IL PROGETTO
DEL 1957 PER UNA ROLLEI REFLEX
6x6 MONOBIETTIVO CON SPECCHIO PIEGHEVOLE
SU PIVOT PER UTILIZZARE GLI OBIETTIVI ZEISS
NON RETROFOCUS PROGETTATI PER LE BIOTTICHE
ABSTRACT
In the mid of the fifties Herr Heidecke clearly understood that the new 6x6 SLR
with interchangable
lenses from Goteborg would have been in short a bestseller, and while
entertaining a friendly relationship
with his friend Victor Hasselblad, Reinhold Heidecke secretly planned a new
Rolleiflex SLR, closely
matching Hassie's shapes and concepts; the principal problem was the forniture
of lenses: maybe Victor
Hasselblad had a temporary exclusive for the in short available Planar 80mm
f/2,8 retrofocus, and at
Rollei a gifted guy projected a pivoted reflex mirror in two pieces, able to
collapse down and fold like
a book, allowing in use the former Planar from Rolleiflex TLR, an excellent lens
with a shorter back-focus
for any other SLR camera but this.... In 1957 the project was running, but
during one of their frequent
meetings Victor Hasselblad and Reinhold Heidecke embraced the solomonic decision
to avoid direct competition,
and the cute project for the compact 6x6 SLR able to join non-retrofocus
lenses became a dust-keeper...
Nine years after this tell the famed Rolleiflex SL-66 was delivered (with
the finally available-for-all Planar
80mm f/2,8 retrofocus), but the pivot-mounted and collapsible mirror rested in
minds, forever.
06/10/2007
Questa storiella è gradevole perchè mescola tecnica, storia, politica
aziendale e relazioni personali, un
gustoso cocktail che vede protagonisti i nocchieri di due fra le più grandi e
celebrate case costruttrici di
apparecchi fotografici a formato 6x6cm, cioè Reinhold Heidecke, l'ingegnere
co-fondatore della Franke
und Heidecke e padre della Rolleiflex TLR, e Victor Hasselblad, personaggio che
non richiede presentazioni.
Fin dal suo esordio a fine anni '20, la Rollefilex fu un
instant classic, con le sue magnifiche e voluttuose linee
ricche di dettagli art-decò e la sua micidiale efficacia operativa che
garantiva risultati incredibili se confrontati
con la "portabilità" dell'apparecchio; a metà anni '50 la Franke und
Heidecke di Braunschweig dominava letteralmente
il mercato, e all'epoca erano già disponibili modelli equipaggiati col
nuovissimo ed eccellente Planar 80mm f/2,8 a
cinque lenti, gioielli come la 2,8 C che erano ormai all'apice di una lunga
parabola evolutiva, praticamente perfetti
nel loro genere, al punto che le miriadi di imitazioni seguivano pedissequamente
non soltanto le impostazioni
tecniche di base ma anche i caratteristici stilemi estetici, ormai radicati a
tal punto da fare della Rolleiflex
un'icona nel costume del tempo.
In questo contesto, i primi, timidi tentativi di quello
sconosciuto imprenditore svedese per ritagliarsi un posto al
sole nel settore furono visti dalla Rollei con la simpatia solitamente connessa
ai goffi movimenti di un neonato:
forti della loro posizione commerciale e della loro salda reputazione, i manager
di Brauschweig non videro
inizialmente Victor Hasselblad come un pericolo per l'azienda ma soltanto come
un nuovo socio del club, molto
simpatico e socievole, per giunta; dopo i primi approcci alle fiere del settore,
Victor Hasselblad e Reinhold
Heidecke divennero pure buoni amici.... A metà anni '50 i rapporti erano così
cordiali che l'ormai anziano e
corpulento Herr Heidecke era solito far visita agli Hasselblad (Erna e Victor)
nella loro magnifica dependance
di campagna, sull'isola di Rao, nella Svezia meridionale, un quadro idilliaco
che tuttavia già cela sotto la quiete
apparente una tensione ideale: l'ingegner Heidecke, grande progettista formato
in Zeiss, aveva già capito che
quell'Hasselblad 1000 F prodotta dall'amico rappresentava la nuova specie che
superava d'un balzo tutti i limiti
intrinsechi della sua creatura a due occhi: l'intercambiabilità delle ottiche e
dei magazzini, con l'aggravante
che anche i suoi obiettivi erano firmati Zeiss, e la qualità complessiva,
grazie a tolleranze produttive da orologeria,
permetteva immagini all'altezza delle Rollei TLR, uno standard applicabile a
qualsiasi genere fotografico grazie
al sistema di ottiche ed accessori in continuo divenire.
L'immagine che segue è muta testimone di questi sentimenti contrastanti:
è il 1955, e Reinhold Heidecke, in visita
a Rao, fotografa Victor Hasselblad e viene a sua volta immortalato, una scena
apparentemente idilliaca, ma col
senno di poi i suoi pensieri volavano lontano...
Rao, 1955: Heidecke ed Hasselblad si immortalano a vicenda, ma
dietro l'apparente cordialità
dei rapporti personali, a Braunschweig le caratteristiche ed il potenziale di
quella 1000 F
con ottiche Zeiss cominciavano a muovere le acque...
Naturalmente, col senno di poi, i timori di Herr Heidecke
erano quanto mai fondati, anche perchè un team di
meccanici dell'Hasselblad stava collaborando con la Deckel di Monaco per
adattare l'otturatore Syncro-Compur
(lo stesso delle Rolleiflex!) a ciascuno dei futuri obiettivi montati dalla
svedese, il che avrebbe garantito la sincronizzazione
totale del flash su tutti i tempi di posa, punto di forza delle Rollei TLR;
inoltre, alla Zeiss stavano finendo di progettare
quello che sarebbe diventato il normale 6x6 retrofocus più famoso del mondo, il
Planar 80mm f/2,8 a sette lenti, già
destinato alla creatura di Victor Hasselblad: insomma, l'imprenditore svedese
stava per fare un autentico, ulteriore
salto di qualità che avrebbe eroso in modo drastico le quote di mercato della
Rolleiflex, apparecchio perfetto ma
ormai arrivato alla ridondanza ciclica, prigioniero dei suoi stessi limiti
concettuali; Heidecke, con pragmatismo teutonico,
non era certo rimasto a dormire sugli allori...
Infatti, mentre era in atto la gustosa scenetta illustrata
nella foto, a Brauschweig l'ingegnere Richard Weiss era già al
lavoro per progettare in gran segreto la risposta della Rollei, una reflex
monobiettivo con ottiche e magazzini intercambiabili
che replicava senza tanto pudore le caratteristiche del cubo Hasselblad...
Richard Weiss, da tempo in carico alla Franke
und Heidecke Fabrik Photographischer Prazision-Apparate, era un progettista
esperto che nel corso della vita firmò il
progetto della custodia Rolleimarin, del famoso proiettore P11 e di molti
dettagli della TLR, dall'esposimetro al famoso
telemetro accessorio esterno ai sistemi di accoppiamento tempi-diaframmi-EV; nel
progetto Rollei era già presente
l'otturatore centrale, in anticipo sulle evoluzioni della casa svedese.
Naturalmente il know-how della Casa era impressionante, ed il
progetto di un nuovo, sofisticato apparecchio sarebbe
stata pura routine, ma il vero scoglio era rappresentato dagli obiettivi:
nonostante il fatto che la partnership fra Rollei
e Zeiss fosse consolidata da decenni, il Planar 80mm f/2,8 retrofocus in
fase di definizione era stato promesso
ad Hasselblad, che a sua volta in gioventù aveva sostenuto stages lavorativi
alla Zeiss Jena ed era ancora ben
ammanigliato; inoltre, Herr Heidecke era un personaggio molto conservatore, che
amava la perfezione, e quando
in azienda doveva adottare qualcosa di nuovo e non perfettamente
"assimilato" ci andava con i piedi di piombo:
in particolare, egli apprezzava molto la resa ottica del luminoso Planar 80mm
f/2,8 a cinque lenti che da alcuni anni
costituiva la dotazione di punta della gamma Rolleiflex TLR, ed avrebbe voluto
"riciclarlo" anche sulla SLR.
Le ragioni del cuore e quelle della tecnica convolarono a
nozze grazie al colpo di genio di Weiss, il quale ideò un
corpo macchina dotato di uno specchio reflex diviso in due pezzi, montati su
pivot alle due estremità del mirabox;
questo dispositivo, durante l'azionamento, collassava su se stesso verso il
basso e si ripiegava a metà, come un libro,
senza richiedere il ribaltamento verso l'alto che obbliga ad un esteso spazio
retrofocale: in questo modo la lente
posteriore dell'obiettivo poteva avvicinarsi molto allo specchio stesso,
consentendo di utilizzare con la nuova
montatura intercambiabile anche il nocciolo ottico degli obiettivi da ripresa
delle Rolleiflex TLR, caratterizzati da
un progetto "normale" e dotati di spazio retrofocale ridotto!
Il Planar 80mm f/2,8 a cinque lenti non retrofocus (in
dotazione alle Rolleiflex 2,8 C dal 1954) ed il Planar 80mm f/2,8
a sette lenti (all'esordio sull'Hasselblad nel 1957): due diversi modi di
interpretare la focale 80mm da parte di Zeiss, entrambi
molto quotati: fu anche l'apprezzamento per le sue qualità a vincolare il
progetto della prima Rollei SLR all'uso di quest'ottica
con spazio retrofocale così ridotto...
ripropongo questo confronto, che conferma come - sia pure con
filosofie ed ottimizzazioni diverse -
entrambi questi Planar siano ottimi obiettivi; inoltre - vox populi - lo
sfuocato del cinque lenti Rollei
sarebbe più progressivo e piacevole rispetto alla versione Hasselblad
lo schema ricavato dal progetto originale di Weiss che mostra
la prima Rollei monoreflex in sezione; si può
notare l'adozione del classico Planar 80/2,8 derivato dalle TLR col suo ridotto
spazio retrofocale, che ha
portato ad un corpo macchina estremamente compatto; appare evidente fin dalla
prima occhiata che lo
specchio reflex non potrebbe muoversi su un percorso convenzionale, ed infatti
è diviso in due parti (17 e 17')
unite al centro da una cerniera (20) e montato su un sistema di pivot (22) che
ruotano su un percorso
semi-circolare; durante l'azionamento, i biellismi dello specchio lo fanno
scendere verso il basso e
simultaneamente lo piegano in due parti su se stesso, come le pagine di un
libro, portandolo in
posizione collassata fino alla sua sede, dove non interferisce col percorso
ottico durante l'esposizione.
Altre caratteristiche qualificanti del corpo macchina sono il classico mirino a
pozzetto (nel progetto viene
indicato come modello preferenziale lo stesso identico tipo montato sulle TLR
del periodo) ed il magazzino
porta-pellicola intercambiabile, concepito sulla falsa riga di quelli Hasselblad
ma già dotato di saracinesca
paraluce incorporata per lo smontaggio, caratteristica propria dei futuri corpi
Rolleiflex SLR e sempre
invidiata dagli utenti Hasselblad per la sua praticità.
Naturalmente, con questa configurazione, la luce parassita che entra dal
pozzetto non viene più schermata
dallo specchio sollevato, e per evitare che impressioni la pellicola durante
l'esposizione si rende necessaria
l'adozione di una saracinesca supplementare; analizzando il progetto, in realtà
è proprio questo dettaglio
ad apparire inutilmente complesso e a fornire poche garanzie di funzionamento
perfetto nel tempo...
Una tendina semi-rigida (15) scorre nel corpo macchina su guide, passando dalle
sedi (14) e (13); questa
tendina passa sul piano focale, sul quale è mantenuta livellata dai rulli (12),
ed è dotata sulla sua lunghezza
di due finestre 6x6cm in punti strategici; durante la messa a fuoco l'otturatore
dell'obiettivo è aperto e questa
tendina funge da protezione per il film inesposto, mentre una delle sue finestre
6x6 si trova sotto il vetro di
messa a fuoco, consentendo la visione dell'inquadratura nel pozzetto; la parte
eccedente della tendina si trova
arricciata nella sede 14; durante lo scatto i meccanismi che collassano lo
specchio trascinano verso l'alto la
tendina, che scorre sui rulli e nelle guide: la parte eccedente che prima si
trovava in (14) si svolge, mentre
dall'altra parte la porzione aggiunta dalla corsa effettuata va a riposo nella
sede (13), identica e speculare a
quella inferiore (14): in questo modo la finestra 6x6 che era davanti al vetro
smerigliato viene sostituita da
una porzione di tendina intera, mentre la seconda fessura (che prima era sotto
il piano focale, a riposo il 14)
si posiziona davanti al piano focale, consentendo di esporre la pellicola; dopo
lo scatto, riarmando l'otturatore,
la tendina torna alla posizione di partenza, facendo scivolare in (14) la
porzione eccedente, coprendo nuovamente
il materiale sensibile che si trova dietro il piano focale e posizionando la
finestra superiore davanti al vetro
smerigliato, consentendo di inquadrare nuovamente: solo a questo punto
l'otturatore si riapre.
Effettivamente si tratta di una soluzione ingenua e
macchinosa, che stona un po' al fianco di quel geniale specchio
su pivot...
in questo dettaglio è visualizzato lo specchio a metà della
sua corsa, con le due porzioni già parzialmente
collassate su se stesse, un sistema che non interferisce con l'obiettivo
nonostante quest'ultimo sia
davvero molto arretrato...
la lunga tendina che scorre nel corpo macchina con le due
finestre che - alternativamente - fanno
passare la luce verso il mirino o verso il materiale sensibile
in questo schema è visualizzato il funzionamento della
tendina nelle due fasi della ripresa; stupisce in fatto
che la porzione supplementare (di volta in volta posizionata in alto o in basso)
venga semplicemente ripiegata
su se stessa in una specie di camera...non sarebbe stato più logico avvolgerla
su assi tenditori, come un comune
otturatore sul piano focale in stoffa?
Questo progetto, avviato nel 1955, fu completato da Richard Weiss nel 1957,
giusto in tempo per contrastare il lancio
della futura star nel settore, l'Hasselblad 500C con Zeiss Planar 80mm f/2,8
dotato di otturatore centrale, che avrebbe
furoreggiato per tutti gli anni '60; se parliamo al condizionale è solo perchè
il fattore umano si è interposto ancora una
volta: proprio nel 1957, per ragioni che purtroppo ignoro, Reinhold Heidecke e
Victor Hasselblad si strinsero la mano
da vecchi amici, e decisero che non sarebbero entrati in competizione diretta,
spartendosi il mondo del 6x6 a metà:
biottiche per Rollei e monoreflex per Hasselblad....
Detto fatto, questo interessante progetto finì in naftalina e
dovemmo aspettare altri nove anni, fino alla Photokina 1966,
perchè la Rollei presentasse una risposta seria e concreta allo strapotere
Hasselblad: era nata la mitica SL66, ma adottava
anch'essa il Planar 80mm f/2,8 retrofocus a sette lenti, finalmente svincolato
da opzioni prioritarie, e di questo mitico
specchio collassabile che permetteva l'uso degli obiettivi non retrofocus non si
seppe più nulla.
La Rollei commise senz'altro un errore di valutazione quando
rinunciò a competere nel settore monoreflex, a maggior
ragione se consideriamo che questo ingegnoso progetto era compiuto; gli esperti
dietrologi sostengono che Heidecke
fu ingannato dal grande successo che le sue TLR stavano ancora incontrando in
quell'ultimo scampolo degli anni '50,
ma la verità forse non al sapremo mai, ed in fondo un po' di mistero non
guasta.
Al termine di questa storia voglio almeno immaginare come si
sarebbe chiamata questa monoreflex 6x6 che
condivideva il Planar con le sorelle occhialute: vogliamo dire Rolleiflex 2,8 R
?
Ciao amici.
MARCOMETRO
UNA REFLEX CHE NON DEVE SOTTOSTARE AI
DIKTAT DELL'INGOMBRO RETROFOCALE
E' UN PRINCIPIO INFORMATORE CHE SOTTENDE
GRANDI POTENZIALITA', ANCHE SE
SOSPETTO CHE LA TENDINA MOBILE AVREBBE
PORTATO NEL TEMPO AD UNA CAPORETTO
DI PROBLEMATICHE IN STILE CONTAX PREBELLICA,
O FORSE NO, VISTO IL BLASONE
IN GIOCO?
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