OLYMPUS OM ZUIKO 85-250mm f/5:
IL POTENTE ZOOM DELL'EPOCA D'ORO
DEL SISTEMA OM
(25/07/2015)
Advertising Olympus del 1971 riadattato per l'occasione...
Come sempre parlo volentieri di Olympus OM dal momento che proprio una fotocamera di questa serie fu la prima da me acquistata a 15 anni di età e sono legato a questo sistema da indelebili ricordi; così come avvenne con il materiale Canon FD, anche i prodotti OM nascono dal fertile sostrato di lunghe ricerche e affinamenti che affondano le radici nel preesistente sistema Olympus Pen mezzo formato (18x24mm verticale su pellicola 135), anch'esso frutto del genio di Yoshihisa Maitani; la fotocamera Pen era un vero gioiellino che dissimulava la struttura da reflex SLR nella sagoma lineare di una telemetro grazie all'innovativa architettura con lo specchio primario ad infulcraggio verticale, specchi secondari di rinvio e prisma di Porro, ed incorporava anche un esposimetro TTL ed un particolare otturatore rotante che era un capolavoro di orologeria.
Questa fotocamera si avvaleva di un cospicuo corredo di ottiche comprese fra 20mm (corrispondente ad un 28mm sul 24x36) ed 800mm a specchio (pari ad un 1.120 millimetri sul 24x36), fra le quali erano anche compresi due zoom, un 50-90mm (equivalente a 70-126mm) ed un più potente 100-200mm (pari a 140-280mm sul formato standard) e costituiscono l'archetipo tecnologico dei successivi zoom tele presentati nei primi anni del sistema OM.
La Olympus Pen Ft degli anni '60 assieme ad una pubblicità giapponese del 1958 che reclamizza la qualità delle ottiche Olympus Zuiko; lo zoom visibile nella sezione è il 50-90mm e si può notare che incorpora già l'architettura da zoom a compensazione meccanica del fuoco che verrà utilizzata nei successivi OM Zuiko 75-150mm f/4 ed OM-Zuiko 85-250mm f/5: un gruppo anteriore focalizzatore (il doppietto acromatico frontale), un gruppo transfocatore (i tre elementi dietro al precedente), un gruppo di compensazione meccanica del fuoco durante la zoomata (il piccolo doppietto collato all'interno) ed il relay lens posteriore (il tripletto che chiude lo schema): in questo caso l'architettura è minimale e semplificata al massimo, verrà poi evoluta ed implementata ma rimarrà concettualmente invariata nell'85-250mm f/5 protagonista di queste note.
Proprio il più potente fra i due zoom destinati al corredo Olympus Pen, lo Zuiko 100-200mm f/5 fungerà da base di lavoro concettuale per l'OM Zuiko 85-250mm f/5, dal punto di vista ottico, estetico e delle scelte ergonomiche funzionali, fino ad arrivare a quella particolarissima apertura massima fissa, f/5, che entrambi condividono.
Affiancando l'Olympus zoom 100-200mm f/5 per Olympus Pen al successivo Olympus zoom 85-250mm f/5 destinato al sistema OM è facile rilevare come gli attributi funzionali siano rimasti invariati così come la sagoma complessiva, aggiornando semplicemente l'estetica ai gusti correnti; infatti, partendo dal tappo posteriore, in entrambi notiamo l'identica sequenza: una baionetta posteriore solidale ad un anello cromato che incorpora il pulsante di sblocco dell'ottica, il collare di fissaggio al treppiedi con nottolino di sblocco, la ghiera dei diaframmi, la ghiera per la variazione di focale (notate l'analoga finitura con tasselli rettangolari in gomma), la ghiera di fuoco ed il paraluce telescopico: in pratica sembra lo stesso obiettivo dopo un intervento di "chirurgia estetica" per ringiovanirlo di 20 anni!
Alla stessa stregua, anche lo schema ottico dello zoom Olympus 100-200mm f/5 per il sistema Pen presenta la stessa architettura a compensazione meccanica del fuoco già vista in precedenza nella sezione del 50-90mm e che verrà replicata nel successivo OM Zuiko 85-250mm f/5; in questo caso il maggiore allungo (la focale massima equivale ad un 280mm su 24x36) ha comportato l'aggiunta di una lente nel gruppo anteriore di focalizzazione, probabilmente per controllare meglio l'aberrazione cromatica alle massime focali; i gruppi transfocatore e compensatore restano sostanzialmente analoghi a quelli dello zoom 50-90mm mentre il relay lens posteriore passa da uno schema tripletto ad un tipo Ernostar a 4 lenti separate. Osservando l'estetica nella vista dall'alto appare nuovamente evidente il grande family-feeling con successivo 85-250mm.
Questi sono dunque i precursori del nostro campione; nel frattempo gli anni '70 hanno fatto capolino ed il nuovo sistema Olympus M - subito ribattezzato OM, sbalordisce il mondo per la sua compattezza senza precedenti (la Olympus Pen otteneva dimensioni paragonabili ma accontentandosi solamente del 18x24mm); anche le ottiche OM Zuiko, grazie al grande know-how Olympus maturato nella decennale produzione di sistemi ottici per microscopi ed endoscopi, si segnalano ben presto per le dimensioni minimali ma soprattutto per l'alta resa ottica, sovente accompagnata da un comportamento decisamente moderno e di rottura, come la grande attenzione alla resa delle zone periferiche, spesso addirittura simili o migliori rispetto all'asse, con una uniformità sul campo e al variare dei diaframmi che diverrà un marchio di fabbrica del sistema; fin dall'esordio il gruppo di obiettivi OM Zuiko è arricchito dalla presenza dello zoom 75-150mm f/4, un obiettivo calcolato da Toru Fujii e presentato per la registrazione di brevetto il primo Maggio 1971 e che, nonostante le ridotte dimensioni e l'assenza di antiriflessi multipli (curiosa la ritrosia della Casa al riguardo), garantiva prestazioni convincenti e costanti; quest'obiettivo ha saziato le brame dei fan per l'intero decennio tuttavia la concorrenza da tempo proponeva zoom di potenza ed escursione decisamente maggiore; pertanto il management Olympus decise di affiancare al valido ma ormai datato 75-150mm f/4 un fratellone di caratteristiche superiori e, ispirandosi al già descritto zoom per Olympus Pen, mise in cantiere un OM Zuiko MC Auto-Zoom 85-250mm f/5.
Curiosamente non si hanno notizie molto precise sul momento esatto del suo lancio sul mercato: comunemente viene indicato l'anno 1982 ed anche il suo brevetto originale giapponese (quindi il primo ad essere ratificato) presenta una richiesta in data 12 Aprile dell'anno 57 di Hirohito, cioè il 1982, congruente con quanto sopra.
L'intestazione originale relativa al brevetto giapponese dell'Olympus OM Zuiko 85-250mm f/5, richiesto in data 12 Aprile 1982.
Dev'essere tuttavia annotato un antequem che rimescola le carte: sull'Almanacco di Fotografare edizione primavera 1979, quindi tre anni prima, nell'elenco delle ottiche Olympus OM risulta già inserito uno Zuiko zoom 85-250mm f/5.
E' interessante notare che - a parte il prezzo assente - numero di lenti e gruppi (14 in 12 gruppi anzichè 15 in 11 gruppi), distanza minima di fuoco (0,85m anzichè 2m) e diametro filtri (49mm anzichè 55mm) risultano errati rispetto alle caratteristiche di produzione, quindi è improbabile che i giornalisti della Testata avessero visionato un esemplare finito o una scheda tecnica attendibile prima di inserire questi parametri nell'Almanacco; tuttavia i "dati di targa" (focale 85-250mm ed apertura f/5) sono corretti quindi è probabile che alla Photokina 1978 qualche addetto dello stand Olympus si sia lasciato sfuggire coi giornalisti che l'Azienda stava lavorando su un obiettivo di queste caratteristiche, informazione prontamente riportata sull'Almanacco, però doveva trattarsi di una delibera recentissima, dal momento che il brevetto con il progetto completo fu presentato alla registrazione oltre 30 mesi dopo.
E' quindi ragionevole inferire che la decisione di affiancare al 75-150mm f/4 un modello 85-250mm f/5 sia stata presa nel corso del 1978 e che nei tre anni successivi si sia lavorato per la sua progettazione, fino alla richiesta di brevetto del Maggio 1982 e la successiva commercializzazione.
La variazione di focale focale 85-250mm, che oggi pare un po' strana, risentiva sicuramente di illustri precedenti come lo zoom Carl Zeiss Vario-Sonnar 85-250mm f/4 Contarex o l'ancora precedente Nikon Zoom-Nikkor Auto 85-250mm che avevano chiaramente indicato un trend dove la massima focale era probabilmente una strizzatina d'occhio ai mercati statunitensi ed alle relative misure di riferimento, visto che 250mm sono all'incirca 10".
Nella foto seguente l'Olympus OM 85-250mm f/5 è affiancato da due ottiche Carl Zeiss Oberkochen con la sua stessa focale massima.
La lunghezza ridotta del Sonnar 250mm f/5,6 per Hasselblad non deve fare urlare al miracolo: in realtà quest'ottica copre il 6x6cm ed il suo schema corrisponde a quello del Sonnar 135mm f/4 per Contax-Contarex "cresciuto in scala" per coprire il formato 120 mantenendo l'angolo di campo del 135mm originale; per avere sul 6x6cm lo stesso angolo di campo di un 250mm sul 24x36mm occorrerebbe una focale di circa 460mm.
La livrea dell'OM Zuiko 85-250mm f/5, comune a tutti gli obiettivi Olympus OM, appare ad un tempo piacevole, severa e professionale; non potendo contenere la lunghezza per esigenze ottiche, alla Olympus hanno cercato di ottenere il barilotto più snello possibile, risicando anche il diametro delle lenti fino a consentire l'adozione di un diametro filtri da 55mm; l'attacco rotante per treppiedi è robusto e ben dimensionato mentre il paraluce telescopico ha un'estensione sufficiente per risultare efficace; la scala delle focali presenta i riferimenti per 85mm, 100mm, 120mm, 150mm, 200mm e 250mm mentre le aperture consentite spaziano fra f/5 (valore fisso a tutte le focali) ed f/32; i pulsanti di sblocco obiettivo e controllo della profondità di campo sono collocati, come di consueto, sulla ghiera cromata solidale con la baionetta. Fra le considerazioni negative, la montatura anteriore ruota con la messa a fuoco, creando i classici problemi con i polarizzatori, e la scala di messa a fuoco, a causa dell'adozione di una ghiera separata per la variazione di focale, non presenta alcun indice di riferimento per la profondità di campo o la messa a fuoco all'infrarosso.
Uno dei punti forti nell'architettura delle ottiche zoom Olympus OM sta nel fatto che tutti gli elementi funzionali di regolazione risultano allineati ed affiancati in una sorta di "plancia di comando" che permette di controllare tutto con una rapida occhiata e di effettuare rapidamente le regolazioni anche con l'occhio al mirino; questo schema risulta molto utile anche utilizzando l'obiettivo per riprese video: l'apertura di diaframma fissa su tutta l'escursione facilita le cose e la ghiera separata per le lunghezze focali consente di applicare un follow e di comandare la zoomata in modo molto preciso.
Un altro limite dell'OM Zuiko 85-250mm f/5 consiste nella messa a fuoco minima limitata a 2 metri, un valore elevato che rende l'obiettivo poco adatto alla ritrattistica, dal momento che per riempire adeguatamente il formato con una testa umana occorre utilizzare una focale decisamente lunga con conseguente compressione prospettica eccessiva e problemi legati ai tempi rapidi di posa richiesti; vista la compettezza e la brandeggiabilità quest'obiettivo si rivela quindi più adatto come compagno di passeggiate ed escursioni per foto urbanistica, dettagli architettonici e foto di paesaggio.
Contrariamente a quanto avvenne col suo precursiore OM Zuiko 75-150mm f/4 (ed inspiegabilmente con altri obiettivi complessi come lo Zuiko 55mm f/1,2, dotati di antiriflessi molto semplice), questo modello fu prodotto fin dall'origine con trattamento antiriflessi multistrato ed un accorto uso di flare stoppers all'interno del barilotto per migliorare il contrasto e la profondità dei neri.
Lo scorcio posteriore mostra il dettaglio del collare di attacco per il treppiedi, robusto e ben fatto, e la mascherina che rifila la lente posteriore, riducendo ulteriormente il rischio di riflessi parassiti; anche quest'obiettivo, come i suoi fratelli di dimensioni più ridotte, presenta una baionetta fissata con solo tre viti, nonostante il peso che si avvicina ad 1kg ed il notevole sbalzo; suggerisco quindi di impugnare sempre l'ottica tenendola in mano all'altezza del collare di serraggio anzichè farla penzolare dal corpo macchina.
Queste sono le misure effettive dell'obiettivo:
PESO: 932g (con tappi) - 914g (senza tappi)
LUNGHEZZA A INFINITO: 196,5mm (da battuta baionetta)
LUNGHEZZA CON FUOCO A 2m: 207,0mm (da battuta baionetta)
DIAMETRO MASSIMO BARILOTTO: 69,5mm (ghiera di fuoco)
LARGHEZZA MASSIMA COLLARE TREPPIEDI: 82,15mm
ALTEZZA MASSIMA COLLARE TREPPIEDI: 84,15mm
DIAMETRO FILTRI: 55mm x 0,75mm
L'Olympus OM Zuiko 85-250mm f/5 nel più classico abbinamento con un corpo macchina coevo, l'Olympus OM-2n, fotocamera presentata a metà anni '70 che, negli stessi ingombri minimali della già impressionante OM-1 manuale meccanica, faceva stare anche l'esposizione automatica a priorità di diaframmi con lettura esposimetrica TTL in tempo reale (misurata da cellule al silicio ausiliare per riflessione su un computogramma randomico disegnato sulla prima tendina) e la lettura TTL della luce flash riflessa dalla pellicola durante l'esposizione effettiva, due vere primizie mondiali. Questo punto di vista mostra come le ghiere di regolazione di fotocamera ed obiettivo siano complementari, allineando sullo stesso asse la ghiera dei tempi, il collare per ruotare la fotocamera su treppiedi, la ghiera dei diaframmi, quella per la variazione di focale e quella di fuoco, tutte azionabili intuitivamente e senza distogliere l'attenzione dal mirino, una soluzione assolutamente apprezzabile. Naturalmente questo potente zoom presenta ingombri obbligati dalla massima lunghezza focale messa a disposizione e risulta quindi un po' sovradimensionato rispetto al corpo macchina miniaturizzato.
Dal punto di vista ottico, come abbiamo già accennato, questo zoom adotta uno schema a compensazione meccanica, già adottato ad esempio nei Carl Zeiss Vario-Sonnar 40-120mm f2,8 ed 85-250mm f/4 per Contarex ed anche nello stesso Olympus OM Zuiko 75-150mm f/4 che l'ha preceduto; in questa configurazione troviamo dunque un modulo anteriore che si muove in avanti focheggiando da infinito a distanze minime, un secondo gruppo detto transfocatore che arretra passando da focale minima a massima, un terzo elemento detto compensatore del fuoco che attua un complesso movimento micrometrico avanti-indietro in sinergia con secondo per tenere a fuoco il sistema ed un quarto elemento in funzione di relay lens, stazionario.
In realtà il progettista Hiroshi Takase aveva previsto due differenti configurazioni cinematiche per questo zoom, secondo lo schema seguente:
A sinistra possiamo notare la configurazione scelta per lo zoom di normale produzione, composta da quattro moduli dei quali, durante la zoomata, il primo e l'ultimo restano fissi mentre il secondo arretra passando da 85 a 250mm ed il terzo attua un movimento complesso di arretramento/avanzamento combinato per compensare le variazioni di fuoco che nel frattempo subentrano; ne consegue che gli ingombri esterni dell'obiettivo risultano costanti per tutta la variazione di focale.
Il prototipo alternativo, schema a destra, attua invece la variazione di focale e la relativa compensazione di fuoco avanzando ed arretrando il primo modulo anteriore G1 mentre il secondo gruppo G2 - che nell'altro esemplare funge da transfocatore - agisce in sinergia col primo ed arretra contribuendo sia alla formazione delle varie lunghezze focali sia alla compensazione di fuoco, mentre il terzo gruppo G3 - che in precedenza compensava il fuoco alla variazione di focale - risulta stazionario; naturalmente il relay lens G4 risulta immobile in entrambe le versioni.
Il rovescio della medaglia di questa configurazione sta nel fatto che l'ingombro fisico del gruppo ottico varia durante la transfocazione, e così la lunghezza dell'obiettivo; aumentando la complessità meccanica si sarebbe potuto creare un barilotto esterno fisso nel quale anche il modulo anteriore G1 poteva scorrere ma questo avrebbe comportato un ingombro longitudinale ben superiore ai 196,5mm del modello si serie, dal momento che in configurazione intermedia da 150mm nel secondo esemplare prototipo il modulo anteriore si trova ad una distanza superiore dal piano focale rispetto alla versione di regolare produzione; furono probabilmente queste le argomentazioni che portarono alla scelta del primo modello esposto.
Questo schema semplificato illustra i movimenti di transfocazione relativi al secondo modello alternativo; si può notare come, rispetto all'ingombro standard, il modulo anteriore avanzi alle focali intermedie; evitare di realizzare una montatura che cambi la lunghezza fisica del prodotto durante queste fasi sarebbe stato molto difficile anche perchè il modulo anteriore non dovrebbe solo muoversi avanti e indietro per variare la focale ma anche per focheggiare, con un ulteriore movimento indipendente che rende difficile inserirlo nel barilotto in modo indipendente dagli sbalzi del relativo cannotto.
Ecco lo schema ottico dell'obiettivo di produzione con i relativi movimenti, tipici degli zoom a compensazione meccanica del fuoco; il gruppo anteriore avanza ed arretra solamente quando si aziona la ghiera di messa a fuoco mentre, passando da 85mm a 250mm, il secondo gruppo transfocatore arretra compiendo una lunga corsa ed il terzo gruppo per la compensazione di fuoco, un semplice doppietto, prima arretra e poi avanza nuovamente per tenere il sistema a fuoco; il relay lens posteriore, composto da bel sei lenti in cinque gruppi, finalizza la focalizzazione dell'immagine finale sul piano focale e rimane sempre fisso. Questi movimenti di zoomata interni senza variazioni nella lunghezza del barilotto presentano anche il vantaggio di evitare il "breathe", cioè l'introduzione ed espulsione di aria durante gli allungamenti e le contrazioni dei barilotti (che operano come un mantice), impedendo così alla polvere esterna di entrare e depositarsi sulla superficie delle lenti.
Lo stesso schema viene qui abbinato a quello relativo al prototipo alternativo e successivamente scartato: l'allungamento complessivo del gruppo ottico a focali intermedie (assente nel modello di serie) risulta evidente.
Questi schemi ricavati dal brevetto giapponese originale mostrano i parametri di progetto (raggi di curvatura delle lenti, spessore e spaziature sull'asse, indice di rifrazione e dispersione dei vetri impiegati) e lo stato di correzione di astigmatismo, aberrazione sferica e distorsione; quest'ultima risulta ragionevolmente contenuta per uno zoom così datato ed una deformazione a cuscinetto risulta visibile solo alle focali maggiori inquadrando elementi architettonici con rigorose geometrie (facile comunque da correggere in digitale).
Ad 85mm abbiamo invece solo una moderata distorsione a cuscinetto ed è probabile che il "punto zero" di inversione sia intorno a 100mm.
A titolo di pura curiosità accademica aggiungo anche gli analoghi schemi relativi al prototipo alternativo che non entrò in produzione e che, per le diverse scelte legate ai movimenti e a certe differenze parametriche, presenta diagrammi aberrazionali con una "personalità" leggermente differente.
Sebbene siano stati progettati da due individui diversi (Toru Fujii il primo e Hiroshi Takase in secondo) da questo schema complessivo appare evidente come lo zoom 85-250mm f/5 sia ampiamente debitore al precedente 75-150mm f/4 per quanto concerne l'architettura interna e le relative scelte; il 75-150mm f/4 di Fujii, brevettato nel 1971, era stato oggetto di complessi e sfibranti studi per contenere le dimensioni (leit motiv dell'ineundo sistema OM) senza compromettere la correzione delle molteplici aberrazioni, un cimento che impegnò Fujii-San fino allo sfinimento dal momento che tali aberrazioni risultano concatenate e, con schemi così compatti e corti, risolta una di esse altre peggioravano in simultanea; alla fine la quadratura fu individuata nel particolare gruppo transfocatore (in colore rosa), composto da un doppietto e da due elementi divergenti spaziati e di forma quasi simmetricamente speculare; anche il relay lens risulta incredibilmente complesso rispetto a quelli degli zoom per Olympus Pen visti in precedenza, addirittura composto da sei lenti in cinque gruppo con i primi tre elementi composti da vetri a bassa dispersione (vD= 66,81 e 65,99) e, limitatamente al tipo PK1, anche a dispersione parziale anomala; il secondo vetro PK1 (Crown ai fosfati e metafosfati) è abbinato in doppietto acromatico con un vetro Flint al lantanio LaF2 ad alta rifrazione (nD= 1,74400) e dispersione comunque contenuta (vD= 44,73); il controllo sull'aberrazione cromatica è delegato anche al doppietto del modulo di fuoco anteriore (L2 - L3), dove un Dense Flint SF3 ad alta rifrazione ed alta dispersione (nD= 1,74077 vD= 27.79) è abbinato ad un Phosphate Crown PK2 a rifrazione medio-bassa (nD= 1,51821) e dispersione contenuta (vD= 65,04). Stesse caratteristiche anche per il doppietto presente nel gruppo transfocatore di questo 75-150mm f/4 (L4 - L5), con un Dense Flint SF 56 ad alta rifrazione/bassa dispersione (nD= 1,78740 vD= 26,22) appaiato ad un Phoshpate Crown PSK53A a media rifrazione (nD= 1,61800) e dispersione ridotta (vD= 63,38); lo stesso vetro ai fosfati è presente anche nell'ultimo elemento del gruppo transfocatore (L7).
Non deve stupire quindi, con una confezione così accurata nonostante la ridotta escursione focale, che l'OM Zuiko 75-150mm f/4 fornisca valide prestazioni ed un rendimento costante alle varie focali e nelle diverse zone del campo nonostante la progettazione datata; il successivo 85-250mm f/5 presenta uno schema molto simile, sempre articolato su 15 lenti in 11 gruppi e con variazioni marginali: il doppietto del modulo transfocatore (colore rosa) è ora posto all'interno dei due elementi divergenti mentre nel relay lens posteriore è stato eliminato uno dei due menischi gemelli anteriori ed al suo componente rivolto verso il piano focale è stato aggiunto un elemento convergente, creando una sorta di tripletto con spaziature differenti.L'allungo fino a 250mm comporta problemi di aberrazione cromatica ben più seri e l'attenzione a questo dettaglio appare fin dal primo modulo di lenti deputato alla messa a fuoco (colore azzurro), composto da una lente anteriore (L1) in vetro Fluor Crown ai fluoruri tipo FK5 a bassa rifrazione e bassa dispersione (nD= 1,48749 vD= 70,15) e da un doppietto acromatico (L2 - L3) costituito da un vetro Crown ai metafosfati PSK2 a bassa rifrazione e bassa dispersione (nD= 1,56873 vD= 63,16) e da un vetro Dense Flint SF6 ad altissima rifrazione ed alta dispersione (nD= 1,80518 vD= 25,43); il vetro FK5, pur non presentando ancora il numero di Abbe relativo alla dispersione così alto da poterlo definire ED tout-court (vD= 70,15, mentre i vetri ED partono da circa 80) presenta comunque un rapporto molto proficuo fra bassa rifrazione/bassa dispersione/dispersione parziale anomala favorevole ed è molto efficace nel controllo dell'aberrazione cromatica... Ad esempio, due di questi vetri sono presenti nell'ottimo Canon EF 100mm f/2,8 macro USM che, in effetti, presenta una CA negligibile.
Troviamo la stessa architettura, a posizioni invertite, anche nel doppietto del gruppo transfocatore (L5 - L6), con un Dense Flint SF4 ad alta rifrazione ed alta dispersione (nD= 1,75520 vD= 27,51) collato ad un Crown ai metafosfati PSK53A a media rifrazione e bassa dispersione (nD= 1,61800 vD= 63,48). Anche in questo caso l'elemento di esordio del relay lens posteriore (L10) è realizzata con vetro a bassa rifrazione e bassa dispersione, un Borosilicate Crown BK3 (nD= 1,49831 vD= 65,03) mentre il terzo e quinto elemento dello stesso relay lens (L12 - L14) sono realizzati con vetri agli ossidi delle Terre Rare caratterizzati da un favorevole rapporto fra alta rifrazione bassa dispersione, rispettivamente un lanthanum Dense Flint LaSF47 (nD= 1,80610 vD= 40,85) ed un lanthanum Flint LaF2 (nD= 1,74400 vD= 44,73).
Anche questo schema ottico appare dunque realizzato con molto know-how e senza lesinare troppo sui materiali; del resto - come ho già suggerito in altre occasioni - all'epoca aleggiava ancora la suggestione collettiva secondo la quale lo zoom fosse un prodotto straordinario per complessità e prestazioni e quindi gli utenti erano già psicologicamente predisposti a pagare cifre consistenti per entrarne finalmente in possesso; questo forniva alle Case un ampio margine di manovra per confezionare prodotti allo stato dell'arte, ed in effetti questo zoom era piuttosto costoso: se ci riferiamo ad un listino italiano del 1984, un Olympus OM Zuiko 50mm f/1,4 (eccellente ed apprezzato normale professionale luminoso) costava 151.000 Lire, uno Zuiko zoom 75-150mm f/4 veniva proposto a 410.000 lire mentre per mettere a corredo questo Zuiko 85-250mm f/5 servivano ben 990.000 Lire, quasi il doppio rispetto ad uno Zuiko 35-105mm f/3,5-4,5, circa 3,5 volte in più del prezzo di uno Zuiko 35-70mm f/4 e, appunto, 6,5 volte in più rispetto ad un pregiato Zuiko 50mm f/1,4.Si trattava comunque di progetti che, contestualizzati nella loro epoca, fornivano adeguata soddisfazione i proprietari grazie alla risoluzione abbastanza elevata ed alla sostanziale correzione delle varie aberrazioni, nessuna delle quali evidente nelle immagini; con gli occhi di oggi, abituati alla resa smagliante degli zoom attuali infarciti di superfici asferiche, lenti ED, eccezionali passivazioni dei riflessi interni ai barilotti e trattamenti polarizzanti sulle lenti, il fingerprint dell'OM-Zuiko 85-250mm f/5 si caratterizza che un contrasto moderato, colori non squillanti ed elavata leggibilità delle ombre a parità di esposizione, il tutto però coniugato con un potere risolutivo a tutte le focali sufficientemente elevato per garantire una soddisfacente leggibiltà dei dettagli anche in abbinamento a senso di full-fame di elevata densità; si può dire che sia un tipo di resa che si sposa bene col digitale perchè saturazione, contrasto e profondità dei neri - eventualmente carenti - si possono facilmente correggere ed implementare mentre, viceversa, i dettagli irrisolti del soggetto non si potrebbero certo "inventare".
Peraltro, lo schema ottico dello Zuiko 85-250mm f/5 servì anche come base per un progetto completato da Masaki Imaizuni nel Settembre 1983 e relativo ad un luminoso zoom 75-150mm f/2,8 che avrebbe dovuto sostituire a tutti gli effetti l'originale 74-150mm f/4 e che non venne mai prodotto; quelli che seguono sono l'intestazione del relativo brevetto americano del Settembre 1987, con riferimento al Foreign Application Priority Data del brevetto giapponese richiesto nel Novembre 1983, ed il relativo schema ottico con i parametri di progetto e le aberrazioni previste alle varie lunghezze focali.
Come si può notare dai gruppi di lenti che ho evidenziato con gli stessi "codici colore" degli schemi precedenti, questo prototipo di Zuiko 75-150mm f/2,8 ha molto in comune con lo schema dell'85-250mm f/5, a partire dal relay lens posteriore praticamente identico; le uniche differenze concettuali di un certo rilievo sono relative al gruppo transfocatore, semplificato rispetto alla configurazione del predecessore; probabilmente l'obiettivo non venne prodotto (così come avvenne per un prototipo di zoom-Nikkor 75-150mm f/2,0) perchè, nonostante la sua luminosità, nel momento in cui sarebbe stato possibile immetterlo sul mercato i consumatori avevano a che fare con ben altre escursioni focali e non erano più attratti da un "modesto" 75-150mm.
Lo schema del prototipo di OM Zuiko zoom 75-150mm f/2,8 disegnato partendo dai parametri matematici e visualizzato alle varia focali evidenzia il movimento lineare del gruppo transfocatore e quello alternato, prima all'indietro e poi in avanti, di quello compensatore.
Tornando all'oggetto della discussione, ho recuperato alcuni test d'epoca, il primo dei quali è relativo al 75-150mm f/4, l'obiettivo che diede il La alla gamma di ottiche Zuiko e che informò ampiamente di se anche l'85-250mm f/5; questo test fu pubblicato su Nuova Fotografia a circa 9 anni dal lancio di questo zoom e l'esemplare in prova, evidentemente perfettamente montato, risultò eccellente, con parametri ottici entusiasmanti alle massime aperture della focale 75mm.
Il test MTF che segue è invece relativo allo Zuiko 85-250mm f/5 e fu pubblicato su Tutti Fotografi ad inizio anni '80; i diagrammi sono relativi alle prove alla sola focale minima di 85mm mentre per quelle di 135mm e 200mm è riportato il valore di qualità media ad f/8; la qualità media apparentemente bassa ad 85mm non deve fuorviare, il diagramma di qualità media con questa metodologia risultava molto "severo" (ad esempio, il Micro-Nikkor 55mm f/3,5 ad f/8 arrivò appena al valore 50) e risente di molti parametri che nella fotografia convenzionale di soggetti tridimensionali sono meno rilevanti, come curvatura di campo; peraltro la focale 85mm - misurata in modo estensivo - risultò essere proprio la peggiore mentre in grafico in calce al test relaziona la qualità ottica dello zoom ad 85mm, 135mm e 200mm con apertura f/8 a quella di famose focali fisse corrispondenti - sempre ad f/8 - già testate con lo stesso metodo, e occorre rilevare che i valori dello zoom Zuiko 85-250mm f/5 a 135mm superavano quelli di tutte le focali fisse, Sonnar 135mm compreso, mentre a 200mm si poneva sullo stesso piano dei Nikkor 200mm f/4 e Zeiss Tele-Tessar 200mm f/3,5 T*.
Il problema principale rilevato, nonostante tutti gli accorgimenti ottici descritti in precedenza, era una aberrazione cromatica longitudinale un pò superiore alla norma, con uno spostamento di fuoco di circa 400nm fra blu e verde e circa 300nm fra blu e rosso.
L'omogeneità di rendimento ai vari diaframmi venne confermata anche dalle prove di risolvenza realizzate dalla rivista "Il Fotografo - Mondadori" (non più in edicola da quasi 30 anni), sempre ad inizio anni '80; queste prove misuravano il potere risolutivo sull'asse, ad 1/3 di campo, a 2/3 di campo e ai bordi per ogni diaframma.
Queste prove, oltre a presentare un potere risolutivo al limite superiore dei valori solitamente misurati dalla rivista su obiettivi zoom, quindi ottimo, confermarono che questo Zuiko garantisce una risoluzione uniforme a diversi diaframmi e su tutto il campo per un'ampia gamma di lunghezze focali, un comportamento sicuramente molto apprezzabile che rendono l'ottica molto versatile grazie ad un rendimento più o meno costante nelle varie condizioni d'uso e nelle diverse zone del campo. Alla massima focale l'omogeneità ai vari diaframmi scompare ed il diagramma assume un andamento più tradizionale ma il picco di risolvenza ad f/11 si pone sullo stesso livello esibito dai migliori 200mm a focale fissa testati dalla rivista (e qui abbiamo anche 50mm di focale in più), quindi si può avere una resa soddisfacente anche a 250mm avendo l'accortezza di chiudere ad f/8 o f/11.
Come accennato, l'obiettivo si presta bene a passeggiate urbane con fotocamera in mano alla ricerca di elementi architettonici e dettagli; le foto che seguono le ho eseguite proprio durante una passeggiata per la città e rendono l'idea di come si comporti quest'ottica: aberrazioni sotto controllo, risoluzione soddisfacente e contrasto di base non eccessivo e facilmente "controllabile" in postproduzione; nell'uso pratico l'articolazione di messa a fuoco e regolazione di focale su due ghiere distinte risulta molto pratica perchè, una volta scelta l'inquadratura desiderata, è possibile mettere a fuoco di precisione (anche in live view a forte ingrandimento, con corpi digitali) senza interferire con la regolazione precedente o, viceversa, è possibile focheggiare e poi rifinire l'inquadratura senza il rischio di alterare la distanza impostata.
crop @ 100% del file precedente
crop @ 100% del file precedente
Pur con tutti i limiti della visualizzazione a monitor su files ampiamente ridimensionati si apprezza facilmente la buona qualità di questo zoom anche alle focali maggiori e dev'essere valutata a maggior ragione in modo positivo considerando che la sua progettazione va collocata al passaggio fra anni '70 ed anni '80; anche questo interessante zoom conferma quindi la buona fama che ha sempre accompagnato gli obiettivi Olympus OM Zuiko, una famiglia di "ragazzini terribili" che hanno ampiamente scompaginato le acque del settore con quell'irresistibile mix di compattezza, leggerezza, alte prestazioni ed uniformità di resa che fu immediatamente apprezzato dagli appassionati e che obbligò molte delle principali Case a varare in fretta e furia una gamma di obiettivi compatti per assecondare questo nuovo trend (vedi i Pentax KM o molti Nikkor realizzati ai tempi del passaggio alla montatura Ai come l'85mm f/2, il 135mm f/2,8, il 200mm f/4, etc.). Naturalmente, utilizzandolo sui corpi OM coevi, è sicuramente consigliabile sostituire il vetro di messa a fuoco standard con un modello più adatto all'apertura massima f/5 per godere appieno dei doni che quezo 85-250mm è tuttora in grado di elargire.
(Marco Cavina)
(ringrazio il caro amico Prof. Vicent Cabo per aver disegnato con la consueta
precisione gli schemi ottici del 75-150mm f/4 ed 85-250mm f/5).