaSF44), mentre
l'elemento L10 prevede un vetro Fluor-Krown di caratteristiche non elevatissime e
già sfruttato da Bertele negli anni '30. Questo nulla toglie ai talenti del 25-50mm f/4
ma sottolinea solamente l'unicità del 28-45mm f/4,5, realmente progettato con carta bianca.

 

Il terzo obiettivo preso in considerazione è uno degli zoom più amati dai Nikonisti, l'AF-Nikkor
28-85mm f/3,5-4,5 che nel 1986, in coppia con la neonata Nikon F 501 - la prima autofocus della
casa - aprì mondi inesplorati ai fan del marchio, abbinando l'autofocus (per quanto primitivo), una
effettiva posizione macro ed un'escursione di focali buona per ogni situazione alle numerose caratteristiche
del corpo macchina, dal motore incorporato alle svariate modalità d'esposizione; proprio la F-501
con AF-Nikkor 28-85mm fu il graditissimo regalo di mio padre per il natale 1987 e ricordo quanto
trovassi efficace quello zoom dopo tanti anni di focali fisse o sfruttando al massimo zoom  da tele a tele!
Lo schema ottico, in realtà, aveva esordito nel Dicembre dell'anno prima, il 1985, in montatura AiS
con messa a fuoco manuale, un obiettivo decisamente azzeccato che ovviava anche ad uno dei limiti
principali della successiva versione AF: la povertà estetica e strutturale della sua meccanica, appartenente
a quella prima serie AF-Nikkor che fece inorridire i puristi con profusione di plastica e giochi meccanici da
cingolo di trattore...


Due schede riportate dal catalogo generale Nikon per la Svizzera di qualche lustro fa;
sulla destra è illustrato l'AF zoom-Nikkor 28-85mm f/3,5-4,5: leggero, compatto ed
estremamente pratico sul campo ma anche decisamente cheap nella confezione, per gli
abituali standard Nikon; in particolare, la ghiera di messa a fuoco è ridotta al minimale
settore zigrinato in plastica che ruota in blocco con tutta la lente e la montatura anteriore,
al punto che un mio amico lo focheggiava manualmente facendo forza direttamente sul...
paraluce HB-1 a baionetta, a sua volta coinvolto nella rotazione!

(Credits: brochure Nippon Kogaku K.K.)




Dopo qualche anno la Nikon corse ai ripari, presentando gli AF-Nikkor in una montatura rivista
che prevedeva un blocco per la massima chiusura del diaframma più pratico nell'uso ed una
ghiera di messa a fuoco più civile e dotata del classico settore gommato; incidentalmente, lo
zoom utilizzato in questa prova appartiene alla prima serie, anche se non è l'ottica ricevuta in
dono nel 1987 ma un secondo esemplare identico, acquistato dopo aver ceduto il primo.

(credits: brochure Nikon Co.)

 

Questo inedito schema con le caratteristiche dei vetri utilizzati e le quote dei
flottaggi funzionali rivela che anche il 28-85mm f/3,5-4,5 fu progettato con
elevati standard ed ambizioni, sulla falsariga di quanto avvenuto col 28-45mm
calcolato 15 anni prima: la progettazione ha coinvolto addirittura un team di
quattro persone più relativo entourage, e l'obiettivo comprende ben 15 lenti
su quattro gruppi principali, tutti mobili, ed un invidiabile assortimento di vetri
ottici moderni, alcuni dei quali proprietari Nikon, come l'amalgama ad altissima
rifrazione ed altissima dispersione utilizzata nelle lenti L5 ed L6, uno Short-Flint
utilizzato in molti obiettivi Nikkor moderni, come ad esempio nel doppietto
posteriore dell'AF-Nikkor 28mm f/1,4 Asph. Il controllo dell'aberrazione
cromatica è affidato a due lenti i vetro "quasi ED", il Fluor-Krown a fluoruri di
tipo FK-5 utilizzato negli elementi L1 ed L7 e caratterizzato da bassa rifrazione
(inferiore ad 1,50) e bassa dispersione (numero di Abbe superiore a 70); anche
in questo caso il vetro Fluor-Krown, con le sue caratteristiche meccaniche e fisiche
non ottimali, è stato utilizzato per la lente anteriore, probabilmente confidando
nuovamente nella protezione offerta dal trattamento multistrato. Lo schema ottico
di quest'obiettivo appare fin troppo complesso per uno zoom di media fascia, ed
infatti lo stesso modulo è stato utilizzato praticamente senza modifiche anche per
il ben più blasonato e costoso AF zoom-Nikkor 35-70mm f/2,8, obiettivo con
ben altre velleità professionali; come già annotato, il vero limite del 28-85mm
non è nella parte ottica bensì nel settore meccanico, fatalmente meno preciso a
causa dell'autofocus e delle sue esigenze di "scorrevolezza": forse non a caso
la precisione nelle quote di flottaggio passa da 1/10.000mm ad 1/1.000mm?

 

Nella sequenza cronologica ho deciso di inserire un outsider universale, ma parlando
del marchio Angenieux di St. Heand questo aggettivo appare quanto mai offensivo e
riduttivo: a sua volta, l'Angenieux AF zoom 28-70mm f/2,6 per Nikon fu un obiettivo
epocale sotto molti punti di vista: fu il primo ed unico zoom Angenieux autofocus per
uso fotografico regolarmente commercializzato (sia pure per breve tempo e con una
distribuzione sul territorio italiano pressochè nulla), fu per 7 lunghi anni l'unico zoom
"standard" di luminosità e qualità professionale disponibile in attacco Nikon nonchè
il più luminoso 28-70mm professionale realizzato (f/2,6); naturalmente - noblesse
oblige - l'obiettivo era molto costoso, circa 2,5 milioni di lire nel 1992, e scontava
il modesto know-how della Casa francese nel campo dell'elettronica, a sua volta
boicottata dalle Case giapponesi che le negarono la fornitura delle ROM originali
per i chip  da inserire nell'obiettivo, handicap che si riflette ora nell'uso su alcuni
corpi macchina moderni, causando black-out dell'autofocus ed indicazioni errate
del diaframma impostato, problemi cui ovviare sganciando e riagganciando l'obiettivo
per inizializzare nuovamente il dialogo con la ROM.


Dopo le note traversie amministrative, l'Angenieux sospese la produzione di obiettivi
fotografici per il mercato civile ed il prestigioso 28-70mm f/2,6 Af andò incontro ad
una roccambolesca seconda vita: il progetto venne acquistato da Tokina che lo
commercializzò come Tokina AT-X Pro 28-70mm f/2,6-2,8 (SIC), nelle versioni
(poco note) Mk I ed Mk II; ignoro le ragioni per cui la luminosità massima fosse
indicata da Angenieux come f/2,6-2,6 e da Tokina come f/2,6-2,8. Purtroppo
l'estetica AT-X privò completamente la livrea dell'obiettivo di quel fascino da
zoom-cine che nobilita la versione originale; nell'illustrazione sono riportati anche
gli MTF ufficialmente diffusi da Tokina e riferiti alle frequenze spaziali di 10 e 30
cicli/mm, anche se sono unicamente relativi  alla massima apertura e quindi poco
significativi...

 

Lo schema ottico prevedeva 16 lenti in quattro gruppi mobili, una delle
quali definita "a dispersione anomala" (probabilmente si tratta di un vetro FK-5).

 

Lo schema inserito nel profilo del suo barilotto: sembra una grafica "ufficiale"
invece ho dovuto ricostruire tutto a mano!

 

L'obiettivo successivo vide la luce nel 1999 ed era il primo zoom-Nikkor ad abbattere la
barriera dei 20mm di focale e dei 100° di angolo di campo: l'AF-S zoom-Nikkor 17-35mm f/2,8
IF ED D costituiva l'evoluzione all'ennesima potenza del precedente zoom professionale 20-35mm
f/2,8, lanciato nel Settembre 1993 al prezzo proibitivo di 4,5 milioni di lire, e rientrava in scia al
concorrente Canon EF 17-35mm f/2,8 L.

Il 17-35mm f/2,8 ED arrivò forse in leggero ritardo ma costituiva quanto di più tecnologicamente
avanzato fosse possibile realizzare all'epoca: l'obiettivo utilizzava ben tre lenti con superficie asferica,
due in vetro ED con numero di Abbe superiore ad 80, un complesso flottaggio, motore di messa
a fuoco ad ultrasuoni incorporato, tropicalizzazione contro l'umidità, montatura anteriore non rotante,
luminosità f/2,8 costante su tutta l'escursione, messa a fuoco minima a 0,28m ed una magnifica montatura
metallica di qualità professionale e dal design molto moderno, al punto che venne brevettato come
nuovo standard per  future gamme d'obiettivi! Ecco in anteprima le grafiche del progetto originale,
coperte da brevetto di design fino al 6 Dicembre 2013.

 



L'estetica del 17-35mm f/2,8 ED D, curata nei minimi dettagli, additò nuovi stilemi per il futuro.

 

(credits: picture and drawing Nikon Co.)

Lo schema del moderno 17-35mm f/2,8 utilizzava solamente 13 lenti,
grazie alla moderna progettazione computerizzata ed all'utilizzo di vetri
e lavorazioni speciali; in particolare, il profilo asferico della lente frontale
è così pronunciato (e visibile anche ad occhio nudo) che tenendo l'obiettivo
verticale una goccia di liquido posta al centro della lente rimane in posizione,
senza scivolare verso la periferia, una prestazione resa possibile dalle nuove
tecniche d'iniezione di resine metacriliche fra la superficie sferica della lente
in vetro ed una maschera asferica lavorata con alta precisione; questa nuova
tecnica consentì di mantenere il ben più sofisticato e performante 17-35mm f/2,8
sullo stesso prezzo di listino del 20-35mm f/2,8, dotato di una sola lente asferica
(quella frontale) ma molata di precisione a controllo numerico, una tecnica che
comporta significative percentuali di scarto e costi di lavorazione molto più elevati.

Credo di poter dire che con l'AF-S zoom-Nikkor 17-35mm f/2,8 ho realizzato le
mie immagini più belle, e sono sicuramente affezionato a quest'obiettivo; il suo schema
innovativo fece scuola anche presso i più blasonati concorrenti, uno dei quali fu la
stessa Zeiss di Oberkochen, in procinto di varare un mirabolante Vario-Sonnar
17-35mm f/2,8 per il sistema Contax N autofocus: osserviamo gli schemi ottici
dei due obiettivi.


Se escludiamo la libera interpretazione del modulo anteriore (che in entrambi
i casi intercetta i light pencils dell'ampio angolo di campo e li proietta verso il
diaframma nel modo più telecentrico possibile), il gruppo di lenti evidenziato
dalla grafica in colore rosso conferma quanto anche il celebrato Vario-Sonnar T*
17-35mm f/2,8 Contax N sia stato ispirato dall'equivalente Nikkor, considerando
anche i vetri a bassa dispersione utilizzati nei doppietti posteriori (in posizione
analoga rispetto ai vetri ED dello zoom Nikon) e l'impiego di tre superfici asferiche,
come nel Nikon; le analogie non si fermano alla facciata: negli schemi che seguono
ho abbinato gli MTF ufficiali del 17-35mm f/2,8 Zeiss ad inediti ed omologhi MTF
misurati su un normale Nikkor 17-35mm f/2,8 di produzione, utilizzando banchi
MTF Zeiss K8 analoghi a quelli utilizzati per testare il Vario-Sonnar ed impiegando
la stessa metodologia: in questo modo i diagrammi sono perfettamente raffrontabili,
e se da un lato confermano una certa superiorità dell'inarrivabile e costosissimo Zeiss,
dall'altro evidenziano anche una notevole analogia per quanto riguarda il comportamento
tipico, un fingerprint comune che la dice lunga su quante "autopsie" abbia subito in
casa Zeiss il 17-35mm nipponico...

 

L'inedito confronto MTF verte sulle frequenze spaziali di 10, 20 e 40
cicli/mm alle aperture f/2,8 ed f/5,6; il Nikkor fu progettato con priorità
all'impiego su corpi digitali, cercando quindi una elevata correzione dell'aberrazione
cromatica ed una proiezione posteriore opportunamente telecentrica, mentre
il mantenimento di un'elevata qualità ai bordi fu sacrificato sull'altare del formato
APS-C (i sensori Nikon FX a copertura 24x36mm erano al di là da venire), dal
momento che gli ultimi 7mm di semi-diagonale non venivano utilizzati dai sensori
a formato ridotto... Questo ha comportato una generica ottimizzazione dell'asse,
anche se bordi un po' carenti il 17-35mm Nikkor li denuncia solamente alla focale
di 35mm, mentre a 17 e 24mm il rendimento è senz'altro all'altezza delle migliori
focali fisse dell'epoca; il Vario-Sonnar prevale leggermente, in senso generale, come
valori assoluti, ma quello che lascia stupiti è la simmetria delle curve rispetto allo
zoom-Nikkor utilizzato nelle identiche condizioni, a conferma che il 17-35mm f/2,8
Nikon è stato sicuramente una buona base concettuale sulla quale i tecnici Zeiss
hanno lavorato, perfezionandola ulteriormente.

 

Infine, buon ultimo, per completare la serie ho scelto l'AF-S VR zoom-Nikkor 24-120mm
f/3,5-5,6 ED G, obiettivo arrivato nel 2003 in sostituzione del precedente ed omologo
AF-NIkkor 24-120mm f/3,5-5,6 D, presentato nell'Ottobre 1996 e venduto in oltre 250
mila esemplari grazie alla micidiale efficacia del suo range di focali; ho posseduto entrambe
le versioni e ricordo che il primo tipo forniva una resa molto soddisfacente e satura alla focale
minima, mentre da 80mm in poi il contrasto e la resa scemavano fatalmente, rendendo prudenziale
limitarsi alla gamma 24-85mm. Il nuovo modello presenta caratteristiche effettivamente più
avanzate ed impressionanti: 15 lenti, 2 elementi in vetro ED, due superfici asferiche, motore
di messa a fuoco SWM ad ultrasuoni e stabilizzatore giroscopico VR in grado di recuperare
l'equivalente di 3 f/stop: sulla carta si configura come l'obiettivo perfetto per l'impiego generale
nelle più disparate situazioni d'uso.

 

(credits: picture Nikon Co.)

La moderna livrea dello zoom-Nikkor 24-120mm seconda versione, anch'essa dotata
di doppia ghiera per messa a fuoco e variazione di focale; l'ottica appartiene all'ultima
generazione di ottiche Nikkor, identificate dalla sigla "G" e prive di ghiera meccanica
per l'apertura del diaframma (che viene pilotato direttamente dal corpo macchina);
questa caratteristica impedisce o limita fortemente l'utilizzo sui corpi macchina di vecchia
generazione, un handicap accolto con mugugni dai Nikonisti abituati alla non-obsolescenza
del sistema! L'obiettivo è compatto, bilanciato, si brandeggia bene ed il motore SWM
consente la correzione manuale diretta della messa a fuoco: insomma, dal punto di vista
progettuale non c'è molto da eccepire.

 

La complessa parte ottica di questo zoom fu calcolata da Misako Aoki nel 2002;
il progetto originale, del quale allego schemi e caratteristiche tecniche, prevedeva
tre diversi prototipi, uno dei quali entrò effettivamente in produzione; Aoki-San si è
avvalso dei più moderni vetri ottici, al punto che su 15 lenti solamente 2 sono realizzate
con vetri dalle caratteristiche comuni: sono presenti due lenti ED in vetro tipo N-PK52A
(commerciale e leggermente differente dal vetro ED proprietario Nikon), una in vetro a
bassa dispersione tipo FK-5 (L14) e molte altre in vetro ad alta rifrazione/bassa dispersione
oppure alta rifrazione/alta dispersione, tre delle quali (L1, L11 ed L15) realizzate con il vetro
proprietario Nikon (nD= 1,84666  vD= 23,78), simile al tipo SF57,  che abbiamo già
descritto in precedenza; le superfici anteriori degli elementi L4 ed L11 sono a profilo asferico,
ed i relativi parametri sono riportati nello schema; il sistema ottico è suddiviso in ben 5 sottogruppi
mobili e complessivamente possiamo dire che rappresenta un bell'esempio di progettazione
moderna che sa sfruttare tutte le primizie della tecnica attuale.

In realtà, da utente della prima ora (utilizzo quest'obiettivo dal Giugno 2003), mi sono rapidamente
reso conto che i veri problemi che affliggono il 24-120mm AF-S VR non sono di natura ottica ma
meccanica: passando da 24 a 120mm, l'espansione dei gruppi di lenti è gestita dall'estensione di
alcuni cannotti coassiali; questi ultimi - quando completamente estensi - garantiscono un'ottima
rigidità ed un adeguato allineamento delle lenti, ed infatti la resa ottica a 120mm ed f/8 - 11 è
decisamente soddisfacente; viceversa, alle focali più corte (24-28mm), con i cannotti in posizione
retratta, la montatura anteriore che regge il gruppo G1 con le tre grosse lenti frontali è priva di
adeguato supporto e lamenta un "gioco" meccanico (un dondolamento simile ad un basculaggio)
quantificabile addirittura in alcuni millimetri, e lo stesso peso delle lenti è più che sufficiente ad
inclinare verso il basso il modulo quel tanto che basta per introdurre un severo disallineamento
che comporta un vistoso calo di resa ai bordi, ancora più grave quando alla montatura anteriore
si aggiunge il peso del paraluce a tulipano in dotazione di serie...

Questo problema è meno avvertibile utilizzando l'obiettivo su corpi macchina digitali con sensore
a formato ridotto ma esplode in tutta la sua evidenza sul formato FX o su pellicola, ed è probabilmente
la causa principale della fama non lusinghiera che ha sempre accompagnato quest'obiettivo, altrimenti
quasi perfetto per l'uso generale.

Dopo questo briefing introduttivo passiamo ai risultati sul campo.

 

    AREA  TEST


Per gli scatti di prova ho utilizzato lo stesso soggetto impiegato nel test sui Nikkor da 28mm a focale
fissa, uno scorcio di Faenza con gli attergati di palazzo Ricciardelli-Rossi (il cui fronte monumentale
venne abbattuto nel dopoguerra) e la magnifica ghiacciaia collegata agli edifici da un ponte sospeso;
per gli scatti ho utilizzato una Nikon D700 con su sensore FX che non richiede presentazioni, lavorando
in RAW non compresso a 14 bit per canale ed utilizzando la sensibilità minima di default (200 ISO);
con gli obiettivi ho eseguito scatti ad f/8 ed f/11, predeterminando una esposizione manuale di 1/500"
ed 1/250" ed operando su un robusto cavalletto; con le ottiche autofocus ho focheggiato a motore
sul dettaglio significativo (la ringhiera metallica sulla ghiacciaia) mentre con gli obiettivi manual focus
ho agito in lite view a specchio alzato, selezionando la stessa zona di messa a fuoco ed ingrandendola
13x per la messa a fuoco di precisione.

Il file RAW è stato aperto in Adobe Camera RAW 5.x lasciando tutte le impostazioni di default tranne
temperatura colore e tonalità, campionate dallo scatto eseguito col 17-35mm f/2,8 (4650° K / -2) e
replicate per ogni immagine; il file da 4.256 x 2.832 pixel è stato aperto a 16 bit in Adobe Photoshop
CS4 e salvato in TIFF ad 8 bit senza interventi; in nessun punto della catena è stato aggiunto sharpening.
Purtroppo le differenti scelte per quanto riguarda il filtro antialiasing fanno si che le immagini prodotte
dal sensore Nikon FX siano più morbide rispetto a quelle fornite dal full-frame Canon utilizzato nel
precedente test sui Nikkor da 28mm a focale fissa, quindi - anche se il soggetto è identico - le immagini
non sono confrontabili fra loro in termini assoluti.

Da ogni immagine ho ritagliato quattro crops al 100% del file da 300 x 250 pixel cadauno, scegliendo
aree a diverse altezze sulla semi-diagonale, poi visualizzati affiancati; ecco l'immagine complessiva del
soggetto utilizzato con le aree scelte per la visualizzazione al 100%.

 

 

Come anticipato, un Nikkor AiS 28mm f/3,5 funge da campione di riferimento
sia ad f/8 che ad f/11; non ho testato aperture maggiori perchè cercavo i valori
assoluti teoricamente possibili; l'esposizione era manuale ed identica per tutti gli
obiettivi: piccole differenze nella densità delle immagini sono da imputare a
tolleranze di calibratura nel diaframma dei vari esemplari.

Ecco le matricole degli esemplari provati: come sottolineo sempre, i risultati
sono riferiti al singolo obiettivo e non necessariamente valgono per l'intera
produzione!

zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5 ............................................. 180329
zoom-Nikkor 25-50mm f/4 ................................................ 183866
AF zoom-Nikkor 28-85mm f/3,5-4,5 ................................. 368525
Angenieux AF zoom 28-70mm f/2,6 .................................. 1547386
AF-S zoom-Nikkor 17-35mm f/2,8 ..................................... 222513 
AF-S VR zoom-Nikkor 24-120mm f/3,5-5,6 ...................... 201365  



 













 

 

 

 













 

Additare differenze evidenti ad aperture "facili" come f/8 od f/11, trattandosi di obiettivi di
gran marca e considerando l'appiattimento introdotto dalla diffrazione nei modelli più
recenti e luminosi, potrebbe non essere impresa agevole; viceversa, i vari obiettivi testati
hanno rivelato sconcertanti "individualismi" nella resa d'immagine, pur restando coscienti
che le prove si riferiscono ad un singolo, specifico esemplare, spesso utilizzato a lungo.

Il principio informatore verteva su due idee di fondo: da un lato l'evoluzione cronologica e
tecnica di questi obiettivi un po' estremi sarebbe dovuta andare di pari passo con un implemento
della resa d'immagine; dall'altro le caratteristiche tecniche e la cura costruttiva del primo zoom
grandangolare della storia, il Nikkor 28-45mm f/4,5, alimentavano in me aspettative superiori
ai giusti limiti imposti dall'anagrafe e dalla tecnica del tempo (1970!), considerazioni in parte
già avvallate dalle prove preliminari su Nikon F4S e Velvia 100 Professional che avevano fornito
risultati molto incoraggianti: il gusto per il teatrale che alberga in un angolo del mio io, sotto sotto,
sperava che questo primo tedoforo di una nuova specie fosse stato un campione di
mirabile caratura non solamente nei brief data delle brochure ma anche sul campo...

L'obiettivo di riferimento, il Nikkor AiS 28mm f/3,5, è un'ottica onesta che risente della progettazione
datata, della sostanziale economia del suo impianto e dei retaggi ereditati dall'ormai antico Nikkor-H
28mm f/3,5, analogo come struttura; storicamente ha sempre richiesto di essere abbondantemente
diaframmata (come in questo caso) per lavorare al meglio, e se la sua risolvenza non è da urlo la resa
generale rivela un buon controllo delle aberrazioni fino ai bordi, fornendo l'adeguato metro di paragone
per obiettivi zoom talvolta coevi o addirittura antecedenti.

Lo
zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5 del 1975 rappresenta, come in effetti speravo, la sorpresa di giornata:
nonostante l'anzianità e l'appartenenza ad una categoria di obiettivi che all'epoca del suo progetto sembrava
pura follia, questo zoom lavora in modo egregio anche alla focale 28mm: rispetto all'obiettivo campione,
ad f/8 è leggermente più "crispy" nelle zone A e B, un pelo più nitido nella zona C ed altrettanto corretto
nella critica zona D sui bordi, dove ci saremmo aspettati un vistoso calo di resa; queste immagini, fra
l'altro, sono leggermente sovraesposte (una leggerissima velatura aveva lasciato il posto al sole pieno)
e non rendono giustizia alla sua resa corposa, con colori convincenti e manciate di macrocontrasto che
assicurano una riproduzione visivamente gradevole.

Il successivo
zoom-Nikkor 25-50mm f/4 del 1979 (calcolato nel 1976) si avvantaggia di un lustro
nella progettazione ma si spinge fino agli 80°, una prestazione di rilievo per l'epoca, e se ad f/8 nelle
zone A, B e C è più brillante rispetto al 28-45mm (ma perde un po' dei suoi passaggi tonali scultorei),
nell'area D corrispondente ai bordi paga dazio con una riproduzione vistosamente più aberrata rispetto
al predecessore, una prestazione che saremmo sicuramente disposti ad accettare di buon grado se non
avessimo sotto gli occhi la resa impeccabile del 28-45mm! Incidentalmente, la messa a fuoco di precisione
in lite view sul monitor a 13x ha rivelato che alla distanza effettiva (circa 20 metri) corrispondeva sulla scala
dell'obiettivo una posizione fra 3m e 5m, mentre ci si sarebbe aspettati un settaggio quasi ad infinito:
non trovo spiegazioni al fatto, anche perchè l'obiettivo è come nuovo, apparentemente inusato e mai smontato,
ma questo dettaglio richiede attenzione nel caso di una messa a fuoco rapida, a stima, su scala metrica!

l'
AF zoom-Nikkor 28-85mm f/3,5-4,5 (il cui schema fu calcolato nel 1985) dispone di un nocciolo ottico
di tutto rispetto, ma cominciava a risentire dei compromessi di marketing legati alla forte competizione per
affermarsi nel nuovo cimento dei sistemi autofocus, dove il fattore prezzo era importante quanto e forse
più che la qualità intrinseca, ed è più che probabile che eventuali limiti di resa siano dovuti più a
tolleranze meccaniche un po' troppo allegre che a difetti di calcolo; ad f/8 la sua resa è senza infamia e
senza lode, sufficiente per esigenze non specializzate ma inferiore ai due zoom precedenti nelle zone A,
B e C; solamente ai bordi il 28-85mm riesce a surclassare il 25-50mm, decisamente aberrato, ma non
arriva ad eguagliare il "nonnino" 28-45mm; è interessante notare la distribuzione della profondità di
campo a parità di apertura e distanza di messa a fuoco: se osservate la zona B noterete come la profondità
di campo nella coniugata anteriore (l'albero in primo piano) sia visibilmente più ridotta rispetto agli zoom
precedenti: probabilmente l'andamento dell'aberrazione sferica è differente.

L'
Angenieux AF 28-70mm f/2,6 per Nikon, lanciato nel 1992, presenta ai bordi delle frangiature che
apparentemente riconducono ad aberrazione cromatica ma che ritengo piuttosto un "blooming" di sensore
legato al tipo di proiezione della coniugata posteriore, non certo prevista per il digitale, nonostante la
lente posteriore dal diametro abbastanza favorevole (con gli zoom grandangolari i problemi di telecentricità
si limitano alle focali minime, dal momento che - universalmente - quando si passa alle focali superiori il
gruppo di lenti posteriore avanza, allungando lo spazio retrofocale e restituendo una proiezione più
telecentrica); l'obiettivo fornisce prestazioni buone (ricordo la ben nota "morbidezza" dell'immagine Nikon
FX: gli stessi obiettivi utilizzati su EOS 5D con adattatori rendono immagini all'apparenza molto più nitide),
con resa più nitida e brillante (bordi esclusi) rispetto al 28-85mm; il vero atuot dell'Angenieux, qui non
evidente, consiste nella riproduzione dei colori derivata dal know-how dell'Azienda nella realizzazione di
zoom cinematografici, con particolare riferimento all'incarnato: a suo tempo ho coperto i matrimoni di due
amici che non avevano pretese critiche utilizzando solamente una Nikon F4S, il 28-70 Angenieux (con
qualche rara sortita sul Nikkor AF 80-200/2,8), un flash SB-24 in TTL ed un altro flash con servocellula
e "manfrottino" tascabile per sostenerlo: la resa d'immagine risultò molto buona con incarnato davvero piacevole.

l'
AF-S zoom-Nikkor 17-35mm f/2,8 ED del 1999, ottimizzato sull'asse alle grandi aperture, ad f/8 soffre
già di un pelo di diffrazione ma resta superiore all'Angenieux nelle zone A e B, mentre spostandoci verso i
bordi la riproduzione risente della progettazione rivolta al digitale, con i criteri validi allora: ottimizzazione sui
sull'asse ed ai diaframmi aperti (per utilizzare tempi di posa brevi e limitare il rumore di fondo), sacrificando
parzialmente i bordi non utilizzati dai sensori dell'epoca: in ogni caso la zona D non è disprezzabile, restando in
linea con altri concorrenti ma decisamente dietro al 28-45mm; va anche considerato che quest'ottica è in grado
di coprire 107° contro i 76° appena di alcuni concorrenti.

l'AF-S VR 24-120mm f/3,5-5,6 ED del 2004, obiettivo sulla carta "perfetto", cade come da copione in buca
a causa degli incomprensibili difetti della sua complessione meccanica: a 28mm i cannotti anteriori sono ancora
quasi completamente collassati ed il basculaggio sull'asse orizzontale che il peso del complesso mette in atto
sulle lenti anteriori (grazie agli inaccettabili giochi meccanici) mette fuori asse il complicato sistema ottico, ed i
risultati sono evidenti: ad f/8 l'immagine diviene via via più aberrata passando dal centro alla periferia, arrivando
a bordi francamente inaccettabili per un obiettivo così moderno e dotato dal punto di vista tecnico: questa
considerazione chiude un po' la "parabola" sull'evoluzione di questi zoom grandangolari: è più il danno arrecato
dal progressivo impoverimento delle parti meccaniche di quanto abbiano saputo progredire gli schemi ottici
grazie ai nuovi materiali ed alle superfici asferiche a basso costo!

Al diaframma successivo, f/11, lo zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5 guadagna ancora leggermente in quanto
a risoluzione nelle zone A, B e C mentre i bordi, peraltro ottimi, restano su valori analoghi; per il
25-50mm
f/4 il passaggio ad f/11 comporta differenze quasi impercettibili (probabilmente l'MTF alle basse frequenze
spaziali aumenta un po' mentre si riduce alle alte frequenze spaziali per diffrazione); fa eccezione la zona D
corrispondente ai bordi, decisamente meno aberrata: f/11 risulta quindi un'apertura di lavoro decisamente
più consigliabile di f/8; discorso analogo per l'
AF zoom-Nikkor 28-85mm f/3,5-4,5: la resa migliora in modo
impercettibile sull'asse e progressivamente di più andando ai bordi, ed anche in questo caso la zona D è molto
più corretta rispetto ad f/8; per quanto riguarda l'
Angenieux AF zoom 28-70mm f/2,6 per Nikon, come
prevedibile ad f/11 la diffrazione penalizza la nitidezza nelle zone A, B e C mentre i bordi, come spesso avviene
in questo tipo di obiettivi, si avvantaggiano della forte chiusura e migliorano in modo evidente... Ovviamente
l'apertura f/11 non è consigliata in un obiettivo così luminoso; considerazioni analoghe anche per l'
AF-S
zoom-Nikkor 17-35mm f/2,8, con sfumature; ad f/11 la resa perde un po' di brillantezza ma resta composta
e ricca di sfumature, meno penalizzata rispetto all'Angenieux e quindi ancora sfruttabile, mentre i bordi
recuperano vistosamente ed avvicinano la resa del 28-45mm: globalmente è un bel risultato per un'ottica
f/2,8, a conferma della grande versatilità di quest'obiettivo; infine, l'
AF-S VR zoom-Nikkor 24-120mm
f/3,5-5,6 chiuso ad f/11 migliora un po' in tutti i settori, specie ai bordi, grazie alla maggiore chiusura che
mette in ombra aree "nefaste" ma conferma un giudizio globalmente negativo: secondo il mio punto di
vista sarebbe prioritario rivedere la montatura per eliminare quei giochi inaccettabili alle focali inferiori.

 

SO WHAT?

Questa piccola prova ha dimostrato quanto sia lontana al teoria dalla realtà e quanto sia importante una
catena cinematica forte ed omogenea: non serve a nulla progettare il sistema ottico perfetto se la linea
di produzione in serie non è in grado di garantire le necessarie tolleranze a basso costo o se la montatura
meccanica tollera compromessi inaccettabili subordinati al costo finale: i risultati emersi in questa sede
hanno confermato tutto questo, stravolgendo i valori in campo ed arrivando al paradosso di evidenziare
come il più datato e tecnicamente limitato dei campioni in lizza, il 28-45mm f/4,5 progettato nel 1970,
risulti forse il migliore obiettivo del lotto (quantomeno alle aperture di riferimento f/8 ed f/11) grazie alla
sua ineccepibile montatura meccanica ed alle sue tolleranze "da Nikon", mentre il più moderno ed aggressivo
24-120mm AF-S VR calcolato nel 2002, nonostante due lenti asferiche, due lenti ED, cinque gruppi mobili
e vetri speciali a profusione, ha evidenziato prestazioni grandangolari francamente poco soddisfacenti proprio
a causa della sua complessione quantomeno "disinvolta"...

        Ripensando allo zoom-Nikkor 28-45mm f/4,5 di Nakamura mi torna alla mente un'altra pietra miliare
nella storia degli zoom, il Vario-Sonnar Contarex 40-120mm f/2,8: anch'esso dovette attendere oltre cinque
anni fra la progettazione (1964) e la commercializzazione (1971); anch'esso era stato progettato da un
grande matematico (Guenther Lange, responsabile della progettazione ottica della Zeiss occidentale fin dai
tempi di Coburg); anch'esso era una scommessa vinta con l'impossibile ed anticipava i tempi, pur vedendo
la luce in un momento ancora scandito da grandi limitazioni tecniche... Eppure entrambi forniscono una resa
ottica piena come il sole di Giugno, altera, gammata, corposa e soddisfacente, perfettamente supportati da
una meccanica allo stato dell'arte (anche se quella dello Zeiss è davvero monumentale ed inarrivabile).

Come accennavo, il diavoletto malizioso dentro di me sperava che il 28-45mm f/4,5 fosse qualcosa in più
di una fredda statistica, e fortunatamente le ragioni del cuore hanno vinto sulle fredde considerazioni tecniche;
abbandono quindi il tavolo da lavoro senza indugiare oltre, stanco ma felice.

(Marco Cavina)





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