LEICA ELMARIT - R
19mm f/2,8 OLD TYPE (MANDLER 1975)
SU CANON EOS 5D:
COME SI COMPORTA IL FAMOSO SUPERGRANDANGOLARE
RETROFOCUS DI VECCHIA SCUOLA SUL MODERNO
SENSORE 24x36mm
ABSTRACT
In brief, I put my venerable Leitz Elmarit-R 19mm f/2,8 "Mandler
type" on a modern full-frame
digital body, checking the global output (vignetting, distorsion, resolution and
typical fingerprint)
to verify if and how an old-wave retrofocus superwide can match actual bodies:
interesting, isn't it?
02/10/2007
Parlando di supergrandangolari Leica-R, l'interesse e l'animosità di
appassionati e utenti si sono sempre
concentrati su due modelli che, pur condividendo un tipico schema retrofocus
della vecchia guardia, sono
abbastanza differenti per scelte prioritarie e filosofia di progetto, ovverosia
il Super-Angulon-R 21mm f/4
e l'Elmarit-R 19mm f/2,8; entrambi costosi (specialmente il più spinto),
vantano un pedigrèe degno delle
migliori aspettative: il Super-Angulon 21 fu uno degli ultimi progetti di Walter
Woeltche nella sua parentesi
Schneider, poco prima di entrare in carico alla Zeiss e reiterare la tradizione
di eccellenza confermata fino
ad allora dal grande Erhard Glatzel; il 19mm f/2,8 è uno degli ultimi lampi di
genio dell'altrettanto celebre
Walter Mandler, che da decenni dirigeva il dipartimento matematico di calcolo
ottico presso gli stabilimenti
Leitz di Midland (Canada), un progetto maturo che si avvale delle ultime novità
nel campo dei vetri ottici
e di tutta l'esperienza di una vita di studi; presentati rispettivamente nel
1968 e nel 1975, il 21mm f/4 ed il
19mm f/2,8 sono rimasti a listino per molti anni e l'eterna diatriba di cui
sopra ha finito per arridere al
Super-Angulon, che pur pagando uno stop intero nell'apertura massima garantiva
un'ottima correzione
della distorsione, un eccellente contrasto ed una resa ottica sufficientemente
elevata anche ai bordi; un
ulteriore atout è rappresentato da una messa a fuoco minima a partire da appena
20cm, distanza alla quale,
incredibilmente, l'elevata resa di infinito è largamente conservata; in tale
proposito, cito un aneddoto
raccontato privatamente dallo stesso Woeltche e che si riferisce alle fasi
iniziali della progettazione: dai
vertici Schneider gli fu chiesto di mantenere una resa molto buona anche a
coniugate brevi (compito
non semplice in un retrofocus di cortissima focale a schema "rigido");
dopo qualche valutazione Woeltche
rispose che se avessero accettato un'apertura massima ridotta ad f/4 egli
avrebbe garantito queste
caratteristiche; la risposta fu positiva ed il resto è storia, col
Super-Angulon sovente utilizzato anche per
riprese di modelli e plastici in scala.
Riguardo all'Elmarit-R 19mm f/2,8, oltre alle dimensioni imbarazzanti veniva
rimproverata una resa ai bordi
piuttosto debole ed una vistosa distorsione che lo rendeva poco idoneo alla foto
di architettura, uno dei suoi
target principali; inoltre la resa a distanze minime era afflitta da curvatura
di campo ed infatti il range sulla scala
era prudenzialmente limitato a 0,5 metri; descrivendo così il contesto, sicut
et simpliciter, sembrerebbe un
argomento chiuso con chiari parametri di riferimento, tuttavia la resa di
un'immagine reale vive di varie sfumature,
molte delle quali quasi ineffabili e difficilmente riconducibili a parametri
matematici o a scale di misura: a suo
tempo mi schierai controcorrente e scelsi proprio il 19mm f/2,8, imparando nel
tempo a riconoscere le sue
delicate sfumature: pur confermando le obiezioni teoriche riguardo alla
distorsione ed alla risoluzione ai bordi
(ma quale retrofocus - anche moderno - con apertura f/2,8 da quasi 100°
è brillante e privo di aberrazioni agli
angoli del formato? solo uno, credo..), occorre dire che il fingerprint
del macrocontrasto è tipicamente Leica,
davvero molto piacevole, con una resa delle varie sfumature di colore
estremamente gammata; a mio parere è
una delle ottiche dove la classica resa Leica-R è più evidente fra tutte
quelle prodotte nel tempo, e l'epiteto di "brutto
anatroccolo" frettolosamente affibbiatogli va pacatamente discusso alla
luce di tutte le caratteristiche.
il Leica Elmarit-R 19mm f/2,8, uno degli ultimi progetti di
Walter Mandler, fu lanciato nel 1975
e all'epoca stupì per l'insolita luminosità f/2,8 abbinata ad un angolo di
campo di ben 95,7° con
visione reflex, caratteristiche che comportarono ingombri insoliti, sottolineati
dall'attacco anteriore
da 82mm
Conservo questo Elmarit-R 19mm f/2,8 da molti anni; la
dotazione di serie prevede un tappo a pressione
da 88mm (codice 14221) ed un mastodontico paraluce ad innesto rapido in
materiale plastico (cod. 12529)
sagomato per minimizzare i riflessi, nonostante l'angolo di campo molto
penalizzante; questo specifico esemplare
è stato prodotto nel 1978 ed è ancora privo del promemoria relativo alla
focale, successivamente inciso in
colore giallo sul barilotto
Nonostante la presenza di un attacco filettato da 82mm,
l'utilizzo dei filtri è vietato dal costruttore
(ho effettuato vari test con filtri a filetto o Cokin-P ed il risultato è
sempre una vignettatura); nel
paraluce è presente una scanalatura che consente l'inserimento di filtri "series"
privi di filetto
Per rendere ancora più intrigante la prova, anzichè
affidarmi alla classica Velvia (sulla quale il 19mm si è sempre
comportato molto bene) ho preferito un salto cronologico e concettuale di tutto
rispetto, montando l'obiettivo
su una moderna digitale con sensore full-frame (una Canon EOS 5D), col duplice
intento di verificare la resa
dell'Elmarit e di valutare il comportamento di un retrofocus spinto della più
classica scuola su sensore 24x36mm,
con tutte le incognite del caso... Naturalmente le mie speranze di un esito
positivo per questa specie di "stupro"
concettuale si fondano su concrete caratteristiche peculiari: uno spazio
retrofocale fra l'ultima lente ed il piano-
pellicola non sfruttato al limite dell'arretramento fisicamente possibile, una
lente anteriore sovradimensionata
ed una lente posteriore di diametro parimenti molto superiore a
quella, ad esempio, del Super-Angulon 21mm
già ampiamente discusso; questi dati depongono per un accoppiamento abbastanza
favorevole, anche se
l'assenza di gruppi ottici posteriori ed antiriflessi specificamente formulati
per contenere i riflessi parassiti del
sensore ed un calcolo che non tiene minimamente conto della proiezione
telecentrica sono incognite pesanti...
il diametro dell'ultima lente è insolitamente elevato per un retrofocus spinto,
una caratteristica
teoricamente vantaggiosa per l'abbinamento al sensore, anche se il percorso e
soprattutto
l'inclinazione dei fasci luminosi periferici dipendono dallo schema ottico e non
soltanto da questo
parametro
L'abbinamento ad un voluminoso corpo macchina fornisce l'idea
delle dimensioni di questo luminoso
supergrandangolo; l'accoppiamento - vista l'anagrafe e le caratteristiche appena
descritte - è quasi
blastfemo, tuttavia questi "recuperi" di vecchie glorie sul digitale
sono il trend del momento ed anche
degli anni a venire
l'impressionante bocca da fuoco dell'Elmarit 19mm f/2,8; la
lente frontale sovradimensionata
è stata scelta per minimizzare la prevedibile vignettatura connessa ad un
supergrandangolo
di luminosità così elevata, basato su schemi retrofocus della prima ora e
privo di lenti a
lavorazione speciale
L'Elmarit-R 19mm f/2,8 fu lanciato con codice di riferimento
11225 e prodotto fra il 1975 ed l 1990; lo schema ottico è costituito
da 9 elementi in 7 gruppi, con l'adozione di vetri speciali; purtroppo il
progetto originale di Mandler non è mai stato rivelato
nè tantomeno brevettato negli USA o in Germania, quindi non ho dati esatti al
riguardo ma pare che un vetro dalle caratteristiche
molto particolari sia stato adottato nel grosso elemento cilindrico n° 5; la
scala dei diaframmi copre gli intervalli da f/2,8 ad f/16
mentre la scala di messa a fuoco è graduata fino a 0,5m ma curiosamente la sua
corsa prosegue, senza riferimenti, fino a 0,3m:
probabilmente il progettista considerò in mezzo metro la distanza minima con
un'accettabile contenimento della curvatura di campo,
garantendo comunque la possibilità di scendere ulteriormente - come si suol
dire - "a nostro rischio e pericolo"...
L'obiettivo pesa esattamente 556g (586g con i tappi 14221 e 14162), a fronte dei
dati ufficiali frettolosamente liquidati in "500g"
e voglio esprimere tutto il mio dissenso sulla qualità della plastica con cui
è ricavato il tappo anteriore (praticamente si riga
o incide ad ogni minimo contatto) e sulla finitura epossidica nera del
barilotto, anch'essa soggetta a scorticarsi con grande
facilità: considerando il feticismo che accompagna il nome Leitz ed il valore
residuo sempre legato ad eccellenti condizioni
di conservazione dei pezzi, queste caratteristiche sono penalizzanti per chi
vuole mantenere un certo "valore residuo" al suo
importante investimento; in quegli anni i brand giapponesi potevano contare su
materiali molto più moderni, considerazione
che può essere estesa anche agli smalti con cui venivano riempite le incisioni
dei dati sul barilotto, esteticamente impeccabili
e praticamente eterne nei mipponici ma più artigianali e soggette a scheggiarsi
nei Leitz... D'accordo, quello che conta è
l'immagine finale, ma visto il prezzo di listino sono pecche nient'affatto
veniali.
Lo schema quotato dell'Elmarit-R 19mm f/2,8
credits: Leica Camera
Lo schema ottico dell'Elmarit-R 19mm f/2,8 "old" è
un classico retrofocus della prima era, privo di
elementi asferici e gruppi flottanti; la struttura delle ultime tre lenti è una
specie di "firma" nei grandangolari
del Mandler maturo, presente anche nell'Elmarit-M 21/2,8 del 1980 e nei
prototipi M degli anni '60 e '70
che portarono a quest'ultimo obiettivo; apparentemente l'obiettivo non dispone
di un trattamento antiriflessi
particolarmente sofisticato, come consuetudine Leitz; i tecnici della Casa hanno
sempre precisato di adottare
i trattamenti multipli solamente negli elementi per i quali costituiscano un
reale vantaggio: ad esempio, i vetri
altamente rifrattivi richiedono trattamenti meno spinti rispetto a quelli più
convenzionali; notare l'ampio diametro
dei due elementi esterni che evidenziano un'attenzione particolare (confermata
dalla struttura dell'intero schema)
al problema della vignettatura, anche se - nonostante gli sforzi - ad f/2,8 essa
era pesantemente avvertibile anche
nell'utilizzo convenzionale su pellicola, specialmente parlando di invertibile
Una caratteristica peculiare dell'Elmarit-R 19mm f/2,8 è una
distorsione non fortissima ma caratterizzata dal più
tipico andamento "moustache", una progressione altalenante che vede le
zone centrali deformate a barilotto, una
distorsione che si azzera progredendo verso le zone periferiche e che passa poi
ad un deciso cuscinetto antagonista
ai bordi, un comportamento che rende il difetto molto visibile nei soggetti
geometrici ed anche molto difficile da
correggere via software, a meno di non creare dei fattori polinomiali di
correzione personalizzati; ecco un'immagine
ed uno schema esemplificativo del problema.
osservando l'andamento della grondaia sul bordo destro, in
realtà perfettamente rettilinea,
si può notare come l'obiettivo passi da una distorsione a barilotto nelle zone
centrali ad
una a cuscinetto in quelle periferiche, un comportamento vistoso ed abbastanza
fastidioso
uno schema fittizio che esemplifica la progressione della distorsione nell'Elmarit-R 19mm f/2,8 old
D'altro canto, l'impianto dell'immagine ed il suo rapporto fra
macro- e microcontrasto sono molto piacevoli,
con un riconoscibile fingerprint Leica R, ed anche su sensore tali
caratteristiche sono parzialmente mantenute.
un'immagine realizzata in ombra con L'elmarit-R 19mm su Canon EOS 5D ad f/8;
l'accenno di vignettatura negli angoli estremi è dovuto alla presenza
dell'ingombrante
paraluce plastico, calibrato di misura (qui visioniamo il file al 100%
della copertura
24x36, mentre sia in diapositiva che in stampa - solitamente - l'angolo estremo
resta
un po' tagliato); nella linea verticale a destra dell'affresco è possibile
notare la
distorsione "moustache", a barile al centro e poi a cuscino nelle zone
periferiche.
uno scatto ad f/8 che evidenzia il tipico impianto di
macrocontrasto che tanto apprezzo
nelle vecchie ottiche Leica-R, una resa senza dubbio di rilievo per un obiettivo
dalle
caratteristiche così estreme e così datato, a riprova che i timori paventati a
riguardo dei
sensori 24x36mm con ottiche convenzionali sono in realtà una sovrastima
da questi tre dettagli (crops al 100% del file) si può notare
come il dettaglio sia soddisfacente per buona parte
della copertura, e solo ai bordi estremi si assiste ad un brusco degrado;
l'aberrazione cromatica è corretta
abbastanza bene e si rilevano soltanto modesti fringings di colore blu acceso
negli ultimi mm di diagonale
un altro scatto colto al volo con l'Elmarit 19mm f/2,8 old su
Canon EOS 5D ad f/8 che conferma
il tipico macrocontrasto di quest'ottica; la visione su EOS 5D - anche con
diaframma stop-down -
è chiara e confortevole ma la messa a fuoco manuale con focali così corte è
quasi impossibile, al
punto che tutti questi scatti sono stati eseguiti a stima su scala metrica....
Ho effettuato prove
analoghe con la Canon EOS 1 DS Mk II ed il suo vetro smerigliato consente una
messa a fuoco
manuale molto più precisa e critica
pur con una messa a fuoco non perfetta si conferma una resa
accettabile sul campo,
e solo verso i bordi estremi la progressione delle aberrazioni è brusca ed
evidente;
in nessuno dei files riportati è stata applicata una maschera di contrasto
durante
i passaggi in Adobe Photoshop
un'altra immagine che conferma l'impianto del macrocontrasto
"old Leica R"; la vignettatura non
è stata assolutamente corretta via software e può essere considerata
accettabile vista l'estremizzazione
dell'accoppiamento obiettivo-corpo macchina, mentre la distorsione ad andamento
sinusoidale
resta ben visibile
dai dettagli al 100% di quest'immagine (anch'essa realizzata
ad f/8) otteniamo conferma dell'elevato
e caratteristico macrocontrasto di questo Elmarit 19mm (ricordo che è assente
lo sharpening), e
l'area con resa francamente insufficiente è limitata ad una zona dei
bordi tutto sommato abbastanza
ristretta (vedi crop n° 3), in cui compaiono i già citati fringings blu
di entità non rilevante
un'ulteriore immagine digitale full-frame ad f/8 ribadisce la
distorsione ad onda (ben percettibile
sul muro all'estrema destra)
il crop n° 1 conferma la corretta resa assiale, mentre i
crops n° 2 e 3 evidenziano e ribadiscono come
un degrado vistoso subentri in realtà solo verso gli angoli; i crops n° 4 e 5
(seconda fila) evidenziano
una buona tenuta in zone già piuttosto periferiche ed il n° 6 rivela il
residuo di aberrazione cromatica
nelle aree più esterne, comunque inferiore a quella di molti zoom grandangolari
attuali
uno scatto a 0,5m di distanza ad f/8, una piccola cattiveria
per capire se e quanto degradi la resa;
nonostante l'utilizzo su sensore la riproduzione dell'Elmarit è gradevole
anche in queste condizioni
anche in questo caso abbiamo il comportamento palesato ad infinito, con un
rendimento un po' più "fuzzy"
(specialmente nella zona più esterna, dove la posizione delle due calotte è
presumibilmente molto differenziata
nei piani) ed un calo fisiologico ai bordi, tuttavia considerando che
A) è un retrofocus da 95.7° del
1975
B) è un f/2,8 senza flottaggi o lenti asferiche
C) sta lavorando a 0,5m su un sensore full frame
credo che la resa sia senz'altro accettabile, ed anche la vignettatura (non
ritoccata via software) merita un plauso
VIGNETTATURA
Le immagini che seguono sono miniature della stessa
inquadratura ripresa ad f/2,8 - 4 - 5,6 - 8, al fine di monitorare
la vignettatura presente sulle immagini finali nell'abbinamento Elmarit-R 19/2,8
old + sensore Canon 24x36mm
la forte vignettatura di f/2,8 è presente anche in analogico; già ad f/5,6
l'uniformità di copertura
è accettabile e questo conferma il buon accoppiamento di questo vecchio
obiettivo al sensore full-frame
e l'eccessivo allarmismo genericamente collegato a quest'argomento; ricordo che
vignettature anche forti
possono essere agevolmente e rapidamente neutralizzate via software.
RESA AI VARI DIAFRAMMI
Ho impressionato l'immagine precedente con l'Elmarit-R 19mm f/2,8 matricola n°
2.954.515 su Canon EOS 5D in RAW
ai diaframmi f/2,8 - 4 - 5,6 - 8, senza applicare sharpening; da ciascun file
saranno prelevati tre crops a differenti altezze
sulla diagonale; i crops misurano 300x300 pixel e rappresentano visioni al 100%
del file d'origine; le quattro immagini
sono state esposte manualmente su accoppiate tempo/diaframma equipollenti e
lasciate sul default base di Adobe Camera
Raw, senza ulteriori manipolazioni riguardo a luminosità, contrasto o colore;
come al solito, considero validi questi riferimenti
limitatamente all'esemplare utilizzato per le prove.
Da queste ulteriori prove otteniamo la conferma del rendimento
noto: l'asse è sempre nitido fin dalla
piena apertura, le zone intermedie e periferiche recuperano vistosamente ad f/4,
continuando a migliorare
ad f/5,6 ed f/8 dove la resa è buona, anche se percettibilmente inferiore
all'asse, com'è logico aspettarsi;
i bordi partono molto indietro e presentano una brillanza molto bassa sia per la
vignettatura sia per un
veiling glare legato a certe aberrazioni; chiudendo il diaframma migliorano con
progressione modesta ma
continua ed avvertibile e ad f/8 sono senz'altro accettabili.
SO WHAT ?
Ribadito che provare un 19/2,8 del 1975
su sensore 24x36mm è un'azione eversiva
e sulla carta mille vote fallimentare, ho ritrovato anche in queste condizioni
la tipica
impronta di quest'obiettivo, e considerando globalmente i vari riferimenti devo
dire che
tutto sommato se l'è cavata bene; a chi obietterà che la distorsione e la resa
non esaltante
ai bordi sono realtà oggettive posso ribattere che anche i moderni zoom
super-grandangolari
che vanno per la maggiore soffrono di problemi analoghi, anche pescando fra i
più blasonati;
quello che mi lascia più soddisfatto, al di là di un Titanic riemerso dalle
acque e rimesso in
moto con mezzi moderni, è la possibilità di mantenere e replicare il suo
fingerprint, una resa
peculiare che lo caratterizza e connota inividualmente, come la voce di un
tenore passata
indenne dalle bobine di nastro magnetico al CD...
MARCOMETER
(testi, foto, attrezzature e grafica di Marco Cavina, dove non altrimenti
specificato)
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