TEST  N° 13

LEITZ     TELYT   20cm   f/4,5    E   LEITZ   TELYT    200mm   f/4:

RETROSCENA   TECNICI   E  PROVA  SUL  CAMPO   DEI  DUE

INSOLITI   TELEOBIETTIVI   LEITZ   CON  ATTACCO  A  VITE

E  MONTATURA  CORTA  PER  PLOOT,  TZOON  E  VISOFLEX




 

 

 




ABSTRACT

In this section I checked on field, using a modern full-frame D-SLR with adapters, two acient
and uncommon Leitz telephoto lenses with 200mm focal lenght: the Telyt 20cm f/4,5 (born just
before the 1936 Berlin Olympic Games to match the stunning 180mm f/2,8 Olympia-Sonnar by
Zeiss Jena) and the Telyt 200mm f/4, a modern and more effective evolution realized by Mandler
in late '50s; both lenses came in short  mount with LTM thread, to match the Leitz reflex housing
devices: the original PLOOT, the Visoflex I and the more modern Visoflex II and III (that required
the OUBIO-16466 adapter ring because they came equipped with  front bajonet and a shorter mount);
it was also possible (but not confortable) to apply the 20cm/200mm Telyt to a TZOON optional tube
(that matched the lenght of the Visoflex but lacked any mirror and required estimated focus setting),
framing the picture with an external finder SFTOO. In this article you'll find the original optical data
of the latter one, and from an optical standpoint the 1959 Telyt-V 200mm f/4 is much more crispy
that it's predecessor at wider apertures, while at f/8 and mostly at f/11 the differences fade a bit, but
the technical jump on the 1935 project is clear; both give back a pleasant 3D rendering and the
chromatic aberration seems to be under good control; the colors are brighter in the latter one, but
the reproduction of the 20cm f/4,5 I tested (a late 1957 exemplar with an effective lens coating) is
really nice even on actual D-slr's. The out-of-focus blur is better on the 200mm f/4 Telyt, helped
by it's wider aperture that fades the unwanted background details; finally, I tested two exemplars
of Telyt-V 200mm f/4, a 1967 version with chrome aperture ring and a 1973 uncommon, all-black
model, checking for the eveness of image quality in Leitz mass production.

16/10/2008

(NOTA: per visualizzare correttamente le immagini del test è opportuno utilizzare per il monitor
una risoluzione minima di 1.024 x 768 pixel)

Quando si parla dei tradizionali sistemi Leica a telemetro del periodo classico, sia a vite che a baionetta M,
si considera abitualmente un corredo ottico compreso fra le focali di 21 e 135mm; viceversa, fin dal periodo
adolescenziale, la Leitz ha creato obiettivi di focale molto maggiore, superando l'handicapp dell'insufficiente
base telemetrica con la creazione di box aggiuntivi per la messa a fuoco reflex e progettando opportunamente
i gruppi ottici al fine di ottenere un abbondante spazio retrofocale libero che permettesse l'interposizioni delle
scatole reflex; nel tempo hanno così visto la luce un Elmarit 180mm f/2,8, due Telyt 200mm (f/4,5 ed f/4), un
Telyt 280mm f/4,8 (con tre varianti di barilotto), due Telyt 400mm f/5 e cinque acromatici, dei quali due da
400mm (f/5,6 ed f/6,8), due da 560mm (f/5,6 ed f/6,8) ed un 800mm f/6,3, per tacere dei prototipi catadiottrici
da 400mm, 600mm e 900mm nati nell'immediato dopoguerra sulle spoglie degli obiettivi utilizzati nel dispositivo
militare Kikinar (un sistema di sorveglianza costiera a lunga distanza in banda infrarossa, utilizzato dalle truppe
del Dritten Reich), dei quali tratteremo in altra sede.

Naturalmente l'applicazione di teleobiettivi lunghi, pesanti ed ingombranti con corollario di scatola reflex ad una
piccola ed agile Leica era ed è una sorta di controsenso e forzatura formale, dal momento che simili obiettivi
si sposano molto meglio con apparecchi reflex SLR, tuttavia le versioni da 20cm f/4,5 del 1935 e 200mm f/4 del
1959 sono ancora sufficientemente compatte e leggere da rendere il complesso utilizzabile efficacemente nel mondo
reale, e d'altro canto un teleobiettivo che permettesse un ingrandimento di 4x rispetto al normale era già molto utile
in svariate circostanze operative, dallo sport al reportage alla cronaca all'architettura al ritratto candid, anche se
lo zoccolo duro dei Leicisti è sempre stato orientato sulla classica gamma di focali compresa fra 35 e 90mm,
relegando questi insoliti teleobiettivi per scatola reflex in una nicchia che non ha mai prodotto grandi numeri: appena
11.437 Telyt 20cm f/4,5 realizzati fra il 1935 ed il 1960 ed un numero all'incirca analogo di Telyt 200mm f/4
assemblati fra il 1959 ed il 1984, anno in cui uscirono di produzione autentici "dinosauri" come quest'obiettivo, il
fratello maggiore 280mm f/4,8 e gli acromatici per Visoflex da 400mm, 560mm ed 800mm.

Si tratta quindi di obiettivi non molto comuni sul mercato del modernariato fotografico, specialmente considerando
il corollario di accessori necessari per la loro messa in opera; per realizzare le immagini che corredato questo pezzo
mi sono avvalso dell'impagabile appoggio logistico dell'amico del cuore Pierpaolo Ghisetti, celebre giornalista,
collezionista ed esperto del settore, un "sodalizio" già collaudato e che funziona come un meccanismo ben oliato...
Prima di procedere alle brevi prove valutative sul campo, ripercorriamo un po' la storia di questi interessanti ed
inconsueti obiettivi, per i quali fu coniato il celebre appellativo di "Telyt".

i Telyt da 200mm per scatola reflex Leitz in parata: in realtà esistono due varianti estetiche del modello
f/4, dal momento che ad inizio anni '70 il barilotto fu completamente rifinito in nero (mentre la produzione
precedente prevedeva la cromatura opaca per la ghiera del diaframma e per la presa di forza alla base del
barilotto); quest'ultima versione è piuttosto rara, dal momento che negli ultimi anni - con la grande diffusione
dei sistemi reflex - la richiesta di lunghi teleobiettivi per Visoflex fu estremamente ridotta.
I Telyt 200mm f/4 dispongono di pratico paraluce telescopico incorporato (una primizia che ha poi fatto
tendenza), mentre il più vetusto Telyt da 20cm f/4,5 si avvale di uno specifico paraluce separato con attacco
a pressione e nottolino di fermo laterale, noto nei cataloghi Leitz come TNGOO; va notato che il Telyt 20cm
f/4,5 utilizzato in questa sede è un esemplare tardo degli ultimi anni di produzione (1957) ed è dotato di moderno
ed efficace trattamento antiriflessi (anche se non ancora multistrato, ovviamente), mentre i 2.212 esemplari
prodotti fra il 1935 ed il 1945 ne sono completamente privi, preconizzando una resa caratterizzata da un
contrasto inferiore e da aloni in presenza di forti luci.


i tre Telyt da 200mm con i rispettivi tappi originali; tutti questi obiettivi dispongono ovviamente
di un diaframma stop-down, ma le versioni da 200mm f/4 sono dotate di un dispositivo di
preselezione con arresti a scatto mentre il 20cm f/4,5 ne è privo; da notare che i modelli
più moderni chiudono ad f/4 ad f/22, mentre la versione più vecchia fu inizialmente proposta
con scala internazionale con valori da f/4,5 ad f/36, e successivamente con scala continentale
graduata da f/4,5 d f/32.

Il Telyt 20cm f/4,5 fu progettato da Max Berek sull'onda dell'entusiasmo per le imminenti olimpiadi
di Berlino del 1936, che avrebbero rappresentato l'apoteosi internazionale per il regime del III Reich;
la necessità di documentare l'azione degli atleti ma soprattutto di immortalare a mezzo busto le alte
cariche della nomenklatura fu sentito come un imperativo irrinunciabile per la grande macchina della
propaganda, che seppe sfruttare con grande efficacia questo evento (basti pensare al celebre
lungometraggio "Olympia"...); le esigenze politico-ideologiche facevano il paio con quelle prettamente
tecnico-commerciali, dal momento che per l'astro nascente Contax della rivale Zeiss Ikon il Dr. Bertele
stava calcolando uno degli obiettivi che avrebbero fatto epoca, il celeberrimo Olympia-Sonnar 180mm
f/2,8... Alla Leitz, azienda molto più piccola rispetto al panzer Zeiss Ikon e dotata di risorse economiche
e tecniche più limitate, si accontentarono di una luminosità di f/4,5 (forse paventando la criticità di messa
a fuoco ad f/2,8, con profondità di campo molto ridotta) ma replicarono con una focale ancora più lunga,
200mm, ben spaziata rispetto ai due 135mm (Hektor ed Elmar) da poco lanciati; probabilmente - all'epoca -
il tipo Sonnar a focale lunga con tripletto collato era l'unica via praticabile per un tele così luminoso, ma
dal momento che quest'ultimo era  già coperto da brevetto Max Berek dovette seguire vie alternative.

 

lo schema ottico del Telyt 20cm f/4,5 - OTPLO del 1935 è già piuttosto sofisticato
ed "arrischia" otto passaggi ad aria in era pre-antiriflessi; curiosamente, da questo stesso
progetto deriverà anche il primo Telyt 40cm f/5, dotato di schema quasi identico, lanciato
sul mercato nel 1937, subito dopo la fine delle olimpiadi; il celebre fotografo Paul Wolff,
uno dei pionieri del Telyt 20cm f/4,5 su scatola reflex PLOOT, si rammaricò con Berek
per l'occasione perduta (immaginate che primi piani del Fuehrer con un 400mm!), ed in
effetti questo inspiegabile ritardo resta un mistero: fu realizzato un versuch di nullserie nel
1936, un altro nel 1937 e la produzione definitiva fu avviata solo nel 1938, quando il
progetto era praticamente completato fra il 1934 ed il 1935!

 

Per il Telyt 20cm f/4,5 fu realizzata la scatola reflex PLOOT, un dispositivo
ancora primitivo ma efficace e stupendamente realizzato dal punto di vista
meccanico, cui fece seguito il Visoflex I illustrato nella foto, dotato di oculare
ingranditore che agevolava al messa a fuoco ma forniva un'immagine a lati
invertiti.

 

I successivi Visoflex II e Visoflex III (quello illustrato a sinistra) presentavano un tiraggio
inferiore a quello dei precedenti PLOOT, Visoflex I e TZOON, ed erano dotati di attacco
a baionetta su entrambi i lati: per consentire il montaggio dei Telyt da 20cm e 200mm fu
quindi realizzato l'anello adattatore OUBIO (poi ri-catalogato come 16466), che adeguava
il tiraggio ai valori del dispositivi precedenti (per i quali gli obiettivi erano stati calibrati),
disponeva di baionetta posteriore per interfacciarsi ai Visoflex II e III ed era anche dotato
di un proprio attacco per il cavalletto, per mantenere sempre l'appoggio sul baricentro del
complesso; simultaneamente, anche il tubo per innesto diretto sulla fotocamera (con messa
a fuoco a stima e mirino sportivo esterno SFTOO) fu evoluto, e ribattezzato TZFOO (poi
14039) nella versione con attacco a vite e TXBOO in quella dotata di baionetta.
Il principale vantaggio dei Visoflex più moderni sta nella sincronizzazione (regolabile) fra lo
scatto della fotocamera ed il sollevamento dello specchio, mentre con i modelli più primitivi
occorreva un doppio scatto flessibile, non proprio il massimo nel reportage a mano libera...

 

Negli anni '50 lo studio sui nuovi vetri alle terre rare non radioattive portò ad una nuova generazione
di materiali che abbinavano alta rifrazione e bassa dispersione senza rischi per l'utente, dando vita ad
un rinnovato entusiasmo nella progettazione degli obiettivi; sul finire degli anni '50 il celebre fisico
Walter Mandler della Leitz Canada, Midland (Ontario), lavorando in tandem con il suo omologo di
Wetzlar, Horst Schmidt, calcolò un teleobiettivo da 12° (200mm) f/4 che viene considerato un po'
il caposcuola dei tele moderni e che nel 1959 andò a sostituire l'anziano Telyt 20cm f/4,5 con la
promessa di prestazioni sostanzialmente migliorate; quest'obiettivo fu battezzato Telyt 200mm f/4 ed
è noto nei cataloghi di fabbrica col codice TELOO (successivamente 11063); ecco in anteprima le
caratteristiche ottiche e le specifiche di progetto di quest'obiettivo.




Il tele di Mandler ed Horst del 1959 deriva dal principio di Petzval ed è il primo,
vero teleobiettivo moderno; le due lenti anteriori sono in realtà un doppietto acromatico
spaziato ad aria, con elemento anteriore a dispersione ridotta (vE= 63,0) e quello posteriore
ad alta rifrazione (nE= 1,7343) ed alta dispersione (vE= 28,1), mentre il terzo elemento fu
realizzato con un nuovo vetro Filint al Lantanio che abbinava alta rifrazione (circa 1,74) a
bassa dispersione (nE= 40,8); questo progetto abbina una sostanziale compattezza del
nocciolo ottico ad un notevole spazio retrofocale (103,2mm), consentendo l'applicazione
sul Visoflex I nonostante il suo elevato tiraggio; in corso d'opera il diaframma fu spostato
dalla sua posizione originale fra la seconda e la terza lente ed arretrato, collocandolo fra
il terzo ed il quarto elemento; va notato che Mandler definisce i valori dei vetri ottici in
riferimento alla lunghezza d'onda e-line (green Mercury line, 546,0740nm) anzichè alla
consueta d-line (yellow Sodium line, 589,2938nm).

Il nuovo teleobiettivo in montatura corta per dispositivi reflex fu prodotto, come accennato, dal
1959 al 1984 e presenta da subito una montatura molto più moderna rispetto al predecessore,
con ghiere dotate di gradevoli sbalzi godronati ed un paraluce telescopico che rende l'aspetto
generale molto accattivante; l'adozione di una montatura di messa a fuoco non rotante (presente
invece nel vecchio 20cm f/4,5, decisamente più primitivo) e di un sistema di preselezione comportò
una meccanica molto più complessa, che assieme al maggiore ingombro del più luminoso gruppo ottico
obbligò a progettare un barilotto molto più corpulento del predecessore, portando il peso da 550g a
625g ed il passo filtri da E48 ad E58, mantenendo invariata la messa a fuoco minima a 3m (10ft), un
valore un po' limitante nell'uso pratico ma adottato per non incidere ulteriormente sugli ingombri.

Come accennato, il Telyt 200mm f/4 fu leggermente modificato ad inizio anni '70 eliminando le porzioni
satinate in cromo, mentre il diaframma fu arretrato in un momento imprecisato ma sicuramente anteriore,
dal momento che entrambi gli esemplari provati (un 1967 ed un 1973) presentano già il diaframma nella
posizione definitiva, fra il terzo ed il quarto elemento.

 

lo schema originale del progetto di Mandler ed Horst, con il diaframma nella posizione originale;
questo identico schema è stato usato anche per il Telyt Visoflex 280mm f/4,8, prodotto dal 1961
al 1984 utilizzando la stessa struttura ingrandita in scala.

 

Questa immagine raggruppa l'universo dei Telyt da 200mm ed i relativi accessori funzionali;
per il 20cm f/4,5 fu realizzato uno specifico filtro di contrasto arancione (catalogato come POOKY
e successivamente 13311) marcato "Telyt 20cm" direttamente sul profilo della montatura; il paraluce
separato di quest'obiettivo fu definito inizialmente SUNGO e successivamente (1951) TNGOO.
Alcuni Telyt 20cm f/4,5, fra gli ultimi esemplari di produzione, furono prodotti con attacco a baionetta
per applicarli direttamente al Visoflex II (nel frattempo introdotto sul mercato), maggiorando la montatura
posteriore di una lunghezza identica a quello del tubo OUBIO; il corpo Leica MD dell'illustrazione, privo
di mirino e telemetro, era particolarmente adatto all'applicazione su Visoflex.

 

Le particolari quote meccaniche di questi Telyt 200mm per Visoflex rendono possibile la loro applicazione
"postuma" sia ai corpi Leica R sia a moderne reflex (anche digitali) come le Canon EOS, sfruttando alcuni
raccordi in cascata.

 

La sequenza dei raccordi necessari per montare i Telyt da 20cm/200mm su Leica R: all'anello
Leica creato per applicare su Leica R i più moderni obiettivi nati per Visoflex II e III va aggiunto
l'anello OUBIO, dotato di attacco anteriore LTM e del supplemento di tiraggio che caratterizzava
i sistemi PLOOT e Visoflex I, per i quali questi obiettivi erano stati concepiti; l'eccezionale
qualità meccanica Leitz rende trascurabili i giochi meccanici causati dai raccordi in cascata ed
il sistema è abbastanza pratico, anche se l'assenza del dispositivo a preselezione sul 20cm f/4,5
rallenta un po' le operazioni.

 

Per il test questi vecchi obiettivi sono stati addirittura impiegati su una Canon EOS 5D
digitale full-frame, aggiungendo al complesso appena descritto l'anello Leica R - Canon EOS;
questo tipo di raccordo è solitamente molto "stretto" e privo di giochi meccanici, quindi non
ho rilevato laschi e movimenti eccessivi nonostante la complessità dell'adattamento.

 

Il Telyt 20cm f/4,5, classe 1935, pronto all'uso su Canon digitale full-frame: un "back  to the future"
davvero notevole...

 

AREA  TEST

 

La rapida "prova su strada" è stata orientata in due direzioni: da un lato percepire le reali migliorie nella resa
ottica introdotte dal Telyt 200mm f/4 del 1959 rispetto al predecessore f/4,5 del 1935; dall'altro verificare
a campione la consistenza della qualità d'immagine nella produzione di serie Leitz, grazie alla disponibilità
simultanea di due esemplari del Telyt 200mm f/4,5 prodotti a sei anni di distanza l'uno dall'altro.

In questo caso non esiste alcuna variabile legata alla calibratura di camme, telemetri e quant'altro, dal momento
che la messa a fuoco è stata eseguita su vetro smerigliato tramite specchio reflex, e per semplificare la procedura
ed evitare ulteriori variabili legate al corretto funzionamento di fotocamere ed accessori ormai datati ho dirottato
gli obiettivi direttamente su un moderno corpo digitale full-frame, sul quale non hanno causato problemi di sorta
grazie all'abbondante spazio retrofocale (superiore ai 10cm) ed alla relativa proiezione telecentrica.

CRITERIO DELLA PROVA

La prova è orientata all'utilizzo reale e l'apparecchio utilizzato è stata una Canon EOS 5D in RAW a 100 ISO,
che genera il consueto file da 12,8 megapixel pari a 4.368 x 2.912 pixel; le riprese sono state effettuate
ad una distanza dal soggetto di circa 40m, equiparabile ad un impiego ad infinito, utilizzando un robusto cavalletto,
operando col sole alto in un giorno terso e adottando identici valori esposimetrici in tutti gli scatti; per evidenziare
eventuali blend cromatici propri alle singole ottiche il bilanciamento del bianco è stato fissato su un preset
manuale a 5.600° K e mantenuto per tutta la sessione; gli scatti sono stati eseguiti col sollevamento preliminare
dello specchio reflex seguito da autoscatto, attivando l'apparecchio col comando a distanza  Canon RS-80N3;
ogni forma di sharpening è stata esclusa da fotocamera e software, affinchè non inficiasse il rendimento, quindi
è ragionevole pensare che nell'utilizzo reale (sul digitale), dove lo sharpening è sempre presente in una certa quota,
l'impressione di nitidezza sarà leggermente superiore a quella rivelata dalle immagini campione; il files RAW sono
stati lanciati in Photoshop CS3 tramite Camera RAW 4 ed il parametri lasciati sempre sul default della EOS 5D
per non influenzare in qualche modo l'impressione di nitidezza-macrocontrasto; si tratta di un test "onesto" ma
che non rende giustizia della resa effettivamente possibile con una normale catena cinematica di "sharpening",
del resto non certo prevista all'epoca della commercializzazione di questi datati obiettivi...

PRINCIPIO INFORMATORE DELLE MIE PROVE

Elencherò a seguire i numeri di matricola degli apparecchi utilizzati, e le immagini o le conclusioni che seguiranno vanno
considerate valide solo limitatamente a questi specifici esemplari; naturalmente è ragionevole supporre che quanto segue
sia estensibile a tutta l'analoga produzione, ma non ho l'arroganza o l'ingenuità di darlo per scontato, come avviene in molte
sedi analoghe.

Telyt 20cm f/4,5     1957 : 1.501.089
Telyt 200mm f/4,5  1967 : 2.239.410
Telyt 200mm f/4,5  1973 : 2.372.272

 

MODALITA'  DI  VISUALIZZAZIONE

Ho eseguito una serie di scatti ad uno stesso soggetto, utilizzando per ciascun obiettivo le aperture f/4 (4,5) - 5,6 -
8 -11, effettuando un'accuratissima messa a fuoco ed agendo con esposizione predeterminata e coppie tempo-
diaframma equivalenti; nel file da 4.368 x 2.912 pixel così ottenuto ho scelto tre punti ricchi di dettaglio in tre zone
diverse del campo, variamente spaziate dall'asse verso i bordi, prelevando per ciascun obiettivo e per ogni
apertura di diaframma dei crops da 300x300 pixel dal file visualizzato al 100%, affiancando la stessa zona del
campo ottenuta alla stessa apertura con i tre obiettivi; aggiungo anche qualche scatto con soggetto umano a
distanza ravvicinata, per valutare la presenza complessiva e la resa dello sfondo.

 

l'immagine test con le tre zone del campo (definite A, B e C) che saranno visualizzate al 100%,
affiancando i tre obiettivi a parità di apertura e zona; queste immagini, come già accennato, non
sono state minimamente regolate in post-produzione, convertendo direttamente il RAW in Jpeg
ed azzerando la maschera di contrasto in ogni fase; se avessi lasciato lo sharpening di default
di Adobe Camera Raw (utilizzato per l'apertura dei files) avrei ottenuto un leggero incremento
di nitidezza, quantificabile come segue:

 

Simultaneamente, con una rapida post-produzione (regolazione dei livelli, un passaggio
del tool luci/ombre per abbassare le alte luci, un po' di sharpening) l'immagine finale
ottenuta dall'ibridazione di un Telyt-V 200mm f/4 chiuso ad f/8 sul sensore della EOS 5D
sarebbe decisamente più brillante e soddisfacente, come confermato da questa clip,
processata come descritto e poi ridotta:


Dal momento che era mia intenzione saggiare gli obiettivi per quello che erano, ho omesso
dal processo questo tipo di interventi.

 

 

 

 



 

 



 

 



 

 



 

Queste prove confermano il grande miglioramento nella qualità d'immagine introdotto
dal Telyt-V 200mm f/4 di Mandler, classe 1959: a piena apertura è privo della leggera
fuzziness mostrata dal vecchio f/4,5 e presenta un dettaglio visibilmente superiore, un
grande vantaggio palesato anche ad f/5,6 (dove il 200mm f/4 migliora visibilmente le
già buone prestazioni d'esordio), mentre passando ad f/8 e soprattutto f/11 (dove forse
il modello f/4,5 renda al massimo mentre il Telyt f/4 sta già perdendo per diffrazione)
le differenze fra le due versioni si riducono, ma resta sempre un margine a favore del
"tipo Mandler" nella pulizia dei dettagli risolti; valutando la resa dei due Telyt "gemelli",
va annotato che l'esemplare nero/cromato del 1967 manifesta qualche problema di
calibratura fine al preselettore del diaframma ( a parità di esposizione impostata in manuale
le sue immagini divengono un po' sottoesposte al chiudersi dell'iride), mentre la qualità
di riproduzione dei due esemplari (considerando anche la messa a fuoco manuale, sempre
critica) è perfettamente sovrapponibile, a riprova di una grande precisione nell'assemblaggio
in serie; incidentalmente, negli scatti eseguiti a tutta apertura il Telyt 20cm è stato ovviamente
utilizzato ad f/4,5 e gli altri due ad f/4.

IL 20cm f/4,5 appare dunque come un ottica di precedente generazione, dotata di un certo
flare alla massima apertura che si riduce progressivamente con la diaframmazione (ed i primi
modelli, privi di antiriflessi, avranno sofferto di un "velo" ancora più evidente), mentre il 200mm
f/4 garantisce una resa dignitosa anche a diaframma spalancato, un vantaggio certamente impagabile
con un tele già abbastanza spinto che richiede tempi di otturazione sufficientemente rapidi; devo
tuttavia convenire che questo tipo di test con ingrandimenti esasperati è eccessivamente "crudele",
e valutando le immagini a fattori più consoni all'utilizzo normale le differenze si stemperano un po',
ed anche il vetusto 20cm f/4,5 continua a fare la sua figura, considerando anche che le aberrazioni
cromatiche sono molto ben corrette per un obiettivo così datato, e non si avvertono fringings
percettibili in nessuno degli obiettivi provati.


Utilizzando il pazientissimo Pierapolo come "modello" improvvisato, ho eseguito anche alcuni scatti
a distanza sostanzialmente ravvicinata (nell'intorno dei tre metri), un tipo di ripresa certamente molto
praticata all'epoca dagli utenti dei Telyt.

 

distanza di messa a fuoco minima, diaframma spalancato: una situazione da brividi per qualsiasi
obiettivo, anche modernissimo e blasonato, figuriamoci per il Telyt da 20cm del 1935, soprattutto
tenendo conto dell'impiego "blastfemo" su un sensore digitale... Niente paura, il tele di Berek era
già un obiettivo di classe, e grazie all'antiriflessi consente una riproduzione d'impianto "moderno"
anche se non molto contrastata, caratteristica peraltro benvenuta con i soggetti umani; notate la
buona leggibilità dei dettagli e la riproduzione plastica della mano destra (oltre al... corredo del
perfetto Leicista brandito da Pierpaolo...)


Un dettaglio al 100% conferma la buona resa del dettaglio (notare la tessitura sulle dita)
e la soddisfacente correzione dell'aberrazione cromatica (i leggeri aloni rossi sulle scritte
dell'obiettivo sono dovuti anche al "blooming" del sensore sulle alte luci), considerando
sempre le condizioni di impiego (tutta apertura, messa a fuoco minima) e l'anzianità di
progetto.

 

confrontando i Telyt 20cm f/4,5 e 200mm f/4 a distanza minima e piena apertura, si può
percepire a favore del modello più moderno una nitidezza leggermente superiore e
soprattutto uno sfuocato più piacevole e meno invasivo, anche grazie alla maggiore apertura
disponibile che riduce la profondità di campo; in entrambi i casi, tuttavia, l'immagine è gradevole
ed anche se il modello f/4,5 esibisce un leggero flare le differenze pratiche non sono molto
significative.

 

Naturalmente non possiamo esimerci da riferimenti assoluti, e la ricchezza di dettagli e
profondità tonale di più recenti campioni di analoga lunghezza focale (cito in ordine sparso:
Apo-Telyt-180mm f/3,4 ed f/2,8, micro-Nikkor 200/4 AF-ED, Minolta AF 200mm f/4 macro
ED, Canon EF 180/3,5 EF-L, zoom-Nikkor 80-200/2,8 e 70-200/2,8 AF-ED, Canon EF
70-200/2,8 e 70-200/4 EF-L, minolta AF 80-200/2,8 ED, Pentax 200mm f/4 macro Star ed
80-200/2,8 Star, etc.) sono senz'altro molto superiori, ma contestualizzando i due obiettivi in
questione va dato atto che la loro qualità era senz'altro di alto livello per l'epoca, e forse soltanto
i pregiati Sonnar 180mm f/2,8 e 300mm f/4 consentivano prestazioni di questo tipo...

Infine, è stata una piacevole sorpresa anche la verificata e completa compatibilità con i moderni
sensori full-frame, che garantisce ai vecchi e gloriosi Telyt da 200mm una lunga cyber-vita futura...

(testi, foto e grafiche di Marco Cavina;
rigrazio calorosamente Pierpaolo Ghisetti
per l'appoggio logistico)


MARCOMETER



OGGI  APPAIONO  "NORMALI",  UNDERSTATED,  MA
ALL'EPOCA  GARANTIVANO  UNA  RIPRODUZIONE  IN
LINEA  CON   LE  POSSIBILITA'  DELLE  EMULSIONI 
ALLORA  DISPONIBILI  ED  OFFRIVANO  UNA  CORREZIONE
DELLE  ABERRAZIONI  DI  STAMPO  DECISAMENTE  "MODERNO",
ANCHE  SE  NEL  FRATTEMPO  I  TELEOBIETTIVI  HANNO
BENEFICIATO  DI  UNA  PODEROSA  EVOLUZIONE  ED  OGGI
CONSENTONO  RISULTATI  MOLTO  PIU'  BRILLANTI...
STORICAMENTE  SONO  MOLTO  SIGNIFICATIVI  IN  QUANTO
RAPPRESENTANO  LA  "CULLA"  DEL  SETTORE,  E  A  MIO
PARERE   MERITEREBBERO  MAGGIORE  ATTENZIONE  DA  PARTE
DEI  COLLEZIONISTI...

 




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