PICCOLE BUGIE LEGATE
AL MONDO LEITZ:
LE PRIME FOTOCAMERE SPAZIALI UTILIZZATE
DAGLI U.S.A.
ED IL "BRUTTO ANATROCCOLO" ELMARIT-C 40mm
f/2,8 PER CL
27/10/2010
Attorno ad un marchio prestigioso ed onusto di storia come Leitz è normale che prendano vita leggende magari non attendibili o difficilmente verificabili, così come è in uso che certi mantra vengano replicati ad oltranza, in una ciclica ricapitolazione, fino a condividere l'autorevolezza della veridicità senza subire l'onere di una seria indagine volta ad accertare e riscontrare i reali fondamenti dell'assunto.In questa sede, e seguendo questo filo conduttore, oggi faremo luce su due piccoli peccati di omissione: l'identità di una delle due prime fotocamere spaziali U.S.A. utilizzate per fotografie nello spazio profondo e la reale qualità meccanica ed ottica del raro Leitz Elmarit-C 40mm f/2,8 di preserie, additato da molti come una sorta di brutto anatroccolo nato in un momento di obnubilamento delle facoltà e, peraltro, da quasi altrettanti mai visto dal vivo o provato sul campo!
PRIMO TEMPOIn piena guerra fredda, la corsa alle imprese spaziali rappresentò per le due Superpotenze un inedito ed intrigante terreno di sfida dove affermare la propria superiorità tecnologica, e da ambo i lati della Cortina furono assegnati budget considerevoli destinati a questo programma; ad inizio anni '60, dopo i primi, doverosi test di lancio con vettori privi di equipaggio o servendosi di animali sacrificati alla causa, la tecnologia fu matura per i primi voli orbitali umani, e quando i vari e complessi parametri di volo furono messi in sufficiente sicurezza da garantire all'equipaggio un minimo di tempo libero dagli impegni di manovra si pensò di aggiungere alla dotazione di bordo anche apparecchi fotografici per documentare gli inediti e straordinari scenari che si profilavano dagli angusti oblò della navetta.
Va detto che le prime fotografie scattate nel cosmo furono realizzate da un astronauta sovietico, il ventiseienne Gherman Stepanovich Titov, che il 6 Agosto 1961, a bordo della navicella Vostok 2, compì 17 orbite attorno alla Terra e realizzò delle fotografie utilizzando una speciale fotocamera realizzata appositamente per questo impiego, la FAS-1 equipaggiata con ottica Mir 37mm f/2,8; il programma spaziale americano rispose il 20 Febbraio 1962, quando i Comandante John H. Glenn Junior, a bordo della navetta MA-6 Friendship 7 lanciata dal vettore Mercury-Atlas 7, compì tre orbite attorno alla Terra e, nonostante alcuni malfunzionamenti al sistema di guida automatica che gli imposero di controllare manualmente la traiettoria della navicella, trovò il tempo per scattare le prime fotografie "americane" della Terra vista dal cosmo.
Tutta la letteratura, compresa quella ufficiale NASA, ha sempre riportato che il primo apparecchio fotografico impiegato dagli americani nello spazio (nella missione appena descritta) fu una compatta di derivazione Minolta, la Ansco Autoset (Ansco era una grande azienda che vendeva sul suolo statunitense apparecchi fotografici di altri costruttori rebranded col proprio marchio, fra i quali la Minolta Autoset); la Minolta-Ansco Autoset, equipaggiata con un Rokkor 45mm f/2,8, venne presentata nel Dicembre 1961 e la classica fotografia della versione spaziale, che rimbalza in ogni articolo o pagina web, la mostra sottosopra, con un mirino ausiliario applicato al fondello, un'impugnatura ergonomica nella parte inferiore ed il suo obiettivo Rokkor 45mm f/2,8 originale in bella vista; questo evento fu cavalcato in modo molto abile dalla Minolta, che sfruttò il clamore per questa impresa spaziale come grancassa promozionale per le proprie vendite, al punto che per anni moltissimi modelli della Casa furono caratterizzati dal numero 7, proprio per richiamare la navetta Friendship 7, e quando il Comandante John H. Glenn Jr. andò in visita in Giappone, nel 1963, ad accoglierlo con tutti gli onori c'era addirittura il Presidente della Minolta in persona, Kazuo Tashima.
Come avrete intuito, l'informazione universalmente condivisa non è completa: la Ansco Autoset era sì a bordo, destinata a riprese convenzionali su pellicola a colori nello spettro visibile ma nella dotazione era compreso anche un corpo macchina Leica IG equipaggiato con un obiettivo speciale con lenti in quarzo e prisma separatore di imprecisata produzione americana e destinato a speciali riprese multispettrali; tale fotocamera venne utilizzata da Glenn per il primo esperimento scientifico spaziale controllato da un essere umano, quando scattò sei fotografie della costellazione di Orione in banda ultravioletta (mentre orbitava al buio sopra al Pacifico), impressionando ogni fotogramma con due immagini gemelle ottenute a lunghezze d'onda diverse grazie ad al citato prisma separatore e a due filtri differenziati; riprese di questo genere erano impossibili da terra pechè l'atmosfera filtra in gran parte la banda ultravioletta necessaria per queste speciali fotografie. Entrambi gli apparecchi sono ora conservati nello Smithsonian National Air and Space Museum di Washington DC, ed ecco la descrizione particolareggiata di entrambi.
La Ansco-Minolta Autoset, celebre per il suo ruolo di prima fotocamera impiegata dagli americani per foto spaziali convenzionali, era stata profondamente modificata per adattarla alle esigenze d'uso con la tuta, il casco e i guanti di missione; in tale occasione era caricata con pellicola a colori prodotta da Kodak.
Finalmente, dopo oltre mezzo secolo, possiamo rendere il giusto tributo anche alla prima fotocamera spaziale impiegata dal programma americano per riprese speciali di tipo scientifico sotto controllo umano: una Leica IG equipaggiata con un obiettivo non meglio precisato, prodotto negli U.S.A. e caratterizzato da una "trasparenza" spettrale spinta fino agli UV ad onda corta, una caratteristica ottenuta grazie all'adozione di lenti in quarzo; tale obiettivo - contrariamente a quanto possa apparire osservando la sua spartana montatura meccanica - era molto sofisticato e prevedeva, nella parte posteriore, un prisma che sdoppiava l'immagine in due fotogrammi gemelli da 18x24mm (analogamente a quanto avviene con le fotocamere stereo), ciascuno dei quali fronteggiato da un filtro taglia-banda tarato per frequenze diverse; in questo modo era possibile ottenere simultaneamente due fotografie spettrografiche dello stesso soggetto monitorandolo con frequenze UV differenti. Non ci sono indicazioni sul produttore di questo specialissimo obiettivo tuttavia, così a fiuto, mi sentirei di proporre la Wollensak di Rochester che, negli anni precedenti, aveva approfondito la problematica delle ottiche con lenti in quarzo per riprese UV e rientrava nel gruppo di aziende coinvolte in forniture per il Governo; addirittura, negli anni '50, uno sciame di meteoriti del tipo pallasite (composte da ferro/nickel e quarzo) aveva colpito una zona degli Stati Uniti ed il titolare della Wollensak, notando la purezza del quarzo meteorico e la sua grande trasparenza agli UV fino ad onde decisamente corte, acquistò tutti gli esemplari disponibili, sezionandoli con la folle idea di realizzare una piccola tiratura di obiettivi per UV utilizzando questo quarzo extraterrestre... In realtà i campioni idonei e perfetti erano così pochi che riuscì a completare un singolo, incredibile anastigmatico, un solo esemplare la cui produzione fu funestata da inquietanti e gravi incidenti al personale e che ora è proprietà di un carissimo amico.
La Leica IG, versione semplificata dei modelli IIIG e IIG, non dispone di mirino e telemetro propri (in pratica è una "cassa di servizio" per impieghi tecnici/scientifici) e a tale proposito la NASA aveva predisposto un ingombrante mirino esterno con reticolo illuminato elettricamente per consentire l'esercizio attraverso l'oblò del casco spaziale; il kit era completato da un piccolo e spartano telemetro, la cui utilità nel caso specifico mi sembra quanto meno dubbia. Ogni particolare era guarnito da strisce di Velcro adesive per il fissaggio all'interno della navetta (ricordiamo che durante le tre orbite il cosmonauta si trovava a gravità zero), ed il mirino esterno presenta un interruttore sul lato sinistro per attivare l'illuminazione del reticolo mentre un rigonfiamento circolare sul lato destro nasconde il vano della relativa batteria.
Curiosamente, quest'apparecchio fu prodotto solamente da 1957 al 1960, quindi all'epoca si trattava di una sorta di "fondo di magazzino"; la sporgenza del mirino ausiliario impedisce fisicamente di visionare il tempo di otturazione impostato sulla ghiera dei tempi veloci, ed è lecito supporre che il valore appropriato fosse già stato impostato a terra, senza ulteriori modifiche; inoltre, è curioso che la Ansco Autoset fosse stata pesantemente modificata sovradimensionando tutti i comandi ed applicando una grossa impugnatura per agevolare l'esercizio con i guanti da missione mentre la Leica IG sia rimasta assolutamente aderente al modello standard... Infine, ricordo che la Leica IG con tempi lenti fu prodotta in 5.968 esemplari.
(ringrazio cordialmente per la consulenza l'esperto di sistemi Minolta Andrea Aprà)
La Leica IG, come gli analoghi modelli che l'avevano preceduta, era un apparecchio molto spartano, privo di mirino e di telemetro e destinato ad impieghi di nicchia (esercizio con Visoflex, utilizzo come corpo macchina per usi scientifici, etc.); le due slitte di servizio sul tettuccio permettevano di applicare mirini esterni, telemetri ed altri accessori. Come si può notare, l'apparecchio utilizzato nella missione NASA del 1962 è assolutamente identico a quello di serie, senza alcun sovradimensionamento funzionale.
Alcune delle storiche immagini scattate con la Leica IG da John H. Glenn Jr. a bordo del Friendship 7, nei rari momenti disponibili; era stato pianificato di realizzare un numero di immagini superiore, ma il malfunzionamento di certi dispositivi automatici richiese tutto l'impegno e l'attenzione del Comandante, esperto pilota "Top Gun", ed alcuni rulli di pellicola rimasero inesposti; questi caricatori 35mm, provvisti di bussolotto metallico con tappo a vite, sono tuttora conservati al National Air and Space Museum di Washington DC, ovviamente scaduti...
Il Comandante Glenn indossa la tuta spaziale e prende posto all'interno del Firendship 7 prima della celebre impresa spaziale; John H. Glenn Jr. era personalmente appassionato di fotografia ed è stato anche ritratto in Svezia, ospite di Victor Hasselblad, con una delle sue fotocamere in mano.
La claustrofobica navicella Friendship 7 ed il Comandante Glenn a bordo, ripreso dal sistema video di bordo durante la missione.
Il perchè la Leitz non abbia approfittato di questa grandissima opportunità di promozione (assieme alla Hensoldt Wetzlar, produttrice del binocolo in dotazione a bordo), lasciandosi scippare da Minolta la ghiotta occasione rimane un mistero: possiamo solo ipotizzare che l'Azienda, all'apice del successo di vendite nel settore microscopi e fotocamere a telemetro, non ritenesse necessario ribadire l'ovvio!
SECONDO TEMPO
Un'altra zona d'ombra del mondo Leitz, o se preferiamo un diffuso pregiudizio, è legato ad uno dei suoi obiettivi più rari, il discusso Elmarit-C 40mm f/2,8 che, nelle intenzioni della Casa, avrebbe dovuto equipaggiare la famosa compatta a telemetro Leica CL, lanciata nel 1973 e frutto della collaborazione tecnica con Minolta; come è noto, tale obiettivo fu prodotto solamente in un piccolo lotto di preserie, e poi sostituito nella produzione di massa dal più pretenzioso Summicron-C 40mm f/2 a 6 lenti; un quadro già intricato e reso ancora più complesso dal fatto che Minolta (che produceva la fotocamera in Giappone per entrambi i Marchi), dal canto suo, commercializzava l'apparecchio sul mercato giapponese col nome Leitz-Minolta CL e la equipaggiava con obiettivi M-Rokkor, teoricamente identici ai Leitz-C della controparte...
L'Elmarit-C 40mm f/2,8 e la sua ingloriosa e prematura fine sono depositari di varie leggende metropolitane che hanno alimentato una trista fama, al punto che tale obiettivo è ormai identificato come una sorta di "pecora nera", un passo falso del celebre Marchio, un brutto anatroccolo del quale parlare il meno possibile;
curiosamente, questa ridda di pregiudizi autoalimentati è spesso basata su dicerie dall'origine incerta, dal momento che di tale obiettivo sono stati realizzati solamente 400 esemplari circa , mai posti ufficialmente in vendita (sembra che la maggioranza sia passata di mano a prezzo simbolico ad appannaggio degli stessi dipendenti Leitz), e ben pochi hanno avuto la fortuna di una valutazione empirica dal vivo.
La leggenda narra appunto che tale obiettivo sia stato progettato in fretta e furia, svogliatamente, al punto che, nella ricerca dell'estrema compattezza, non ci si rese conto che non era fisicamente possibile azionare la ghiera del diaframma (a filo della montatura), nè era funzionale applicare prese di forza in posizione tradizionale perchè, con certi incroci di regolazione, avrebbe interferito con l'analogo dispositivo che permetteva la messa a fuoco (in pratica, i due comandi si sarebbero trovati sullo stesso asse, uno di fronte all'altro praticamente a contatto, rendendo difficile spostare l'uno senza muovere inavvertitamente anche l'altro); la soluzione trovata, che in effetti assomiglia molto ad un escàmotage dell'ultima ora, fu quella di piazzare una presa di forza in plastica nella parte superiore della ghiera, verticalmente, al posto del valore f/8, che veniva così cancellato: l'assurdità della scelta e l'aspetto un po' impreciso del brutale trapianto tradiscono i effetti un intervento posticcio, a posteriori, e non coordinato ad un progetto omogeneo, ma tuttavia le dicerie secondo le quali tale orpello interferisse col mirino od impedisse il funzionamento del telemetro non corrispondono a verità.
Si narra altresì che l'intenzione del management era quello di lanciare l'apparecchio sul mercato francese ad un prezzo aggressivo, sotto la soglia dei 1.000 Franchi, appaltando quindi l'assemblaggio parziale dell'obiettivo ad una non meglio precisata azienda rumena che, per inesperienza, si sarebbe resa colpevole di un montaggio disastroso dal punto di vista meccanico e della centratura ottica, senza contare che - a detta di alcuni - tutta la progettazione e la qualità dei materiali impiegati sarebbe intrinsecamente inferiore allo standard Leitz, e l'obiettivo, quand'anche correttamente assemblato, non sarebbe in grado di produrre immagini soddisfacenti.Cerchiamo dunque di capire cosa ci sia di vero in questo epos dal sapore sinistro...
La Leica CL assieme ai tre "normali" del programma Leitz-Minolta CL: il Summicron-C 40mm f/2, l'alter-ego M-Rokkor 40mm f/2 ed il rarissimo Elmarit-C 40mm f/2,8, originariamente destinato alla produzione e poi soppiantato prima della serie. Potete notare, all'interno dell'apparecchio, l'ingegnoso braccetto mobile dotato di resistenze al CdS per la misurazione esposimetrica TTL, vanto di quest'apparecchio.
Il 40mm f/2,8 Elmarit-C montato in macchina assieme ai 40mm f/2 made in Japan e made in Germany; l'ingombro del Summicron-C f/2 è analogo a quello dell'originale Elmarit-C f/2,8, quindi costituisce in piccolo capolavoro di compattezza.
I tre 40mm assieme all'Elmar-C 90mm f/4 montati su vari modelli di Leica CL (Leitz-Minolta, "50 Jahre", "Attrappe" da esposizione): la Leica CL Giubileo "50 Jahre" fu realizzata nel 1975 in 3.500 esemplari, mentre la versione Attrappe (manichino) è un modello da vetrina, privo di meccanismi interni, e nella fattispecie è facilmente identificabile anche senza maneggiarlo grazie alla lettera "A" anteposta al numero di matricola sulla slitta porta-accessori. La gestione delle ottiche è curiosa: il 40mm f/2 M-Rokkor era prodotto in Giappone, ma non vi sono indicazioni precise sull'origine delle lenti (se prodotte a Wetzlar o realizzate da Minolta autonomamente), il 40mm f/2 Summicron-C era realizzato a Wetzlar mentre il medio tele da 90mm f/4 era costruito in Germania sia nell'esecuzione Elmar-C per Leica CL sia in quella M-Rokkor per Minolta CL, che riportava l'incisione "made by Leitz", unico caso di ottica originale Leitz rebranded.
Gli obiettivi 40mm f/2 Summicron-C ed M-Rokkor sono teoricamente identici, al punto che qualche dietrologo ha avanzato l'ipotesi che la produzione fosse in comune, a prescindere dall'eventuale indicazione made in Germany o made in Japan, tuttavia queste immagini evidenziano le numerose differenze estetiche e funzionali presenti nei due obiettivi:
1) la ghiera frontale con scritte ha tacche di serraggio sul Minolta ed una vite di fermo sul Leitz
2) la scalfatura all'estremità della presa di forza per i diaframmi è più allungata nel Minolta
3) smalti, grafiche e spessore delle incisioni sono differenti
4) il punto di fede è triangolare nel Leitz e a freccia nel Minolta
5) ghiere di serraggio della lente posteriore: nel Minolta quella esterna è più rilevata dell'altra
6) viti della baionetta: taglio piatto nel Leitz, a croce nel Minolta
7) nella flangia della baionetta ad ore 10 c'è uno scasso nel Leitz, assente nel Minolta
8) nella camma telemetrica in ottone vi sono parti annerite in punti differenti
9) attorno alla lente anteriore del Minolta vi sono 3 light-baffles assenti nel Leitz
10) il pallino di riferimento laterale in plastica rossa ha foggia diversa.
Appaiono invece apparentemente identici il trattamento antiriflessi delle lenti e la struttura del diaframma.Credo quindi che non ci siano dubbi sul fatto che i due 40mm f/2 siano stati assemblati dai relativi Brand, mentre è curioso annotare l'indicazione made in Germany sull'Elmarit-C 40m f/2,8: non era montato in Romania?
L'Elmarit-C 40mm f/2,8 venne presentato nel 1973 e gli venne teoricamente assegnato il numero di catalogo 11541, anche se quest'ultimo non venne mai registrato nè utilizzato ufficialmente; secondo gli archivi, a quest'obiettivo vennero assegnate le matricole comprese fra 2.5012.601 e 2.513.000, preconizzando quindi una produzione di 400 esemplari, valore da tempo accettato a livello internazionale; incidentalmente l'esemplare presentato in questa sede riporta la matricola 2.501.035, quindi, se non esistono interruzioni nella numerazione progressiva, gli esemplari prodotti dovrebbero essere almeno 435. Dall'immagine si può intuire che lo smalto bianco abbinato alle incisioni pantografate non è stato applicato a regola d'arte (sono visibili sbavature), un piccolo problema riscontrato anche nella ghiera del diaframma, ma questo è l'unico appunto legato al livello di qualità e finitura che si può ascrivere all'obiettivo confrontandolo con successivo Summicron-C 40mm f/2.
L'obiettivo presenta una montatura filettata che accoglie un paraluce a vite in gomma, collassabile, fornito a corredo e caratterizzato da codice 12518 (identico a quello che equipaggerà il successivo Summicron-C)
ed un tappo in plastica a pressione che si applica al paraluce chiuso in posizione di riposo; alla montatura
sono applicabili filtri Serie 5,5 (altra analogia con il Summicron-C). L'obiettivo è molto compatto e proporzionato al piccolo corpo della Leica CL, e pesa solamente 130g.
Rozzamente applicata alla scala dei diaframmi, esattamente in coincidenza col valore f/8, possiamo osservare la famosa presa di forza in plastica nera che permette l'azionamento della ghiera: infatti, come si può notare in questa ed altre immagini, il profilo della ghiera è liscio e privo di superfici a sbalzo per agevolare la presa, una scelta curiosa perchè se è vero che una presa di forza sporgente come questa, una volta che fosse posizionata fuori dalla scala, in certe condizioni si sovrapporrebbe a quella che permette la messa a fuoco, complicando la vita al fotografo, sarebbe comunque bastato dotare la ghiera di un paio di sbalzi godronati all'estremità della scala (così come è stato fatto nel Summicron-C 40mm f/2 ed in altri obiettivi Leica M compatti, come il Summicron-M 35mm f/2 tipo 11310) per risolvere felicemente il problema, mentre appare chiaro che questa presa di forza, applicata in modo abbastanza approssimativo in un punto non logico, è un post-scriptum ad un progetto finito.
La distanza minima di messa a fuoco arriva a 0,8m, secondo lo standard scelto per la Leica-Minolta CL e la sua camma curva a corsa ridotta, ed il dettaglio delle immagini mette in rilievo una caratteristica dell'Elmarit-C 40mm f/2,8 che è singolare nel panorama Leica M e costituisce l'unica, apparente scelta di economia nella sua progettazione: la scala di messa a fuoco è serigrafata sull'anodizzazione nera anzichè essere incisa ed evidenziata a smalto, una scelta che consente un minimo risparmio senza peraltro penalizzare minimamente la qualità finale del prodotto che risulta addirittura più rifinito. Anche qui è molto evidente la presa di forza per regolare le aperture e la relativa ghiera completamente liscia.
Il trattamento antiriflessi corrisponde perfettamente allo standard Leitz dell'epoca, ed anche il diaframma presenta un'architettura costituita da ben 10 lamelle e risulta adeguatamente passivato contro i riflessi.
L'Elmarit-C 40mm f/2,8 assieme al paraluce 12518 di corredo (collassato) ed al relativo tappo a pressione in materiale plastico; il tutto è concepito per l'esercizio mantenendo il paraluce perennemente montato, ma non è possibile applicare il tappo all'obiettivo privo di paraluce, una scelta cara ai tecnici Leitz che personalmente ho sempre criticato.
L'aspetto dell'obiettivo montato in macchina con il paraluce il posizione di lavoro; quest'ultimo è sicuramente ben dimensionato ed efficace ma col tempo la gomma col quale è stato confezionato tende a sbiancare e ad irrigidire, fessurandosi; sicuramente sarebbe utile umettare il paraluce con crema protettiva alla cera d'api destinata al legno, una vera panacea che "nutre" la gomma e le restituisce un aspetto simile al nuovo.
La Leica CL con l'Elmarit-C 40mm f/2,8 dotato di paraluce e tappo, il tutto in posizione di riposo; la compattezza è notevole, paragonabile a quella di apparecchi della famiglia Canonet o di altre compatte del periodo, il tutto con qualità costruttiva Leitz, oggettivamente inavvicinabile per quelle categorie di fotocamere, peraltro molto più economiche.
Nel confronto fra l'Elmarit-C 40mm f/2,8 ed il Summicron-C 40mm f/2 non si notano evidenti sbalzi qualitativi sul piano della costruzione, nella fluidità dei comandi e nell'assenza di giochi meccanici; sicuramente le lenti di maggior diametro del Summicron-C fanno più "scena" ma anche l'Elmarit è adeguatamente curato, come si nota, ad esempio, dai tre "light baffles" che raccordano la ghiera frontale alla piccola lente anteriore; nell'immagine è evidente anche l'esteso settore godronato in rilievo presente nella ghiera del diaframma del Summicron-C e che permette un'agevole regolazione senza interferenze con la presa di forza della messa a fuoco, una soluzione - come detto - che sarebbe stata applicabile anche all'Elmarit-C. Va notato che il diaframma dell'Elmarit-C chiude fino ad f/22, mentre il Summicron-C arriva solamente ad f/16.
Analoga qualità costruttiva anche nella parte posteriore (notate anche in questo caso i numerosi "light baffles" contro i riflessi parassiti applicati attorno alla lente dell'Elmarit-C); baionetta, viti di fissaggio ed ottone delle camme risultano identici mentre incuriosisce la ghiera di serraggio secondaria del 40mm f/2,8, decisamente sovradimensionata. In conclusione, dal punto di vista meccanico nell'Elmarit-C 40mm f/2,8 non c'è alcun elemento particolare caratterizzato da materiali o fattura di qualità evidentemente inferiore rispetto al Summicron-C, e credo di poter dire che l'aspetto da "Cenerentolo" è più dovuto all'impatto estetico delle piccolissime lenti che ad altro.
Un altro elemento che avvalora l'ipotesi secondo la quale l'Elmarit-C non fu "abortito" per mere considerazioni estetico-funzionali ci viene fornito dall'analisi di uno dei prototipi di pre-serie del Summicron-C 40mm f/2, messo all'incanto nel Dicembre 2010 da una celebre Casa d'aste viennese.
Come potete notare, non senza sconcerto, anche la prima ipotesi del Summicron-C 40mm f/2 era equipaggiata con la stessa presa di forza in plastica posizionata sulla ghiera dei diaframmi in corrispondenza del valore f/8, esattamente come avviene nell'Elmarit-C 40mm f/2,8, ed è difficile indovinare le ragioni che spinsero i tecnici di Wetzlar a mantenere tale dettaglio anche in questa pre-serie, quando era sufficiente (come poi avvenne negli esemplari di normale produzione) predisporre un settore godronato supplementare a sbalzo dalla ghiera stessa.
Questa vista frontale sottolinea la matricola prototipica e mette nuovamente in evidenza la tanto discussa presa di forza per azionare i diaframmi, piazzata a mo' di corno di rinoceronte ad occultare il valore f/8; curiosamente, questa posizione è rimasta inalterata rispetto all'Elmarit-C, ma in quest'ultimo il valore f/8 sin trova in posizione centrale e simmetrica rispetto ai fondo-scala (f/2,8 - f/22), mentre nel caso del Summicron-C troviamo quattro valori a sinistra del pivot ma solamente due a destra (f/11 - f/16): evidentemente si riteneva corretto che tale particolare si trovasse ad ore 12 quando era in uso l'apertura ottimale dell'obiettivo, considerata anche in questo caso proprio f/8.
Altri dettagli interessanti e a tratti inspiegabili relativi al prototipo di pre-serie: le cinque viti di fissaggio per la baionetta presentano taglio a croce sul prototipo (esattamente come avviene sull'M-Rokkor) e taglio piano nel Summicron-C di serie, una scelta apparentemente priva di alcun vantaggio pratico; ancora, la ghiera che fissa la lente posteriore del prototipo è molto spessa e sporge abbondantemente rispetto al profilo dell'elemento ottico, creando una sorta di "light baffle" supplementare, mentre nel Summicron-C di serie ha un profilo molto più basso ed è rifinita in un differente tono di grigio opaco. Considerando che il precedente Elmarit-C 40mm f/2,8 presentava le stesse viti piane poi adottate nella baionetta del Summicron-C di serie, risulta davvero strana l'anomalia "Minolta oriented" dal prototipo di pre-serie, anche se - dicitura made in Germany a parte - la fattura originale Leitz è tradita anche dalle tipiche sbavature dello smalto bianco nelle varie incisioni del barilotto, virtualmente assenti negli M-Rokkor assemblati da Minolta.
Per quanto riguarda gli schemi ottici, il Summicron-C 40mm f/2 e l'M-Rokkor 40mm f/2 si basano su un doppio Gauss a 6 lenti in 4 gruppi, chiaramente ispirato al Summicron-M 35mm f/2 tipo 11309 del 1969,
uno schema tipico da "normale" 50mm ed in questo caso un po' forzato per allargare il campo utile sulla diagonale da 46° a 57°, un'operazione dalla quale è lecito aspettarsi analoga qualità di riproduzione in asse ed un leggero scadimento ai bordi rispetto al Gauss da 50mm.
L'Elmarit-C 40mm f/2,8 presenta invece uno schema più semplice, sempre vocato al principio informatore originale della massima economia produttiva: si tratta di un classico tipo Tessar - Elmar, una variante del tripletto a 4 lenti in 3 gruppi con un doppietto collato posteriore. In questo caso l'unico precedente in casa Leitz di grandangolare con questo schema risale addirittura all'Elmar 35mm f/3,5 EKURZ, lanciato nel lontano 1930.
A titolo di curiosità indichiamo anche lo schema dell'Elmar-C 90mm f/4, un'architettura a 4 lenti singole permessa da nuovi vetri ottici che costituiva un progresso rispetto agli analoghi 90mm Leitz dell'epoca (infatti l'obiettivo non si ispira direttamente ad alcun obiettivo Leica M precedente); la scelta di limitare la luminosità ad f/4 da un lato consentì di annullare nell'ambito della profondità di campo a piena apertura le eventuali imprecisioni del telemetro a base corta (specie nel ritratto a distanze minime) e dall'altro consentì di miniaturizzare l'obiettivo rendendolo compatibile con gli ingombri della Leica CL; anche quest'ottica segue lo standard delle ottiche -C e garantisce 7 valori di apertura, chiudendo quindi fino ad f/32. Un obiettivo Leica M moderno che si ispira strettamente all'Elmar-C 90mm f/4 è il Macro-Elmar-M 90mm f/4, lanciato nel 2003.
Le Leica CL e Leitz-Minolta CL vennero prodotte dal 1973 al 1976 con questo parco di ottiche, tuttavia - a fine anni '70, la Minolta riesumò il progetto, modificò la lettura TTL applicando un computogramma riflettente alle lamelle dell'otturatore, inserì l'automatismo a priorità di diaframmi e creò la Minolta CLE, edizione concettualmente rivista dell'originale CL; in tale occasione venne anche aggiunto un terzo obiettivo grandangolare per completare il pacchetto di ottiche M-Rokkor; siccome il normale da 40mm era un po' allargato, la scelta non cadde sul classico 35mm bensì sul più prestante 28mm, e vide la luce l'M-Rokkor 28mm f/2,8 a 7 lenti, un obiettivo di ottima qualità; per amore di completezza aggiungo a seguire la riproduzione di un test di risoluzione realizzato dalla rivista italiana "Il Fotografo" - Mondadori (la cui edizione è cessata da un quarto di secolo) che metteva alla prova i tre obiettivi M-Rokkor da 28, 40 e 90mm assieme ad un classico Summicron-M 50mm f/2 tipo 11819, a 6 lenti in 4 gruppi.
I valori di risoluzione del 28mm e del 90mm non sono eccezionali e mi fanno sospettare qualche problema/staratura del sistema di messa a fuoco o delle camme (le prove venivano effettuate direttamente su pellicola ed in questo caso venne utilizzata una Minolta CLE), mentre è interessante confrontare il comportamento del 40mm f/2 con il Summicron-M 50mm f/2, dotato di uno schema analogo: sull'asse e fino ad 1/3 di campo al risoluzione fu sovrapponibile, evidenziando un fingerprint analogo ai vari diaframmi, mentre a 2/3 di campo ed ai bordi il 40mm presentò una risolvenza decisamente inferiore, forse - come accennato - pagando la forzatura a 57° del suo schema.Peraltro, il 28mm f/2,8 M-Rokkor risultò invece eccellente in un altro test, basato su letture MTF dell'immagine aerea e non influenzato da problemi di messa a fuoco sul corpo macchina: ad inizio anni '80 la rivista italiana "Tutti Fotografi" mise a confronto l'M-Rokkor 28mm f/2,8 con il Leitz Elmarit-M 28mm f/2,8 terzo tipo, codice 11804, ed il Rokkor risultò globalmente superiore (nella media fra asse, zone medie e bordi) da f/2,8 ad f/5,6, impattando poi con l'Elmarit-M alle aperture successive; ecco copia di quei test risalenti a quasi 30 anni fa.
(Test realizzati dal Centro Studi Progresso Fotografico sotto la supervisione
dell'Ingegner Namias)
AREA TEST
La fama poco lusinghiera dell'Elmarit-C 40mm f/2,8, col tempo, si è estesa anche alla sua resa ottica, da alcuni considerata poco soddisfacente; trattandosi di un obiettivo prodotto in 400 pezzi, mai posti ufficialmente in vendita, mi auguro che coloro i quali hanno espresso giudizi sul suo rendimento abbiano effettivamente avuto modo di maneggiare e provare un esemplare.
Per valutare velocemente come si posiziona l'Elmarit-C 40mm f/2,8 rispetto ai 40mm f/2 Summicron-C ed M-Rokkor ho eseguito qualche scatto di prova su Leica M8, sia alla massima apertura f/2,8 sia chiudendo fino ad f/8, ed in un caso, come metro di riferimento, ho eseguito gli scatti anche con un Summicron-C 35mm f/2 cromato a 7 lenti, tipo 11311. Ho scattato in DNG convertendo i files in Adobe Camera RAW,
aprendoli a 16 bit e salvandoli in TIFF in Adobe Photoshop CS4 senza effettuare alcun intervento sul file rispetto alle condizioni di scatto e senza introdurre il minimo sharpening a nessun livello; so che può apparire strano provare in digitale ottiche ormai di modernariato, ma da un lato questo sistema consente la verifica immediata del risultato e dall'altra è coerente con l'avanzamento della tecnologia e l'evoluzione dei costumi, per cui al giorno d'oggi molti Leicisti si sono convertiti anch'essi a corpi Leica M digitali.
In ogni fotogramma ho scelto delle zone (evidenziate in rosso nell'anteprima completa) che vengono presentate al 100% del file ed affiancate, per visualizzare subito eventuali differente.
Le immagini sono relative ai seguenti obiettivi:
Leitz Elmarit-C 40mm f/2,8 matricola 2.513.035
Leitz Summicron-C 40mm f/2 matricola 2.564.081
Minolta M-Rokkor 40mm f/2 matricola 2.019.076
Leitz Summicron-M 35mm f/2 matricola 3.611.688
Ad f/2,8, naturalmente, l'Elmarit-C risulta penalizzato in quanto lavora a piena apertura mentre gli altri concorrenti, basati su schemi Gauss ben più complessi a 6 o 7 lenti, sono già chiusi di 1 stop, che in termini di contrasto può fare la differenza... Infatti, sull'asse, i tre obiettivi f/2 appaiono più nitidi e contrastati rispetto all'Elmarit; sempre ad f/2,8, nella seconda zona (l'antenna televisiva), il Summicron-C - che sull'asse perdeva qualcosina dall'M-Rokkor, sopravanza ora quest'ultimo in modo evidente, rivaleggiando con l'ottimo Summicron-M 35/2 a 7 lenti (un esemplare particolarmente riuscito), mentre l'Elmarit-C, a piena apertura, soffre di una evidente fuzziness che penalizza il contrasto, tuttavia, se si osserva attentamente (ad esempio, nella griglia) il potere risolvente non è marcatamente inferiore rispetto ai due fratelloni, anche se, ovviamente, le aberrazioni residue ed il contrasto basso penalizzano la resa finale. Nella terza zona, quella più lontana dall'asse (e comunque ancora lontana dai bordi, considerando il sensore da 18x27mm con fattore crop 1,33x), il Summicron-C paga dazio e risulta marcatamente meno nitido rispetto al gemello M-Rokkor (invertendo il trend riscontrato più vicino all'asse), e persino il piccolo Elmarit-C usato a tutta apertura, nonostante un evidente asimmetria di resa secondo l'orientamento sagittale o tangenziale dei dettagli (linee congruenti alla semidiagonale o perpendicolari ad essa) appare leggermente superiore, fornendo un rendimento tutto sommato più uniforme sul campo. In questa zona il Summicron-M 35mm f/2 a 7 lenti prevale nettamente, confermando la sua superiore correzione extrassiale rispetto agli obiettivi -C.
Ad f/4 il rendimento di tutte le ottiche migliora leggermente mantenendo un comportamento tipico identico all'apertura precedente: sull'asse i due 40mm f/2 prevalgono leggermente sul 40mm f/2,8 (e l'M-Rokkor vince di un'incollatura sul Summicron-C), ma la differenza è molto ridotta e va considerato che il "piccolo" di casa è sempre e comunque in ritardo di uno stop sulla diaframmazione rispetto ai rivali; sull'asse e nella seconda zona la fuzziness evidenziata dall'Elmarit-C ad f/2,8 si riduce drasticamente ed ora la riproduzione delle antenne si avvicina a quella dell'M-Rokkor, mentre in quest'area il Summicron-C presenta un rendimento superiore agli altri due colleghi, rivaleggiando col Summicron-M 35mm a 7 lenti; anche ad f/4, nella terza zona, il Summicron-C (che era molto buono nel settore precedente) crolla vistosamente e viene superato in modo netto dall'M-Rokkor ma anche dallo stesso Elmarit-C, che è ad un soffio dal rendimento del 40mm giapponese; anche in questo caso il Summicron 35mm è globalmente il più corretto.
Ad f/5,6 sull'asse il 40mm f/2,8 Elmarit-C rende ormai praticamente come il Summicron-C, mentre l'M-Rokkor mantiene anche a questa apertura quel minimo vantaggio di brillantezza; nella seconda zona l'M-Rokkor ha recuperato il gap con Summicron-C, ora solo un pelo più secco, ma anche l'Elmarit-C, pur soffrendo ancora di un residuo di aberrazioni irrisolte, presenta una risolvenza quasi pari ai rivali; nella terza zona si conferma la debolezza del Summicron-C (o, quantomeno, di questo specifico esemplare), e sia l'M-Rokkor che l'Elmarit-C presentano una riproduzione più nitida, anche se quest'ultimo resta leggermente "fuzzy". Ottimamente corretto, come sempre, il Summicron 35mm, che risulta superiore ai contendenti nelle aree periferiche dell'immagine.
Ad f/8 l'Elmarit-C è finalmente arrivato a tre stop di chiusura ed è lecito attendersi un comportamento ottimale: infatti, sull'asse resta la gerarchia M-Rokkor, Summicron-C ed Elmarit-C ma le differenze sono davvero minime, e nella seconda zona il 40mm f/2,8 è praticamente al livello del 40mm f/2 Leitz, mentre ora, curiosamente, il Minolta prevale di un filo quando ad aperture maggiori risultava più debole rispetto al Summicron-C; anche nella terza zona, più periferica, l'Elmarit-C si comporta bene, prevalendo sul Summicron-C e rivaleggiando con l'M-Rokkor che ha una risoluzione leggermente superiore compensata nell'Elmarit-C da un rendimento più pastoso.
Riassumendo, il piccolo Elmarit-C, penalizzato da un'apertura massima limitata ad f/2,8 e da uno schema ottico tipo Tessar più semplificato, paga dazio ad f/2,8 e solo parzialmente ad f/4, mentre ad f/5,6 - f/8 (valori di uso comune nella fotografia convenzionale) presenta un rendimento che non sfigura nei confronti del Summicron-C, e nelle aree più periferiche mostra addirittura una tenuta migliore. Va detto che l'esemplare di M-Rokkor preso in esame presenta un rendimento complessivo leggermente superiore a quello del Summicron-C, teoricamente identico, confermando l'analoga impressione condivisa da un amico che utilizza entrambe le ottiche, ma per un giudizio definitivo occorrerebbe una prova molto più approfondita e basata su un elevato numero di esemplari.
Per verificare la resa ad apertura f/2,8 e la riproduzione dello sfuocato ho utilizzato questo scatto, con un putto in primo piano ed un celebre e riconoscibilissimo collezionista Leica sullo sfondo, scattando con i due 40mm f/2 e con l'Elmarit-C 40mm f/2,8 ed evidenziando al 100% i settori indicati dalle maschere di colore rosso. Naturalmente, anche in questo caso, l'Elmarit-C sarà penalizzato dall'uso a piena apertura contro rivali diaframmati di uno stop e dalla visualizzazione di settori fuori asse.
Negli specifici settori scelti (il volto del putto corrisponde all'antenna del soggetto precedente) il Summicron-C risulta più nitido e secco, ma è interessante analizzare la riproduzione dello sfuocato, dove l'immagine prodotta dal 40mm f/2,8 Elmarit-C ad f/2,8 risulta più presente, strutturata ma anche fuzzy rispetto a quelle impressionate con i 40mm f/2: trattandosi di un rendimento a parità di apertura e messa a fuoco, possiamo arguire che sia parte del comportamento caratteristico di quest'obiettivo.
Anche lo scatto seguente è stato eseguito ad f/2,8 con i tre 40mm ed i crops al 100% prendono in considerazione sia il piano di fuoco che lo sfuocato.
Questo scatto conferma le impressioni ricavate da quello precedente: il 40mm f/2,8 Summicron-C, usato a piena apertura f/2,8, sull'asse è meno nitido rispetto ai due 40mm f/2, avvantaggiati dallo schema più sofisticato e dallo stop di chiusura, ed il suo sfuocato appare più strutturato e presente.Ho scattato la stessa immagine utilizzando l'Elmarit-C 40mm f/2,8 chiuso ad f/5,6-8, ed ecco come si è comportato:
Ecco un ulteriore scatto realizzato con l'Elmarit-C 40mm f/2,8 chiuso ad f/8 (1/90" con Leica M8 a 160 ISO, file DNG aperto in Adobe Camera Raw , passato in Adobe Photoshop a 16 bit e convertito in monocromatico):
In definitiva, credo che la fama di "brutto anatroccolo" ereditata dallo sfortunato e raro Elmarit-C 40mm f/2,8 sia largamente immeritata: meccanicamente è piccolo e leggero ma realizzato con gli stessi standard delle altre ottiche Leitz -C, e se escludiamo la grande ingenuità connessa alla ghiera del diaframma (però clamorosamente presente come recidiva anche nel prototipo di pre-serie del Summicron-C) l'obiettivo è ben realizzato e funziona a dovere con ghiere adeguatamente fluide e precise; da punto di vista ottico non è sicuramente un obiettivo per available light a piena apertura (e del resto il suo esordio ad f/2,8 non lo rende certo idoneo a questo impiego), ma chiuso a valori centrali sarebbe stato certamente in grado di soddisfare l'utente-tipo di una Leica CL, un cliente sicuramente raffinato ma anche sufficientemente intelligente da apprezzare le qualità intrinseche dalla sua "compatta" di prestigio senza pretendere da essa ingrandimenti da 1 metro di lato come se stesse utilizzando un apparecchio di grande formato... Se vogliamo essere sinceri, l'unico vero "difetto" dell'obiettivo Leitz tipo 11541 è quello di... essere davvero molto raro, e questo può certamente estenuare più dei suoi eventuali e solo paventati difetti.(Marco Cavina)
(testi, foto e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato; ringrazio affettuosamente l'amico Pierpaolo Ghisetti per la disponibilità, la condivisione del materiale e per averci - letteralmente - "messo la faccia", nonchè l'amico Vicent Cabo per le precise sezioni degli schemi ottici e il gentilissimo e competente amico Andrea Aprà per la consulenza sulla Ansco-Minolta spaziale. Leica, Leitz, Summicron, Elmarit, Minolta e Rokkor sono marchi depositati.)