RUSSAR - RODINA - ORTOGON:

IL  LIMITE  ANGOLARE  DEI  SUPERWIDE  ORTOSCOPICI

INCARNATO  DAI  MODELLI  AERO-FOTOGRAFICI  SOVIETICI



ABSTRACT

The practical limit in the angular field of rectilinear superwides is about 135-140°;
after the famous Hypergon, backdating to 1900, very few non-fisheye lenses reached
such spread view, and mostly was made by Russians for near-ground aerophotography


20/12/2007


Escludendo gli obiettivi fisheye a distorsione non corretta (che con rifrattori aggiuntivi simili agli
specchi di Lieberkuehn utilizzati nei microscopi arrivano anche a 300°), il limite pratico per gli
obiettivi grandangolari ortoscopici (cioè a proiezione geometricamente congruente) è di circa
135-140°, valore che sembra modesto ma che consente visuali incredibili, considerando che
la geometria delle linee rette periferiche non viene alterata (altra cosa è la prospettiva, ovviamente
dinamizzata all'esasperazione); il primo obiettivo ortoscopico a garantire ben 135° di campo fu
il celeberrimo Goerz Hypergon del 1900, un'ottica dotata di uno schema di semplicità disarmante
(le due famose falci di luna contrapposte), che pagava in cambio lo scotto di una luminosità limitata
ad f/22 (f/32 per la presa) e della rinuncia a qualsivoglia correzione dell'aberrazione sferica e cromatica
(mentre distorsione ed astigmatismo erano ben risolti), il che obbligava ad impiegare speciali emulsioni
ortocromatiche, sensibilizzate unicamente nelle frequenze più corte dello spettro; nonostante questi limiti,
per molti anni fu l'unico obiettivo a garantire questa copertura, e tuttora il primato gli viene sovente
attribuito, dal momento che anche i famosi super-grandangolari per aerofotogrammetria arrivano a circa
120°, e poco più consentono i moderni obiettivi fotografici per il 24x36 da 12mm di focale...


l'immortale schema dell'Hypergon da 135° è un inno alla semplicità; l'obiettivo
fu realizzato in sei focali comprese fra 60 e 200mm e richiedeva una messa
in opera assai complessa, a cominciare dal celebre filtro degradante concentrico
costituito da una stella metallica rotante...

 

In realtà il suo primato è stato insidiato ed anche usurpato da alcune generazioni di obiettivi
super-grandangolari simmetrici per uso aerofotografico progettate in Unione Sovietica da
celebri matematici come Roosinov e Volosov, ottiche ben corrette ma dotate di un angolo
di campo estremo e destinate a riprese a bassa quota; fin dai primi anni '30 i sovietici impostarono
un colossale programma per la progettazione e la costruzione di obiettivi destinati alla ripresa
aerea, e nel corso dei decenni furono letteralmente centinaia le realizzazioni di questo tipo...

Purtroppo questa rivoluzione silenziosa fu totalmente ignorata in Occidente per la proverbiale
chiusura e riservatezza di quel paese, che fin dagli anni '30 fu all'avanguardia nel calcolo di
obiettivi grandangolari simmetrici dedicati a questo impiego, a partire dal Lear-6 da oltre
100° del 1934 e passando per il Russar-1 del 1936, simile nella struttura e nelle caratteristiche
al coevo Topogon della Zeiss Jena; col tempo furono realizzati super-grandangolari simmetrici
destinati al formato 18x18cm dotati di angoli di campo davvero estremi, al punto che questi
modelli sono forse gli unici ad eguagliare e superare il già citato Hypergon; vediamo la "classifica":




Appare evidente che i 135° costituiscono un po' un limite fisico, oltre il quale la sezione residua
della pupilla periferica estrema diviene così esigua (anche adottando "trucchi" come il coma
pupillare o sfruttando sistemi di compensazione degradanti concentrici) da non garantire più
una sufficiente illuminazione e brillantezza in quelle zone dell'immagine; come potete vedere i
famosi 135° (più o meno) dell'Hypergon sono stati avvicinati da diverse generazioni di super-wide
sovietici, a cominciare dai celebri (nel settore) Rodina, capaci di garantire ben 140° nella
versione da 45mm e 134° o 133° nelle configurazioni da 55mm (sempre su formato 18x18cm e
luminosità massima f/8,2); questa serie di obiettivi (il cui nome, se non sbaglio, si ispira ad un celebre
gruppo socialista) dovrebbe esser figlia del celebre Volosov, ma il condizionale è d'obbligo per
la scarna disponibilità d'informazioni e per il fatto che si tratta di schemi molti simili al tipo Russar;
proprio la sterminata famiglia Russar (costituita da circa 100 modelli ed ideata dall'altrettanto
celebre matematico Michael Roosinov) presenta l'impressionante Russar-62  50mm f/9, in grado
di coprire 136° su lastra 18x18cm; altri membri dell'illustre club sono il GOI Ortogon-8  55mm f/7
da 133° su lastra 18x18cm, caratterizzato da un'ampia superficie asferica (!) nel gruppo posteriore
ed il Russar-21  da 133°, uno dei primi modelli ideati da Roosinov nell'immediato dopoguerra e
che paga lo scotto dell'anzianità con una luminosità massima limitata ad f/18; ecco gli schemi ottici
di questi modelli, da me disegnati appositamente e per la prima volta disponibili in forma "nitida";
è purtroppo assente il Rodina-2B da 45mm per 140°, dal momento che il suo schema è davvero
irreperibile.

 



Il Russar-62  50mm f/9 per 136° su lastra 18x18cm è uno dei progetti
più complessi e riusciti del celebre Roosinov; il governo era pienamente
conscio del potenziali strategico di queste realizzazioni ed infatti Roosinov
nella sua carriera potè contare su appoggi politici ed economici di grande
portata che gli permisero di realizzare simili gioielli; si noti il vetro piano-parallelo
per spianare ed adattare perfettamente la grande lastra al piano focale, una
caratteristica ricorrente in molti analoghi progetti di questo grande matematico

 

la serie Rodina garantisce coperture analoghe ed una luminosità leggermente
superiore; anche questi modelli sono destinati a lastre aerofotografiche da
18x18cm e lo schema ottico richiama molto il tipico Russar di Roosinov
(anche se la paternità della serie è attribuita a Volosov), con l'aggiunta di
due vetri piano-paralleli; purtroppo lo schema del Rodina-2B nella versione
da 45mm f/8,2 per 140° non è rintracciabile

 


Nella famiglia Ortogon, nata dalla costola di un Biogon di Bertele da 120° mai prodotto
in serie, il modello più performante è l'Ortogon-8 da 55mm f/7, che su lastra 18x18cm
copriva 133°. Mentre l'Ortogon-1 (già discusso in altra sede) si distingueva per la terza
lente anteriore in fluoruro di Litio (imitando l'originale Biogon da 120°), l'Ortogon-8 da
133° dispone di una lente asferica sulla faccia posteriore dell'ultimo, grande menisco dello
schema ottico, in prossimità del vetro piano-parallelo, il cui offset fluttua nell'ambito di circa
20 micron; considerando le dimensioni della lente (circa 10-12cm) si tratta di un vero exploit,
tenendo conto che parliamo di un obiettivo con vari lustri sulle spalle.

 


Nel club dei superdotati entra di diritto anche uno dei primi Russar "spinti" progettati
da Roosinov, il Russar-21 calcolato nell'immediato dopoguerra, un'ottica storica perchè
nel suo schema furono adottati per la prima volta i principi di Slussarev per l'introduzione
del coma pupillare alla periferia, uno stratagemma che migliorava l'illuminazione periferica
al punto da consentire grandi angoli di campo (133° in questo caso) senza adottare filtri
degradanti di compensazione; naturalmente raggiungere una simile copertura in quegli anni (1946)
richiese lo scotto di un'apertura limitata ad f/18, mentre il coevo Russar-22 da 122° (appena
11° in meno) arrivava ad f/8, quasi due stop in più...

 

Ignoro le ragioni per cui i matematici sovietici si siano prodotti in un simile sforzo ideale, affrontando
all'arma bianca tutte le più feroci aberrazioni ottiche, per ampliare l'angolo di campo dei loro wide
aerofotografici dai classici 118°-120° dei più famosi modelli affermati in Occidente fino a 133°,136°
ed anche 140°; la ragione più ovvia potrebbe essere la riduzione della quota di volo per minimizzare
la foschia atmosferica, ma non basta a giustificare l'impegno supplementare (e asintotico), perchè
A) di norma si lavora con filtri rosso scuro o addirittura in infrarosso, e tanti saluti alla foschia  B) come
avrà notato chi ha esperienza di volo amatoriale a bassa quota, la foschia stessa ristagna quasi interamente
in un ben determinato spessore d'aria contro il suolo, al di sopra del quale una maggiore o minore distanza
da terra non varia percettibilmente la sensazione di pulizia atmosferica.... Probabilmente le ragioni ultime
di questa prova di forza non le sapremo mai, ma restano questi pezzi di bravura che hanno scritto una
pagina nella storia dell'ottica, sia pure conservata al chiuso e lontano da occhi indiscreti, almeno finora...





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