LO  SCRIPTORIUM  DI  PIERPAOLO  GHISETTI

ARTICOLO  n°  1

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Dr.  PAUL  WOLFF  -  PIONIERE  DELLA  FOTOGRAFIA  LEICA

 

Pierpaolo Ghisetti

(20/03/2009)

La comparsa della fotocamera Leica, nel 1925, e il suo immediato successo, fece
riflettere anche molti professionisti, che sino allora avevano lavorato con fotocamere
di grande e medio formato. Di fronte ad uno scetticismo generalizzato per un
negativo così piccolo, secondo molti impossibile da ingrandire se non per stampe
amatoriali, alcuni professionisti invece compresero rapidamente i vantaggi che il
nuovo sistema poteva donare, e s’impadronirono rapidamente della nuova tecnica,
che negli anni Venti appariva non solo innovativa ma addirittura rivoluzionaria.
Uno di questi professionisti fu il Dott. Paul Wolff.

Autoritratto di Paul Wolff


Relativamente poco conosciuto fuori dalla Germania, Wolff fu in realtà colui che,
attraverso un numero impressionante di libri e di pubblicazioni, quasi un centinaio,
contribuì forse più di tanti grandi nomi a lanciare il marchio e il sistema Leica nel
mondo, con una serie d’immagini composte con uno stile sempre equilibrato e pittorico.
Tutto questo lavoro fu pienamente riconosciuto dalla Leitz, che gli donò la
fotocamera modello IIIa n° 200.000, a conferma della propria gratitudine.
La scarsa notorietà di Wolff fuori dalla cultura tedesca si deve probabilmente e
incongruemente proprio al suo grande successo negli anni Tenta nella Germania
nazista ed alla sua posizione di fotografo vezzeggiato dal regime, grazie alle sue
indubbie qualità.


Telyt da 20cm montato su Leica grazie al tubo TZOON
con mirino dedicato SFTOO


Wolff era nato nel 1887 a Mulhausen, in Alsazia, e aveva studiato medicina a
Strasburgo. Dopo la Prima Guerra Mondiale l’Alsazia passò alla Francia e pertanto
Wolff si trasferì a Francoforte, dove iniziò a tessere rapporti con la grande casa
editrice Umschau. Dopo aver lavorato come fotografo vedutista riprendendo le
principali città tedesche con fotocamere di grande formato, sembra abbia conosciuto
nei primissimi anni Venti Oskar Barnack, l’inventore della Leica. Che questo
incontro sia verità storica o leggenda creata a posteriori, non si sa con certezza, ma fu
con il libro ‘Meine Erfarhungen mit die Leica’ (tradotto in italiano con : Le mie
impressioni con la Leica) del 1934 che Wolff assunse a notorietà in tutto il paese,
mostrando con una serie di eccellenti foto in bianconero le straordinarie possibilità di
una fotocamera dotata di pellicola 35mm.


Telyt da 20cm completo di paraluce con cassetta reflex PLOOT



Nel 1936 il suo libro sulle Olimpiadi lo consacrò definitivamente come fotografo
Leica, lanciandolo nell’empireo fotografico grazie ad una serie d’immagini mai viste in
precedenza, con atleti ripresi nel loro movimento, spettatori colti in diversi
atteggiamenti, retroscena di vita sportiva vissuta. Egli stesso rivelò che per coprire
l’avvenimento olimpico si servì di ben tre apparecchi Leica, ognuno dotato di
un’ottica diversa, fatto nuovo e inaudito per l’epoca ma punto di partenza operativo
per il fotogiornalismo moderno.


Elmar 3,5cm f/3,5 completo di mirino VIDOM su LEica IIIa


Una mostra fotografica itinerante intitolata ‘I miei primi dieci anni con la Leica’
riscosse un successo enorme in tutta la Germania, creando una vera voglia di Leica in
tutto il paese. Il libro seguente ‘Skicamerad Toni’ mostrava per la prima volta una
serie di immagini invernali dedicate allo sci come arte in movimento, in un
bianconero superbo, dalle forti valenze grafiche. Era evidente l’uso dell’apparecchio
di piccolo formato per trovare ‘locations’ montane non facilmente accessibili e punti
di ripresa innovativi. Inoltre queste riprese sfruttavano pienamente in nuovo
otturatore della Leica IIIa, dotata del tempo massimo di 1/1000 di secondo.


Immagine di montagna realizzata col diaframma chiuso ad f/18
per ottenere un'elevata profondità di campo


I titoli dei libri si succedettero ininterrottamente sino al 1940, per poi riprendere più
lentamente alla fine della guerra, poiché Wolff morì poi nell’Aprile del 1951. Questi
riguardavano viaggi in paesi come USA, Grecia e Italia, foto industriali e
commerciali, ritratti e anche macrofotografie. Naturalmente in quei tempi il fotografo
sviluppava e stampava da sè i propri negativi, e la Leitz si appoggiò a Wolff per
propagandare gli elementi da camera oscura, dal famoso ingranditore VALOY, punto
di partenza della stampa, a tutta una serie di accessori che progressivamente
formarono l’enorme e sconfinato sistema Leica. Il suo ultimo libro, del 1951, è
dedicato alle sue esperienze con la Leica e la pellicola a colori, ‘Meine
Erfarhungen….Farbig!’.




La combinazione preferita da Wolff: Leica IIIa con Elmar 5cm f/3,5 completo di
paraluce FIKUS e mirino multifocale VIDOM


Il vero merito storico di Paul Wolff è non solo di aver traghettato la fotografia da
statica in dinamica, sia che si trattasse di reportage geografico, di montagna, sport o
foto commerciale. ma di averla divulgata attraverso immagini accattivanti e di
straordinaria varietà visiva, sino a renderla facile e popolare.
E tutto questo grazie a Leica.

 



Stessa configurazione dell'immagine precedente su una delle macro di Wolff,
solitamente confezionate con un Elmar 9cm dotato di accessori specifici


L’attrezzatura

Paul Wolff  lavorava principalmente con una Leica modello III o IIIa (quella donata
dalla Leitz), dotata di obiettivi Elmar 5cm f/3,5, Elmar 3,5cm f/3,5, Elmar 9cm f/4 e
Telyt 20cm f/4,5, quest’ultimo montato su cassetta reflex PLOOT o Visoflex I, usato
sempre col flessibile doppio.
In alcune occasioni Wolff usò anche il Telyt da 20cm montato direttamente sul corpo
macchina grazie al tubo TZOON e con il mirino apposito SFTOO, per fotografare
all’infinito più velocemente.
Sull’Elmar era montato di solito un paraluce telescopico FIKUS.


la versione italiana del più noto libro di Wolff, risalente al 1934;
in alto a destra l'esposimetro DREM, il primo per Leica



Per le foto ravvicinate prediligeva l’Elmar da 9cm con i tubi di prolunga, mentre
nell’ultima parte della sua carriera si servì anche di un Summitar 5cm f/2 per le
riprese in interni. Molto saltuariamente Wolff ha anche usato l’Hektor 5cm f/2,5 e il
13,5cm f/4,5, ed anche il 10,5, il cosiddetto ‘Elmar Alpino’, ma probabilmente più
per provare queste ottiche che per reale necessità.
Un aspetto tecnico legato alle emulsioni dell’epoca consiste nell’oculato uso di un
filtro giallo per aumentare talvolta il contrasto e nel fatto che raramente Wolff usava
un tempo di otturazione superiore al 1/60 di secondo, proprio a causa della scarsa
sensibilità dei film degli anni Trenta, preferendo chiudere quasi sempre il diaframma
dell’ottica di un paio di valori.


l'Elmar 9cm f/4, piccolo e leggero, una delle ottiche più usate da Wolff


Wolff in definitiva era molto legato alla focale da 5cm, e si può tranquillamente
affermare che 80% delle sue immagini furono realizzate con un ‘normale’, e solo
raramente utilizzò una focale più spinta come l’Hektor 2,8cm f/6,3. Non fu pertanto
un fotografo di focali estreme e non conobbe mai la focale da 21mm, ad esempio, ma
utilizzava spesso la tecnica di fotografare con il medesimo obiettivo prima una veduta
generale del soggetto e poi un particolare ravvicinato, preferendo pertanto il
dinamismo visivo, enfatizzando quindi le peculiari caratteristiche della Leica:
leggerezza, trasportabilità e velocità operativa.
E tutto questo molto prima delle macchine autofocus!


    
 

Alcune delle innumerevoli, splendide immagini che resero celebre il Dr. Paul Wolff


(testi, attrezzature, fotografie e riproduzioni di Pierpaolo Ghisetti - 2009)





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