I GRANDANGOLARI PER MAMIYA PRESS 23
6X9cm:
IL VANTAGGIO DEL TIRAGGIO CORTO
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Le fotocamere tipo "Press"
uniscono un grande formato di ripresa ad una notevole rapidità operativa,
sovente
messa in atto a mano libera nonostante i "fazzoletti" da
impressionare; l'archetipo e l'icona della fotocamera
"Press" è stata senz'altro la celeberrima Speed-Graphic, che in mano
la mitico Artur Felling, in arte Weegee,
ha consegnato agli archivi commoventi pagine di storia e cronaca, mondana o nera
che fosse, cogliendo sovente
l'attimo magico nonostante l'utilizzo di lastre piane 4x5" su chassis: il
mirino sportivo, il potente flash a lampadine
che si occupava dell'esposizione e l'obiettivo di focale leggermente corta,
definito anch'esso "Press", che aiutava
un po' con la profondità di campo nei momenti concitati, erano gli assi
ella manica di questo tipo di apparecchi.
Negli anni '50 la Linhof realizzò una nuova generazione di pregevoli apparecchi
Press, adottando anche il formato
6x9cm che aumentava decisamente le potenzialità operative, grazie agli 8
fotogrammi consecutivi garantiti da un
magazzino caricato a rullo 120, decisamente più pratico da trattare anche in
sede di sviluppo; le Linhof press-Technika
incontrarono i favori degli utenti grazie all'eccellente resa ottica dei nuovi
obiettivi Schneider e Zeiss, che in sinergia
con la sostanziale brandeggiabilità dell'apparecchio garantiva immagini di
impeccabile qualità professionale anche
in quelle situazioni "da paparazzo" dove non c'era tempo e modo per
piazzare il banco.
Nel 1960 la giapponese Mamiya mise a frutto le esperienze di questi illustri
colleghi presentando la sua interpretazione
di Press camera sotto le spoglie del nuovo modello Press 23, dove ovviamente (ma
non troppo) la sigla numerica si
riferisce al formato di negativo espresso in pollici, ovvero 2 1/2"
x 3 1/2", pari al classico 6x9cm; Mamiya
avrebbe
espresso nel tempo una notevole vivacità e maturità tecnica nel settore delle
medio formato professionali, lanciando
in sequenza una pregevole serie di biottiche 6x6 ad obiettivo intercambiabile,
la reflex 6x7cm RB nel 1970, la serie 645
con formato 6x4,5cm a partire dal 1975 fino alle attuali telemetro Mamiya 6 e
Mamiya 7; tuttavia già quest'opera prima
nasceva con le stimmate della qualità ottica e meccanica e le carte in regola
per affermarsi sul mercato: Mamiya infatti
aveva fatto tesoro dei punti di forza e delle idiosincrasie della concorrenza, e
la Press 23 è un po' il sunto di quanto
decenni di evoluzione, sperimentazione e consigli dell'utenza avevano suggerito;
uno dei punti di forza della Press 23
consisteva nella messa a fuoco tramite elicoide filettato sull'obiettivo, che
abbandonava con decisione i soffietti utilizzati
in precedenza, un autentico punto debole soggetto nel tempo a fessurazioni,
mentre l'accoppiamento al telemetro in
stile Leica M consentiva una rapida messa a fuoco senza la necessità di
ricorrere al vetro smerigliato; proprio l'assenza
di specchio reflex è alla base dei due più significativi atout della Mamiya
6x9: da un lato l'unica massa in movimento
durante l'esposizione è rappresentata dall'otturatore centrale (presente in
ogni obiettivo), che permette al massiccio
apparecchio di grande formato margini inaspettati nell'uso a mano libera;
dall'altro l'assenza del voluminoso specchio
reflex ha consentito di realizzare un corpo molto semplice (in pratica è un
distanziale calibrato e poco più), caratterizzato
da un tiraggio molto ridotto.
Proprio quest'ultima caratteristica è stata una vera manna per i progettisti
dei pregiati obiettivi Sekor che l'accompagnano:
tutti i suoi grandangolari, infatti, sono a schema simmetrico e ricalcano nomi
leggendari dell'ottica come Biogon, Topogon,
Super-Angulon, e nonostante la progettazione datata garantiscono risultati molto
brillanti, fatta la tara ad una certa
vignettatura legata all'ineluttabile legge del cos4
di Lambert; curiosamente, nelle uniche due biottiche dotate di obiettivo
grandangolare (la Rolleiflex wide con Distagon 55mm f/4 e la Mamiya C330
equipaggiata con la piastra Sekor 55mm f/4,5)
si è fatto ricorso invece ad uno schema retrofocus, certamente più penalizzato
in quegli anni dal punto di vista ottico,
nonostante anch'esse fossero prive di specchio dietro l'ottica di ripresa ed
avessero l'ingombro retrofocale libero; come mai?
Ritengo che il problema fosse legato alla necessità di allineamento con
l'obiettivo di visione, a sua volta vincolato ad uno
schema retrofocus dall'ingombro dello specchio reflex del mirino: l'adozione di
uno schema simmetrico avrebbe richiesto
un posizionamento del gruppo ottico/otturatore talmente arretrato da comportare,
oltre ad ovvi problemi meccanici, anche
una vignettatura causata dal complesso meccanico dell'obiettivo di visione, che
come detto deve rimanere più sporgente a
causa dello specchio reflex cui è anteposto; viceversa la Mamiya Press 23 6x9,
non soltanto può contare su un formato
maggiore ma soprattutto, grazie al telemetro a camma, su obiettivi grandangolari
simmetrici, decisamente corretti.
Il corto tiraggio della Mamiya Press 23, evidenziato dalla grafica, consente di
montare
una focale da 65mm (76° di copertura, analogo ad un 28mm nel 24x36) mantenendo
ancora uno schema perfettamente simmetrico di tipo Zeiss Topogon, ed anche il
grandangolare estremo da 50mm (che copre quasi 90°, come un 21mm nel formato
Leica)
si basa su uno schema quasi simmetrico, di derivazione Zeiss Biogon
uno specchio riassuntivo con i grandangolari per Mamiya Press 23 - Universal:
grazie al tiraggio ridotto gli schemi sono
sostanzialmente simmetrici ed ispirati direttamente a monumenti dell'ottica
Zeiss e Schneider
viceversa, nelle biottiche l'obiettivo da ripresa viene collocato sullo stesso
piano di quello da visione (molto avanzato a causa dello specchio fisso),
obbligando i progettisti a ricorrere ad uno schema retrofocus anche per
l'obiettivo inferiore, nonostante l'assenza di ingombri retrofocali;
probabilmente
uno schema simmetrico porterebbe ad un tale arretramento del nocciolo
ottico da riscontrare una inaccettabile vignettatura indotta dal castelletto
meccanico dell'obiettivo da visione, non arretrabile
a riprova di quanto sopra, il grandangolare 55mm f/4,5, intercambiabile su
piastra,
destinato alla biottica Mamiya C330 presenta uno schema tipicamente retrofocus;
analoga struttura anche per il Distagon 55mm f/4 della rara Rolleiflex TLR wide
il 65mm f/6,3 della Mamiya Press 23 6x9cm, nonostante la corta focale e l'angolo
di campo pari a 76°, presenta uno schema ottico assolutamente simmetrico; il
diaframma vistosamente chiuso già alla piena apertura f/6,3 tradisce un
diametro
sovradimensionato delle lenti per minimizzare la vignettatura
Lo schema tratto dal progetto originale di Robert Richter (per la Carl Zeiss
Jena) relativo
all'obiettivo Topogon; curiosamente, questa priva versione di inizio anni '30
presenta
focale e luminosità quasi omologhe al Sekor appena citato: 66mm f/6,3; l'angolo
di campo
di ben 100° evidenzia comunque la destinazione ad un formato superiore al
6x9
(quest'obiettivo, tristemente, è stato utilizzato su vasta scala dalla
Luftwaffen nazista
per esigenze di foto-ricognizione aerea a bassa quota); la scelta di Mamiya di
limitare
l'angolo di campo del suo 65mm f/6,3 ad appena 76° è coerente con le
necessità del
normale utilizzo pratico: il Topogon originale da 100° presentava una tale
vignettatura
da rendere indispensabile un filtro degradante neutro, procedura poco pratica in
un
apparecchio che si propone per un utilizzo a mano libera (l'assorbimento del
filtro ND
avrebbe portato ad un'apertura d'esordio inaccettabile, presumibilmente f/16);
la scelta
di realizzare lenti dal diametro sovradimensionato, e di ottenere l'apertura
f/6,3 con una
visibile diaframmazione fissa iniziale, è un'altra soluzione atta a minimizzare
l'unica pecca
di questo straordinario tipo ottico
IL MARCOMETRO
UNA SERIE DI GRANDANGOLARI DAVVERO
INTERESSANTI E VALIDI
DAL PUNTO DI VISTA OTTICO, SU UN APPARECCHIO
AGILE CHE NE
FA STRUMENTI IDEALI NEL PAESAGGIO E NEL
REPORTAGE; VALUE
FOR MONEY INDISCUTIBILE.
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