OBIETTIVI NIKON NIKKOR
FISSI DA 135mm E ZOOM-NIKKOR
ALLA FOCALE 135mm: NIKKOR "K" 135mm f/2
- NIKKOR "K"
135mm f/3,5 (SCHEMA SONNAR) - ZOOM-NIKKOR 80-200mm
f/4,5
SECONDO TIPO - ZOOM-NIKKOR 80-200mm f/4 Ais
- AF ZOOM-NIKKOR
80-200mm f/2,8 ED D - ZOOM-NIKKOR 35-200mm f/3,5-4,5 AiS
- ZOOM-NIKKOR
50-135mm f/3,5 AiS, TUTTI PROVATI A 135mm ED
f/8 PER VALUTARE SE GLI
ZOOM NIKON ANNI '70 ED '80 REGGESSERO IL
PASSO DELLE FOCALI FISSE,
CON ULTERIORE PROVA DEGLI ZOOM-NIKKOR 80-200mm (
f/4,5 SECONDA
SERIE ED F/4 AiS) ALLA FOCALE 135mm ED
ALLE APERTURE F/4-4,5 - 5,6 - 8 -
11, PER VERIFICARE LE DIFFERENZE DI
RESA IN DUE OTTICHE CALCOLATE
DALLO STESSO PROGETTISTA E MOLTO SIMILI
OTTICAMENTE.
ABSTRACT
Test shots performed with Nikkor lenses of the '70s and '80s, both fixed focal
lenghts
(Nikkor "K" 135mm f/2 and 135mm f/3,5) and zooms (80-200mm f/4,5 Ai
second series,
80-200mm f/4 AiS, 80-200mm f/2,8 AF ED D, 35-200mm f/3,5-4,5 AiS and 50-135mm
f/3,5 AiS), realized @ f/8 to investigate if the quality of these zoom lenses
allowing a 135mm
focal lenght could match the fixed ones; I also realized shots with the two
manual-focus 80-200mm
lenses (both computed by Hamanishi-San and really similar in optical shape) @
135mm and
f/4-4,5 - 5,6 - 8 - 11, looking for imagery differences. For all the involved
zoom lenses I realized
detailed data-sheets reporting the optical sketch, the various lenses' groups and the
optical glasses
adopted for the computation,
08/06/2010
Fin dall'introduzione dei primi zoom dedicati esplicitamente
alla fotografia, a fine anni '50, un tarlo fastidioso
si è insinuato nelle menti degli appassionati, una domanda indiscreta che, col
passare degli anni e l'evolversi
della tecnologia, ha continuato a turbare il sonno di chi era disposto a
dilapidare una piccola fortuna per
mettere in batteria il tanto agognato zoom: fino a che punto ed in che termini
la sua qualità d'immagine
era in grado di reggere il confronto con quella garantita dal classico,
rassicurante obiettivo a focale fissa?
Se gli zoom, fin dall'esordio, hanno fatto balenare prospettive molto allettanti
sul piano pratico, si sono
d'altro canto rapidamente fatti carico di una nomea tristazuola relativamente
alla nitidezza dell'immagine,
specie nelle zone periferiche, ed alle evidenti difficoltà incontrate nel
controluce, a causa dei numerosi
passaggi aria-vetro: chi acquistava tali mirabolanti obiettivi era dunque
lacerato da un dilemma: da un
lato la possibilità di variare rapidamente e senza soluzione di continuità la
focale consentiva di essere
sempre pronti ad immortalare un soggetto imprevisto, con la certezza di comporre
sempre il taglio di
immagine desiderato (vantaggio impagabile lavorando in invertibile): dall'altro
l'accettazione di compromessi
più o meno gravosi sul piano della qualità e della luminosità massima; col
tempo, il vistoso miglioramento
delle emulsioni di alta sensibilità ha mitigato il secondo handicap, ed anche
la qualità di riproduzione ha
seguito di pari passo l'evolversi delle tecnica, supportata da massicci
investimenti nella ricerca in questo
settore, fino ai giorni nostri in cui gli zoom, quantomeno quelli
dichiaratamente professionali, non hanno
ormai nulla da invidiare alle focali fisse, ed in certi casi favorevoli
risultano addirittura superiori.
In questa tornata mi concentro sul recente passato, la dozzina
di anni compresa fra il 1975 ed il 1987,
prendendo in considerazione la più classica delle focali tele, quel 135mm
inventato da Leica (montando
spudoratamente un obiettivo "normale" per lastre 9x12 su un cannotto
destinato al 24x36mm) che, nel
tempo, si è affermato come il teleobiettivo universale, forse la focale più
diffusa per decenni nel corredo di
fotografi ed amatori dopo il normale da 50mm fornito a corredo con
l'apparecchio; in particolare, ero
curioso di valutare se i modelli di zoom-Nikkor costruiti in quel periodo ed in
grado di coprire la focale
135mm reggessero il confronto in modo decoroso con i corrispondenti Nikkor a
focale fissa, e a tale
proposito ho preso in considerazione due classici del corredo Nikonista, il
135mm f/2 ed il 135mm f/3,5;
entrambi i modelli appartengono alla cosiddetta serie "K", la livrea
gommata lanciata intorno al 1974 ed
esteticamente identica a quella dei successivi Nikkor Ai, fatto salvo per
l'interfaccia esposimetrica al
corpo macchina; il 135mm f/3,5 tipo "K" è molto interessante perchè
fu l'ultima versione (già equipaggiata
con un moderno antiriflessi a strati multipli) ad adottare il classico schema
direttamente derivato dallo
Zeiss Sonnar 135mm f/4, progettato da Bertele e lanciato sul mercato ad inizio
anni '30: uno schema storico
che in questo caso è stato portato alle estreme conseguenze grazie ad un
ricalcolo effettuato nel 1969 con
vetri e software moderni (i Nikkor 135mm f/3,5 con il nuovo schema "tipo
Sonnar" si riconoscono per
il diaframma a 7 lamelle - il precedente tipo ne aveva solo 6 - e per la massima
chiusura fino ad f/32).
In questa veloce prova informale ho abbinato ai 135mm a focale fissa cinque
zoom-Nikkor lanciati fra il
1977 ed il 1987: si tratta di tre 80-200mm (il tipo f/4,5 Ai secondo tipo a 12
lenti, il modello f/4 AiS ed
il luminoso f/2,8 AF ED), del tuttofare 35-200mm f/3,5-4,5 AiS e dell'insolito
50-135mm f/3,5 AiS,
poco comune nel nostro paese; tutti questi obiettivi sono in grado di impostare
la focale 135mm, ed i due
80-200mm manual-focus (il tipo f/4,5 Ai a 12 lenti del 1977 ed il tipo f/4 AiS
del 1981) sono interessanti
in quanto furono calcolati dallo stesso matematico (Yoshinari Hamanishi),
vennero lanciati uno in sequenza
all'altro ad appena 4 anni di distanza e dispongono di uno schema ottico
estremamente simile, il secondo
direttamente derivato dal primo: a suo tempo le eventuali differenze
qualitative, mai accertate con chiarezza,
furono un vero tormentone per i Nikonisti, ed anche oggi non è chiaro come si
posizionino reciprocamente:
ho quindi predisposto una ulteriore serie di scatti a 135mm, confrontando questi
due obiettivi a tutte le
aperture fino ad f/11.
Gli obiettivi descritti in questa sede; come sovente avviene
in questi casi, la loro scelta è stata vincolata a
quanto è compreso nel mio corredo personale, logicamente non illimitato; ho
escluso l'AF VR 80-400mm
f/4,5-5,6 ED D in quanto di progettazione molto più recente (fine anni '90) e
quindi, sulla carta, troppo
"avvantaggiato" rispetto ai compagni. Noterete il vezzo della forcella
Ai sull'AF-zoom-Nikkor 80-200mm
f/2,8, frutto di un intervento autarchico che, a suo tempo, mi permise di
utilizzarlo su Nikon F ed F2.
Prima di qualsiasi considerazione relativa alla loro resa sul campo, scendiamo in
dettaglio ed analizziamo la
loro architettura interna.
Il Nikkor 135mm f/2 è sempre stato tenuto in alta
considerazione fra gli utenti Nikon che lo reputano
una delle punte di diamante del corredo; effettivamente quest'obiettivo è molto
corretto e brillante e
garantisce, come ho potuto sperimentare di persona, risultati particolarmente
soddisfacenti ed equilibrati
ad f/2,8, con immagini caratterizzate da alta risoluzione sul piano di fuoco e
transizione molto plastica e
tridimensionale verso lo sfuocato; lo schema ottico si basa sul tipo "Ernostar"
(ideato ad inizio anni '20
da un giovanissimo Ludwig Bertele per conto della Ernemann di Dresden) ed è
stato concepito per
concentrare la forza del flusso luminoso, restringendone il diametro rispetto
alla pupilla d'ingresso,
garantendo così un'elevata apertura massima; il rovescio della medaglia di questo schema è che lascia
un ridotto spazio retrofocale, ma in questo caso l'adozione di una focale
lunga, 135mm, ha consentito di
applicare l'obiettivo al sistema reflex Nikon. Quest'ottica (come anche le altre
prese poi in considerazione)
veniva realizzata con vetri ottici della Hikari, la vetreria di casa Nikon, ed
utilizza tre vetri Dense Flint
(ad alta rifrazione ed alta dispersione), un Dense Crown, un Flint al bario ed
un Crown al lantanio di
tipo LaK8.
Purtroppo non dispongo dei dati di progetto del Nikkor 135mm
f/3,5, tuttavia è accertato che
il suo schema a 4 lenti in 3 gruppi, con un grosso doppietto centrale collato,
venne ricalcolato a
metà del 1969, migliorando la resa ottica ed il controllo dell'aberrazione
cromatica, pur mantenendo
l'impianto originale che aveva esordito nel 1959 con la Nikon F in montatura
"thick mark"; questo
Nikkor 135mm f/3,5 "tipo K" è un obiettivo interessante e romantico
in quanto è uno degli ultimi
ad utilizzare lo storico schema di Bertele, passato direttamente dai tecnici
Carl Zeiss Jena a quelli
Nippon Kogaku durante il "patto d'acciaio" e poi ricalcolato
nell'immediato dopoguerra da
Murakami-San per la Nikon a telemetro: si può dire che i medio tele con questo
schema abbiano
scritto buona parte della storia del XX secolo (i regimi anni '30, la 2^ Guerra
Mondiale, la Guerra di
Corea, il Vietnam, il '68...) e questo Nikkor si presenta con un modulo di
recente revisione ed
in grado di sfruttare al 100% il potenziale insito nello schema originale...
Intrigante, davvero: un
fossile vivente nelle nostre mani, prodotto fino al 1977.
Viceversa, il 135mm f/3,5 proposto nel 1977 con la gamma Ai
abbandona lo schema tipo
Sonnar originale ed utilizza una versione semplificata dell'Ernostar utilizzato
sui modelli più
luminosi f/2 ed f/2,8, perdendo però la caratteristica impronta di contrasto
del modello
precedente.
Lo zoom-Nikkor 35-200mm f/3,5-4,5 AiS, prodotto dal 1985 al
2005, venne progettato
con grandi ambizioni e senza alcuna economia: lo schema è sofisticato ed
utilizza una incredibile
serie di vetri ottici "speciali" e parimenti costosi: questo ha
garantito una qualità d'immagine ed
una costanza di resa alle varie focali davvero insospettabile, comportando però
un prezzo di
listino troppo alto per i fotoamatori attratti da questo compatto zoom
all-in-one, mentre i
professionisti vedevano con sospetto una escursione così ampia e lo snobbarono,
paventando
prestazioni non soddisfacenti che non corrispondevano al vero: ciò ha
limitato la diffusione
di quest'obiettivo (poco più di 40.000 pezzi in 20 anni) ed è un peccato,
perchè in configurazione
collassata è veramente compatto e dispone di una posizione macro che ne aumenta
la versatilità
sul campo.
Tutti gli zoom-Nikkor descritti in questa sede si basano su uno schema a
compensazione ottica
articolato su quattro sottogruppi di lenti: il gruppo frontale (che col suo
movimento, solitamente,
provvede alla messa a fuoco), il gruppo variatore (che modifica la lunghezza
focale), il gruppo
compensatore (che mantiene costante la messa a fuoco) e l'obiettivo principale
(o relay lens)
che focalizza il tutto: solitamente il relay lens risulta fisso mentre in questo
modello, caratterizzato
da una variazione di focale di 5,7x, anche tale modulo è dotato di movimento
e contribuisce
alla correzione, modificando contestualmente la distanza retrofocale in un
intervallo compreso fra
51,35 e 84,41mm.
Il suo schema ottico a 17 lenti in 13 gruppi utilizza otto diverse famiglie di
vetri ottici, fra i quali
troviamo due Crown ai fluor-fosfati a bassa dispersione, quattro Dense Flint ad
alta rifrazione
ed alta dispersione, tre Flint al lantanio, un Crown al lantanio e due Dense
Flint al lantanio ad
alta rifrazione/bassa dispersione, fra i quali troneggia il tipo Hikari E-LASFH9
impiegato nella
quarta lente e caratterizzato da una rifrazione elevatissima (superiore ad 1,9)
abbinata ad una
dispersione eccezionalmente bassa, se relazionata alla rifrazione (numero di
Abbe vD= 35,8).
Lo zoom-Nikkor 50-135mm f/3,5 AiS è un obiettivo parimenti
interessante per varie ragioni:
fu in produzione solamente dal 1982 al 1984, totalizzando poco più di 31.000
esemplari, in
Italia è stato distribuito solamente per un breve periodo, presenta una
luminosità massima
f/3,5 costante su l'intera gamma di focali e, nonostante l'escursione contenuta
presenta uno
schema ottico particolarmente sofisticato, a 16 lenti in 13 gruppi, con un relay
lens posteriore
(fisso) di notevole complessità e composto da ben 8 elementi.
Anche lo schema ottico di quest'obiettivo è stato calcolato senza alcun
riguardo alle economie
di scala, utilizzando ben nove famiglie di vetri ottici, fra i quali spiccano
due lenti in Dense Flint
ad alta rifrazione e bassa dispersione, ben quattro lenti in vetro Crown al
lantanio ad alta rifrazione
e dispersione molto bassa, due in vetro Flint al lantanio ed una in Dense Flint
al lantanio; non sono
invece presenti vetri ai fluoruri o ai fluor-fosfati a bassa dispersione. I
vetri impiegati per le lenti
L8 ed L11 (un Dense Flint al bario ed un Flint al lantanio) risultano di origine
indeterminata perchè
non ho trovato riscontro esatto nel database attualmente disponibile; va detto
che il gruppo compensatore
(L7 + L8) costituisce un doppietto ipercromatico composto da vetri con indice di
rifrazione quasi
identico (1,670 - 1,671) e dispersione sensibilmente differente (57,6 - 38,9):
dal punto di vista
rifrattivo, questo doppietto si comporta praticamente come una singola lente di
rifrazione corrispondente
ai raggi di curvatura esterni ed allo spessore complessivo, mentre dal punto di
vista dell'aberrazione
cromatica i due elementi si comportano in modo tradizionale.
Anche in questo caso abbiamo uno schema a compensazione ottica con gruppo
anteriore, gruppo
variatore, gruppo compensatore e relay lens; va annotato che, focheggiando da
infinito alla minima
distanza di messa a fuoco, l'avanzamento del modulo anteriore modifica
sensibilmente la lunghezza
focale (in maniera più sensibile di quanto avvenga con altri zoom di struttura
analoga): con prove
sperimentali ho appurato che la focale minima effettiva (51,35mm) passa a circa
60mm, limitando
l'effettiva praticità dello zoom che, in ogni caso, era un perfetto complemento
per zoom-Nikkor
grandangolari come il 28-45mm f/4,5 o il 25-50mm f/4.
Diagrammi delle aberrazioni provenienti dal progetto
originale; nonostante l'assenza di vetri a bassa dispersione
l'aberrazione cromatica laterale appare in ogni caso ben controllata.
L'AF zoom-Nikkor 80-200mm f/2,8 ED fu un vero benchmark
che tracciò un solco largo anni luce
fra se ed i modelli da 80-200mm che lo avevano preceduto: l'ampia apertura
massima f/2,8 era
costante su tutto il range e tre lenti ED più un vetro a bassa dispersione tipo
FK5 garantivano la
correzione apocromatica, mentre l'autofocus e la complessione robusta lo
rendevano perfettamente
idoneo all'impiego professionale; il prezzo di listino sufficientemente
contenuto e le prestazioni
estremamente brillanti anche a tutta apertura (sebbene in bo-keh fosse
migliorabile) ne decretarono
l'immediato successo fra i professionisti ed i fotoamatori targati Nikon, per i
quali il "pompone" targato
ED divenne subito un must irrinunciabile.
Il suo schema ottico a 16 lenti in 11 gruppi fu calcolato nel
1986 e per realizzarlo vennero impiegate
addirittura dieci famiglie di vetri ottici; per soddisfare i requisiti di
apocromaticità ed acquisire la
prestigiosa denominazione ED (che allora veniva assegnata come meno disinvoltura
rispetto ad oggi)
il progettista utilizzò tre lenti ED a bassa dispersione di tipo Hikari E-FKH1
(solitamente dichiarato
come vetro ED prodotto direttamente da Nikon, ma si tratta solamente di una
mezza bugia, visto che
comunque la Nikon controlla la vetreria Hikari), coadiuvate da un vetro Crown ai
fluor-fosfati di tipo
Hikari E-FK5, dotato a sua volta di una dispersione particolarmente bassa, anche
se non a livello dei
vetri ED propriamente detti; naturalmente l'ampio diametro dei vetri ED
anteriori ha un ruolo importante
nella determinazione del prezzo finale; a contorno sono presenti tre vetri Dense
Flint ad alta rifrazione ed
alta dispersione, due Flint al lantanio ed un Crown al lantanio. Curiosamente, i
dati relativi ai vetri
Dense Flint utilizzati nelle lenti L7 ed L14 sono estremamente simili a quelli
del tipo SF6 ma non identici,
e non sono riuscito ad individuare l'origine di questa tipologia commerciale di
vetro.
Anche qui troviamo la classica architettura a compensazione ottica, con relay
lens di tipo Ernostar in
posizione fissa; il suo abbondante spazio retrofocale (65,98mm) consente una
proiezione decisamente
telecentrica, favorendo buone prestazioni periferiche anche sulle digitali
full-frame.
Infine, l'esemplare utilizzato appartiene alla serie "D" del 1992, ma
otticamente è identico alla versione
originale del 1987.
Lo zoom-Nikkor 80-200mm f/4,5 Ai seconda serie del 1977
rappresenta l'evoluzione del primo,
mitico modello a 15 lenti prodotto dal 1969 al 1977 e che, grazie alla sua
compattezza ed alle sue
prestazioni elevate, emendò la categoria degli zoom dal limbo di sfiducia nel
quale era prigioniera,
proponendosi come alternativa credibile ed affidabile anche per l'impiego
professionale; anche il
primo modello a 15 lenti arrivò alla generazione Ai, e si distingue dal
successivo per l'assenza della
caratteristica palpebra paraluce rettangolare posta dietro alla lente posteriore
della versione costruita
dal 1977 al 1981; quest'obiettivo è molto compatto ed utilizza filtri da appena
52mm di diametro.
L'evoluzione dello schema dal primo al secondo tipo seguì sicuramente una rotta
budge-saving: il
relay lens posteriore acquista una foggia molto più semplificata, passando da
sette lenti ad appena
quattro, mentre le famiglie di vetri utilizzati scendono a sei, la maggioranza
dei quali molto ordinari
ed economici: gli unici elementi degni di nota sono il Flint al lantanio ed il
Crown al lantanio
all'interno del relay lens posteriore, mentre il gruppo frontale di messa a
fuoco adotta soluzioni
"vecchia scuola" ereditate dal modello originale del 1969,
posizionando il doppietto collato in seconda
posizione e mettendo il classico vetro Dense Flint ad alta rifrazione / bassa
dispersione in posizione
L3 anzichè L1; come elemento a bassa dispersione del doppietto acromatico
anteriore è stato
impiegato un comune ed economico Dense Crown del tipo Hikari E-SK14, coadiuvato
dalla lente
frontale realizzata con un vetro simile, l'Hikari E-SK11.
Complessivamente si tratta di uno schema semplice ed economico da produrre, e
visto il prezzo di
listino dell'obiettivo è lecito sospettare che questo modello portasse notevoli
profitti alla Casa...
Il modello zoom-Nikkor 80-200mm f/4 AiS, lanciato nel 1981 e
prodotto fino al 1998, sostituì
lo zoom precedentemente descritto, garantendo maggiore luminosità massima (f/4
contro f/4,5,
sia pure al prezzo di una montatura anteriore dal 62mm) ed una messa a fuoco
più favorevole
(1,2m contro 1,8m), una caratteristica estremamente importante perchè
consentiva di realizzare
un ritratto ravvicinato senza ricorrere a focali eccessivamente lunge, più
critiche dal punto di vista
ottico e caratterizzate da una eccessiva compressione prospettica.
Come già detto, il progettista di questo famoso obiettivo era
stato uno dei padri della precedente
versione f/4,5 a 12 lenti, ed infatti l'impianto generale è assolutamente
sovrapponibile: le uniche
varianti di un certo rilievo sono legate alla struttura del gruppo frontale (che
adotta una foggia
"moderna", con doppietto acromatico anteriore e vetro Dense Flint in
posizione L1) e a quella
del gruppo variatore, al quale è stata aggiunta una lente, portando il
complessivo dello schema a
13 elementi in 9 gruppi, una struttura sempre minimale per un obiettivo di
queste caratteristiche
che conferma il trend indirizzato alla riduzione dei costi, confermata anche
dall'impiego limitato
di vetri "speciali": sono infatti presenti solamente tre elementi alle
Terre Rare: un Flint al lantanio,
un Dense Flint al lantanio ed un Crown al lantanio, mentre nei doppietti
acromatici le lenti antagoniste
sono realizzate con comuni ed economici vetri Dense Flint e Dense Crown, come
SF4/SF6 ed SK16.
Anche in questo caso la complessione ottica stride con l'elevato prezzo di
listino che ha sempre
caratterizzato quest'obiettivo.
Un test molto discusso e che ebbe successivi strascichi fra
varie fazioni di appassionati venne realizzato
ad inizio anni '80, mettendo il Nikkor 80-200mm f/4 AiS a confronto con un
analogo e più economico
modello Asahi Pentax; quest'ultimo risultò superiore ad infinito in modo
imbarazzante (il Nikkor a queste
distanze esibiva sia una forte curvatura di campo sia un evidente spostamento di
fuoco al chiudersi del
diaframma, elementi penalizzanti per l'esito finale), mentre nel test
supplementare a coniugate finite (4m
di distanza) il Nikkor migliorò le prestazioni mentre l'80-200mm Pentax KM
crollò in modo vistoso...
Questo comportamento trova conferme e risposte logiche fin dai dati di progetto
del Nikkor 80-200mm f/4:
infatti, nelle intenzioni di Hamanishi-San, quest'ottica avrebbe dovuto essere
un vero macro-zoom, addirittura
con ghiera supplementare per impostare la posizione macro, movimentando in modo
favorevole un gruppo
di lenti interne e spingendo la gamma di distanze utili fino a 0,68m: è quindi
probabile che, in vista di questa
"specializzazione", l'intero progetto dell'obiettivo vertesse sulle
distanze brevi, penalizzando volutamente
l'infinito: ecco il riscontro oggettivo di tutto questo, ricavato dagli schemi
originali di Hamanishi.
In questa rappresentazione grafica si più notare il movimento
del gruppo variatore e del gruppo di
compensazione passando da 200mm (tele) ad 80mm (wide) in posizione di infinito;
successivamente,
il progetto prevedeva di scendere fino ad 1m (esattamente 99,8cm) con la
convenzionale rotazione
della ghiera di messa a fuoco e grazie al semplice spostamento in avanti del
gruppo frontale G1;
A questo punto subentrava al ghiera secondaria "macro" che, passando
da 1m a 0,68m, spostava
in avanti non soltanto il gruppo frontale G1 ma anche il gruppo variatore G2,
ottimizzando le
aberrazioni a queste coniugate insolitamente brevi; ecco uno schema più
dettagliato che spiega
meglio questi cinematismi.
Nelle intenzioni originali, l'obiettivo sarebbe stato uno
zoom-Nikkor 80-200mm f/4 macro, e questi schemi
che ho realizzato mostrano la reciproca posizione delle lenti e la relativa
correzione delle aberrazioni in
quattro configurazioni ipotetiche:
1) ad 80mm in posizione di
infinito
2) ad 80mm e fuoco a 0,998m ottenuto movimentando il gruppo
frontale
3) ad 80mm e fuoco a 0,68m ottenuto movimentando ulteriormente solo il gruppo
frontale
4) ad 80mm e fuoco a 0,68m ottenuto movimentando il gruppo frontale e quello
variatore
Come si può notare, l'obiettivo è naturalmente predisposto per rendere bene a
distanze brevi, ed infatti lo
stato delle aberrazioni cambia poco passando da infinito a 0,998m, seppure
focheggiando in modo "tradizionale",
con il semplice avanzamento del gruppo anteriore; scendendo ulteriormente a
0,68m (condizione 3) le cose
cambiano: l'eccessivo avanzamento del gruppo anteriore romperebbe gli equilibri,
comportando un astigmatismo
ed una curvatura di campo molto pronunciati, ed in questo caso sarebbe dovuta
entrare in azione la ghiera "macro"
supplementare che, avanzando anche il gruppo variatore, riportava le aberrazioni
sotto controllo; notate anche come
la distorsione si riduca progressivamente, e addirittura nella configurazione 3
è pari a zero, come se l'obiettivo
dovesse affrontare anche riproduzioni tecniche con controllo rigoroso di
geometrie e proporzioni, una sorta di
"zoom-micro-Nikkor" ante litteram (infatti, su 200mm a 0,68m di
distanza avremmo avuto un rapporto di riproduzione
di circa 0,5x...).
Naturalmente la storia ci insegna che il consiglio di sorveglianza non
autorizzò la versione macro con doppia ghiera,
e la configurazione finale, quella entrata in produzione, prevedeva la messa a
fuoco convenzionale (ottenuta col
movimento semplice del modulo anteriore) e limitata ad 1,2m; i diagrammi sopra
riportati testimoniamo come questo
schema mantenga una correzione piuttosto costante fino a tali distanze anche
senza l'ausilio del gruppo variatore,
e questo spiega perchè il "nostro" 80-200mm f/4 AiS si sia comportato
così bene in quei test a distanze ridotte.
Per amore di completezza osserviamo un'immagine tratta da una
brochure Nippon Kogaku che illustra le due
versioni di 80-200mm f/4,5, entrambe in configurazione Ai del 1977 (nel breve
overlap fra l'ingresso in produzione
del secondo ed il ritiro dai mercati del primo, Luglio-Agosto 1977).
Gli obiettivi sono molto simili, tuttavia il nuovo modello
presenta una ghiera di messa fuoco con settore per le
distanze di maggiore altezza che lascia scoperta una porzione minore del
cannotto anteriore; ancora, il
riferimento di fede è un punto bianco nel primo tipo a 15 lenti ed un trattino
bianco nel secondo tipo a 12 lenti;
infine, nella parte posteriore del secondo modello (non visibile in questa
illustrazione) è presente una maschera
rettangolare realizzata con sottile lamierino rifinito in nero opaco che
inscrive l'ultima lente: questo è senz'altro
il dettaglio più evidente e facile da riconoscere per individuare le varie
serie.
(picture: Nippon Kogaku)
Una pubblicità per il mercato interno giapponese (notate la
fotocamera marcata Nikomat)
illustra l'80-200mm f/4,5 prima serie dei primi anni '70, già dotato di
antiriflessi multiplo
(zoom-Nikkor-C) ma ancora equipaggiato con la ghiera del diaframma precedente
alla
generazione Ai; la sezione dello schema ottico evidenzia come i gruppi
anteriore, variatore
e compensatore siano molto simili a quelli della successiva versione prodotta dal
1977 al 1981,
mentre il relay lens posteriore risulta molto più complesso (7 elementi) e
chiaramente ispirato
all'analogo modulo del famoso Schneider-Kreuznach Variogon 80-240mm f/4.
(picture and drawings: Nippon Kogaku)
Infine, è notizia ignota ai più che la Nippon Kogaku, quando
lanciò la sua Nikon F3AF, realizzò non soltanto
i noti AF-Nikkor 80mm f/2,8 e 200mm f/3,5 ED ma concepì anche un prototipo che
prevedeva il gruppo
ottico dello zoom-Nikkor 50-135mm f/3,5 AiS (da poco presente sul mercato),
modificato con zoomata
a rotazione e dotato anch'esso di funzionalità autofocus addirittura più
avanzate rispetto ai due obiettivi
di produzione, come suggerito dall'inedito display LCD presente sullo scafo...
L'obiettivo fu probabilmente
scelto perchè la sua luminosità f/3,5 era costante su tutta l'escursione di
focali, e coincideva con il limite
ammesso dal primitivo dispositivo autofocus della F3AF.
Per verificare le prestazioni degli zoom-Nikkor appena citati in relazione ai
due Nikkor 135mm a focale
fissa ho eseguito due serie di scatti con apertura f/8, una alla distanza di
messa a fuoco di 2m ed una su
un soggetto praticamente coincidente con infinito; va detto che, in questo caso,
con alcuni obiettivi ho
raggiunto la messa a fuoco mantenendo una corsa residua mentre con altri è
stato necessario arrivare
fino alla battuta di infinito, nonostante il soggetto fosse ad un centinaio di
metri: in queste ottiche la regolazione
del tiraggio non è dunque perfetta, e su soggetti realmente ad infinito
(paesaggi, montagne) la nitidezza teorica
non sarà verosimilmente sfruttabile al 100% perchè la regolazione di fuoco
effettiva è più ravvicinata...
La questione del tiraggio insufficiente per l'infinito è un problema strisciante e
trasversale, sovente sottovalutato:
ricordo che per tutta la prima metà degli anni '90 "lottai" col mio
parco di ottiche Zeiss Contax/Yashica,
inviando diversi esemplari in revisione proprio perchè la battuta di infinito
coincideva in realtà con una
distanza di messa a fuoco più ridotta.
Per questi scatti ho utilizzato un corpo Nikon D700, anche se
la sua risoluzione e le particolari caratteristiche
del suo pacchetto sensore/filtro low-pass piuttosto attivo non ne fanno un
apparecchio adatto ad una valutazione
critica (il suo file è fotorealistico ma "morbido", a prescindere
dalla risoluzione assoluta e dalla qualità dell'ottica
abbinata); ho scattato in RAW non compresso @ 14bit a sensibilità minima (200
ISO) su un robusto cavalletto,
mettendo a fuoco in live-view al massimo ingrandimento (prassi di sicurezza
adottata anche con l'AF zoom-Nikkor),
sviluppando il RAW in Adobe Camera RAW 6.0 lasciando i parametri di default e
lanciandolo poi a 16 bit in
Adobe Photoshop CS5 per il salvataggio finale; non è stata operata alcuna
post-produzione nè introdotto alcuno
sharpening in tutta la catena di lavorazione; faccio presente che si tratta di
scatti realizzati su esemplari singoli
ed usati, ragionevolmente non c'è garanzia che le loro prestazioni
rappresentino esattamente tutta la produzione
del corrispondente modello.
L'immagine campione, eseguita con tutti gli obiettivi alla
focale 135mm con apertura ottimale f/8;
quest'apertura è forse penalizzante per il 135mm f/2 (ottimizzato a valori
leggermente più aperti)
ma necessaria per "mandare in coppia" gli zoom meno luminosi; in
questo caso ho preso in considerazione
solamente un crop sull'asse, trascurando il rendimento ai bordi (poco
significativi nel ritratto).
Va subito detto che tutti gli obiettivi risultano di alta qualità e sicuramente
soddisfacenti per la
maggioranza degli impieghi generici (ricordo, come di consueto, che non è
presente alcuno
sharpening o post-produzione, e sarebbe un gioco da ragazzi aumentare la
brillantezza ed il
senso di nitidezza con pochi interventi software; va anche detto che in questo
caso manca
l'effetto bordo o di adiacenza tipico delle emulsioni argentiche); le
differenze, sul sensore da
12,1 megapixel della D700, risultano estremamente contenute e testimoniano le
prestazioni
che questi costosi zoom-Nikkor della passata generazione erano in grado di
offrire.
Questi crops al 100% del file evidenziano l'ottima prestazione
dello zoom-Nikkor 80-200mm
f/4,5 Ai - seconda serie a 12 lenti, sicuramente un esemplare ben assemblato,
che non perde
nulla dal successivo 80-200mm f/4 AiS e non si fa intimidire nemmeno dal più
moderno zoom
professionale 80-200mm f/2,8 AF ED; risultano un pelo più morbidi i modelli
35-200mm
f/3,5-4,5 (giustificato dall'ampia escursione focale) e 50-135mm f/3,5 mentre
dai crops
ottenuti con le due focali fisse si intuisce una risoluzione di dettaglio
leggermente superiore
(probabilmente non completamente sfruttata dal sensore) ma non tale da rendere
le differenze
facilmente visibili sulle stampe finali.
Anche nella ripresa di soggetti a grande distanza con apertura f/8 gli zoom si
comportano molto bene,
e la modifica di coniugata sembra rinvigorire anche il 35-200mm f/3,5-4,5 ed il
50-135mm f/3,5 che,
con diverse sfumature di contrasto, presentano una leggibilità analoga a quella
degli altri zoom; anche in
questo caso si intuisce che le focali fisse consentono un potere analitico
leggermente superiore ma con
questi livelli di risoluzione e taglio di banda le prestazioni di tutti gli
obiettivi vengono molto uniformate
e quindi l'utente fatica a percepire differenze nella definizione dei dettagli
più fini, rendendo questi zoom
sicuramente competitivi; analogamente, nella loro epoca occorreva utilizzare
emulsioni a bassa e bassissima
sensibilità per visualizzare differenze tangibili e, considerando che la
ridotta luminosità degli zoom suggeriva
l'impiego di pellicole di sensibilità medio-alta, fornire a tali obiettivi un potere analitico
superiore non avrebbe
portato alcun giovamento nella stragrande maggioranza delle situazioni d'impiego
reale.
Un cenno a parte merita senz'altro l'antitesi fra i due
80-200mm f/4,5 ed f/4: proprio perchè il loro schema è
quasi identico (progettato dalla stessa mano) ed essendo uno il naturale epigono
dell'altro (furono lanciati ad
appena 4 anni di distanza) si è favoleggiato molto sulle reciproche
prestazioni; ho quindi realizzato un'ulteriore
serie di scatti mettendo a confronto questi obiettivi, sempre alla focale 135mm,
lavorando alle aperture f/4-4,5,
f/5,6, f/8 ed f/11 per valutare se ed in che termini le prestazioni dei due zoom
differissero; gli scatti sono stati
eseguiti con le stesse procedure e la stessa cura dei precedenti.
Il soggetto impiegato per questa ulteriore prova fra i due
zoom-Nikkor 80-200mm; per le nostre
valutazioni prenderemo in considerazione i due anziani seduti al centro ed il
ragazzo seduto
all'estremità destra della foto; quest'ultimo crop permetterà di valutare la
tenuta nel leggero
fuori fuoco (influenzata da tre fattori: risolvenza effettiva, andamento
dell'aberrazione sferica
e giacitura della curvatura di campo).
Come abbiamo già discusso, lo zoom-Nikkor 80-200mm f/4 AiS era stato
particolarmente
ottimizzato alle distanze medio-brevi, mentre su infinito, per ragioni di
compromesso nel
progetto, soffriva di curvatura di campo e spostamento di fuoco sull'asse alla
chiusura del
diaframma per aberrazione sferica; queste riprese in campo lungo sfruttano
dunque questo
zoom nel range operativo più penalizzante, ed infatti l'elemento più eclatante non è la
nitidezza in asse (dove, anzi, la versione f/4 AiS presenta valori analoghi a
quelli dell'ottimo
f/4,5) bensì la riproduzione del soggetto seduto, leggermente fuori fuoco sul
lato del fotogramma:
mentre nel modello più datato la sua riproduzione è invariabilmente
soddisfacente a tutte le
aperture considerate, nell'80-200mm f/4 AiS tale particolare risulta fuzzy ed
aberrato e
nemmeno la forte chiusura ad f/11 (che solitamente livella le prestazioni a
causa della
diffrazione) consente a quest'obiettivo di equiparare il precedente f/4,5;
probabilmente
quest'ultimo garantisce a questa focale e su lunghe distanze una risoluzione
più omogenea
fino ai bordi, ma credo che ci sia anche una componente di curvatura di campo di
segno
sfavorevole che porta tale soggetto marcatamente fuori fuoco, mentre
probabilmente
l'80-200mm f/4,5 risulta più livellato ad infinito.
Anche questo scatto è stato realizzato a 135mm con apertura
f/8 e presenta soggetti dettagliati
in asse ed ai bordi posti sullo stesso piano di fuoco; i crops al 100% che
seguono sono stati
prelevati nelle due zone del campo e sono relativi alle medesime aperture degli
scatti precedenti;
la rete da pesca sull'asse presenta dettagli più critici che saranno utili per
valutare le prestazioni.
Questi dettagli mostrano come, alla focale 135mm e a grandi distanze, l'80-200mm
f/4 AiS
garantisca una risoluzione fine sull'asse superiore a quella esibita dal modello
f/4,5 (percettibile
sulla trama della rete fino ad f/5,6-8) ma quest'ultimo presenta valori più
omogenei ed elevati
fino ai bordi anche alla massima apertura, mentre il modello f/4 è visibilmente
"puntato" sull'asse
e per equiparare le prestazioni del predecessore va chiuso fino ad f/11 (dove
peraltro gli viene
in aiuto la diffrazione).
Come ultima, ulteriore verifica ho eseguito uno scatto allo
stesso soggetto regolando i due
obiettivi alla massima focale disponibile (200mm) e scattando ad f/8.
Anche in questo caso le prestazioni del modello f/4,5 sono
ottime e la nitidezza
risulta leggermente superiore a quella del successore, in modo più marcato
sull'asse (dettaglio della rete) e meno evidente fuori campo; probabilmente
la versione f/4 AiS risente anche a 200mm dello stesso spostamento di fuoco
per aberrazione sferica che lo affligge anche alle focali inferiori quando è
impostato su distanze di messa a fuoco prossime ad infinito; d'altro canto,
nell'uso pratico, l'80-200mm f/4 AiS presenta colori leggermente più saturi
e squillanti rispetto al tipo precedente.
SO WHAT ?
Tanto clamore per nulla, direi: considerando il livellamento dovuto al sensore
24x36mm
da 12,1 megapixel con filtro low-pass piuttosto morbido, le prestazioni alla
chiusura f/8
sono abbastanza livellate, ed i vantaggi marginali garantiti dalle focali fisse
sono minoritari
rispetto al grande atout della focale variabile; questi zoom-Nikkor,
all'epoca presentati
come strumenti professionali, garantivano effettivamente una riproduzione
soddisfacente e
per ottenere vantaggi chiaramente avvertibili occorreva impiegare le focali
fisse ad aperture
maggiori in abbinamento a pellicole di sensibilità molto bassa.
Sicuramente l'obiettivo più interessante del lotto risulta l'80-200mm f/4,5 Ai
a 12 lenti,
ottica convincente e molto omogenea fino ai bordi anche a diaframmi aperti, una
caratteristica
che lo accomuna ad un altro, famoso zoom-Nikkor anni '70, il 28-45mm f/4,5,
anch'esso
eccezionalmente corretto per la sua epoca: si può dire che il
"pacchetto" degli zoom-Nikkor
f/4,5 anni '70 era veramente notevole e limitato solamente dalla modesta
apertura massima.
Tre immagini d'esempio che ho realizzato sulle Dolomiti con lo
zoom-Nikkor
35-200mm f/3,5-4,5 AiS alla focale 200mm ed apertura f/8: questi storici
zoom del recente passato possono ancora dare parecchie soddisfazioni agli
utenti moderni.
(Marco Cavina)
foto, testi, attrezzature e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti
specificato.
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