MICRO-NIKKOR :
LA STORIA NON SCRITTA DEI MITICI
OBIETTIVI MACRO
PRODOTTI DALLA NIPPON KOGAKU
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ABSTRACT
Micro-Nikkor: just like in a famous Italian advertising, the word is enough; the
Micro-Nikkor saga
trendsetted the new class of versatile and tack-sharp all rounders, well
corrected for a broad range
of distances and subjects; Nippon Kogaku got benefits from the unprecedented
know-how in
developing microscopes and industrial repro-lenses, and all Micro-Nikkor
versions enjoy an
enviable reputation of top-end performers; my deep researches revealed an
handfull of very
interesting prototypes, sharing the state-of-the-art in applied technology, and
the definitive list
up to date (January 2007) whispers of no less than 66 different options, the
proof that the famous
japanese Brand never stopped developing this family of lenses that belongs to
the myth, and more
that any other star-dusted the venerable name of Nippon Kogaku; for the very
first time I'll
share with you the optical formulas, glass sorts and aberration curves of
unknown Micro-Nikkors'
prototypes, such as of well famed champions, sighting the ways of the concept's
evolution;
I hope that all you enthusiasts will appreciate the massive job and get the
proper pleasure!
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Micro-Nikkor: come nella famosa
pubblicità, basta la parola! Chiunque abbia calcato la via della passione
fotografica
per breve tratto riconosce immediatamente la mitica serie di obiettivi Nikon
progettati specificamente per le riprese a
distanza ravvicinata, la cui qualità di riproduzione e correzione estrema delle
aberrazioni è divenuta proverbiale; questi
chiacchieratissimi obiettivi sono da sempre oggetto di accese discussioni fra
appassionati, e a senso comune si ritiene
che l'argomento sia stato abbondantemente disquisito e che non ci sia spazio per
aggiunte o sorprese; viceversa, da
fan di vecchia data (il mio primo Micro-Nikkor lo acquistai con cuore trepidante
nel lontano 1981) ho effettuato lunghe
ricerche nel mare di progetti realizzati nel corso degli anni dai tecnici della
Nikon, scoprendo inediti ed interessantissimi
modelli di Micro-Nikkor che non giunsero in produzione e che sono caratterizzati
da una tecnologia molto sofisticata;
considerando minuziosamente anche le variabili di produzione, spesso minime e
poco note, sono arrivato a censire la
bellezza di 66 opzioni diverse, conseguendo come di consueto l'obiettivo che mi
sta a cuore, ovvero la composizione
di un quadro completo ed esaustivo dove i prototipi non prodotti rappresentano
comunque spesso e volentieri dei
trait d'ùnion fra generazioni diverse di obiettivi realizzati in serie; ho
dispensato volentieri tempo ed energie sull'argomento
Micro-Nikkor: fotograficamente sono nato con la macrofotografia, e questi
splendidi obiettivi sono stati i primi
strumenti pratici e di alta qualità che abbia messo in batteria e che mi
permisero un vero salto di qualità, per lo meno
nella pura resa ottica...
Foto di famiglia con la serie di Micro-Nikkor che utilizzo
attualmente, dopo vari aggiustamenti, ritratta assieme
ad alcuni "cugini" parimenti destinati alle riprese a coniugate brevi:
ottimi obiettivi, senza eccezioni
In questo schema ho riunito per la prima volta tutti i
Micro-Nikkor, comprendendo sia le articolate variabili
di produzione che i numerosi prototipi, mai prodotti e di fatto sconosciuti,
arrivando a censire ben 66 opzioni
diverse! Appare evidente che l'universo Micro-Nikkor è ben più complesso di
quanto comunemente immaginato;
l'elenco è aggiornato alla data di pubblicazione, Gennaio 2007
Tutto esordì, come già accennato nell'articolo sugli
Ultra-Micro-Nikkor, ad inizio anni '50, quando le reprocamere americane
per microfilmare le pagine di testo (giunte nell'occupied Japan in seguito ad
accordi commerciali coatti) non consentivano la risoluzione
sufficiente per riprodurre in modo riconoscibile il carattere Kanji,
graficamente ben più complesso del nostro, e si sentì l'esigenza
di disporre di un obiettivo dotato di risoluzione superiore, che si adattasse
all'uopo; la richiesta fu indirizzata alla Nippon Kogaku,
che delegò lo studio di quest'ottica al celebre Zenji Wakimoto,
progettista-simbolo dell'azienda che in carriera fu insignito delle più
alte onorificenze civili in riconoscimento del suo lavoro di sviluppo
nell'ottica; Wakimoto vantava già una lunga esperienza nella
progettazione degli obiettivi da microscopio, e per il primo Micro-Nikkor si
basò proprio su un ottica di questo tipo, caratterizzata
da un ingrandimento 10x e da uno schema tipo Xenotar, rovesciandolo per
adattarlo alla riduzione; il primo Micro-Nikkor
in vendita per le normali esigenze fotografiche fu il Micro-Nikkor-C (per coated)
5cm 1:3,5, lanciato sul mercato nel Novembre
1956 in montatura adatta alle Nikon S a telemetro; la montatura cromata
disponeva di un cannotto retrattile a due stadi, che
permetteva di focheggiare da infinito a 91cm in posizione collassata e da 91 a
45cm in posizione estratta; fu realizzata anche una
variante in attacco a vite 39x1 con anello di messa a fuoco rifinito in nero.
Con l'avvento e la rapida affermazione del sistema reflex
Nikon F si preventivò immediatamente di sfruttare il vantaggio della
precisa messa a fuoco TTL, convertendo il Micro-Nikkor 5cm della Nikon S alle
esigenze della F, cosa non indolore dato che
l'ingombro retrofocale richiesto dal movimento dello specchio obbligò
Wakimoto-San a ritoccare la focale, portandola a 55mm,
senza tuttavia modificare il validissimo schema originale, che garantiva una
smagliante riproduzione con alto contrasto,
astigmatismo trascurabile e risoluzione superiore alle convenzionali accoppiate
pellicola-sviluppo.
Il mitico schema ottico proprio all'originale Micro-Nikkor 5cm
1:3,5 della Nikon S e a tutte le successive
versioni 55mm 1:3,5 prodotte in attacco F fra l'Agosto 1961 e l'ottobre 1979; si
tratta di uno schema tipo
Schneider Xenotar derivato da un obiettivo Nikon da microscopio, invertito per
le differenti coniugate in
gioco; questo schema fornisce una resa di altissimo livello ed ha fatto scuola
anche fra la concorrenza,
come gli Olympus Zuiko e Minolta AF 50mm macro 1:3,5, solo per citare due esempi
Il micro-Nikkor 55mm 1:3,5, che vantava uno scostamento fra i piani di fuoco dei
tre colori primari così ridotto da
poterlo definire apocromatico, fu realizzato fra l'Agosto 1961 e l'Ottobre 1979
in nove varianti, a partire dalla prima opzione 5cm
dalla meccanica rudimentale, con diaframma a preselezione e messa a fuoco
diretta da infinito ad 1:1; nel 1963 l'obiettivo fu
ridisegnato con uno scafo simile a quello degli altri Nikkor, in finitura
cromata, diaframma automatico ed un sistema di compensazione
che apriva progressivamente il diaframma all'aumentare del tiraggio per
compensare automaticamente l'assorbimento fisiologico
di luce, ad uso delle Nikon F con i primitivi Photomic non-TTL; nel 1965, con
l'avvento del mirino Photomic T a funzionamento
TTL, il Micro-Nikkor 55mm 1:3,5 fu evoluto in una terza versione, priva della
compensazione automatica del diaframma - ora
inutile - e caratterizzata dalla ghiera di messa a fuoco rifinita in smalto nero
(il resto dell'ottica restava in cromo) con la ghiera del
diaframma - parimenti nera - dotata di nuove lavorazioni per aumentare
l'attrito; una quarta opzione, nota più che altro ai collezionisti,
fu introdotta poco dopo ed è caratterizzata da una modesta modifica alla ghiera
del diaframma, che avrebbe in seguito permesso
la modifica Ai (preclusa alle precedenti versioni); nel 1968 la quinta versione
fu dotata di presa di forza gommata sulla ghiera
di messa a fuoco, mentre i dati di targa indicavano "Micro-Nikkor-P
Auto" dove la P indicava il numero delle lenti (P = Pentè =
cinque); ad inizio 1970 la dicitura Nippon Kogaku fu sostituita da quella Nikon
(sesta versione), e pochi mesi dopo, nell'Aprile
1970, la settima versione prevedeva la dicitura "P-C Auto" ad indicare
un migliorato trattamento antiriflessi; l'ottava versione,
lanciata nel 1975, appartiene alla cosiddetta serie "K" pre-Ai ed è
caratterizzata dal trattamento multiplo NIC e da un'estetica
in tutto conforme ai successivi Ai, fatto salvo per l'assenza dell'omonimo
accoppiamento al corpo macchina e per la forcella
di accoppiamento al Photomic prima maniera, priva di finestrelle; la rivoluzione
Ai del 1977 interessò ovviamente anche il
Micro-Nikkor 55mm 1:3,5, dando vita alla nona ed ultima versione, identica alla
precedente ma con la nuova ghiera del
diaframma conforme agli standard Ai, che rimase in produzione fino all'ottobre
1979 quando fu tolta dai listini con grande
rammarico dei soddisfattissimi utenti, una generazione trasversale che aveva
già consegnato l'ottica al mito; recentissime misurazioni
effettuate su moderni banchi MTF Zeiss K8 - eseguite su un 55mm 1:3,5 Micro
d'epoca - hanno confermato strumentalmente
l'eccellente stato di correzione che fu all'origine della sua lusinghiera fama;
tutte le versioni con diaframma automatico passavano
da infinito ad 1:2, corrispondente ad una distanza dal piano focale di 0,241m;
per raggiungere il rapporto 1:1, utile per riproduzione
di oggetti e diapositive ad ingrandimento reale, si rese disponibile un tubo di
prolunga dedicato con lunghezza pari a 27,5mm,
equivalente al tiraggio garantito dall'elicoide dell'obiettivo stesso per
passare ad infinito ad 1:2; con il tubo montato l'ottica
forniva 1:2 su posizione di infinito ed 1:1 sulla regolazione di messa a fuoco
minima; il tubo veniva definito PK-3 nella
versione pre-Ai con accoppiamento all'esposimetro tramite forcelle esterne e,
dal 1977, PK-13 nella versione con trasmissione
Ai al simulatore del diaframma (le differenze estetiche fra PK-3 e PK-13 sono
evidenti nella foto di gruppo all'esordio del pezzo:
ai due Micro-Nikkor 55mm 1:3,5 sono applicate entrambe le versioni)
Queste recenti misurazioni, eseguite appositamente su un
Micro-Nikkor 55mm 1:3,5 d'epoca, confermano
l'eccellente resa ottica che lo ha consegnato al mito: le curve non hanno
bisogno di commenti, ed oltretutto
si riferiscono ad una configurazione di infinito, certamente non ottimale per
questo campione!
Tornando alle origini del progetto Micro-Nikkor, avrete notato
che si è parlato unicamente della versione fotografica per utilizzi
convenzionali; in realtà furono poi progettate e commercializzate negli anni
'60 due versioni di focale maggiore, pressochè
sconosciute al grande pubblico: si tratta del Micro-Nikkor 70mm 1:5 e del
Micro-Nikkor 150mm 1:5,6; il primo è noto in
due varianti estetiche: la più datata è caratterizzata da un ampio anello
cromato e dalla dicitura Nippon Kogaku, mentre la più
recente è rifinita in nero, è più compatta e riporta l'iscrizione Nikon; il
Micro-Nikkor 70mm 1:5 presenta uno schema ottico identico
a quello del 55mm originale ed era previsto per rapporti di riproduzione
compresi fra 1:30 ed 1:5, con ottimizzazione ad 1:12 ed
un'acromatizzazione spettrale dichiarata fra 400 e 650nm; la distorsione si
uniforma allo standard dei Micro-Nikkor 1:3,5 (0,3%)
mentre il diametro del cerchio di copertura (55,2mm) consentiva di impressionare
una speciale pellicola per microfilm 35mm
non perforata con formato utile di 32x40mm. Il Micro-Nikkor 150mm 1:5,6,
caratterizzato da una finitura completamente in
nero e da uno schema ottico differente (un 6 lenti in 4 gruppi simmetrico,
imparentato con gli EL-Nikkor da stampa), è molto
raro ed era utilizzato per impieghi analoghi al precedente, sfruttando la
maggiore superficie della pellicola perforata 70mm.
Nonostante i pianti dei fan, l'evoluzione tecnica che portò
alla pensione del Micro 1:3,5 seguiva considerazioni logiche: il 55mm 1:3,5
era un eccellente obiettivo, ma specificamente ottimizzato al rapporto di
riproduzione di 1:10, corrispondente ad un soggetto
dal formato all'incirca compreso fra i noti A4 ed A3: dal momento che il gruppo
ottico era "fisso", le variazioni di tiraggio necessarie
per passare da infinito ad 1:2 modificavano necessariamente le giaciture dei
piani astigmatici, dando luogo ad un incremento della
curvatura di campo ai due estremi della scala; inoltre l'assorbimento
fisiologico dovuto all'abbondante tiraggio (ed al conseguente
incremento di diametro finale nel cono di proiezione) causava una perdita di
luminosità quantificabile in 1 stop ad 1:2 ed in 2 stop
al rapporto di 1:1, al quale la massima apertura effettiva scendeva ad 1:7, un
valore davvero modesto che complicava la vita nelle
già critiche procedure di messa a fuoco, con l'aggravante degli eventuali
stigmometri a mezzaluna del vetro di messa a fuoco,
che al di sotto del valore 1:5,6 apparivano neri e quindi inutilizzabili; nella
seconda metà degli anni '70 la Nippon Kogaku
affidò al dottor Yoshinari Hamanishi-San il compito di realizzare la nuova
versione di micro-Nikkor 55mm, un progetto che
fortunatamente ho recuperato e che ho potuto studiare nei dettagli.
Il Dr. Hamanishi era uno specialista nella progettazione di
aggiuntivi posteriori afocali per moltiplicare la focale degli obiettivi
(fra gli altri, il Nikon TC-201 e vari TC-14 sono alla sua firma) e vantava
anche molta esperienza nello sviluppo dei sistemi
ottici ad elementi flottanti; il primo imperativo del nuovo progetto fu un
incremento di luminosità ad 1:2,8, per rendere più
confortevole la messa a fuoco (il telemetro di Dodin ad immagine spezzata non si
oscurava fino ad 1:5,6, l'esatto valore di
un obiettivo 1:2,8 portato al rapporto di riproduzione di 1:1), portandosi
contestualmente al passo con i mitici concorrenti
tedeschi, che nel frattempo avevano sfornato i loro S-Planar e Macro-Elmarit
60mm 1:2,8; sfruttando il suo know-how nei
sistemi flottanti, il Dr. Hamanishi abbandonò il tipo Xenotar tanto caro al
mentore Zenji Wakinoto e si basò su un Gauss a sei
lenti in cinque gruppi, col doppietto anteriore spaziato ad aria, prevedendo un
sistema di elicoidi a passo differenziato per
variare la lente d'aria all'interno del Gauss durante la messa a fuoco
ravvicinata; questo progetto fu completato nell'estate del
1978 e diede vita al nuovo Micro-Nikkor Ai 55mm 1:2,8, presentato nel Dicembre
1979; in realtà la conversione ad AiS
avvenne dopo appena due mesi, nel febbraio 1980, e personalmente non ho mai
visto un esemplare Ai: probabilmente fu
una produzione così limitata da considerarsi una sorta di preserie..
Il nuovo schema ottico progettato nel 1978 da Yoshinari
Hamanishi per il Micro-Nikkor 55mm 1:2,8,
basato su un Gauss asimmetrico dotato di sistema flottante
Questi schemi e dati inediti, desunti dal progetto originale di Hamanishi,
evidenziano come si
siano adottati vetri certamente moderni ma non particolarmente esotici; il
doppio diagramma
mette in evidenza l'ampia escursione del flottaggio, certamente maggiore di
quanto immaginassi,
necessaria a compensare curvatura di campo ed astigmatismo su tutto il campo di
messa a fuoco:
lo spazio d6 al rapporto di 1:1 è circa 2,2 volte superiore alla misura
relativa ad infinito
Come si può desumere dallo schema riassuntivo precedente,
Hamanishi progettò il sistema flottante del Micro 1:2,8 prevedendo
di arrivare direttamente al rapporto di riproduzione di 1:1, tuttavia ricevette
il niet dal settore meccanico, dal momento che ciò
avrebbe richiesto elicoidi così lunghi da rendere inaccettabile l'ingombro
finale del barilotto, con l'aggiunta di una seria vignettatura
meccanica su infinito; ci si accontentò quindi di una messa a fuoco fino ad
1:2, come nel precedente modello, corrispondente ad
una distanza di messa a fuoco di 0,25m; le particolari caratteristiche del
gruppo flottante comportarono l'esigenza di elicoidi
più lungi, quindi il nuovo Micro-Nikkor 55mm1.2,8 perse un po' della
compattezza propria al modello 1:3,5.
Dal punto di vista ottico, in nuovo micro non sfoggiava lo
stesso smagliante macrocontrasto del precedente modello nè la stessa
capacità di tenere a fuoco sull'identico piano le frequenze di blu, verde e
rosso, ma consentiva un superiore controllo di
curvatura di campo ed astigmatismo, sia ad infinito che ad 1:2, dove pagava
leggermente in brillantezza ma prevaleva in
risoluzione pura; anche quest'obiettivo adottava il già citato tubo di prolunga
automatico PK-13 per raggiungere 1:1, anche se
in effetti il sistema flottante si fermava ad 1:2 ed il maggiore ingrandimento
era ottenuto unicamente col tiraggio aggiunto del tubo;
all'esordio del sistema AF, il Micro-Nikkor 55mm 1:2,8 fu ri-assemblato in un
terrificante barilotto che consentiva sì la messa a fuoco
diretta fino ad 1:1 col sistema flottante originale di Hamanishi (e quindi in
teoria garantiva una maggiore planeità di campo), ma
che incarnava all'ennesima potenza tutti i difetti tanto criticati negli
AF-Nikkor della prima ora, materiali poveri ed inaccettabili
laschi meccanici in primis! Questo sfortunato obiettivo - grazie a Dio - fu
prodotto in pochissimi esemplari fra l'Aprile 1986 ed
il Novembre 1989; ebbi modo di testarne uno ed il ricordo delle sue ampie
tolleranze mi riempie ancora di sgomento.
gli inediti diagrammi di resa del Micro-Nikkor 55mm 1:2,8,
ricavati dal progetto originale, dai
quali si evidenzia come effettivamente il sistema flottante ed il calcolo delle
aberrazioni prevedesse
all'origine di scendere direttamente fino ad 1:1 senza accessori; l'efficacia
del sistema è confermata
dal contenimento delle aberrazioni stesse alla distanza minima, in particolare
l'astigmatismo - come
già accennato - è praticamente nullo, come evidenziato dalla quasi perfetta
sovrapposizione nei
piani di giacitura sagittale e tangenziale
Il Micro-Nikkor 55mm 1:2,8 è stato un obiettivo di grande
successo, prodotto a lungo con attacco AiS anche in piena era
AF-Nikkor; forse è dotato di colori un filo più terrosi del precedente ma la
sua affidabile nitidezza anche a piena apertura ad
ogni distanza di messa a fuoco ne fa un affidabile compagno di vita; non va
taciuto che quest'obiettivo, dopo alcuni prototipi
valutativi, fu fornito anche alla NASA per le missioni space shuttle,
appositamente modificato per sottostare ai rigidi capitolati
della navigazione spaziale (assenza di gomme e parti infiammabili, assenza di
lubrificanti, prese di forza sovradimensionate
per consentire l'impiego con i guanti, scritte maggiorate sulle ghiere, viti
bloccate con resina epossidica bicomponente).
Sono molto affezionato a quest'obiettivo da quando nel 1981, a 17 anni di età,
lo ricevetti come graditissimo regalo di
Natale, un esemplare che conservo tuttora e che non ha mai presentato
alcuna perdita d'olio sulle lamelle del diaframma,
un difetto sovente lamentato, ma un semplice indurimento dei lubrificanti
sugli elicoidi, dovuto alla lunga inattività, ovviato
applicando nuovo grasso sui filetti.
In realtà - e questo finora è rimasto riservato - Yoshinari
Hamanishi non si limitò a calcolare il Micro-Nikkor 55mm 1:2,8 di
produzione, ma nello stesso progetto globale presentato nell'Agosto 1978 aveva
realizzato i prospetti di altre due opzioni,
caratterizzate da un Gauss analogo ma più complesso, dall'insolita focale 73mm
e dall'elevatissima luminosità di 1:2; questi due
calcoli, rimasti allo stadio di prototipo, sono molto interessanti non tanto in
se ma per le implicazioni tecniche che sottendono,
e che additano gli sviluppi delle generazioni future di Micro-Nikkor firmate
dallo stesso Hamanishi: come accennato, questo
matematico era specializzato nel calcolo di moltiplicatori di focale; egli aveva
preso atto che per giungere direttamente al rapporto
di 1:1, un imperativo tecnico cui evidentemente teneva molto, il tiraggio
richiesto avrebbe sempre comportato elicoidi
eccessivamente lunghi, che avrebbero dato vita ad obiettivi troppo ingombranti o
caratterizzati da un doppio giro completo della
ghiera di messa a fuoco, come nel caso dell'S-Planar 60mm, procedura davvero
scomoda; Hamanishi fece tesoro delle
precedenti esperienze con i moltiplicatori ed ipotizzò un obiettivo macro di
focale 105mm composto da due gruppi secondari
indipendenti: un obiettivo relay anteriore di focale più corta e molto
luminoso, ed un gruppo moltiplicatore posteriore che
avrebbe generato la focale definitiva, sottraendo 1 stop alla luminosità
massima dell'ottica relay anteriore per un fattore di
moltiplica pari ad 1,4x; un obiettivo così concepito avrebbe focheggiato
avanzando l'obiettivo relay anteriore mentre il gruppo
moltiplicatore posteriore restava fisso, e l'aumento della distanza fra i due
membri secondari avrebbe mitigato il fattore di moltiplica
del gruppo posteriore, riducendo di fatto la focale effettica del complesso: dal
momento che il tiraggio necessario per arrivare
ad 1:1 è proporzionale alla lunghezza focale (minore l'una, minore l'altro), in
questa configurazione sarebbe stato possibile
scendere alle dimensioni reali mantenendo l'allungamento conseguente in termini
accettabili, dal momento che rispetto alla posizione
di infinito la focale effettiva al rapporto 1:1 sarebbe stata circa il 25%
inferiore! Può sembrare strano il proposito di realizzare un
nitidissimo obiettivo macro abbinando un gauss molto luminoso ad un
moltiplicatore di focale, ma non va dimenticato che i due
membri secondari vengono calcolati uno in funzione dell'altro, e comunque tutti
i successivi Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 di
produzione o prototipi si baseranno su questo principio tecnico basilare;
tornando ai nostri Micro-Nikkor 73mm 1:2 prototipo,
se vi applichiamo idealmente un moltiplicatore 1,4x, otteniamo proprio un 102,2mm
1:2,8, arrotondabile a 105mm!
Una conferma che questi prototipi racchiudono in germe l'idea per i medio-tele
Micro futuri ci viene proprio da un successivo
prototipo che analizzeremo più avanti, il cui membro anteriore è molto simile
al secondo dei 73mm 1:2 appena descritti.
Assieme al Micro-Nikkor 55mm 1:2,8 poi entrato in produzione,
Hamanishi progettò nel 1978
anche questi due prototipi di Micro-Nikkor superluminosi da 73mm 1:2 che hanno
poco senso
in quanto tali ma che preconizzano gli sviluppi futuri nel settore medio-tele
Dopo l'entrata a regime del sistema AF, la Nikon prese atto
delle lamentele che fioccavano riguardo all'abbassamento degli standard
meccanici negli AF-Nikkor della prima ora, e corse rapidamente ai ripari; ho
già scritto che uno dei modelli più sfortunati era
proprio l'incarnazione AF del Micro-Nikkor 55mm 1:2,8, che pagava - come
accennato - l'eccesso di superbia perpetrato
consentendo la messa a fuoco diretta 1:1 con giochi meccanici
inaccettabili, che compromettevano l'allineamento ottico e la
qualità effettiva d'immagine; dopo il clamoroso successo della sua opera prima,
Yoshinari Hamanishi fu nuovamente incaricato dalla
Nippon Kogaku di mettersi all'opera e di progettare l'evoluzione definitiva del
Micro-Nikkor di focale normale per l'era autofocus;
Hamanishi credeva molto nel concetto precedentemente descritto e che prevedeva
lo sdoppiamento dell'ottica in due membri,
quello anteriore costituito da un obiettivo indipendente e quello posteriore
divergente, il cui effetto variava modificando la lente
d'aria interposta fra essi; per ovvie ragioni di praticità, vista la focale
complessiva prevista, Hamanishi non potè calcolare un Gauss
anteriore di focale sufficientemente corta da applicarvi un gruppo
moltiplicatore completo, e si accontentò di replicare per sommi
capi il collaudato Gauss del Micro-Nikkor 55mm 1:2,8, accoppiandovi un gruppo
divergente semplificato, costituito da due lenti
spaziate ad aria, portando così lo schema ad 8 lenti in 7 gruppi; questo
progetto preliminare fu completato nell'Aprile 1989 e sette
mesi dopo, nel novembre 1989, l'obiettivo entrava in produzione come
AF-Micro-Nikkor 60mm 1:2,8.
Il nuovo schema calcolato all'inizio del 1989 da Yoshinari Hamanishi per il
Micro-Nikkor 60mm 1:2,8 AF:
è chiaramente basato su Gauss del precedente 55micro (usato come membro
anteriore), con l'aggiunta di
un doppietto posteriore di lenti spaziate ad aria ad effetto divergente
lo schema originale tratto dal progetto di Hamanishi evidenzia
il raffinato sistema flottante
articolato su tre gruppi
L'AF-Micro-Nikkor 60mm 1:2,8 si basa su un triplo gruppo
flottante: il Gauss anteriore avanza mentre il gruppo divergente
supplementare posteriore resta stazionario, e questo da un lato aiuta a
compensare certe aberrazioni e dall'altro riduce la focale
complessiva del sistema, richiedendo un minore allungamento complessivo; nel
contempo, la parte anteriore del gruppo Gauss
flotta a sua volta, allontanandosi dalla posteriore, per un controllo completo
di tutti i parametri di qualità; se il sistema ottico è
innovativo e sofisticato, il barilotto è un piccolo capolavoro di
micro-meccanica: infatti il flottaggio delle lenti, di per se contenuto
dal particolare progetto, è gestito da ben tre cannotti coassiali che avanzano
le lenti anteriori senza quasi modificare l'ingombro
fisico dell'obiettivo, causando una variazione nella lunghezza simile a quella
riscontrabile nei normali convenzionali; Hamanishi
era finalmente riuscito nella quadratura del cerchio, un macro che passa da
infinito ad 1:1 con controllo attivo delle aberrazioni
e trascurabili variazioni negli ingombri esterni; inoltre la montatura è
solida, priva di giochi e dotata di un ampio settore gommato
destinato alla messa a fuoco manuale, anch'esso molto pastoso: davvero tutt'altra
merce rispetto al 55mm AF che andava a
sostituire!
Il "60 Micro", grazie anche ad un prezzo non
eccessivo, ha preso rapidamente il posto delle versioni precedenti nel cuore
degli
appassionati, e fornisce risultati di grande rilievo in quanto a risoluzione e
contrasto, reggendo bene la diffrazione fino ad f/11 ed
anche f/16 (una caratteristica in comune ai precedenti Micro ed ai Nikkor in
generale, legata alla filosofia basilare di progetto ottico)
ed esibendo le medesime qualità anche sul digitale, col quale si integra
perfettamente "trasformandosi" in un 90mm 1:2,8, perfetto
per ritratti di un certo tipo, grazie anche alla nuova filosofia nella resa
dello sfuocato consentita da questi sistemi flottanti complessi:
in pratica il 60 Micro coniuga un piano di fuoco molto nitido con secondi piani
dal rendering gradevolmente sfumato, un grande
progresso rispetto al 55 Micro 1:3,5, il cui terribile sfuocato negli anni '60
era divenuto proverbiale, mutuando la fama a tutto il
sistema Nikkor, al punto che ad inizio anni '70 alcuni nitidissimi obiettivi
(come ad esempio il Nikkor-P 105mm 1:2,5) furono
ricalcolati semplicemente per migliorare la resa dello sfondo!
Il Micro-Nikkor 60mm 1:2,8 vignetta leggermente a tutta
apertura su infinito (problema comune ai macro caratterizzati da ampi
cannotti e lenti fortemente incassate) ma grazie alla messa a fuoco continua
fino ad 1:1 ed alle già citate qualità dello sfuocato
presenta notevoli e multiformi potenzialità espressive; appena ebbi acquisito
uno dei primi 60 Micro lo testai in condizioni standard
(cavalletto, Velvia 50 ISO, f/8, identico soggetto ravvicinato e ricco di
dettagli) assieme al 55mm 1:2,8 AiS, ottenendo risultati
pressochè identici in quanto a risoluzione, forse perchè più di
così....
L'AF-Micro-Nikkor 60mm 1:2,8 fu convertito all'interfaccia
AF-D nell'Ottobre 1993 ed ha costituito un affidabile ed abbordabile
workhorse per tutta la parabola AF di casa Nikon.
Se mi consentite un flash-back temporale ritorno agli anni
'60, momenti febbrili che videro la costruzione del più completo sistema
d'obiettivi del mondo; alcuni settori della ricerca scientifica e della
fotografia naturalistica manifestavano l'esigenza di un obiettivo
corretto per coniugate brevi e caratterizzato da una focale più lunga,
consentendo a parità di rapporto di riproduzione una maggiore
distanza di lavoro anteriore, utile per disporre meglio luci e flash, per
evitare rischi in contesti pericolosi e per non infastidire piccoli
animali ripresi nel loro ambiente naturale; la Nippon Kogaku acconsentì di buon
grado alle richieste, progettando un obiettivo da
105mm 1:4 ottimizzato per le distanze ravvicinate; all'epoca era invalsa la moda
di realizzare gli obiettivi macro di media focale in
montatura corta e priva di elicoide, sfruttando il soffietto di prolunga per
effettuare la messa a fuoco dall'infinito (tiraggio minimo)
fino ad 1:1 o più (tiraggio massimo), ed anche la Nippon Kogaku cedette alle
mode, realizzando una montatura molto compatta e
col tiraggio calibrato per i soffietti Nikon come il PB-4, consentendo la messa
a fuoco ad infinito col soffietto completamente chiuso;
l'obiettivo fu lanciato sul mercato nell'Ottobre 1969, era marcato semplicemente
Nikkor-P 105mm 1:4 senza il prefisso Micro, era
privo di diaframma automatico e al sua scala era finemente graduata fra 1:4 ed 1:32 con
scatti da 1/3 di stop.
Lo schema ottico si rifaceva al tipo Apo-Lanthar, una variante
del tipo Tessar adattata alle lunghe focali dove la lente anteriore era
sdoppiata in un doppietto acromatico collato per minimizzare l'aberrazione
cromatica, che - com'è noto - aumenta col progredire
della lunghezza focale; questo schema permette un ampio spazio retrofocale,
necessario in questo caso per consentire la messa a
fuoco su infinito nonostante il tiraggio del soffietto sovrapposto a quello del
corpo macchina.
Lo schema ottico del Micro-Nikkor 105mm 1:4, comune a tutte le
sue versioni, è caratterizzato da
elevato contrasto che "buca" la distanza e da una insolita resistenza
alla diffrazione, e fornisce risultati
eccellenti, con colori vivi e pieni ed elevata risoluzione anche con quasi 4
stop di diaframmazione
L'obiettivo garantisce una resa ottica di prim'ordine, con
elevato contrasto ed il picco di risoluzione posto fra 1:11 ed 1:16, una
resistenza alla diffrazione davvero benvenuta nella ripresa macro; i colori sono
molto piacevoli e la resa generale, unita ad un
macrocontrasto che richiama il Tessar da cui trae origine, fa perdonare
immediatamente certe pecche veniali come una resa non
da urlo a piena apertura, ma del resto chi utilizzava un 105mm tipo Bellows
specializzato per la macro al diaframma 1:4?
Ad inizio anni '70 l'obiettivo fu oggetto di alcuni piccoli ritocchi estetici,
il più evidente dei quali fu il trasferimento dei dati di targa,
che furono spostati dall'anello anteriore al barilotto esterno; naturalmente i
topi di laboratorio furono molto soddisfatti da questo
strumento, ma gli amanti della macro-caccia vagante lamentavano il peso,
l'ingombro e la macchinosità del complesso obiettivo-
soffietto-corpo macchina e soprattutto l'assenza di diaframma automatico;
approfittando del lancio della nuova serie "K",
caratterizzata da una moderna estetica tutta nera con ghiera di messa a fuoco
gommata analoga alla successiva generazione Ai,
la Nippon Kogaku rinnovò la montatura del 105mm 1:4 e nel Maggio 1975 lanciò
una versione "K" del tutto analoga agli altri
obiettivi Nikkor, con diaframma automatico e ghiera di messa a fuoco incorporata
che consentiva di scendere fino a 0,47m, pari
ad un rapporto di riproduzione di 1:2; per raggiungere il rapporto 1:1,
appannaggio della precedente versione Bellows, fu
approntato il costoso tubo di prolunga automatico PN-11, che agiva alla stessa
stregua del PK-13 abbinato al 55mm Micro.
Nel 1977 l'obiettivo fu convertito alla montatura Ai, e se mi
permettete una digressione nel sentimentale credo che questa versione
vada considerata un po' l'icona di questa generazione, sia perchè ne reca tutti
gli stilemi estetici e formali sia per quell'indefinibile
mix di finitura, design, senso di robustezza e praticità d'uso che ha decretato
il successo della generazione Ai e che nel Micro-Nikkor
105mm 1:4 si possono apprezzare con particolare chiarezza; se a questo abbiniamo
una resa ottica "giusta", con l'armonioso
rapporto fra macro e microcontrasto, elevata risoluzione e colori puliti, mi
sento di definire quest'obiettivo come uno dei punti fermi
della grande famiglia Nikkor, un vero must che in mano a validi fotografi
d'oltreoceano ha disegnato su Kodachrome pagine
memorabili dell'advertising commerciale e che in abbinamento al Micro-Nikkor
55mm 1:3,5 dava vita alla coppia d'assi più
invidiata del momento; per tratteggiare meglio l'allure proprio a quest'obiettivo
vi racconterò la storia del mio esemplare: usato
come nuovo, finì ad inizio anni '90 nelle vetrine di un amico, grosso
rivenditore, e fu acquistato da un leicista pentito, che inseguendo
chissà quali fantasmi aveva ceduto tutto il proprio corredo Leica R per passare
a Nikon; avevo già adocchiato quel 105 micro e
l'ex leicista mi precedette di poche ore, soffiandomelo sotto il naso; tempo
dopo, proiettando le vecchie diapositive realizzate con
Leica, l'ex-leicista fu colto da doppio pentimento e decise di divenire anche
ex-nikonista, riportando indietro il corredo giapponese
(compreso il famoso 150 Micro "conteso") per riappropriarsi
dell'originale sistema Leica R; vedendo spuntare nuovamente il
105 Micro nelle vetrine non indugiai una seconda volta e lo acquistai,
rimanendone entusiasta, salvo poi sapere che - tempo
dopo - l'ex-leicista/ex-nikonista aveva proiettato altre diapositive, stavolta
ottenute a suo tempo con quel 105mm 1:4 Micro,
ammirandone la resa smagliante e decidendo di riacquistarlo una seconda volta!
Naturalmente l'obiettivo è tuttora nelle mio corredo...
vecchie e nuove generazioni di Micro-Nikkor alla prova della messa a fuoco: i
Micro-Nikkor 105mm 1:4,
55mm 1:3,5 e 55mm 1:2,8 (basati su un sistema ottico singolo, fisso nei primi
due casi e flottante nell'ultimo)
presentano un vistoso allungamento passando da infinito ad 1:2, mentre l'AF-Micro-Nikkor
60mm 1:2,8,
basato su due sottogruppi reciprocamente mobili - di cui uno flottante a sua
volta - denuncia per raggiungere
il medesimo rapporto un allungamento quasi nullo, grazie anche all'azione dei
tre cannotti coassiali: è il frutto
tangibile di 20 anni di progresso; da notare nel 60 Micro l'adozione della
classica forcella Ai, che montai
personalmente per utilizzarlo su F, F2 e Nikkormat
L'estetica tozza ma piacevolissima del Micro-Nikkor 105mm 1:4
Ai (dotato, fra l'altro, di paraluce telescopico rivestito in feltro
antiriflessi) fu oggetto ad inizio del 1981 di una trascurabile variante: la scritta "Lens made in japan" divenne semplicemente "Made
in Japan"; ben più corposa fu la modifica introdotta a Settembre dello
stesso anno, quando la montatura "dimagrì" vistosamente
passando all'attacco AiS (preconizzando di fatto quella del futuro Micro-Nikkor
105mm 1:2,8 AiS), mentre le classiche linee
di fede colorate per la profondità di campo - caratteristica peculiare dei
Nikkor manual focus - furono spostate dal cannotto
nero sulla ghiera cromata che funge da presa di forza, ai lati del punto di
fede.
Le pagine dedicate ai Micro-Nikkor nella prima brochure degli
obiettivi Ai, datata 1977;
vengono giustamente rimarcate l'eccezionale resa ottica e la grande versatilità
di impiego
Nel frattempo, a fine anni '70, alla Nippon Kogaku avviarono
per il 105 Micro lo stesso piano di sviluppo messo in atto a suo
tempo per la versione 55mm, col consueto, duplice intento di permettere il
rapporto di 1:1 senza accessori e di elevare la
luminosità massima ad 1:2,8, garantendo anche al massimo ingrandimento una
confortevole visione senza l'oscuramento del
telemetro di Dodin nel mirino; dopo aver progettato questi capolavori, Yoshinari
Hamanishi-San ebbe campo libero per questo
nuovo cimento e decise che era tempo di riesumare i principi tecnici
tratteggiati solo in abbozzo nel calcolo dei prototipi di
Micro-Nikkor 73mm 1:2 del 1978; nel nuovo progetto, consegnato per la
registrazione nel gennaio 1980, il geniale matematico
progettò sei diverse varianti di obiettivo, cinque delle quali caratterizzate
dalla focale 105mm e da luminosità massima compresa
fra 1:2,8 ed 1:2,6, sondando le varie possibilità; uno di questi progetti fu
avvallato e commercializzato nel Marzo del 1983 col
nome di Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 AiS; analizziamo in dettaglio i vari prototipi
utilizzando schemi che ho realizzato personalmente
e che per la prima volta rivelano questi interessanti retroscena.
Il primo prototipo porta a compimento i progetti preliminari di Hamanishi,
abbinando un gruppo gaussiano anteriore ad un gruppo
secondario posteriore che ne aumenta la focale, prevedendo un doppio flottaggio
realizzato dai due gruppi secondari e dalle
due parti stesse del gauss anteriore, correggendo così le aberrazioni e
riducendo nel contempo la focale effettiva e l'allungamento
fisico del sistema; notare l'adozione di numerosi vetri ad alta rifrazione.
I diagrammi di resa previsti, pubblicati in anteprima e
desunti dal progetto originale di Hamanishi, mostrano l'effettiva efficacia del
doppio sistema flottante per compensare le aberrazioni sia ad infinito che ad
1:1; in particolare, l'astigmatismo non varia in maniera
apprezzabile e soltanto l'aberrazione sferica viene accentuata in modo visibile
Un secondo prototipo, sempre da 105mm 1:2,8, è caratterizzato
da concetti simili con struttura più complessa, basata su ben11
lenti; il gruppo posteriore, ora a 4 elementi, si configura come un vero e
proprio moltiplicatore 1,4x
Comportamento buono anche in questo caso, con astigmatismo negligibile
La terza opzione, con luminosità spinta ad 1:2,6, è sempre basata su tre
gruppi con doppio flottaggio, ma va in direzione
minimalista riducendo il gruppo posteriore ad una semplice lente di campo dal
modesto potere diottrico; notare l'adozione
di due vetri a rifrazione molto elevata, nD= 1,84
Nonostante la semplicità, le valutazioni preliminari evidenziano una resa in linea con le opzioni più complesse
Il prototipo più interessante del progetto globale di
Hamanishi datato Gennaio 1980 è senz'altro una versione di Micro-Nikkor
105mm 1:2,8 concettualmente analogo ai precedenti ma con caratteristiche davvero
spinte; in particolare, lo schema si basa su
ben 13 lenti, e mentre il membro posteriore in forma di moltiplicatore 1,4x ne
utilizza 5, il Gauss anteriore appare derivato
strettamente dal secondo prototipo di Micro-Nikkor 73mm 1:2 progettato nel 1978
assieme al 55mm 1:2,8 di produzione,
con l'aggiunta di un vetro ED di nuova generazione caratterizzato da un
incredibile rapporto fra rifrazione (quasi 1,7) e dispersione
(numero di Abbe superiore ad 80), un tipo di vetro dalle caratteristiche uniche
che ho riscontrato solamente in questo prototipo
(a meno che non sussista un errore di stampa nel brevetto originale ed il valore
nD non sia un più logico 1,49895.....)
Come già accennato, le similitudini col prototipo 73mm 1:2 non sono unicamente
formali: se moltiplichiamo 73mm per 1,4x
(il probabile fattore del gruppo posteriore) otteniamo 102,2mm, in pratica un
105 arrotondato! Si tratta di un progetto davvero
interessante, accantonato in quanto probabilmente era troppo complesso e costoso da
realizzare in serie
Curiosamente, i parametri di resa prevista evidenziano un
controllo delle aberrazioni ad 1:1 decisamente inferiore rispetto ai modelli
meno sofisticati e privi di vetro ED...
Il sofisticatissimo prototipo di Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 ED
abbinato al Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 AiS di produzione, molto
più semplice ma strettamente imparentato a questo campione mai giunto sui
banchi di vendita
Il progetto originale del Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 AiS è concettualmente basato
sui prototipi precedenti e prevede due flottaggi:
lo spostamento dell'obiettivo relay anteriore rispetto al gruppo moltiplicatore
posteriore e lo spostamento relativo alle due metà
del Gauss; quest'ultimo movimento, caratterizzato da una corsa di quasi 7mm, è
sempre stato trascurato dalla documentazione
ufficiale, lasciando intendere che i gruppi flottanti fossero solamente
due
Il comportamento tipico del Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 AiS di produzione desunto dal progetto originale
uno schema aggiuntivo relativo al Micro-nikkor 105mm 1:2,8 Ais
che enuncia i principi di distribuzione dei valori rifrattivi
fra le lenti del suo schema ottico
l'aspetto del classico Micro-Nikkor 105mm 1.2,8 AiS; sul
retro, seminascosto, si nota il nottolino
di fermo per la ghiera di messa a fuoco, con una foggia di sapore "Medical-Nikkor"
(credits: picture Il Contatto - Torino, retouched by me)
Nel progetto originale del Gennaio 1980 il Dr. Hamanishi si
spinse oltre, applicando e portando alle estreme conseguenze il concetto
basilare appena descritto, con l'inserimento di un gruppo moltiplicatore
posteriore con fattore di ben 2x, dotato di uno schema ottico
assolutamente identico al moltiplicatore Nikon TC-201 da lui stesso progettato
alcuni anni prima, abbinato ad un Gauss anteriore di
ispirazione Nikkor 105mm 1:2,5; la focale effettiva del membro anteriore è
105mm 1:2,2 ed in abbinamento al moltiplicatore 2x ha
dato vita al progetto di Micro-Nikkor 210mm 1:4,5 illustrato negli schemi che
seguono e che non fu mai prodotto.
L'incredibile prototipo di Micro-Nikkor 210mm 1:4,5 che
rappresenta l'estremizzazione parossistica del concetto caro a
Yoshinari Hamanishi per la progettazione dei macro di lunga focale: al Gauss
relay anteriore da 105mm 1:2,2, derivato come
concetto dal Nikkor 105mm 1:2,5 1973-release e dal Nikkor 105mm 1:1,8 in fase di
progetto all'epoca, viene abbinato
addirittura un gruppo moltiplicatore 2x di stretta derivazione TC-201, ottenendo
un 210mm 1:4,5 dotato del solito flottaggio triplo
le inedite caratteristiche di resa del prototipo Micro-Nikkor
210mm 1:4,5 rivelano aberrazioni
tutto sommato sotto controllo: nonostante l'apparente azzardo tecnico alla base
della sua
concezione i parametri avrebbero permesso la produzione in serie e garantito la
soddisfazione
dei clienti....
Questo schema, nel quale ho abbinato la sezione del 210mm
1:4,5 a quella del TC-201, rivela più di mille parole
l'origine del gruppo ottico posteriore !
Tornando al Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 AiS di produzione, esso
prevedeva una montatura snella e strettamente imparentata
con quella del 105mm 1:4 ultimo tipo, con l'aggiunta di un nottolino godronato
che impediva la variazione della messa a fuoco
- sotto l'effetto della gravità - quando si effettuavano riproduzioni in
sequenza con l'obiettivo verticale rivolto verso il basso;
anche in questo caso si decise di limitare la messa a fuoco minima al rapporto
di 1:2, nonostante il progetto consentisse 1:1,
sfruttando l'ormai noto meccanismo flottante che riduce la focale a distanze
ridotte per ottenere un obiettivo effettivamente
piuttosto compatto, affidandosi al consueto tubo PN-11 per ottenere il rapporto
di 1:1, in realtà leggermente superato in
virtù della riduzione di focale appena accennata; come per tutti gli obiettivi
già citati, la ghiera di messa a fuoco è piuttosto
affollata, prevedendo quattro scale diverse: bianca per i metri, gialla per i
piedi e due arancio fluorescente per le scale di
riproduzione, una scalata da 1:10 ad 1:2 per l'ottica senza accessori e l'altra
da 1:2 a 1,1:1 per l'obiettivo abbinato al
tubo PN-11; risoluzione e contrasto sono sui livelli del Micro 1:4 precedente,
quindi eccellenti, col vantaggio dello
stop in più all'apertura massima, che anche ad 1:1 consente di mantenere tale
valore al di sotto di 1:5,6, permettendo una più
agevole messa a fuoco.
Robusto e ben fatto, anche questo Micro fu molto apprezzato e
resse bene il confronto con la concorrenza; tuttavia l'avvento
dell'autofocus impose la trasformazione di questo pezzo forte, e per la versione
AF si riprogettò il membro posteriore del
Gauss, mentre il gruppo moltiplicatore divenne più semplice ed ispirato
al primo prototipo del progetto 1980, basato su tre
lenti anzichè quattro, che portarono il numero complessivo di elementi da dieci
a nove; caratterizzato da una moderna e grintosa
montatura con ampia fascia gommata per la messa a fuoco manuale, l'AF-Micro-Nikkor
105mm 1:2,8 fu lanciato sul mercato
nel Giugno del 1990 e grazie alle sue indubbie qualità ottiche ed alla nomea
leggendaria dei predecessori divenne subito un
istant-classic, sovente sfruttato anche dai professionisti del ritratto per il
gradevole sfuocato garantito a piena apertura dal
complesso sistema flottante; la versione AF fu prodotta fino all'ottobre 1993,
quando fu sostituito dalla versione AF-D, dotata
dell'omonima interfaccia e di minime varianti; l'AF-Micro-Nikkor 105mm 1:2,8
può finalmente focheggiare fino ad 1:1, come
dalle specifiche dei progetti originali di Hamanishi, grazie alla nuova
montatura con cannotto coassiale che proietta in avanti
il sistema ottico senza allungare proporzionalmente l'ottica; è tuttora un
apprezzatissimo pezzo forte nel corredo di molti Nikonisti.
l'estetica moderna ed aggressiva che caratterizza L'AF-Micro-Nikkor
105mm 1:2,8 D, dotato di ampia e comoda
ghiera di messa a fuoco manuale dal movimento gradevole e pastoso
(credits: picture Nikon Co.)
Lo schema ottico tradisce la stretta derivazione dalla
versione AiS; il membro posteriore del Gauss è stato riprogettato
mentre il gruppo moltiplicatore, semplificato su 3 lenti, si avvicina a quello
del primo prototipo presente nel progetto
di Hamanishi del gennaio 1980
Ritornando agli anni '70, la Nippon Kogaku godeva un meritato
ritorno di immagine e commerciale grazie ai due celebri Micro-
Nikkor originali, il 55mm 1:3,5 ed il 105mm 1:4; tuttavia molti fotografi
naturalisti, stanchi di utilizzare precari ambulacri composti
da macchina, soffietto e Nikkor da 200mm, reclamavano un ulteriore acuto,
il compimento della trilogia: in pratica, un 200mm
Micro; all'aumentare della focale, il tiraggio richiesto per ottenere
l'ingrandimento voluto sarebbe diventato ingestibile anche
sfruttando il sistema flottante di Hamanishi, per cui serviva una soluzione
alternativa; si decise di sfruttare i concetti presenti in
un progetto elaborato nel Dicembre 1974 dal dottor Soichi Nakamura, un'altro
matematico della Nippon Kogaku, che aveva
ipotizzato un nuovo concetto di teleobiettivo, caratterizzato dalla messa a
fuoco interna e dalla struttura simile ad uno zoom
semplificato, dove il movimento del gruppo "transfocatore" provvedeva
in realtà alla messa a fuoco, senza modificare minimamente
gli ingombri fisici esterni; questo progetto era indirizzato alla realizzazione
di super-tele ED e fu alla base del Nikkor ED 300mm
1:2,8 e di molti altri, tuttavia si adattava molto bene alla progettazione di un
teleobiettivo macro da 200mm: occorreva solo
modificare leggermente il gruppo mobile, per adattarlo alle esigenze di
correzione delle aberrazioni a coniugate brevi, e prevedere
una corsa di lunghezza sufficiente a permettere il rapporto di riproduzione di
1:2.
Questo concetto fu elaborato su uno schema a nove lenti,
quattro delle quali - al centro ed in foggia di due doppietti acromatici -
adibite al meccanismo IF di messa a fuoco interna; fu prevista una montatura
snella e leggera, dotata di una messa a fuoco di
incredibile dolcezza e rapidità, completa di paraluce telescopico ed attacco
rimovibile per cavalletto; quest'obiettivo fu presentato
nell'Agosto 1978 e battezzato Micro-Nikkor 200mm 1:4 Ai IF.
lo schema ottico calcolato per il Micro-Nikkor 200mm 1:4 Ai IF
ricalca quello di molti tele Nikkor IF-ED dell'epoca, col gruppo
centrale di messa a fuoco articolato su due doppietti (solitamente l'elemento
posteriore è singolo) e caratterizzato da una corsa più
lunga del consueto, per arrivare al rapporto di 1:2
Il Micro-Nikkor 200mm 1:4 Ai mette a fuoco fino a 0,71m dal piano focale, cui
corrisponde, come detto, il rapporto di 1:2; ho
posseduto per oltre 15 anni quest'obiettivo e posso confermare che la ghiera di
messa a fuoco interna presenta un azionamento
incredibilmente dolce e preciso, mentre l'obiettivo è sufficientemente leggero
(740g) per essere trasportato ovunque; alla bisogna,
l'attacco del cavalletto può essere rimosso. Dal punto di vista ottico
l'obiettivo è caratterizzato da un elevato microcontrasto ma
devo annotare una risoluzione solamente buona, inferiore a quella delle versioni
più corte, soprattutto a causa di un residuo di
aberrazione cromatica sul rosso; probabilmente l'eliminazione delle lenti in
vetro ED (previste nel progetto di Nakamura-San),
per economizzare contando sulla focale non troppo lunga, è stato un errore di
valutazione; un vantaggio di questo calcolo è invece
la resistenza alla diffrazione, che consente di chiudere ad f/16 con risultati
ancora validi, anche se l'evidente morbidezza ad 1:4
limita molto le possibilità d'impiego di questo teleobiettivo macro, peraltro
versatile e molto ben fatto; la versione originale Ai fu
prodotta fino all'inizio del 1982, quando entrò in produzione - a partire da
Marzo - la versione AiS, caratterizzata (chissà perchè)
da un attacco per cavalletto con fascia più larga (le due versioni non sono
compatibili); il 200 Micro è sempre stato decisamente
più costoso delle altre versioni e non altrettanto diffuso, preferito da
fotonaturalisti entomologi per gli ovvi vantaggi della focale;
a conferma di quanto i concetti di Hamanishi sui moltiplicatori abbinati
avessero fatto breccia nella Nippon Kogaku, non fu realizzato
un tubo di prolunga specifico per il 200 Micro, e per arrivare al fatidico
rapporto di 1:1 l'unico accessorio consigliato dalla Casa
era, pensate un po'...il moltiplicatore 2x Nikon TC-301! Peccato che costasse
più o meno come l'obiettivo stesso.
Resa non eccezionale ed esigenze dei nuovi sistemi autofocus
imposero di ri-progettare anche questa versione; il matematico
incaricato del difficile compito fu il dottor Tatsuno Wataru, che partì dal
foglio bianco ipotizzando un'ottica ancora più simile ad
uno zoom, con un doppio gruppo flottante indipendente posto fra gli acromatici
anteriori ed il gruppo relay posteriore, entrambi
fissi rispetto al piano focale; per ovviare ai limiti palesati dalla versione
precedente nella correzione dello spettro secondario, il
dottor Wataru adottò due vetri ED di seconda generazione, posti anteriormente
in seconda e terza posizione; questo ambizioso
e complicato progetto fu ultimato nel Maggio del 1992 e l'obiettivo da esso
derivato fu lanciato sul mercato nell'Ottobre del
1993 con la denominazione di AF-Micro-Nikkor 200mm 1:4 ED D.
Dal progetto originale di Tatsuno Wataru, entriamo per la
prima volta negli intimi segreti del
Micro-Nikkor 200mm 1:4 AF ED D; è evidente la struttura tipo zoom, con gli
acromatici
anteriori G1 (plateale il primo, con rifrazione 1,80 abbinata al numero di Abbe
82,6 del vetro ED)
ed il gruppo relay posteriore (G4) in posizione fissa, ed i gruppi "trasfocatori"
G2 e G3 reciprocamente
mobili ed adibiti alla variazione di messa a fuoco da infinito ad 1:1 (272,5mm
dalla lente frontale); è
un progetto efficace e moderno, caratterizzato da una resa ottica di primissimo
piano
La moderna montatura che accoglie tanto ben di Dio!
Il progetto avanzato e la correzione apocromatica
trasformavano le pecche del primo modello in punti di forza: quest'obiettivo
presenta una nitidezza tagliente, un'ariosità ed una capacità di "bucare
la foschia" su infinito al diaframma tutto aperto 1:4 davvero
straordinarie, all'altezza di celebri APO di analoga focale prodotti dalle più
famose marche; la correzione delle aberrazioni primarie
è così elevata che la qualità di riproduzione migliora solo leggermente al
primo stop di chiusura 1:5,6, ritorna sui valori iniziali ad
1:8 e poi peggiora solo per il contributo della diffrazione, pur rimanendo in
ambiti molto soddisfacenti anche ad 1:11 ed 1:16;
in pratica, ho trovato quest'obiettivo di efficacia letale nella fotogarfia di
montagna: impugnandolo nelle lunghe passeggiate con
un apparecchio dotato di flash, passavo da taglienti dettagli all'infinito, dove
la resa alle maggiori aperture mi consentiva il lusso
del polarizzatore (tenuto a mano, per comodità) senza rischiare il mosso, a
repentini close-up sull'insetto di turno, immortalato
in TTL-flash ad 1:11; tenendo l'apparecchio regolato su 1:5,6 a priorità di
diaframma e su 1:11 in manuale mi bastava ruotare
di uno scatto la rotella di funzione per passare dall'una all'altra
configurazione, ottenendo in entrambi i casi risultati eccellenti
quanto a resa ottica; la meccanica si uniforma agli standard dei Nikkor AF-D
professionali: interamente in metallo, con ampia
ghiera gommata per la messa a fuoco, finitura raggrinzente antigraffio e
compatto attacco per il treppiede, soddisfa anche i
più esigenti; peccato per l'assenza di un paraluce telescopico incorporato; la
messa a fuoco passa da infinito ad 1:1 senza che
l'ingombro dell'obiettivo cambi minimamente, e tenendo conto della sua
eccezionale resa ottica sarebbe il tele perfetto se non
considerassimo il peso (1.190g) ed il prezzo, davvero impegnativo; si
tratta comunque di un vero fiore all'occhiello del
corredo AF-Nikkor, che all'esordio ristabilì un po' le gerarchie sul campo.
Nell'immaginario collettivo la storia dei Micro-Nikkor lunghi,
per il momento, si ferma qui; viceversa negli anni immediatamente
successivi al lancio del 200 Micro AF ED i suoi concetti basilari furono
ulteriormente evoluti in due direzioni: l'adozione del sistema
VR per la stabilizzazione attiva e la ricerca di prestazioni ottiche ancora più
spinte; nel corso del 1995 il Dr. Sei Matsui-San
evolvette il progetto di Wataru, riducendo la focale a 180mm ed introducendo nel
gruppo relay posteriore una serie di lenti
dotate di movimento combinato sui due assi, comandate da motori e gestite da un
microprocessore su indicazioni desunte da
una serie di giroscopi in rapida rotazione che fungono da accelerometri,
realizzando il progetto di un Micro-Nikkor 180mm
1:4 VR ED; siccome ho già trattato individualmente questo argomento in un pezzo
presente nella sezione "i figli perduti di Nikon"
non mi dilungherò ulteriormente sulla questione, ricordando soltanto che il
progetto verteva su sei prototipi diversi, caratterizzati
da differenze nella composizione del gruppo VR, e che avrebbe rappresentato un
pezzo eccezionale e di sicuro trend per le
vendite, se fosse stato piazzato rapidamente sul mercato; probabilmente c'erano
problemi a rifinire la ROM a disposizione del
software nelle critiche configurazioni di messa a fuoco minima, dove il tipo e
l'entità delle vibrazioni indotte sono certamente
caratterizzati da moltissime variabili.
Uno dei sei prototipi di AF-Micro-Nikkor 180mm 1:4 VR ED
progettati da Sei Matsui fra il 1995 e l'inizio del 1996;
appare evidente che il membro anteriore è pressochè identico a quello presente
nel Micro-Nikkor 200mm 1:4 EF ED
progettato da Tatsuno Wataru e lanciato nel 1993, mentre il gruppo relay
posteriore è modificato, e prevede l'adozione
di alcune lenti dotate di movimento indipendente, necessario al sistema VR di
stabilizzazione attiva.
Probabilmente scoraggiato dalle difficoltà incontrate nella
messa a punto fine del sistema VR a distanze ravvicinate, Sei Matsui
abbandonò l'idea di applicare il sistema di stabilizzazione, ma continuò ad
evolvere lo schema ottico originale di Wataru
alla ricerca di prestazioni estreme in quanto a nitidezza, completando un
secondo progetto nel Settembre del 1996 che
prevedeva quattro ulteriori prototipi di Micro-Nikkor, caratterizzati
dall'identica focale e luminosità dei sei modelli col sistema
VR (180mm 1:4) e che - pur lasciando quasi immutato il gruppi di lenti anteriori
rispetto al 200 Micro AF ED di produzione -,
introduceva un gruppo relay posteriore molto più complesso, dando vita ad uno
schema articolato anche su 16 lenti, un
exploit che non ebbe seguito commerciale e che sarebbe rimasto sconosciuto senza
lo schema che segue.
Uno dei quattro prototipi calcolati da Sei Matsui nel 1996,
partendo dal concetto del 200 Micro AF ED di produzione,
come secondo step dopo i sei modelli dotati di sistema VR; mentre i gruppi
anteriori ricalcano sostanzialmente il 200
originale, quelli posteriori rivelano il lavoro di rifinitura; rispetto al 200mm
l'ultimo doppietto del gruppo G1 resta fisso,
mentre i gruppi G2 e G3, con movimento sincrono nel 200mm, sono qui
caratterizzati da flottaggio indipendente.
Gli inediti diagrammi di resa relativi al prototipo Micro-Nikkor 180mm 1:4
appena descritto: trascurabile
l'astigmatismo mentre l'aberrazione sferica presenta un andamento analogo a
quello dei Micro da 105mm
Tutto questo complesso lavoro di calcolo su un obiettivo di
per se già quasi perfetto sussurra di una vera ostinazione: chissà
perchè il Dr. Matsui si è intestardito tanto sul progetto di Wataru, peraltro
già in produzione ed universalmente acclamato come
eccellente? Forse non lo sapremo mai; come spigolatura, Matsui ha progettato
anche il noto Nikkor 180mm 1:2,8 ED Ais, e a
quanto pare questa lunghezza focale è un po' una costante della sua carriera di
matematico.
I lettori più attenti avranno notato che parlando dei
Micro-Nikkor di focale 105mm ho trascurato di descrivere l'AF-S
Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 VR ED, un avveniristico obiettivo lanciato nel 2006 e
dotato di caratteristiche avanzate, come
il motore Silent Wave ad ultrasuoni, una lente in vetro ED e l'innovativo
rivestimento antiriflessi Nano Crystal Coat; in realtà è
stata una scelta volontaria, dal momento che il Dr. Sei Matsui, circa un anno
prima degli articolati progetti che comprendevano
i Micro-Nikkor 180mm 1:4 ED, sia stabilizzati che non, aveva completato una
ulteriore serie di calcoli, presentati per la richiesta
di brevetto in Giappone nel Marzo 1995, che comprendevano i progetti relativi ad
una serie di Micro-Nikkor di focale medio-tele
dotati parimenti del sistema VR per la stabilizzazione attiva dell'immagine;
specificamente, erano descritti due prototipi di Micro-
Nikkor da 90mm 1:2,8 e sei prototipi da 105mm 1:2,8; alla luce di queste
informazioni inedite ho preferito abbinare concettualmente
il nuovo Micro-Nikkor 105 VR a questi prototipi, anche se , in effetti, dal
punto di vista prettamente ottico questi prototipi sono
più affini al Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 AF del 1990 mentre il Micro-Nikkor AF-S
105mm 1:2,8 VR ED, se vogliamo, utilizza
uno schema che risente di suggestioni di scuola Canon, e parlo specificamente
dell'EF 100mm 1:2,8 macro USM; fra gli otto
prototipi calcolati da Matsui nel 1995 molti sono assai simili riguardo allo
schema, pertanto ho realizzato solamente i diagrammi
delle versioni più significative.
i due prototipi stabilizzati di focale 90mm sono quasi
identici; lo schema, per quasi tutte le versioni, è molto simile
a quello del Micro-Nikkor 105mm AF del 1990, e questo progetto va considerato a
tutti gli effetti una evoluzione
di tale obiettivo, sondando la possibilità di renderlo stabilizzato; analoga
anche la tripartizione con doppio sistema
flottante
lo stato di correzione sul campo ad infinito, 1:2 ed 1:1;
notare il cambio di segno
nella curva di aberrazione sferica
il coma misurato ai soliti tre rapporti di riproduzione con VR
attivo oppure no;
apparentemente le variazioni e l'eventuale degrado d'immagine non sono
significativi
il primo dei sei prototipi di Micro stabilizzato per la focale
105mm; anch'esso è simile come concetto
al 105mm AF del 1990, tuttavia il sistema flottante, pur condividendone
l'architettura generale, agisce
diversamente: su posizione di infinito lo spazio d'aria fra i due emigauss
anteriori è abbondante, e si
riduce praticamente a zero su 1:1, esattamente il contrario di quanto avviene
sul modello di serie
comportamento formalmente analogo anche per il prototipo n° 1 da 105mm:
del resto gli schemi sono molto simili
anche in questo caso, attivando il VR, le variazioni nello
stato di correzione delle aberrazioni
laterali sono poco evidenti
Il quinto di sei prototipi del Micro-nikkor 105mm 1:2,8 VR
calcolati da Matsui nel 1995 si differenzia per il
gruppo posteriore G3, più complesso e basato su quattro lenti; questo gruppo è
molto simile a quello che
avrebbe poi utilizzato nel progetto del Micro 180mm 1:4 ED non stabilizzato del
Settembre 1996 e che
abbiamo già discusso; in tutti gli otto prototipi lo scostamento massimo del
gruppo VR è pari a 0,3mm,
mentre a causa della differente configurazione dello schema tale scostamento sul
film (dal prototipo n°
1 al n°8) è così quantificato:
I -0,245mm
II -0,254mm
III -0,288mm
IV -0,256mm
V -0,298mm
VI -0,277mm
VII -0,274mm
VIII -0,266mm
la versione con membro posteriore a quattro lenti presenta un ottimo stato di
correzione
ad infinito ed appare leggermente migliore del precedente
in questo caso, introducendo il sistema VR, le
variazioni nelle aberrazioni trasversali
sono leggermente più avvertibili
Questi coraggiosi progetti VR non ebbero seguito, ritengo più
per le oggettive difficoltà a mettere a punto il sistema sotfware che
per reali vizi di fondo; come accennato, la casistica di vibrazioni indotte a
distanza ravvicinata è molto complessa e realizzare un
obiettivo stabilizzato che scende ad 1:1 è certamente molto più difficile
rispetto ad un'ottica convenzionale: ne è prova il fatto
che sono trascorsi altri 10 anni prima che venisse offerto sul mercato il Nikon
AF-S Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 VR ED, lanciato
nel 2006 e dotato di caratteristiche d'avanguardia, come la possibilità di
focheggiare ad 1:1 senza vistose variazioni d'ingombro,
il motore ad ultrasuoni SWM, un sistema VR evoluto che consente un gain teorico
sul mosso di 4 stop, la presenza di una lente in
vetro ED a bassa dispersione e l'applicazione all'ultima lente di un
rivoluzionario trattamento antiriflessi definito Nano Crystal Coat
e caratterizzato dalla deposizione di microscopici cristalli di fluoruri sulla
lente, i quali creano un'interferenza d'onda molto più efficace
nella passivazione dei riflessi rispetto ai trattamenti convenzionali; il Nano
Crystal Coat è applicato alla lente posteriore con
l'intento di annullare i riflessi spuri creati dal sensore e dal suo filtro
taglia-banda, confermando un'ottima compatibilità con le
moderne reflex digitali; l'obiettivo dispone di attacco tipo G, privo di ghiera
del diaframma, e questo limita il suo utilizzo ai corpi più
moderni.
Il moderno AF-S Micro-Nikkor 105mm 1:2,8 VR ED del 2006 è il
punto di arrivo di un lungo percorso
e perpetra la tradizione del classico medio-tele macro di casa Nikon; lo schema
ottico è subordinato alle
rinnovate esigenze della fotografia digitale, con correzione cromatica spinta,
antiriflessi specifico e gruppo
posteriore ottimizzato per una proiezione telecentrica
(credits: picture Nikon Co.)
All'alba del nuovo millennio, con l'affermazione delle prime
reflex digitali professionali con resa adatta ad impieghi severi, la Nikon
volle fornire ai suoi utenti digitali che sfruttavano le nuove reflex D per
realizzare still life, food, foto industriale e cataloghi uno
strumento di lavoro concepito ad-hoc che replicasse in parte le prerogative dei
banchi ottici di grande formato a standarte mobili:
ispirandosi largamente ai Canon TS-E (anche dal punto di vista estetico) la
Nikon mise in vendita un obiettivo macro di focale
medio-tele caratterizzato dalla messa a fuoco fino ad 1:2 e dall'esclusiva
possibilità di effettuare decentramenti e basculaggi su
entrambi gli assi, permettendo un opportuno controllo della profondità di campo
e della prospettiva nello still-life, senza la necessità
di chiudere troppo il diaframma, con evidenti vantaggi (nessun problema di
diffrazione, minore rumore di fondo dal sensore).
L'obiettivo fu battezzato Nikon PC-Micro-Nikkor 85mm 1:2,8 Ai
P ed è caratterizzato da una massiccia e pesante montatura dotata
dei nottolini supplementari per i brandeggi; la messa a fuoco è manuale e
consente, come detto, il rapporto 1:2 (1:1,5 sui corpi
Nikon D), mentre l'attacco a baionetta F, nonostante l'assenza di autofocus,
incorpora i contatti di dialogo con la ROM incorporata
(da cui il suffisso P), per mantenere attivo l'esposimetro su alcuni corpi
macchina moderni; l'ottica scende fino a 0,39m dal piano
focale e consente decentramenti di +o- 12,4mm e basculaggi di +o- 8,3°, più
che sufficienti alla bisogna; la struttura massiccia è
confermata dalle dimensioni di 83,5x109,5mm e dal peso di 770g; dal punto di
vista ottico l'85mm PC-Micro è una sorta di clone
del 55mm 1:2,8 Micro cresciuto in scala; in questo modo l'abbondante cerchio di
copertura garantisce i brandeggi; la resa ottica è
parimenti eccellente, coadiuvata dal flottaggio singolo che distanzia le due
metà del Gauss durante la messa a fuoco, esattamente
come nel 55mm; è un obiettivo molto interessante e di indubbia utilità
professionale, le cui vendite sono state frenate da un prezzo
da groppo in gola, oltre quattro milioni di lire all'esordio!
La sezione del PC-Micro-Nikkor 85mm 1:2,8 evidenzia la
strettissima parentela del sistema ottico con quello del
Micro-Nikkor 55mm 1:2,8, cresciuto in scala ad 85mm per aumentare il cerchio di
copertura e consentire i
movimenti di decentramento e basculaggio; è stato scelto uno schema Gauss così
semplice, scartando le nuove
opzioni a gruppi multipli, in quanto i movimenti meccanici di decentramento
richiedono un' ampio spazio libero
nella parte posteriore della montatura
L'ultima realizzazione esclusiva nel settore degli obiettivi
macro è costituita dagli zoom-Micro, una categoria di obiettivi a focale
variabile ottimizzati a coniugate brevi, inaugurata dall' AF-zoom-Micro-Nikkor
70-180mm 1:4,5-5,6 ED del 1999; naturalmente
a partire dal famoso Vivitar Series I 70-210mm 1:3,5 prima serie di inizio
anni '70 la denominazione zoom-Macro è sempre
stata abusata e spesso sfruttata come specchietto per le allodole per trainare
le vendite; in realtà questi obiettivi consentivano
solo fisicamente una messa a fuoco ravvicinata ma la resa ottica garantita in
queste circostanze era decisamente inferiore ai
consueti standard dei veri macro; lo zoom-Micro-Nikkor è stato il primo
obiettivo del genere ad essere realmente calcolato
per una resa ottimale a coniugate brevi, con una superiore correzione della
distorsione, della curvatura di campo e dell'astigmatismo,
e consentiva un rapporto di riproduzione massimo di 1:1,3 alla focale di 180mm
con una qualità davvero soddisfacente; la
presenza nel complesso schema ottico a 18 lenti di un vetro ED contribuisce a
controllare l'aberrazione cromatica ed i colori
sono puri e saturi; si tratta in sostanza di una bella realizzazione,
penalizzata solo dalla luminosità ridotta e dal prezzo importante.
In realtà la sperimentazione su zoom dalle spiccate
connotazioni macro, sia per rapporto di riproduzione sia per qualità di resa,
risaliva a metà anni '90, quando il Dr. Susumu Sato - esattamente nel gennaio
1995 -, presentò il progetto per uno zoom
200-400mm 1:4 specificamente ottimizzato per la macro e che permetteva un range
di messa a fuoco molto esteso, passando
da infinito ad 1:2 su focale 200mm, da infinito ad 1:1,5 su focale 300mm e da
infinito a ben 1:1 alla focale superiore 400mm;
immaginate la pacchia per il fotonaturalista impegnato: disporre di uno zoom
autofocus e apocromatico che copre le focali da
200 a 400mm con l'elevata apertura fissa 1:4 e consente senza accessori di
eseguire una macro 1:1 a comoda distanza di
lavoro, esattamente 572mm dalla lente frontale!
Nel progetto originale, che ho acquisito e studiato
attentamente, erano presenti sette prototipi diversi, caratterizzati da minime
differenze; l'ottica era articolata su 16 lenti di cui tre in vetro ED ed era
suddivisa in cinque sottogruppi di cui solo il posteriore
fisso; il progetto è estremamente avanzato, nonostante l'apparente semplicità
dello schema (tipica degli zoom tele-tele di elevata
potenza), ed evidenzia un poderoso lavoro di contenimento dell'aberrazione
cromatica, dal momento che sono presenti ben sei
doppietti acromatici collati costituiti dall'abbinamento di un vetro ad
alta rifrazione con uno a ridotta dispersione; addirittura, il
doppietto anteriore di ampio diametro porta all'estremo assoluto il concetto,
adottando in coppia un vetro ad indice di rifrazione
elevatissimo, addirittura nD= 1,9026, ed un vetro ED di seconda generazione a
bassissima dispersione, con numero di Abbe
vD= 82,52!
L'obiettivo, se prodotto, sarebbe stato probabilmente definito
AF-zoom-Micro-Nikkor 200-400mm 1:4 ED, divenendo
senza ombra di dubbio un istant-classic fra i fotografi specializzati in natura e
wildlife; sicuramente la complessità meccanica e
l'abbondante profusione di costosi vetri esotici avrebbe comportato un costo
finale troppo elevato, ed in un momento in cui
anche Nikon cominciava a fare i conti con i listini della concorrenza il
progetto fu abbandonato; tuttavia il Dr. Susumu Sato
non abbandonò l'idea basilare, e ad Ottobre 2002 firmò il progetto del famoso
AF-S zoom-Nikkor 200-400mm 1:4 VR ED,
splendido obiettivo acclamato dagli utenti e dalla critica specializzata.
gli inediti diagrammi relativi al prototipo di
AF-zoom-Micro-Nikkor 200-400mm 1:4 ED, progettato dal
Dr. Susumu Sato nel 1994 e presentato alla registrazione di brevetto nel Gennaio
1995; il progetto
prevedeva sette varianti diverse, con modifiche minori e sarebbe stato un
obiettivo molto versatile.
gli inediti diagrammi di resa prevista relativi al prototipo
di zoom-Micro-Nikkor 200-400mm 1:4 ED;
la già citata attenzione alla correzione cromatica è confermata da questi
diagrammi, che riportano lo
stato di correzione di aberrazione sferica ed astigmatismo per numerose
frequenze selettive dello spettro;
su infinito lo spostamento di fuoco è minimo, mentre a distanza minima diviene
più avvertibile, ma si parla
di uno zoom a 400mm di focale e rapporto 1:1 !
L'idea dello zoom-Micro specializzato a coniugate brevi si
concretizzò finalmente a fine anni '90 col modello 70-180mm, molto
apprezzato dalla critica nipponica che conferì alla Nikon il premio annuale per
l'innovazione nel campo dell'ottica; l'obiettivo è
molto uniforme sul campo presenta un elevato contrasto, anche se nell'uso
pratico la luminosità massima di 1:4,5-5,6 è vincolante;
si tratta comunque di un obiettivo che conferma la leadership Nikon nello
speciale settore degli obiettivi macro.
la struttura dell'AF-zoom-Micro-Nikkor 70-180mm 1:4 ED D è
solida e ben fatta, con la classica finitura
degli AF-Nikkor professionali, il comando zoom a ghiera separata e l'attacco per
cavaletto rotante:
nessuna critica anche su questo fronte.
(credits: picture Nikon Co.)
Il complesso schema ottico del 70-180 Micro comprende una
lente ED ed è ottimizzato per le distanze brevi;
la messa a fuoco minima è di 0,37m dal piano focale (0,112m dalla lente
frontale), cui corrisponde un rapporto
di riproduzione di 1:1,3; per ottenere 1:1 è necessario applicare la lente
addizionale Nikon 6T, caratterizzata da
una struttura a doppietto acromatico (idonea ai tele) e dall'adeguato diametro
di 62mm, come lo zoom; ma non
era possibile abilitare direttamente lo zoom ad ottenere 1:1 senza questa noiosa
e costosa procedura?
Riassumendo le fila dell'entusiasmante saga dei Micro-Nikkor,
dal punto di vista tecnico possiamo evidenziare queste linee-guida
evolutive:
A) realizzazione di un obiettivo dalla resa molto elevata a distanze
ravvicinate, ottimizzato formalmente ad 1:10 e dotato di
schema ottico specialistico ma fisso, con stato di correzione variabile sul
campo cambiando il tiraggio
B) evoluzione del tipo A introducendo il flottaggio
singolo all'interno dello schema ottico fisso, che agisce alle variazioni
di tiraggio per compensare curvatura di campo e astigmatismo entro certi limiti
C) sviluppo di schemi ottici basati su due sottogruppi
1 e 2, dotati di doppio flottaggio: fra 1 e 2 durante la messa a fuoco e
contestualmente all'interno del Gauss anteriore 1, con l'intento di ottenere il
rapporto 1:1 con minore allungamento grazie
alla contestuale riduzione di focale effettiva, di correggere le aberrazioni su
tutta l'escursione e di aumentare la luminosità
di infinito ad 1:2,8, per consentire una messa a fuoco confortevole anche ad
ingrandimento massimo
D) sviluppo di tele-Micro basati su schemi da
teleobiettivo IF, sfruttando il flottaggio per ottenere una messa a fuoco
ravvicinata senza variare gli ingombri esterni
E) evoluzione dei tele-Micro su schemi simili a quelli
di uno zoom con l'adozione di vetri ED, per ottenere 1:1 senza
variazioni nelle dimensioni esterne e conseguire una superiore correzione
cromatica ed una risoluzione molto elevata
anche ai diaframmi aperti
F) sviluppo di sistemi VR applicati ai Micro con
software specificamente ottimizzato per le esigenze della fotografia
ravvicinata
G) sviluppo di zoom-Micro specificamente ottimizzati a coniugate brevi
alcuni celebri Micro-Nikkor appaiati: in alto la trilogia originale con i Micro
55mm 1:3,5, 105mm 1:4 e 200mm 1:4 IF;
dallo schema "rigido" del 55mm 1:3,5 siamo passati al flottaggio
interno del 55mm 1:2,8 ed al flottaggio doppio del 60mm
1:2,8 AF, dotato di due gruppi indipendenti flottanti e di un movimento
supplementare nel Gauss anteriore; il gruppo "rigido"
dell'originale 105mm 1:4 è stato sostituito da un sistema a doppio gruppo, un
Gauss anteriore ed un gruppo moltiplicatore
posteriore, la cui spaziatura varia con la messa a fuoco, riducendo
contestualmente la focale per contenere il tiraggio; un
flottaggio secondario all'interno del Gauss anteriore contribuisce anche in
questo caso al contenimento delle aberrazioni
In definitiva, la generazione Micro-Nikkor, sulla breccia
ormai da 50 anni, ha creato dal nulla un segmento di mercato, mettendo
a disposizione ottiche dalla resa superiore che hanno trovato vasta applicazione
sia in impieghi specialistici sia nella fotografia
convenzionale; la qualità ottica dei Micro-Nikkor è proverbiale e questa
fortunata serie di obiettivi ha contribuito più di ogni altro
fattore a creare, accrescere e consolidare il mito dell'eccellenza Nikkor, e
rappresentano un po' l'icona della produzione
ad uso fotografico convenzionale della celeberrima Casa nipponica, che ha saputo
ben sfruttare il suo background specifico,
acquisito nei decenni realizzando ottiche da microscopio e riproduzione
industriale, per dare vita ad una famiglia di obiettivi
che sono tuttora, se vogliamo, la quintessenza della "Nikon way of
life", il più forte ed immediato richiamo al brand-feeling,
amore a prima vista per i Nikonisti, che li amano come la propria fanciullezza
perduta.
(Marco Cavina)
IL MARCOMETRO
MICRO-NIKKOR: BASTA LA PAROLA!
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