LE OTTICHE PER NIKONOS:
L'UNIVERSO SOTTOMARINO VISTO
CON OCCHI NIKON
ABSTRACT
A compendium about Nikonos underwater lenses with drawings
and data about their optical secrets, some unknown prototypes that
never reached the production level and sheets from the original french
CalypsoPhot camera's projects, the mother of all Nikonos models.
12/02/2010
Sul celebre sistema Nikonos, sostanzialmente l'unica attrezzatura subacquea di
stampo
professionale disponibile per decenni, è stata già divulgata una copiosa
letteratura, quindi
non è mia intenzione imbastire l'ennesimo clone pedissequo di quanto già noto,
ma nei limiti
del possibile cercherò di aggiungere informazioni inedite e dettagli di prima
mano.
Come tutti sanno, la Nikonos I venne lanciata nell'Agosto del 1963, in un
periodo in cui la
Nippon Kogaku stava esprimendo il massimo sforzo tecnico e logistico per
implementare
il suo sistema fotografico professionale nel minor tempo possibile, bruciando le
tappe per
riempire tutte le nicchie e mettere a disposizione dei professionisti lo
strumento giusto per
qualsiasi impiego, anche il più insolito; è altresì noto che quest'apparecchio,
rivoluzionario
sotto molti punti di vista, non venne progettato dalla Casa giapponese ma era
stato concepito
e prodotto dall'azienda francese La Spirotechnique - Societè d'Optique
et de Mècanique,
una società appartenente al gruppo Air Liquide S.A. che era specializzata in
attrezzature
per immersioni.
A fine anni '50 La Spirotechnique mise in cantiere il progetto per la
realizzazione di una
fotocamera subacquea per il formato 135 ad obiettivi intercambiabili, ed in
tecnico cui toccò
questa incombenza gravida di responsabilità fu Jean Guy Marie Joseph de Wouters
d'Oplinter,
nobile di origine belga che dalla sua lussuosa residenza di Roquefort-Les-Pins
progettò un
apparecchio di rottura, logico e funzionale, partendo dal foglio bianco; questa
fotocamera
disponeva di una cassa esterna nella quale andava inserito un modulo che
comprendeva la
calotta superiore, tutti i meccanismi interni e la baionetta di attacco, dotato
di una guarnizione
di tenuta nel punto di contatto fra i due gusci, mentre l'obiettivo garantiva la
regolazione di
messa a fuoco ed apertura del diaframma grazie a due pomelli rotanti esterni che
azionavano
i rinvii tramite un alberino ed una serie di ingranaggi, il tutto protetto da
o-ring, una tecnologia
ben sviluppata dalla Casa madre Air Liquide; infine, la baionetta a due flangie
era predisposta
nello chassis interno, mentre l'apertura sulla cassa esterna garantiva la tenuta
grazie ad un
ulteriore o-ring applicato al corpo dell'obiettivo; questo progetto venne
concretizzato nel
1960 con la presentazione dell'apparecchio fotografico CalypsoPhot, il cui nome
è un evidente
omaggio al celebre battello oceanografico armato dal Comandante Jacques-Yves
Costeau,
il quale collaborò fattivamente con La Spirotechnique per definire i dettagli
funzionali
dell'apparecchio, sfruttando la sua eccezionale esperienza sul campo.
Ho recuperato alcuni dei disegni originali di Jean de Wouters,
finora inediti, che documentano
in dettaglio la fervida inventiva di un progettista lontano dai classici schemi
stereotipati e che
fu in grado di introdurre dettagli geniali ed inediti.
Il corpo macchina della rivoluzionaria CalypsoPhot progettato
da de Wouters
prevedeva una cassa esterna con l'apertura di servizio per l'obiettivo ed un
modulo
che comprendeva tutti i dispositivi di servizio e la calotta superiore; in
posizione (10)
era applicata una grossa guarnizione toroidale di tenuta e l'adeguata
pressione
fra i due moduli, una volta assemblati inserendoli uno nell'altro, era
assicurata da
una grossa vite di fermo (22).
La vista in sezione dell'apparecchio assemblato rivela come la
baionetta di servizio per
l'aggancio dell'obiettivo (16) sia innestata nel modulo interno asportabile,
mentre l'apertura
sulla cassa esterna garantisce la tenuta alla pressione grazie alla guarnizione
(36).
L'otturatore della CalypsoPhot è un altro elemento
estremamente originale:
le tendine sono costituite da ghigliottine metalliche che scorrono su guide
grazie alla propulsione di molle elicoidali coassiali e venne prestata
particolare
cura per evitare il rimbalzo a fine corsa introducendo dei "dampers" a
frizione.
Un dettaglio generale dell'otturatore; lo scorrimento delle
tendine avviene in senso
verticale, quindi gli assi con molla comportano un ingombro in tale direzione
superiore alla media, una scelta tecnica che condizionò anche la forma
definitiva
dell'apparecchio; questo otturatore garantiva tempi compresi fra 1/30" ed
1/1000",
valore che venne ridotto negli ultimi esemplari (e quindi nelle successive
Nikonos)
ad 1/500", al fine di implementare l'affidabilità del componente; del
resto, considerando
l'assorbimento luminoso causato dallo spessore d'acqua, è praticamente
impossibile
esporre in ambiente marino con un tempo così rapido, la cui utilità poteva
forse essere
circoscritta a qualche scatto eseguito sulla terraferma per terminare un rullino
ad alta
sensibilità già parzialmente esposto sott'acqua...
Nelle fasi preliminari di definizione del progetto, anno 1958,
de Wouters
immaginò un obiettivo stagno i cui comandi venissero regolati tramite
pivots metallici rotanti (indicati dalle frecce rosse), mentre il vetro
piano-parallelo anteriore aveva una sezione trapezoidale, in modo
che la pressione stessa dell'acqua contribuisse a rendere più saldo
l'isolamento del punto d'interfaccia.
Un successivo progetto, completato nell'autunno 1959, rivela
le caratteristiche
evolute che saranno proprie dell'obiettivo definitivo e delle successive
versioni
prodotte dalla Nippon Kogaku: in particolare, la regolazione della messa a fuoco
e dell'apertura di diaframma è ora comandata da nottolini zigrinati rotanti
(indicati
in rosso), che azionano un albero protetto da o-ring ed una serie di ingranaggi;
la sezione mette in chiara evidenza il posizionamento della baionetta d'innesto
sul
modulo rimovibile interno (evidenziata in blu), mentre la tenuta stagna è
garantita
dal grosso o-ring segnalato dalle frecce verdi, inserito in una calettatura
dell'obiettivo
e forzato nell'apertura anteriore della cassa esterna dall'azione della
baionetta di
innesto. Il vetro protettivo anteriore presenta bordi piatti ed a sua volta è
reso
stagno dall'O-ring indicato come (44).
Non so se archiviarlo come colpo di genio o squisita
civetteria, ma tutti ben conoscono
la magnifica soluzione adottata sugli obiettivi Nikonos per indicare le
regolazioni relative
a messa a fuoco, apertura e profondità di campo, che coniugano perfetta
funzionalità
ad un design caratteristico e distintivo, tale da connotare in toto l'apparecchio:
ebbene,
anche queste scale rotanti e gli indicatori ad indici mobili erano stati ideati da
Jean de Wouters,
come confermano questi schemi realizzati sul finire del 1959.
La CalypsoPhot giunse finalmente sul mercato, offrendo un mix
di prestazioni
professionali, funzionalità e mero design che fecero scalpore; ogni dettaglio
era stato curato secondo i dettami di una stretta logica funzionale, eppure,
miracolosamente, tutto si fondeva in quella che non stento a definire una vera
scultura d'arte moderna; il particolarissimo otturatore, caratterizzato da
ingombri
insoliti, condizionò la forma definitiva del corpo, che risulta inopinatamente -
e piacevolmente - compatto e ben distribuito nella relazione fra larghezza ed
altezza; anche l'originale colore e finitura dei riporti sul dorso e sui fianchi
contribuiscono a definire un'estetica assolutamente originale.
Alcuni dettagli del corpo macchina sottolineano ulteriormente
la grande raffinatezza e
l'estrema originalità delle soluzioni ideate da Jean de Wouters: il
contafotogrammi
prevede un disco metallico con linea di fede, rotante, solidale con la scatola
che
contiene i meccanismi del modulo interno; assemblando l'apparecchio il disco si
trova
in prossimità di un'apertura sul fondello della cassa, protetta da un vetro a
tenuta, al
cui interno è riportata una scala numerica di riferimento; il disco metallico
che ingaggia
e tiene in posizione la spoletta sporgente del caricatore 135 è incernierato e
tenuto
in posizione da una piccola molla, consentendo di inclinarlo per agevolare
l'inserimento
del caricatore stesso; il pressapellicola, solidale al modulo interno, è
incernierato in alto
e dispone di due linguette metalliche elastiche che esercitano adeguata
pressione durante
l'esercizio; la finitura in nero opaco raggrinzente appare molto piacevole e
professionale
alla vista e la ghiera dei tempi è sovradimensionata, garantendo chiarezza
esemplare.
Infine, sul fondello è predisposto un attacco stagno per lampeggiatori
(dettaglio fondamentale
per la fotografia subacquea), protetto quando non in uso da un coperchio
metallico con
guarnizione; nelle immagini del corpo non assemblato sono visibili i relativi
contatti interni.
In ossequio alla grandeur francese, anche l'obiettivo era 100%
made in France, ed il nocciolo ottico
prevedeva un Flor 35mm f/3,5 (a schema Tessar) di produzione Som Berthiot, la
venerabile Casa
transalpina famosa per i suoi obiettivi cinematografici come gli zoom Pan-Cinor.
L'estetica anteriore
è un vero colpo al cuore, tanto accattivante da sembrare un puro esercizio di
stile eppure, al contempo
così funzionale e di immediata interpretazione: due linee di fede bianche si
dipartono dai nottolini
stagni di controllo ed indicano con chiarezza esemplare i valori impostati; dal
momento che la messa
a fuoco va impostata a stima, la profondità di campo viene indicata con precisione
ed automaticamente
al variare dell'apertura grazie a due cursori mobili, con linee di fede di
colore rosso, che scorrono
sulla scala delle distanze, come avviene con molti obiettivi tedeschi della
stessa epoca (ad esempio,
gli Zeiss Hasselblad serie C). La vista posteriore sottolinea la presenza della
baionetta a due flangie,
opportunamente brunita, che si fissa al modulo interno, e della guarnizione O-ring che sigilla l'apertura
della cassa esterna, garantendo l'impermeabilità; la finestratura rettangolare
che inscrive il piccolo
gruppo ottico è l'ultimo tocco di stile, e queste soluzioni tecniche e di
design si sono rivelate talmente
valide che sono state mantenute per tutta la produzione Nikonos manual focus,
resistendo per decenni
alle lusinghe del restyling. Incidentalmente, La Spirotechnique annunciò la
disponibilità in tempi brevi
di alcuni obiettivi alternativi: un Som Berthiot da 28mm, un Angenieux da 45mm
ed anche un 80mm
non meglio precisato, ma il rapidissimo evolversi degli eventi con il
conseguente passaggio dei progetti
e della produzione sotto l'egida della Nippon Kogaku impedì alla Casa di dare
seguito al proposito.
Lo straordinario design, l'efficacia operativa e le soluzioni fantasiose che
caratterizzavano la
CalypsoPhot francese sortirono nell'ambiente l'effetto di un sasso gettato nello
stagno, coinvolgendo
anche i massimi vertici della Nippon Kogaku, a sua volta interessata ad entrare
in un settore certamente
molto specializzato ma nel quale non esisteva praticamente concorrenza: si
giunse quindi alla decisione di
contattare l'azienda francese e di acquisire l'intero pacchetto; i dettagli di
questa delicata fase sono poco
noti ma interessanti e curiosi: come detto, La Spirotechnique era controllata
dalla Air Liquide S.A., ed
esisteva un'analoga azienda giapponese (la T Company), anch'essa specializzata
nel gas combustibile, con
la quale la Air Liquide intratteneva cordiali relazioni di partnership
commerciale... Furono proprio alcuni
manager della T Company, sollecitati da colleghi della Nippon Kogaku, ad
organizzare gli abboccamenti
con la controparte francese di Air Liquide, portando a buon fine la transazione.
Un'ulteriore conferma del grande apprezzamento manifestato
dalla Nippon Kogaku per il progetto
CalypsoPhot viene fornita da una curiosa richiesta inserita nel contratto di
acquisizione: il progettista Jean
de Wouters avrebbe dovuto trasferirsi temporaneamente in Giappone per
collaborare allo sviluppo
dell'apparecchio... E così fu: Jean de Wouters passò ben 15 mesi alla Nippon
Kogaku, che gli aveva
messo a disposizione un apposito locale per i suoi briefing tecnici, ed il
frutto del suo lavoro fu rappresentato
dal sistema di esposizione TTL (ricordo che questi apparecchi erano privi di
esposimetro), anche se, per varie
ragioni (ad esempio, la necessità di riprogettare il 15mm, ottica che andava
per la maggiore), l'introduzione
di una simile ed importantissima miglioria fu procrastinata addirittura fino al
1980, lasciando il progetto per
anni in naftalina (una consuetudine purtroppo usuale per questa Casa...).
La Nippon Kogaku mise in produzione la Calypso praticamente
senza alcuna
modifica tecnico-funzionale, creando dal nulla il brand "NIKONOS" per
la sua
nuova gamma di prodotti subacquei; la Nikonos I dell'Agosto 1963 è
effettivamente
una copia conforme della Calypso, e le differenze si fermano alla finitura
esterna: la
verniciatura raggrinzente opaca fu sostituita con una più convenzionale
laccatura nera,
estesa anche alla ghiera di bloccaggio sul tettuccio, mentre i curiosi riporti
grigio-chiaro
presenti sull'originale francese furono rimpiazzati con settori gommati e
finitura a diamante,
analoghi a quelli presenti sulle ghiere dei primi zoom-Nikkor; va detto che
negli accordi
bilaterali per la cessione del progetto vigeva una clausola secondo la quale, in
certi paesi
europei, per alcuni anni l'apparecchio sarebbe stato identificato come Calypso/Nikkor
(mantenendo quindi la denominazione originale), rinunciando alla denominazione
Nikonos;
questa clausola fu in vigore per tutta la produzione dei modelli I e II, almeno
fino al 1975.
La modifica più consistente riguarda la dotazione ottica: l'obiettivo Flor 35mm
f/3,5 non faceva
parte del pacchetto, nè la Nippon Kogaku avrebbe mai rinunciato ad equipaggiare
la Nikonos
con un ottica Nikkor... Il problema sta nel fatto che quest'apparecchio presenta
un tiraggio
estremamente ridotto, quindi nessun nocciolo ottico di derivazione Nikon F
sarebbe stato
idoneo, sia per posizione rispetto al piano focale sia per diametro delle
lenti... Il candidato
ideale per il trapianto fu identificato nel Nikkor-W 3,5cm f/2,5 per Nikon S a
telemetro, il
cui schema Gauss a 6 lenti in 4 gruppi simmetrici presentava spazio retrofocale
e dimensioni
perfettamente idonee per "calzare" nella meccanica dell'ottica
subacquea, anche se il diametro
superiore, dovuto anche alla luminosità più elevata, costrinse a rinunciare
alla finestratura
rettangolare che originalmente incorniciava l'ottica Som Berthiot.
L'ottica che equipaggiò la Calypso/Nikkor - Nikonos I del
1963
è estremamente simile al modello originale de La Spirotechnique.
tuttavia, inspiegabilmente, i tecnici giapponesi decisero di eliminare
le linee di fede che collegavano i pomelli esterni ai relativi indici,
riducendo anche le dimensioni delle cifre numeriche; questo naturalmente
penalizzò la chiarezza e la rapidità di lettura, un errore implicitamente
riconosciuto dalla Nippon Kogaku la quale, contemporaneamente al
lancio della Nikonos II (Agosto 1968) introdusse nuovamente le linee-guida
previste all'origine dal modello francese e modificò anche la grafica,
introducendo
una doppia misurazione metri/piedi e snellendo la scala dei diagrammi con numeri
più chiari e privi di indici;la ricerca di una sempre maggiore immediatezza
intuitiva
nelle operazioni sul campo portò ad una quarta versione, introdotta con la
Nikonos III
del 1975, nella quale il nottolino di controllo del diaframma era anodizzato in
nero, rendendo
riconoscibile senza equivoci quello delegato alla messa a fuoco, una finitura
estesa anche a tutto
il barilotto esterno che restituisce un'estetica più moderna. Come nel caso del
Som Berthiot
Flor originale, anche il Nikkor era stato trasferito su un'ottica subacquea
senza l'adozione di
un oculare emisferico correttore, limitandosi a proteggerlo con un vetro
piano-parallelo; in
questo caso l'obiettivo non riceve alcuna compensazione per l'indice di
rifrazione dell'acqua
(1,333) e la focale "percepita" equivale a 46,6mm.
Un magnifico dettaglio mutuato dall'obiettivo della
CalypsoPhot consiste nella linea di fede
inferiore che prosegue senza soluzione di continuità sul disco con i valori di
diaframma e
che quindi mantiene la sua grafica a tutte le aperture impostate.
(per realizzare questa ed altre immagini che seguiranno, ho
svegliato la mia Nikonos V da un sonno
ventennale, ed ho notato che le guarnizioni di tenuta applicate attorno al vetro
protettivo dell'obiettivo
ed alla lastrina anteriore del mirino Albada avevano rilasciato nel tempo delle
sostanze volatili
che avevano imbrattato l'area perimetrale dei vetri con un alone di sostanza
molto tenace, che
produce per interferenza un riflesso azzurrino; per toglierla è stato
necessario effettuare numerose
passate con solvente - Tricloroetilene - applicato con bastoncini per orecchie;
la sostanza è risultata
in realtà di colore giallo limone ed è stata evidentemente deposta per
rilascio chimico da parte dei
materiali di tenuta... Il fatto non ha lasciato conseguenze estetiche o danni
permanenti, ma credo
che vada citato, quantomeno a titolo di curiosità statistica).
La "nuova" Nikonos, supportata da un battage pubblicitario a tappeto
su scala mondiale che
La Spirotechnique non si sarebbe mai potuta permettere, incontrò un grande
successo e divenne
rapidamente l'apparecchio subacqueo per antonomasia; negli anni il sistema ed i
modelli si sono
ovviamente evoluti, portando alla seguente gamma:
Modello originale, strettamente derivato dalla CalypsoPhot,
con finiture
esterne riviste, ottica W-Nikkor 35mm f/2,5 ed otturatore fino ad 1/500",
come sulle ultime Calypso.
(credits: picture Nippon Kogaku K.K.)
La Nikonos II presenta migliorie nel sistema di riavvolgimento
del film,
ora dotato di manettino rapido, mentre l'ottica è dotata di doppia scala
metrica ed indici di riferimento.
(credits: picture Nippon Kogaku K.K.)
La Nikonos III del 1975 (la prima a non richiedere più la
denominazione
Calypso/Nikkor, per decadenza del contratto) è forse il modello esteticamente
più sgraziato della serie, dal momento che si è cercato di evolvere il design
originale, caratterizzato da rarefatto equilibrio, senza però convertirlo
in qualcosa
di completamente nuovo ed armonioso: il corpo è più grande, il manettino di
riavvolgimento e la ghiera dei tempi sono stati ulteriormente sovradimensionati
per renderli più pratici durante l'uso con i guanti in neoprene, ed il loro
look è
molto più moderno; è stato migliorato anche il mirino, ora dotato di
cornicette
illuminate per l'inquadratura con obiettivi da 35 ed 80mm, mentre l'ormai
obsoleto
punto di contatto col modello originale è costituito dall'insolita leva di
carica con
movimento invertito. Si tratta ancora di un corpo macchina squisitamente
meccanico
e manuale, privo di esposimetro e lettura TTL flash, un limite non da poco nelle
complesse riprese subacquee.
(credits: picture Nippon Kogaku K.K.)
La Nikonos IV-A del 1980 tagliò drasticamente i ponti con il
passato,
adottando un corpo macchina completamente nuovo realizzato il pressofusione
di alluminio, con mirino Albada in posizione centrale e nuovi comandi, con
ghiera
dei tempi coassiale alla leva di carica (un dettaglio all'epoca introdotto da
Giugiaro
sul modello EM ed evidentemente molto "apprezzato" in casa Nikon) ed
appendice
ergonomica sul lato destro che incorpora il visibilissimo pulsante di scatto,
dotato di
blocco contro gli azionamenti accidentali. Abbandonato l'originale ma
ingombrante otturatore
di derivazione La Spirotechnique, alla Nikon utilizzarono un modello più
convenzionale
e la principale caratteristica distintiva del modello IV-A sta nell'adozione di
un esposimetro
incorporato a lettura TTL (grazie ad un fotodiodo orientato verso una lamella
dell'otturatore
dotata di riflettanza prestabilita, come ancora oggi avviene sui modelli Leica
M), che permette
- finalmente! - un pratico funzionamento in automatismo a priorità di diaframmi
e l'opzione
del controllo TTL-flash, davvero impagabile sott'acqua; la ghiera per
l'impostazione delle
sensibilità è coassiale al manettino di riavvolgimento mentre la ghiera
principale consente
di selezionare solamente il funzionamento automatico, la posa B ed il tempo
meccanico di
emergenza (1/90"): non è dunque previsto un funzionamento manuale e
l'otturatore elettronico
richiede energia elettrica per operare. Nel mirino è stata inserita una batteria
di LED per il
controllo delle funzioni ed il percorso ottico richiesto dalla lettura TTL
obbligò la Nippon
Kogaku a riprogettare il famoso Nikkor 15mm f/2,8 e a lanciare sul mercato una
complessa
versione retrofocus che lasciasse un sufficiente spazio retrofocale libero.
(credits: picture Nippon Kogaku K.K.)
Il modello Nikonos V, svelato nel 1983, è l'ultima evoluzione
dei corpi macchina a messa a fuoco manuale, e ricalca le impostazioni
di base della IV-A, adottando però un nuovo corpo in fusione Silumin
(speciale lega di alluminio, rame e silicio temprata a vapore, molto
resistente),
caratteristica ereditata dai corpi Nikon dell'epoca, le cui porosità venivano
successivamente otturate e che era dotato di una finitura esterna
particolarmente
resistente alla corrosione salina; anche i riporti gommosi ed il design del
mirino Albada
e di molti componenti esterni sono stati rivisti e meglio armonizzati
all'estetica globale.
La Nikonos V venne fornita in doppia esecuzione dalle finiture: arancio
fluorescente
(più indicata per le riprese subacquee) o verde (dedicata all'uso militare in
condizioni
climatiche o ambientali estreme), ed eredita dal modello precedente
l'esposizione
automatica a priorità di diaframmi e la lettura TTL-flash, aggiungendo
l'opzione
dell'esposizione manuale, con scala di tempi aggiuntivi (da 1/30" ad
1/1000") riportata
sulla ghiera principale. Anche questo corpo dipende dall'alimentazione elettrica
ed in
caso di emergenza può contare sul tempo meccanico di 1/90"; anche la gamma
di tempi
"ufficiali" in automatico è limitata ad 1/30", ma provando con
la mia Nikonos V personale
ho notato che l'apparecchio inserisce - se necessario - anche tempi decisamente
più lunghi,
sebbene non indicati nel mirino per l'assenza dei relativi LED. Un piccolo
appunto legato
ai modelli IV-A e V: gli anelli in plastica lucida sui quali sono riportati i
valori ISO ed i
comandi principali sono realizzati con un polimero che si graffia con una
facilità davvero
estrema, una scelta poco condivisibile e ben lontana dalla spartana robustezza
dei primi modelli.
(credits: pictures Nippon Kogaku K.K.)
Una sezione della Nikonos V evidenzia il percorso ottico del
sistema di lettura
esposimetrica TTL, garantita da un fotodiodo al silicio puntato su una lamella
dell'otturatore metallico, rifinita in un colore dalle opportune caratteristiche
riflettenti.
(credits: drawing Nippon Kogaku K.K.)
Alcune viste della Nikonos V mettono in evidenza la gamma di
tempi manuali aggiunti
sulla ghiera principale, la robustissima slitta di servizio per applicare i
mirini esterni
(ottici o a traguardo), gli occhielli per la cinghia sorprendentemente identici
a quelli
delle coeve Nikon terrestri, il piacevole riporto dal colore vivace e l'apertura
a chiavetta
per il dorso stagno, sovradimensionata e protetta da un pulsante di sicurezza in
plastica
di colore arancio.
Aprendo il robusto dorso in fusione Silumin dotato di O-ring
perimetrale e rinforzi,
appare il grosso pressapellicola applicato direttamente al corpo ed incernierato
in
alto, esattamente come nella Calypso originale; sollevando il pressapellicola
(tenuto
in posizione da una molla di vincolo) appare un otturatore a scorrimento
verticale con
tendine metalliche di aspetto consueto. Sarebbe stato più economico e logico
applicare
il pressapellicola al dorso incernierato, ma - come detto - probabilmente è
stata mantenuta
la configurazione originale perchè impedisce ad eventuali gocce d'acqua di
cadere direttamente
sulle lamelle dell'otturatore stesso.
All'interno del corpo un robustissimo dispositivo di fermo ad
avanzamento
progressivo schiaccia l'O-ring di tenuta e blocca efficacemente il dorso
nella posizione di lavoro; notate l'aspetto grezzo e spartano che caratterizza
l'interno del corpo macchina, con le fusioni metalliche a vista non rifinite.
Il mirino tipo Albada della Nikonos V dispone delle cornicette
per l'obiettivo da 35mm,
dotate di riferimento di parallasse per le distanze di messa a fuoco
ravvicinate, e la
sua proiezione consente di visualizzare efficacemente i riferimenti di campo
anche
indossando la maschera subacquea, mentre la batteria di LED risulta visibile
solamente
da una posizione ben determinata, e talvolta occorre letteralmente cercarla.
Questa immagine evidenzia in dettaglio il sistema di fissaggio
ereditato dai vecchi corpi
con cassa esterna separata: la baionetta di fissaggio (in colore verde) risulta
molto infossata
all'interno del corpo macchina, mentre la tenuta stagna è garantita dalla culla
esterna che
schiaccia l'O-ring dell'obiettivo innestato (in colore rosso).
Una vista ravvicinata chiarisce meglio i dettagli appena
descritti e mette in risalto
il pozzetto inferiore che contiene il fotodiodo per la lettura TTL-flash (mentre
quello
delegato alla lettura esposimetrica sulla tendina dell'otturatore si trova nella
parte alta
del box).
Quest'immagine illustra la Nikonos V con gli speciali tappi
per l'obiettivo,
il suo paraluce dedicato in plastica ed il kit di manutenzione del corpo che
comprende quattro O-ring di ricambio ed un tubetto di grasso siliconico per
umettare le guarnizioni prima dell'uso; gli O-ring sono destinati al dorso, alla
baionetta dell'obiettivo, al tappo stagno che copre la presa per il cavo del
flash ed al tappo del vano batterie. Il paraluce presenta due settori
contrapposti
privi di filettatura che creano due asole, concepite per facilitare
l'evacuazione
dell'acqua dall'interno del paraluce stesso.
L'obiettivo col paraluce dedicato in posizione: il suo impiego
è utile sia sulla
terraferma (per limitare i riflessi parassiti del vetro piano-parallelo
anteriore)
sia sott'acqua (per proteggere l'obiettivo da danni dovuti ad urti accidentali
contro rocce e scogli).
Il corpo macchina veniva fornito con un semplice tappo in PET
a pressione,
anonimo; nell'immagine si notano i settori mancanti del paraluce utili per
drenare
l'acqua.
Tutte le versioni di Nikonos finora descritte, indistintamente, erano garantite fino ad una profondità
di 50 metri.
La Nikon era cosciente che, da anni, gli utenti chiedevano a
gran voce un
corpo Nikonos più pratico e veloce da utilizzare nei critici contesti che gli
sono propri, ma si rendeva conto che non era possibile continuare ad
aggiornare la gamma esistente, ormai arrivata ai suoi limiti evolutivi; la Casa
decise quindi di stupire tutti e nel 1992 presentò un nuovo sistema Nikonos
definito RS e basato su un magnifico ed impressionante corpo macchina in grado
di replicare fino a 100m di profondità le caratteristiche di una buona reflex
dell'epoca,
garantendo funzionamento automatico e manuale, varie modalità di lettura
esposimetrica,
compresa quella multi-pattern, e addirittura l'autofocus, primizia assoluta nel
settore!
Altri dettagli come avanzamento e riavvolgimento motorizzato, esposizione TTL
matrix
estesa anche al flash, contafotogrammi illuminato e mirino d'azione con speciale
pentaprisma
a proiezione estremamente arretrata rendevano questo costosissimo apparecchio l'optimum
per questo settore. A corredo venne prevista una gamma di nuovi obiettivi R-UW
AF-Nikkor.
(credits: picture Nkon Corporation.)
La sezione della Nikonos RS AF evidenzia la grande
complessità di quest'apparecchio
(il cui hardware funzionale deriva dal modello F-601 AF) ed il mostruoso
sovradimensionamento
di certi dettagli; la lettura TTL per esposimetro e flash opera in modo
convenzionale ed il
fascio per la lettura viene indirizzato sul fotodiodo da uno specchio secondario
posto dietro
a quello principale, mentre utilizzando il flash la fotocellula misura
direttamente la luce riflessa
dalla pellicola, a specchio alzato. La sezione rivela anche la particolare
struttura del pentaprisma,
dotato di un sezione semi-argentata e derivato dai classici mirini d'azione
tipo DA che equipaggiano
i corpi Nikon professionali per impiego terrestre.
(credits: drawing Nikon Corporation.)
Come accennavo, la Nippon Kogaku fin dagli esordi garantì
alla nuova gamma Nikonos il
necessario supporto pubblicitario (si trattava di creare dal nulla una nicchia
di consumatori),
e gli advertising che seguono scandiscono l'evoluzione del celebre sistema
subacqueo.
Advertising per Nikonos I; curiosamente, la fotografia
illustra una finitura
alternativa, con guance riportate realizzate in un materiale candido.
(credits: adverting Nippon Kogaku K.K.)
Advertising giapponese per la Nikonos II; si può notare come
gia
all'epoca fosse sentita la necessità di differenziare visivamente i due
pomelli, e l'obiettivo nell'illustrazione è equipaggiato con due accessori
in resina inseriti sui nottolini metallici e cromaticamente ben distinti.
(credits: adverting Nippon Kogaku K.K.)
Advertising per la Nikonos III, ambientata in uno scenario
quasi alieno,
scelto per evocare l'appartenenza dell'apparecchio ad una nicchia particolare.
(credits: adverting Nippon Kogaku K.K.)
Una ragazza orientale, in posa un po' stereotipata, funge da
modella
per un altro spot dedicato alla Nikonos III.
(credits: adverting Nippon Kogaku K.K.)
Questa scheda pubblicitaria illustra chiaramente le principali
novità introdotte
con la Nikonos IV-A del 1980: il circuito esposimetrico con fotodiodo al
silicio (con filtro blu per migliorare la risposta spettrale) e lo schema del
funzionamento TTL consentito dalla particolare colorazione applicata
all'otturatore (visibile all'interno del bocchettone). Si può notare che la
Nikon
ha mantenuto sulla IV-A (ed anche sulla V) il pressapellicola incernierato in
alto, e solidale al corpo, che equipaggiava le Nikonos originali, anche se non
sussisteva più alcuna ragione tecnica per questa scelta... Suppongo che questo
dettaglio sia stato mantenuto perchè fornisce una qualche protezione
all'otturatore
nel caso che - aprendo il dorso - una goccia d'acqua vi finisca malauguratamente
sopra.
(credits: adverting Nippon Kogaku K.K.)
Un'ammiccante immagine che conferma lo stereotipo: una ragazza
carina e lo spot funziona sempre...
(credits: adverting Nippon Kogaku K.K.)
Viceversa, per presentare la Nikonos RS AF non servono tanti
artifizi: basta la sua
imponente complessione da Bismark della foto subacquea per impressionare col suo
tonnellaggio i potenziali clienti!
(credits: adverting Nkon Corporation)
Dopo questa doverosa carrellata sull'origine del sistema e sui
corpi macchina prodotti, passiamo
alle caratteristiche tecniche ed ottiche dei vari obiettivi, dal momento che la
stessa Casa è sempre
stata piuttosto avara di informazioni al riguardo; la gamma di ottiche per
Nikonos non reflex, nel
tempo, ha annoverato un 15mm f/2,8 non retrofocus, un 15mm f/2,8 retrofocus, un
20mm f/2,8,
un 28mm f/3,5, un 28mm f/2,8 non subacqueo, un 35mm f/2,5 ed un 80mm f/4; per la
Nikonos
RS AF vennero invece approntati un incredibile zoom AF 20-35mm f/2,8, un AF 28mm
f/2,8,
un AF micro-Nikkor 50mm f/2,8 che consente di arrivare al rapporto di
riproduzione di 1:1
ed un imprevedibile AF Fisheye-Nikkor 13mm f/2,8 da 170° sulla diagonale; gli
schemi ottici
che seguono, in massima parte, sono stati disegnati in Spagna, appositamente e
con estrema
precisione, dal Prof. Vicent Cabo, ed approfitto per ringraziarlo
affettuosamente per la collaborazione;
molti dei dati allegati agli schemi sono assolutamente inediti e divulgati in
questa sede per la prima volta.
Chi ha praticato fotografia subacquea sa che il nemico
principale dell'immagine
nitida e brillante, specialmente col flash, è costituito dalla sospensione di
sabbia
e corpuscoli che intorbidiscono l'acqua e portano a risultati deludenti; in
questi
casi l'unica soluzione è quella di eseguire la ripresa alla minima distanza
possibile
dal soggetto, riducendo così lo spessore di acqua interposto: una scelta che
logicamente richiede l'utilizzo di forti grandangolari per recuperare un
sufficiente
campo visivo a distanze così ridotte, problema aggravato dalla rifrazione
dell'acqua
che riduce l'angolo di campo di 1,333 volte. A questo problema la Nippon
Kogaku
fornì una brillante risposta introducendo l' UW-Nikkor 15mm f/2,8, un obiettivo
che,
sott'acqua, si comporta come un "20mm" da oltre 90° e che, grazie al
suo schema ottico
simmetrico con due tripletti collati secondo lo schema "Wakimoto type"
(convex-concave-
convex) garantisce alta risoluzione e riprese contrastate fino a distanza molto
ravvicinata;
questo schema divenne inutilizzabile con la Nikonos IV-A del 1980, dal momento
che
la lente posteriore, molto a ridosso della pellicola, impediva l'esercizio del
fotodiodo
esposimetrico; la Casa fu dunque obbligata ad abbandonare lo schema semplice ed
efficacissimo del 15mm originale, progettando l'UW-Nikkor 15mm f/2,8 N a schema
retrofocus, la cui distanza retrofocale è sufficiente per non interferire con
l'esposimetro.
l'UW-Nikkor 20mm f/2,8 copre in immersione circa 80° e venne
progettato da Koichi Wakamiya; l'elemento frontale a contatto
diretto con l'acqua è realizzato in vetro BK-7, una scelta condivisa
da tutti gli obiettivi del lotto e giustificata dalla grande resistenza
offerta da questo materiale alla pressione e all'aggressione chimica;
non ultimo, è un vetro relativamente economico, considerazione
importante per lenti di grandi dimensioni.
l'UW-Nikkor 28mm f/3,5 è uno dei primi obiettivi opzionali
realizzati per Nikonos,
ai tempi in cui la distanza retrofocale non era un problema e veniva
privilegiata la
compattezza della montatura originale progettata da Jean de Wouters: non deve
stupire, quindi, se è stato adottato un classico schema non retrofocus,
utilizzato
anche in altri modelli Nikkor così come da Canon e Leitz: curiosamente,
l'elemento
correttore anteriore è biconcavo. L'angolo di campo in immersione corrisponde a
quello di un 37,3mm. I modelli descritti fin'ora sono utilizzabili solamente
in immersione.
Per coloro che acquistavano la Nikonos in vista di un utilizzo
terrestre
in condizioni climatiche estreme, la Nikon realizzò uno speciale obiettivo
denominato LW-Nikkor 28mm f/2,8 e caratterizzato da una tropicalizzazione
"leggera", in grado di resistere all'acqua ma non alla pressione in
immersione.
L'estetica di quest'obiettivo differiva da quella convenzionale ed era
strutturata
in modo convenzionale, con ghiere elicoidali ed una finitura analoga a quella
del Nikon Lens Series E di pari focale e luminosità, da quale - peraltro -
ereditava
anche il semplice nocciolo ottico.
L'obiettivo basilare del sistema, introdotto fin dal primo
modello
e rimasto otticamente invariato per decenni, è il W-Nikkor 35mm f/2,5;
il nocciolo ottico è stato derivato senza modifiche da quello della versione
per Nikon a telemetro, aggiungendo un vetro protettivo pianoparallelo:
questa caratteristica consente all'obiettivo un utilizzo anfibio, sia sott'acqua
che nell'impiego terrestre convenzionale; naturalmente, in immersione, l'angolo
di campo corrisponde a quello di un 46,6mm; è un obiettivo economico e
versatile, sufficientemente luminoso e nitido per qualsiasi esigenza standard.
La focale più lunga del sistema è rappresentata dal Nikkor
80mm f/4,
corrispondente in immersione ad un 106,6mm: un corto teleobiettivo
che non ha incontrato grande successo soprattutto per le ovvie limitazioni
operative legate alla messa a fuoco su scala metrica, decisamente critica
con una focale così lunga; la struttura ottica è molto classica, e richiama
direttamente il celebre Zeiss Telikon progettato da Richter a metà anni '30.
Anche in questo caso l'oblò anteriore è piano-parallelo, consentendo
all'obiettivo un funzionamento anfibio, ferme restando le limitazioni legate
alla messa a fuoco stimata.
Gli obiettivi per Nikonos RS AF esibiscono una finitura
moderna e spettacolare,
ben raccordata con quella dell'impressionante corpo macchina; per questo sistema
la Nikon ha realizzato addirittura un obiettivo fisheye, caratterizzato
dall'enorme
oblò correttore anteriore e da una struttura basilare non dissimile dal
fisheye-Nikkor
16mm f/2,8 terrestre; l'ottica in questione è l'R-UW Fisheye-Nikkor 13mm f/2,8
ed in immersione copre 170° sulla diagonale con la classica distorsione a
barilotto
che è propria dei fisheye a copertura totale. Le ottiche di questa gamma
sfoggiano
dei vistosissimi O-ring di colore arancio mentre i comandi relativi al diaframma
sono
riportati in una ghiera sul corpo macchina, facilmente azionabile col pollice
destro,
Infine, la messa a fuoco impostata è visibile da un'apposita finestra sul
barilotto,
in modo analogo agli AF-Nikkor terrestri.
Quest'obiettivo venne progettato da Motohisa Mouri e, come di
consueto, presenta un elemento frontale in vetro BK-7, mentre
due elementi contigui dei doppietti posteriori sono realizzati con
un vetro PK a bassa dispersione, per controllare l'aberrazione
cromatica, un classico problema con questo tipo di ottiche.
Curiosamente è applicato un filtro posteriore neutro in posizione
fissa. Nel progetto originale sono previste tre opzioni: una da 180°,
una da 170° (quella prodotta) ed una da poco più di 160°.
Uno degli obiettivi più impressionanti del sistema Nikonos RS
AF è rappresentato
da questo incredibile R-UW AF-Zoom-Nikkor 20-35mm f/2,8, il primo ed unico
zoom subacqueo autofocus del mondo; l'obiettivo è estremamente ingombrante e
pesante ma garantisce l'impagabile opportunità di variare la focale in
immersione;
a tale proposito, quest'obiettivo è l'unico della gamma RS a disporre di un
nottolino
girevole, deputato proprio alla variazione di focale. L'ottica era estremamente
costosa
e solo pochi e fortunati utenti hanno avuto il piacere di utilizzarlo.
Analizzando il suo schema ottico ricavato dal progetto
originale, si resta stupiti
dal fatto che, pur essendo stato calcolato nel 1991-92, la sua struttura appare
molto semplice ed anche "vintage", richiamando direttamente - oblò
correttore
a parte - certi zoom-Nikkor degli anni '70; la spiegazione va ricercata
nella
necessità di sfruttare un gruppo ottico che richiedesse la movimentazione di
lenti più semplice possibile, dal momento che tutto andava gestito con la mera
rotazione del nottolino esterno, senza poter sfruttare grosse ghiere con
relative
asole per le camme.
La sezione mostra come il nottolino esterno debba gestire
tutti i movimenti
legati alla variazione di focale, e proprio per tale ragione è stato
privilegiato
uno schema molto semplice ed un po' datato, gestito però dal movimento
di due soli gruppi di lenti: passando da 20mm a 35mm, il modulo costituito
dalle lenti L2-L3-L4 arretra mentre quello composto dagli elementi L5-L6-
L7-L8-L9 avanza (l'oblò correttore ed il filtro posteriore restano fermi):
una cinematica elementare che può essere gestita anche con queste grosse
limitazioni meccaniche.
Questo schema inedito evidenzia le principali caratteristiche
ottiche
dell'obiettivo; come potete notare, il movimento dei gruppi FLOAT 1
e FLOAT 2 modifica gli spazi D2 - D8 - D18: infatti, passando da
20mm a 35mm, lo spazio D8 si riduce da circa 34mm a meno di 5mm,
e di conseguenza gli spazi D2 e D18 aumentano, mentre lo spazio retrofocale
BF, definito dal filtro posteriore fisso, ovviamente non varia. Lo schema non
prevede vetri a bassa dispersione ma sono presenti due Flint al Lantanio,
due Krown al Lantanio e due SF ad alta rifrazione/alta dispersione; l'oblò
correttore anteriore ed il filtro posteriore sono invece realizzati, ancora una
volta, in vetro BK-7.
L'obiettivo standard per la Nikonos RS è un R-UW AF-Nikkor
28mm f/2,8 caratterizzato
da un semplice schema a 5 lenti che riecheggia una struttura molto utilizzata
dalla Nikon per
i suoi Nikkor terresti, e presente anche nel 28mm f/3,5 AiS, nel 28mm f/2,8 SE,
nel 28mm f/2,8
AF prima serie e nel 35mm f/2,8 AiS; in questo caso la versatilità d'uso è
notevolmente
incrementata dalla messa a fuoco minima molto ridotta, che consente un rapporto
di riproduzione
pari ad 1:6, un valore che permette di districarsi nella maggior parte delle
situazioni.
Lo schema semplice ma funzionale dell'obiettivo utilizza
direttamente
la lente anteriore come oblò correttore, senza elementi aggiuntivi.
L'introduzione dell'autofocus, in un campo dove la distanza
apparente stimata è 1,333 volte inferiore
a quella reale, ha rappresentato un miglioramento tecnico di portata
inestimabile, ed una delle sue applicazioni
più eloquenti è rappresentata da questo R-UW AF-Micro-Nikkor 50mm f/2,8, un
sofisticato obiettivo macro
flottante in grado di passare senza soluzione di continuità da infinito ad 1:1.
Effettivamente, la ripresa macro è
una delle pratiche più diffuse nella fotografia subacquea, vuoi per la bellezza
ed il cromatismo di certi piccoli
soggetti vuoi per la superiore brillantezza garantita dal ridottissimo spessore
d'acqua... Il precedente sistema
Nikonos disponeva di appositi accessori macro da applicare all'obiettivo base,
completi di distanziale e cornice
di campo per l'inquadratura approssimativa, ma il loro impiego era poco pratico
ed escludeva la possibilità di
passare a riprese a distanze normali; viceversa, questo notevole obiettivo, che
in immersione si comporta come
un 66,6mm, garantisce una grande versatilità, prestazioni elevate e facilità
di messa a fuoco.
L'obiettivo venne progettato da Fumio Suzuki in collaborazione
con
Yoshinari Hamanishi-San, un veterano ed autentico specialista nel calcolo
dei moderni Micro-Nikkor; il sistema ottico è protetto da uno spesso
vetro piano-parallelo in BK-7 e prevede un complesso Gauss mobile a
7 lenti in 6 gruppi seguito da un doppietto di campo spaziato ad aria che
resta fisso durante la messa a fuoco, garantendo la compensazione delle
aberrazioni; è uno schema funzionale collaudato e già visto, ad esempio,
nell'AF-Micro-Nikkor 60mm f/2,8 terrestre. Il cinematismo descritto
viene confermato dalla variazione delle quote in esercizio: passando da
infinito ad 1:1 lo spazio d2 che separa l'oblò anteriore dal Gauss mobile
passa da oltre 43mm a poco più di 5mm, e viceversa lo spazio d15,
interposto fra il Gauss anteriore mobile ed il doppietto posteriore fisso,
passa da circa 4,4mm ad oltre 42mm; siccome le due lenti posteriori
restano fisse, lo spazio retrofocale Bf , che misura circa 45mm, rimane
invariato. Questo speciale obiettivo si avvale di vetri moderni ed
utilizza ben 5 elementi in vetro Flint al Lantanio e tre "SF" Dense
Flint
ad alta rifrazione ed alta dispersione, con particolare riferimento al
vetro della lente L6, un materiale proprietario Nikon con indice di
rifrazione di ben 1,86. La focale effettiva dell'obiettivo è di 51,6mm.
E' interessante notare che, nonostante l'autofocus avesse
risolto i problemi di messa a fuoco con
le focali più lunghe, per la gamma Nikonos RS non è stato commercializzato
alcun teleobiettivo;
tuttavia, l'ipotesi venne a lungo ventilata nelle fasi preliminari di calcolo. Ad esempio, nel progetto
originale dell'R-UW AF-Micro-Nikkor 50mm f/2,8 sono presenti due interessanti
prototipi
alternativi: il primo prevede una focale standard da 51,6mm ma incorpora un
oblò anteriori con
superfici rifrangenti curve, mentre il secondo rivela una focale di 105mm esatti
ed il suo schema
è simile come concetto a quello dell'AF-Micro-Nikkor 105mm f/2,8, ivi compreso
il tripletto
correttore posteriore in posizione fissa... L'intenzione di completare in alto la
gamma con un R-UW
AF-Micro-Nikkor 105mm f/2,8 è suffragata anche da un altro calcolo mai sfociato
in produzione
e tutto dedicato ad un 105mm f/2,8 micro per Nikonos RS; ecco gli schemi
originali del progetto.
Questi 5 prototipi si riferiscono dunque al progetto per un
ipotetico
R-UW AF-Micro-Nikkor 105mm f/2,8 che non raggiunse mai la
produzione; l'elaborata serie di calcoli fu portata a termine sempre da
Fumio Suzuki e venne completata nell'Aprile del 1993; lo schema
"floating diagram" evidenzia una evoluzione rispetto al funzionamento
dell'R-UW AF-Micro-Nikkor 50mm f/2,8 di produzione: in questo
caso il modulo Gaussiano mobile è costituito da due sottogruppi di lenti,
posti uno davanti ed uno dietro il diaframma; focheggiando a distanze
ravvicinate, l'oblò anteriore L1 resta fisso, il gruppo di lenti L2-L7 avanza
ed il gruppo di campo posteriore L8-L10 resta fisso; tuttavia, durante il
flottaggio, lo spazio fra i sottogruppi G2 e G3 varia, dal momento che il
pacchetto di lenti L2-L3-L4 avanza con un movimento asincrono rispetto
al pacchetto L5-L6-L7; in pratica, la lente d'aria contenuta all'interno del
Gauss viene modificata durante la messa a fuoco, garantendo un più accurato
controllo sulle aberrazioni a tutte le scale di riproduzione. Anche in questo
caso lo schema, escludendo l'oblò protettivo anteriore, riecheggia l'AF-
Micro-Nikkor 105mm f/2,8 terrestre, ed è interessante notare che i prototipi
n° 2 e n° 3 presentano un oblò anteriore con valore diottrico, ed in questo
caso divengono parte integrante e fattiva dello schema ottico.
Questo inedito schema riporta tutte le quote ed i parametri
che definiscono
l'esemplare preferenziale, ovvero quello che sarebbe stato dirottato alla
produzione, quando autorizzata; si può facilmente notare che lo spazio d8,
passando da infinito a 0,5x e successivamente ad 1x, diminuisce dagli
originali 22,17mm a 17,89mm a 16,56mm: questo indica che, partendo
da infinito, la corsa iniziale del gruppo G2 è percettibilmente inferiore a
quella del gruppo G3; successivamente, avvicinandosi ai massimi rapporti
di riproduzione, il movimento di G2 accelera e diviene simile a quello di G3,
come confermato dalla minima variazione denunciata dallo spazio d8 passando
da 0,5x (1:2) ad 1x (1:1).
I sistemi Nikonos ed i relativi obiettivi hanno rappresentato
un'avventura praticamente
unica nel panorama fotografico professionale, e per decenni hanno dominato il
campo
senza competitori credibili, dal momento che i sistemi concorrenti dovevano
accontentarsi
di scomodi scafandri stagni per corpi macchina convenzionali; è però
interessante notare
che nell'allora Unione Sovietica venne progettata una gamma di obiettivi
speciali, anch'essi
destinati a non meglio precisati utilizzi subacquei, denominati Hydrorussar, un
nome evocativo
che non richiede spiegazioni; le notizie su questa famiglia di ottiche speciali
sono estremamente
scarne e persino la dinamica del loro utilizzo è misteriosa: tali obiettivi
sono dotati di uno spesso
oblò anteriore a tenuta d'acqua, suggerendo un impiego diretto in immersione a
grande profondità,
ma le rarissime immagini li immortalano abbinati a corpi 35mm sovietici a
telemetro con attacco
39x1 assolutamente convenzionali, per uso terrestre, ed alcuni di essi
dispongono di una comune
ghiera del diaframma... Non posso quindi azzardare alcuna ipotesi sulla
destinazione di questi
misteriosi ed affascinanti obiettivi, la cui rarità lascia pensare che si
tratti, come spesso è avvenuto
nella prolifica produzione ottica sovietica, di prototipi realizzati in lotti
numericamente ridotti.
Gli schemi che seguono si riferiscono a numerosi esemplari della famiglia
Hydrorussar, la cui
destinazione all'impiego subacqueo è confermata senza equivoci dallo spesso
vetro anteriore
con grafica che riproduce il fluido, e molti degli schemi adottati sono davvero
interessanti, anche
se cronologicamente datati, trattandosi di ottiche progettate decine di anni fa.
La gamma dei misteriosi obiettivi subacquei sovietici
Hydrorussar presenta
schemi molto interessanti, alcuni dei quali riecheggiano famosi calcoli ottici
tedeschi del passato come Protar, Biogon o Plasmat; è interessante notare
che in alcune versioni (Hydrorussar-6, Hydrorussar-7, Hydrorussar-9)
l'oblò anteriore è ibrido, con faccia piano-parallela esterna e superficie
rifrangente interna. La versione 9 è estremamente interessante, perchè
abbina un angolo di campo di 90° (in aria) all'eccezionale luminosità f/1,5,
con distribuzione luminosa estremamente uniforme, distorsione ridotta
all'1,4% e risolvenza ai bordi estremi non inferiore al 50% di quella rilevata
sull'asse: un obiettivo che garantisca in acqua 76° di campo affettivo (come
quelli di un 28mm su terraferma) ed un'apertura f/1,5 è senz'altro uno
strumento formidabile per riprese subacquee in available light. Inoltre, i
modelli
11 e 12 sembrano ottiche ottimizzate per la macro a distanza ravvicinata, e la
ridotta focale mi suggerisce una destinazione su formati inferiori al 35mm,
forse
cinematografici? La versione Hydrorussar-4 presenta un vetro di protezione
di elevato spessore, forse prevedendo un impiego a grandi profondità con
l'ausilio
di una potente illuminazione artificiale (l'obiettivo è un f/10) mentre tutti i
modelli
dispongono di un vetro piano-parallelo posteriore a contatto con la pellicola
per
garantirne la planeità (soltanto l'Hydrorussar-7 si sottrae a questa costante).
Il sistema Nikonos e la sua evoluzione rappresentano una delle pagine più
affascinanti nella
storia della fotografia moderna: questi strumenti hanno offerto all'uomo comune
la possibilità
di contemplare le bellezze del mondo sottomarino, culla dei nostri antenati e
nostro progenitore
ancestrale, e la genesi quasi romanzata in terra di Francia costituisce un
intrigante dettaglio storico;
ritengo che l'originale CalypsoPhot nata dal genio di Jean de Wouters e prodotta
da La Spirotechnique
vada considerata un autentico capolavoro di design funzionale ed un pezzo
storicamente rilevante
per qualsiasi collezione di modernariato fotografico; è un vero peccato che la
Nikon abbia
bruscamente sospeso la produzione quando il sistema che, con la Nikonos RS, era
giunto all'acme
della maturità, e che non sia tornata sui suoi passi nemmeno ora, dal momento
che una Nikonos
equipaggiata con gli attuali sensori digitali sarebbe uno strumento di letale
efficacia, grazie alla
grande autonomia, alla possibilità di sfruttare elevate sensibilità ed al
bilanciamento del bianco
che potrebbe compensare gli shift cromatici verso tonalità fredde, ma tant'è:
la Nikonos è
storia e rappresenta un'avventura della quale la Casa madre non può che essere
orgogliosa.
Vorrei chiudere con un dettaglio intimistico: nelle mie
numerose "vite precedenti" annovero
un passato da scuba-diver in apnea, e fra i 12 ed i 19 anni di età ho praticato
assiduamente
immersioni e pesca subacquea, recuperando fra l'altro vasellame, chiodi e
placche metalliche
protettive dai resti di una nave oneraria romana del I° secolo dopo Cristo;
tempo dopo, a fine
anni '80, acquistai una Nikonos V, ma ormai le passioni erano orientate in altre
direzioni...
Risultato: a tuttora quella Nikonos V colore arancio non ha mai visto una goccia
d'acqua,
ed il suo esercizio complessivo è limitato ad un singolo rullo da 36
diapositive, impressionato
sulla terraferma per prova... Quando il sistema uscì di produzione ho
acquistato tre set di
O-ring e lubrificante siliconico di scorta, e di questo passo la Nikonos di
famiglia resisterà
per generazioni... :-)
(Marco Cavina)
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