LEITZ SUMMILUX-M 35mm f/1,4 E SUMMILUX-M 35mm f/1,4
ASPH. FLOATING:
STORIA E TEST SUL
CAMPO DI UN AUTENTICO
MITO LEITZ - LEICA
CON INFORMAZIONI INEDITE
SU PROTOTIPI DEL 1971 DOTATI DI DOPPIA
SUPERFICIE ASFERICA ESTERNA E VETRO
900403 NOCTILUX, AUTENTICI
TRAIT D'UNION IDEALI FRA
IL MODELLO ORIGINALE DEL
1961 ED IL
SUMMILUX ASPHERICAL LANCIATO NEL 1990.
(06/06/2013)
Il Summilux-M 35mm f/1,4 è stato uno degli obiettivi che meglio di altri ha incarnato il mito della Leica quale strumento privilegiato per realizzare immagini colte al volo in situazioni ambientali difficili e con illuminazione scarsa o addirittura proibitiva; quando venne lanciato, nel 1961, consentiva - abbinandolo ad una M3 caricata con pellicola di alta sensibilità - di concretizzare scatti a luce ambiente prima difficilmente ipotizzabili, con un repertorio di vocaboli espressivi così personali che, nel corso dei decenni in cui venne prodotto, ha coagulato attorno a se un autentico "culto", informato a volte di stridenti ambivalenze amore-odio ma avvincendo sempre e comunque il fortunato proprietario.Con l'avvento di nuove tecnologie, il mitico Summilux 35mm è stato riprogettato, senza tuttavia rinnegare assolutamente il caratteristico schema ottico basilare di derivazione Gaussiana, che riconosciamo tuttora nella più moderna versione; i modelli via via declinati saranno l'Aspherical del 1990, ottica di rottura che incorpora due superfici asferiche, l'Asph.del 1994, una versione "semplificata" del precedente con una sola superficie asferica ottenuta con nuove e meno costose procedure, e l'Asph. "floating" del 2010, vero punto di arrivo di una parabola lunga mezzo secolo, che prevede il nocciolo ottico del precedente modello ottimizzato per le brevi distanze grazie ad un flottaggio che, in combinazione con la messa a fuoco, modifica la posizione del modulo posteriore del gruppo ottico rispetto all'anteriore.
In questo contesto procederemo a descrivere l'evoluzione dei vari modelli, anche grazie agli estratti dei brevetti originali, aggiungendo un tassello finora sconosciuto e rappresentato da un ambizioso progetto del 1971 che prevedeva di trasferire le innovative tecnologie sviluppate per il Noctilux-M 50mm f/1,2 del 1966 (le due superfici asferiche esterne e l'impiego del vetro Lanthanum Dense Flint di caratteristiche estreme tipo Leitz 900403 "Noctilux") proprio in uno schema implementato del Summilux-M 35mm f/1,4, creando uno step intermedio, già asferico, quasi 20 anni prima dell'introduzione del celebre modello "Aspherical"; successivamente verranno condivisi i risultati di una breve prova sul campo eseguita sui due modelli agli estremi della lunga filiera cronologica: un Summilux-M 35mm f/1,4 Made in Canada modello 11871 con occhiali per M3 (uno dei primissimi esemplari prodotti, con matricola 1.778.361) ed un modernissimo Summilux-M 35mm f/1,4 Asph. floating appartenente all'ultima serie, con matricola 4.161.944, entrambi provati ad aperture comprese fra f/1,4 ed f/8 a tre distanze: quasi infinito, 3m ed 1m.
Come anticipavo, il leit motiv del Summilux-M 35mm f/1,4 nelle sue varie incarnazioni è costituito dal suo particolare schema ottico, un Gauss analogo al Planar originale al quale è stata aggiunta una settima lente singola subito dietro il diaframma, un elemento mantenuto in tutte le versioni e tuttora di vitale importanza, visto che il suo raggio anteriore supporta la superficie asferica che caratterizza anche la versione attuale; i cultori Leitz hanno sempre considerato questo inconfondibile modello come un progetto nato in seno alla Casa e frutto della genialità di Walter Mandler, uno schema poi trasferito con poche varianti secondarie ed altrettanto successo anche nel Summicron-M 35mm f/2 IV^ serie del 1979; è quindi curioso prendere atto, dopo varie ricerche condotte personalmente al riguardo, che questo schema applicato ad un leggero grandangolare da 35mm di buona luminosità fu invece inventato dai Sovietici dell'Istituto Ottico Statale (GOI) dell'allora Leningrado...
Come lo schema seguente chiarifica inequivocabilmente, la serie di ottiche Uran ideate al GOI nella seconda metà del 1944 prevede una coppia di obiettivi da 35mm f/2,5 che adottano uno schema ottico praticamente identico a quello che verrà poi brevettato da Mandler, 13 anni dopo, per il Summilux-M 35mm f/1,4!
In Particolare, il GOI Uran-14 35mm f/2,5 (174° schema ottico progettato al GOI) venne completato nel Febbraio 1945, con uno spazio retrofocale utile di 22mm ed un attacco a vite 39x1, tipici delle "copie Leica" sovietiche, mentre il prototipo Uran-26 35mm f/2,5 (217° progetto ottico del GOI) è stato presentato nel Marzo del 1948; anch'esso prevede un ridotto spazio retrofocale (21mm) tipicamente telemetrico e la montatura è destinata alle nuove fotocamere Kiev costruite sfruttando le linee di montaggio Contax prelevate a Dresden.
Se analizziamo gli schemi ottici di questi obiettivi e li confrontiamo con quello del Summicron-M 35mm f/2 IV^ serie del 1979, il famoso "preasferico", noteremo sicuramente somiglianze impressionanti e, considerando che il moderno Summicron si avvale di antiriflessi sofisticati mentre, ad esempio, l'Uran-14 non prevedeva alcun rivestimento delle lenti, è possibile che anche il T= teorico, a parità di trattamento, sia molto simile; naturalmente anche il primo Summilux-M 35mm f/1,4 utilizza un modulo concettualmente analogo, quindi la "vera" paternità dello schema presente in questi obiettivi Leitz ci rimanda al gelido inverno sovietico 1944-45, mentre infuriavano le ultime fasi della guerra ed i tecnici del Gosudarstvennyj Opticheskyj Institut, in una Leningrado blindata dal ghiaccio, disegnavano queste nuove ottiche indirizzate al futuro.
Per evitare ogni possibile deriva revisionistica, talvolta associata - va detto - all'epopea Leitz, specie parlando degli esordi, occorre puntualizzare che anche l'idea stessa del piccolo ed efficacissimo 35mm f/1,4 per apparecchio a telemetro non vide la luce a Midland; infatti, già nell'Ottobre 1956, il matematico Jiro Mukai, in forza ai quadri della giapponese Canon, aveva richiesto il brevetto per lo schema del 35mm f/1,4 destinato alle Canon a telemetro; ironia della sorte, anche il suo schema ottico contiene forti rimandi a quello che sarebbe stato il cuore del mitico superluminoso tedesco... Ecco uno schema in cui ho riassunto gli estratti del brevetto e le principali caratteristiche del "forerunner" Canon.
Anche il Canon rangefinder 35mm f/1,4, progettato nel 1956, adotta un Gauss analogo a quello del futuro Summilux-M; le principali differenze consistono nella lente anteriore, trasformata in un doppietto collato, e nel famoso elemento singolo dietro il diaframma, in questo caso accorpato al doppietto posteriore; notate come anche l'esemplare Canon utilizzi elementi periferici di diametro esuberante, per contenere la vignettatura, e come adotti a sua volta una ragguardevole batteria di vetri Crown e Flint al lantanio, appena resi disponibili; ben 5 lenti sulle 8 utilizzate sono infatti realizzate con questi speciali vetri ad alta rifrazione e bassa dispersione. In sostanza, un progetto sofisticato che non sfigura dinnanzi all'omologo di Mandler.
Tutto questo sostrato, come brace che cova sotto la cenere, troverà compimento nel 1958 quando Walter Mandler, nei suoi uffici delle Ernst Leitz Canada Ltd. di Midland, completerà i calcoli per due obiettivi Gauss destinati ad apparecchi telemetrici ed accomunati dall'identico schema: un 50mm f/1,4 che rimarrà solamente su carta ed un grandangolare da 35mm f/1,4 che passerà alla storia come Leitz Summilux; anche in questo caso ho riassunto in uno schema i dati più rilevanti del brevetto.
Come potete notare, il progetto è firmato da Walter Mandler assieme ad Eric Wagner, suo fidato alter-ego col quale progetterà, in futuro, altri famosi grandangolari prodotti dalla Leitz; la richiesta di brevetto in Germania porta la data 30 Agosto 1958 ed appare evidente come, passando dal modello teorico alla produzione di serie, il diametro degli elementi esterni sia stato portato fino al limite di intersezione dei raggi, sempre per controllare la vignettatura. Alla stessa stregua del progetto Canon 35mm f/1,4 di due anni prima, anche il Summilux-M di Mandler è infarcito di vetri alle Terre Rare, utilizzando una distribuzione tipica dei Gauss molto luminosi: vetri Flint e Crown al lantanio nelle lenti esterne e vetri Dense Flint ad alta rifrazione ed alta dispersione nei due elementi dispersivi interni al Gauss; in questo caso abbiamo anche l'ormai famosa e "tipica" settima lente singola dietro al diaframma, anch'essa realizzata con un vetro Flint al lantanio ad alta rifrazione e bassa dispersione. E' curioso notare che, nonostante questa impressionante batteria di vetri speciali, tutti i tipi adottati corrispondano a versioni normalmente presenti nei cataloghi delle principali vetrerie commerciali mentre, ad esempio, nel quasi coevo Summicron-M 35mm f/2 ad 8 lenti venne adottato da Mandler un vetro alle Terre Rare di progettazione peculiare Leitz, con tanto di composizione chimica e modalità di produzione allegate al relativo brevetto...
Due ulteriori considerazioni: la prima è che, nella documentazione Leitz dell'epoca in lingua Tedesca, questi nuovi vetri utilizzati a partire dal Summicron 50mm f/2 rigido a 7 lenti venivano denominati "Krone Lanthan", ovvero - letteralmente - vetri Crown al Lantanio; purtroppo chi tradusse le brochure per il mercato italiano era sicuramente digiuno in materia, sicchè sul "nostro" materiale, troviamo la denominazione "Corona Lanthan", una trasposizione letterale che in realtà non significa nulla (vedi, ad esempio, l'opuscolo n° 8773//ital. "Leica obiettivi" del 1954)... Purtroppo, questa conversione modello "traduttore automatico online" è stata ripresa e citata pedissequamente in successive pubblicazioni, anche alla firma di esperti di assoluta eccellenza... L'altra considerazione riguarda il blend cromatico: 5 lenti del Summilux-M originale contengono quote nell'ordine del 50% di ossidi delle Terre Rare, come lantanio o tantalio; questi elementi sono caratterizzati da uno spiccato colore giallo paglierino, poi mutuato in misura maggiore o minore anche al vetro ottico finale, e sicuramente due semplici vetri SF ed il trattamento delle lenti non possono fare molto contro questa autentica "marea gialla", quindi - teoricamente - c'è da aspettarsi un evidente cast caldo, almeno nei primi esemplari di produzione...
Dopo l'entrata a regine del Summilux, la Leitz poteva andare giustamente orgogliosa della scelta proposta nella fondamentale focale da 35mm, riguardo alla quale i cataloghi presentavano ben tre versioni: l'eccellente ma abbordabile Summaron 35mm f/2,8, il famoso Summicron 35mm f/2 ad 8 lenti e, appunto, il Summilux 35mm f/1,4; ecco le pagine dedicate al Summilux-M in cataloghi del 1964 e 1968.
Enfasi a parte, risulta particolarmente felice e riuscita la denominazione "Giganti di luce" appositamente coniata da Leitz per questi obiettivi luminosi.
Come la storia insegna, il Summilux-M 35mm f/1,4 originale fu in produzione del 1961 al 1995 senza che siano stati ufficialmente sbandierate modifiche o ammodernamenti di rilievo al nocciolo ottico, anche se variazioni negli antiriflessi sono evidenti ed anche piccole sfumature nel cast cromatico o nell'andamento dell'aberrazione sferica in modelli tardi fanno ipotizzare che i vetri previsti in origine abbiano lasciato il posto a varianti moderne che li avevano nel frattempo rimpiazzati, richiedendo quindi anche qualche aggiustamento alla parte prettamente geometrica, sfruttato per ottimizzare certe caratteristiche.
Il salto tecnico e ideologico fra il Summilux di Walter Mandler progettato nel 1958 ed il successivo Summilux Aspherical calcolato da Walter Watz nel 1989 è vertiginoso, sembra quasi impossibile che - se natura non facit saltus - alla Leitz abbiano battuto il record mondiale della specialità... Ed in effetti non è così: sono riuscito ad identificare un interessantissimo progetto, regolarmente brevettato, impostato per Leitz dal suo matematico Hermann Desch nel 1971: questo progetto prevedeva di evolvere lo schema dell'ormai stagionato Summilux-M 35mm f/1,4 applicando in blocco le nuove tecnologie sfruttate per il celebre Noctilux-M 50mm f/1,2 lanciato 5 anni prima, con particolare riferimento alla lavorazione asferica del primo e dell'ultimo raggio del modulo (le due superfici esterne) ed all'estensivo utilizzo del celebre vetro Leitz 900/1, anche noto come 900403 oppure "vetro Noctilux", un Dense Flint al Lantanio con inusitate caratteristiche come altissima rifrazione (superiore ad 1,9) e bassa dispersione (numero di Abbe superiore a 40).
Il Noctilux-M 50mm f/1,2 di Marx era infatti un obiettivo estremo, che prevedeva una complessa e costosa lavorazione asferica manuale sui raggi esterni della prima ed ultima lente e l'utilizzo di vetri alle Terre Rare in 5 delle 6 lenti adottate, e tutti di progettazione originale Leitz; in particolare, gli elementi esterni dei doppietti venivano ottenuti utilizzando il citato vetro Noctilux, un prodotto al limite di quanto teoricamente ottenibile miscelando alti tenori di ossidi delle Terre Rare pur mantenendo le normali caratteristiche fisiche del vetro, cioè non cristalline (assenza di strie, devetrificazione, birifrangenza, etc.); si trattava di un vetro difficile da realizzare ed estremamente costoso, affiancato poi con caratteristiche quasi identiche da vetri commerciali standard, come lo Schott LaSF31A o analoghi prodotti Hoya, Ohara, Sumita, etc.
Questo specchio riassuntivo mostra la composizione chimica del vetro Leitz 900/1 - 900405 "Noctilux" e di una variante non utilizzata: come potete vedere in 100g di miscela fondente sono presenti quasi 56g di ossido di lantanio e 18,5g di ossido di tantalio che, in condizioni normali, durante la fusione, la raffinazione, la tempra o il raffreddamento darebbero luogo a devetrificazioni improvvise; il lungo studio di Broemer e Meinert portò a definire la presenza di giuste quantità di ossidi di zinco e zirconio per "controllare" questa caratteristica perniciosa, così come a mettere a punto un esatto protocollo per le sequenze di fusione.
Nel brevetto di Hermann Desch del 1971 sono presenti tre prototipi che, partendo dallo schema base del Summilux-M di produzione, si "paludano" da Noctilux-M f/1,2 acquisendo le due superfici asferiche esterne ed utilizzando due o tre lenti realizzate col prezioso vetro testè descritto, cercando di migliorare le prestazioni generali trasferendo in blocco questo esclusivo "pacchetto"; ecco l'intestazione del relativo brevetto.
Il brevetto di Hermann Desch per Leitz, presentato alla registrazione il 7 Dicembre 1971, è relativo ad un "obiettivo grandangolare di grande apertura".
Come si può vedere da questi schemi del 1971 finora inediti, il modello base è rappresentato dallo schema del Summilux-M 35mm f/1,4 di produzione, al quale sono state applicate due superfici asferiche sui raggi esposti delle lenti esterne; le variazioni prevedono: a) lo sdoppiamento con lente ad aria del doppietto anteriore; b) l'eliminazione della lente singola dietro il diaframma con trasformazione del doppietto anteriore in tripletto ed aggiunta di lente singola rivolta alla fotocamera; c) come sopra, ma con tripletto anteriore con spaziatura ad aria.
Ecco le singole schede dei tre prototipi con tutti i parametri di progetto.
Come potete notare, invariabilmente, il primo e l'ultimo raggio di curvatura sono a profilo parabolico (con relativi parametri di asfericità riportati in calce) mentre il bollino rosso evidenzia la posizione delle lenti in vetro 900403 "Noctilux", presente in due o addirittura tre elementi per ogni prototipo.
Gli schemi seguenti, ottenuti dai parametri matematici riportati sopra, sono stati realizzati appositamente dal mio caro amico Pierre Toscani, il quale ha prodotto molti, splendidi diagrammi dello stesso tenore anche per "Il libro Contarex" di Ghisetti - Cavina; voglio quindi ringraziare di cuore il caro Pierre per questo gentile e disinteressato favore.
Come si può intuire, si trattava di un progetto maturo e sofisticato che avrebbe sicuramente migliorato in modo decisivo le prestazioni del Summilux; le ragioni che portarono al suo abbandono sono probabilmente le stesse che limitarono il Noctilux-M 50mm f/1,2 ad una serie limitatissima: i costi inaccettabili per il vetro speciale 900403 e, soprattutto, per la lavorazione manuale delle superfici asferiche, una prassi che a quei tempi comportava in Leitz una percentuale di scarti altissima, con ovvie ripercussioni sui costi: reale ed ideale vivevano una dicotomia lacerante, il matematico poteva vedere e fissare il concetto ma chi doveva sublimarlo in un prodotto concreto non poteva ancora stare al passo: i tempi delle lenti asferiche erano ancora al di là da venire...
Passarono quindi altri 19 lunghi anni, durante i quali il Summilux-M, sempre tautologico ed immutabile, continuava a mantenere la posizione ma non poteva imbrigliare l'ovvietà di una lenta e progressiva obsolescenza che avvizziva il suo apèal, seppure sostenuto da una personalità spiccata che lo faceva amare a prescindere dalle rughe; nel frattempo l'idea di un 35mm f/1,4 con elementi asferici per annichilire d'un fiato una pletora di aberrazioni riprese quota, forte del nuovo e confortante know-how sulla lavorazione delle superfici: sempre molate con grande contributo manuale, certo, ma con percentuali di scarto più accettabili.
Specificamente, fu nel 1989 che Walter Watz completò il calcolo per un'evoluzione del Summilux, nella quale lo schema di base veniva mantenuto, trasformando però la prima ed ultima lente in doppietti collati, con elementi esterni dall'inusitato e pronunciato profilo concavo, applicando due superfici asferiche ai raggi anteriori del secondo e quarto doppietto; quest'obiettivo venne lanciato in tiratura limitata nel 1990 col nome di Summilux-M 35mm f/1,4 Aspherical ed era caratterizzato da un nuovo barilotto, decisamente più ingombrante rispetto a quello del modello che andava ad affiancare ma, pur tuttavia, fasciato di misura attorno al nuovo e complesso nocciolo ottico.
La sezione del Summilux-M 35mm f/1,4 Aspherical ricavata dal manuale d'istruzioni. Notate come lo schema originale del Summilux precedente sia perfettamente riconoscibile, con l'aggiunta di due lenti divergenti alle estremità del modulo. La sezione mostra anche l'elicoide di messa a fuoco, col quale ebbi una sgradevole esperienza: acquistai il mio esemplare, nuovo, a inizio anni '90 e, fin da quando lo sballai sul banco del rivenditore, la messa a fuoco presentava un vistoso imputamento intorno ad 1 metro, fin quasi a bloccarsi; lo comprai lo stesso per non rinunciare al raro modello, accettando di convivere con questo fastidioso "passaggio difficile" nella corsa del fuoco.. Anni dopo lo mandai a Solms in revisione per altri motivi (si era "solamente" allentata la ghiera deputata al fissaggio del cannotto col gruppo ottico posteriore, che dondolava vistosamente) e contestualmente, senza che lo avessi richiesto, i tecnici della Casa hanno provveduto di loro iniziativa - e a caro prezzo! - a sostituire l'elicoide "difettoso", senza avvedersi che tale difettosità era congenita, presente fin dal primo montaggio in fabbrica, e che quindi - forse - sarebbe stato carino non gravare il cliente con quest'onere aggiuntivo ... L'obiettivo rientrò dopo una lunga attesa e pagai la salata parcella ma sicuramente non rimasi soddisfatto dell'intera vicenda.
Questo nuovo modello inaugurava una nuova generazione di moderni obiettivi per Leica M, caratterizzati dall'impiego diffuso di superfici asferiche e dall'adozione di moderni vetri ottici; ecco uno schema che riassume i principali dati identificativi dei relativi brevetti francese ed americano.
Entrambi gli estratti confermano che l'obiettivo fu progettato da Walter Watz per Leica Camera GmbH Wetzlar e che il progetto fu consegnato per la registrazione del brevetto originale tedesco il 20 Febbraio 1990.
Questi schemi illustrano i dati tecnici del suo progetto, così come sono indicati nei brevetti, compresi i grafici con le aberrazioni extrassiali, i parametri delle due superfici asferiche e le caratteristiche geometriche dello schema; l'architettura del Summilux Aspherical si basa sul massiccio impiego di un vetro Lanthanum Dense Flint di progettazione originale Leitz con caratteristiche ottiche intermedie fra quelle dei tipi LaSF44 ed LaSF41; questo vetro, utilizzato in ben 4 lenti dello schema (L2, L3, L7, L8) è caratterizzato da alta rifrazione (nE= 1,820) e bassa dispersione (vE= 45,1) e corrisponde alla sigla ufficiale Leitz 820451; anche la famosa "lente singola" posta dietro il diaframma è realizzata utilizzando un vetro Lanthanum Flint di produzione Leitz, con caratteristiche intermedie fra i tipi LaF21 ed LaF32; questo materiale, denominato Leitz 792472, presenta a sua volta un favorevole rapporto fra alta rifrazione (nE= 1,792) e bassa dispersione (vE= 47,2). Notate come la vignettatura risulti piuttosto vistosa, oltre 2 stop ad f/1,4 ed ancora 1 stop intero ad f/4, come avviene solitamente nei superluminosi per Leica a telemetro, costretti nell'ambito di ingombri meccanici ben definiti per non intercettare la visione del mirino.
Gli schemi che seguono provengono da un complesso brevetto Leitz che comprende anche i dati relativi al vetro 820451, così ampiamente utilizzato in quest'obiettivo.
Anche in questo caso, pur non trattandosi di uno dei vetri LaSF più estremi disponibili, la composizione chimica della mescola risulta impressionante: la sabbia silicea corrisponde ad appena il 12,5% in peso, così come il "fluxing agent" ossido di boro, mentre sono presenti - come elementi deputati ad elevare l'indice di rifrazione senza incrementare vistosamente la dispersione - il 52,7% di ossido di lantanio ed il 10% di ossido di tantalio, ai quali viene aggiunto il 7,5% di ossido di zirconio e lo 0,5% di ossido di tungsteno con duplice funzione: elevare a loro volta l'indice di rifrazione e controllare l'azione del lantanio e del tantalio affinchè la pasta vetrosa finale non abbia caratteristiche cristalline, un'azione di "controllo" svolta anche e soprattutto da ossidi di elementi bivalenti come magnesio, calcio e zinco. Notate anche la temperatura massima raggiunta nel processo di fusione, ben 1.400° C, che impone l'adozione di crogioli ed agitatori rivestiti in platino per non contaminare la mescola.
Questa "tabella di Abbe" risalente al 1985 mostra la posizione dei vetri ottici utilizzati da Leitz-Leica e progettati direttamente dall'Azienda; la grafica evidenzia i due vetri utilizzati nel Summilux Aspherical (820451 e 792472), oltre ai tipi 694545 (lo storico e celebre LaK9) e 900403, il vetro "Noctilux".
Quattro anni dopo, nel 1994, il Summilux-M 35mm f/1,4 Aspherical venne sostituito dal modello Summilux-M 35mm f/1,4 Asph., un modello derivato strettamente dal precedente e modificato per mitigarne il prezzo di listino; infatti, la versione originale prevedeva due lenti asferiche molate di precisione dal pieno ed il suo costo al pubblico era all'incirca doppio rispetto a quello del Summilux-M convenzionale, già a sua volta decisamente costoso (il listino ufficiale Polyphoto dell'Aspherical era nell'ordine dei 6,8 milioni di Lire di inizio anni '90); in particolare, venne impiegata una sola superficie asferica, posizionata nel raggio anteriore della lente singola presente subito dietro il diaframma, ottenuta con un nuovo procedimento più moderno e decisamente più economico, il che consentì di ridurre il prezzo finale in modo abbastanza consistente.
Infine, nel 2010, questo schema fu portato alla perfezione teorica introducendo un sistema flottante che, durante la messa a fuoco, modifica il posizionamento del modulo di lenti posteriori rispetto a quello anteriore, compensando opportunamente le aberrazioni alle minime distanze di fuoco e rendendo così l'obiettivo molto più versatile, di uso davvero universale; quest'ottica mantenne la denominazione di targa del modello precedente, Summilux-M 35mm f/1,4 Asph. e, per differenziarlo dal predecessore, solitamente si aggiunge l'aggettivo floating.
In definitiva, oltre 50 anni di storia del Summilux-M 35mm f/1,4 si possono riassumere in questi 4 modelli: l'originale di Mandler, articolato nei tipi 11870 nero, 11871 con occhiali per M3 ed 11860 con finitura titanio (fornito con la relativa Leica M6 in analoga esecuzione); il tipo Aspherical 11873, prodotto in una singola versione con finitura nera; il tipo Asph., commercializzato in finitura nera 11874, cromata 11883 e titanio 11859; il tipo Asph. floating, per ora disponibile unicamente in livrea nera 11663.
La relativa progressione cronologica evidenzia la lunga vita attiva del Summilux-M originale, probabilmente mantenuto a catalogo come alternativa più abbordabile - e compatta - ai costosi asferici e, forse, tenendo anche in considerazione le lamentele dei fan che trovavano le versioni asferiche perfette ma asettiche, prive del "feeling" che caratterizza il modello di Mandler nel quale certi difetti ottici danno vita ad una riproduzione che, su certi soggetti, risulta visivamente piacevole e molto personale.
Le sezioni dei differenti modelli confermano che il principio informatore del progetto del 1958 non è stato mai completamente stravolto; l'implemento più evidente è stato introdotto con l'Aspherical del 1990 mentre i modelli successivi hanno ampiamente mantenuto al sua architettura, ottimizzando i costi di produzione e, infine, uniformando in comportamento alle varie distanze di ripresa.
I diagrammi MTF, misurati con orientamento sagittale e tangenziale a 10, 20, 40 cicli/mm, con lettura ad f/1,4 e al diaframma ottimale, suggeriscono che il Summilux originale dovrebbe comportarsi molto bene a diaframma chiuso, senza vistosi cedimenti rispetto ai modelli successivi che, anzi, mantengono il suo caratteristico flesso a 15mm di semidiagonale fuori asse, come retaggio dello schema ottico d'impostazione analoga; le maggiori differenze dovrebbero essere percettibili alla massima apertura, dove il diagramma del Summilux di Mandler evidenzia come a 40 cicli/mm (la curva più bassa) il trasferimento di contrasto è comunque soddisfacente per un valore f/1,4, a garanzia di una sufficiente risolvenza dei dettagli fini, mentre i valori a 10 e 20 cicli/mm, responsabili del contrasto generale, proporzionalmente sono più bassi, lasciando preconizzare un'immagine con dettagli leggibili e contrasto dolce, morbido. Viceversa, i modelli asferici, invariabilmente, presentano ad f/1,4 nelle zone centrali un trasferimento di contrasto a tutte le frequenze spaziali veramente elevato, analogo a quello che si potrebbe riscontrare in un obiettivo di buona qualità ad f/3,5 - 4; probabilmente la correzione del coma consentita dai nuovi schemi (e tallone d'achille del modello originale) ha parte in causa in questo maggior vigore alle massime aperture...
Naturalmente queste misurazioni forniscono solamente parametri molto indicativi e non raccontano nulla circa la percezione visiva dell'immagine finale ottenuta nel contesto reale e su un soggetto tridimensionale, dove considerazioni soggettive possono trovare gradevoli ed appropriati gli effetti di aberrazioni che, sul piano teorico, sono solamente "difetti" non corretti; peraltro, è ragionevole supporre che il rendimento effettivo del modello originale commercializzato nel 1961 e quello dell'ultima versione Asph. floating, lanciata nel 2010 siano percettibilmente differenti e mi sembra lecito chiedersi quali progressi siano stati fatti in circa 50 anni di evoluzione; abbiamo così predisposto una rapida prova sul campo chiamando in causa questi due modelli.
I due obiettivi utilizzati sono un Summilux-M 35mm f/1,4 tipo 11871 per Leica M3 (matricola 1.778.361, appartenente ai primissimi lotti di produzione) ed un Summilux-M 35mm f/1,4 Asph. floating di recente produzione, con matricola 4.161.944; teatro della breve prova informale gli ampi spazi a disposizione presso il club "La Meridiana" presso Casinalbo di Formigine (Modena), illustrati dalla panoramica seguente.
I due obiettivi, anagraficamente separati da oltre 50 anni, sono stati confrontati alle aperture f/1,4 - 2- 2,8 - 4 - 5,6 - 8 e scattando da tre distanze differenti: quasi infinito, 3 metri e 1 metro, utilizzando una fotocamera Leica M9 in Jpeg fine on camera e trasferendo i files direttamente, senza alcun intervento migliorativo e senza aggiungere sharpening in alcun punto della catena; per ogni distanza sono stati prelevati dal file due crops da 500 x 500 pixel cadauno, uno sull'asse ed uno da una zona periferica. Negli scatti a distanza di 3m ed 1m in secondo crop evidenzia una zona sfuocata dello sfondo, per evidenziarne la leggibilità.
Per fornire una percezione complessiva del differente comportamento, ecco le immagini a dimensione intera prodotte dai due obiettivi ad f/1,4 negli scatti a 3 metri e 1 metro.
Le prime impressioni corroborano quanto ipotizzato analizzando le curve MTF ed i vetri ottici utilizzati: il Summilux-M di Mandler prima serie presenta effettivamente un cast cromatico decisamente caldo, dovuto alla massiccia presenza di vetri al lantanio non compensata da vetri "antagonisti" e da un sofisticato antiriflessi; probabilmente, quando venne lanciato, questa caratteristica fu considerata accettabile perchè i reporter che erano il target di utenza per eccellenza lavoravano principalmente con pellicola bianconero di alta sensibilità e, anzi, il blend giallo costituiva una sorta di "filtro di contrasto" per bianconero incorporato. L'ndamento sottocorretto dell'aberrazione sferica porta ad una transizione più graduale verso lo sfondo sfuocato, che risulta più leggibile, e - come suggerito dagli MTF - la risoluzione dei dettagli fini è sufficientemente soddisfacente mentre il contrasto è moderato e compensa i contrasti luci/ombre, migliorando la leggibilità generale del soggetto; il flare di coma crea un alone sulle alte luci speculari (analogo a quello ottenibile con filtri flou) che risulta piacevole ed aiuta a "risolvere" questi punti critici. Infine, la vignettatura paga dazio alle dimensioni minuscole ed è decisamente avvertibile.
L'epigono Asph. floating del 2010 presenta subito un rendimento cromatico più accurato (sebbene in questo file processato on camera l'incarnato viri al magenta e l'influenza delle tonalità fredde proiettate indirettamente dal cielo sia eccessiva), con una vignettatura sicuramente più contenuta. L'assenza di flare di coma, presente nel modello più anziano, è evidente ed il diverso andamento dell'aberrazione sferica comporta uno stacco più netto fra il piano di fuoco, più plastico e tridimensionale rispetto al modello di Mandler, e lo sfondo, che sfuoca in modo brusco e poco progressivo, diventano meno leggibile rispetto al Summilux-M convenzionale. Il contrasto è molto più elevato e, in questo caso, risulta addirittura eccessivo, peggiorando la leggibilità sui dettagli in ombra del volto ed esaltando la "clippatura" delle alte luci: come anticipato, lo stato di correzione del nuovo modello è decisamente superiore però, all'atto pratico, se non fosse per il vistoso cast giallastro, con questo specifico soggetto umano in luce solare appena velata, la leggibilità del soggetto e dello sfondo risulterebbe quasi più gradevole con l'esemplare più anziano... Naturalmente le nuove versioni risultano di uso più universale e, grazie alla maggiore correzione ai bordi che andremo a vedere, possono spaziare dal reportage alla foto di architettura senza fare un plissèe.
Il primo soggetto, ad una distanza otticamente equiparabile ad infinito, è un edificio sulla cui facciata sono state scelte le zone evidenziate dalla grafica, crops da 500 pixel di lato che verranno visualizzati di seguito.
Su soggetti "tecnici", sostanzialmente bidimensionali, la superiore correzione ottica del Summilux-M Asph. floating è evidentissima: già ad f/1,4 la qualità d'immagine può essere considerata buona su tutto il campo, ed il contrasto eccellente da f/2; fino ad f/8 il rendimento alle varie aperture e nelle diverse zone del campo è sorprendentemente elevato ed uniforme, consentendo di scegliere liberamente il diaframma necessario (per controllare il mosso o la profondità di campo) senza particolari ripercussioni sulla qualità d'immagine; sono però presenti vistose frangiature cromatiche nei passaggi ad alto contrasto fuori asse, una caratteristica sgradevole che ho riscontrato anche nel Summicron-M 28mm f/2 Asph., altro progetto della nouvelle vague. In questo contesto, il Summilux "occhiali" di inizio anni '60 mostra tutti i limiti "teorici" del suo progetto ottico: mentre l'asse è già ragionevolmente buono ad f/2 e raggiunge il limite critico ad f/4, rivaleggiando alla pari col modello recente da f/2,8 in poi, le zone periferiche risentono pesantemente del flare di coma e della vignettatura ad f/1,4 ed f/2, dove il contrasto è decisamente basso, migliorando poi progressivamente ma senza acuti; persino ad f/5,6 ed f/8 le differenze fuori asse rispetto all'asferico flottante , quanto a contrasto e pulizia, sono ancora evidenti; possiamo dire quindi che l'ultima versione, tecnicamente, non presenta alcun limite di utilizzo in quanto a soggetti e generi fotografici, mentre il Summilux originale è forse più a suo agio con soggetti tridimensionali, circoscritti e centrali, dove le zone periferiche rientrano nello sfuocato di fondo, soggetti nei quali è importante la transizione da fuoco a fuori-fuoco e non la nitidezza critica ai bordi. Ultima annotazione: nel modello Mandler i "blooming" cromatici nelle zone periferiche sono molto più contenuti e quasi inavvertibili a diaframmi centrali.
Nella seconda serie di immagini il soggetto è il caro amico Rubes Neri, che si è gentilmente prestato; in questo caso i crops sono relativi al volto e ad un dettaglio sfuocato dello sfondo; le modalità sono analoghe alle precedenti.
Le considerazioni relative a questa serie di crops possono ricalcare quanto riassunto a proposito delle viste d'insieme inserite in precedenza: l'Asph. floating garantisce sull'asse un contrasto elevato ed uniforme a tutte le aperture prese in considerazione mentre il Summilux di inizio anni '60 presenta ad f/1,4 un velo di coma che restituisce un'immagine dall'aspetto quasi flou, con contrasti morbidi e compensati che, sullo specifico soggetto umano, non sono affatto sgradevoli, almeno non quanto la vistosa dominante gialla. Peraltro, chiudendo il diaframma, sembra che l'andamento dell'aberrazione sferica sposti il fuoco alle spalle del soggetto, sulla siepe retrostante... Sempre l'andamento dell'aberrazione sferica, evidentemente differente rispetto all'obiettivo moderno, consente al tipo 11871 di mantenere una leggibilità dello sfuocato pari o superiore alla nuova versione, pur partendo da valori di contrasto e risolvenza - sul piano di fuoco teorico della relativa zona - decisamente inferiori.
Infine, con lo stesso soggetto, la fotocamera è stata posta a circa 1 metro di distanza, replicando nuovamente la prassi e selezionando le due aree evidenziate.
Spostandoci ad un metro di distanza, il diverso schema ottico, il flottaggio della versione più moderna ed il diverso andamento della curva di aberrazione sferica consentono al modello più anziano di garantire una leggibilità dello sfuocato leggermente migliore alle aperture f/1,4 ed f/2, vantaggio poi svanito alle aperture successive per il superiore potere analitico del modello asferico che si ripercuote anche nelle zone fuori fuoco e, forse, anche per la giacitura dei piani astigmatici che cambia posizione sul piano focale chiudendo il diaframma, come sovente avviene con ottiche luminose datate; anche in questa condizione di esercizio la moderna versione si conferma eccezionalmente costante ai vari diaframmi presi in considerazione, sfoderando una superiorità visibile ma non marcata ad f/5,6 - 8 e molto più evidente alle maggiori aperture, producendo però immagini caratterizzate da un contrasto molto deciso che, se è perfetto in bianconero a luce ambiente con certi soggetti, nel caso di questa banale "foto ricordo" risulta un po' penalizzante in quanto tende a tappare le ombre e ad accentuare le "clippature" delle alte luci, mentre il modello anni '60 consente una maggiore compensazione, sia pure a scapito della brillantezza d'immagine e con quel cast giallastro che grida vendetta o, quanto meno, un filtro CC20B...
Si tratta quindi di due obiettivi dal rendimento ben differenziato: la vecchia versione, alle massime aperture, passa allo sfuocato in modo più graduale e, pur risolvendo i dettagli necessari con sufficiente precisione, restituisce un'immagine morbida e con contrasti compensati; viceversa, il moderno ed arrembante Asph. floating è più freddo, restituisce uno stacco plastico quasi brutale con sfuocato più indistinto e garantisce un contrasto molto elevato anche a piena apertura, una caratteristica sicuramente eccezionale che però può essere una manna oppure una disdetta, a seconda delle condizioni e del soggetto; certamente il Summilux attuale, dal punto di vista squisitamente tecnico, non presenta il fianco a critiche: i colori sono corretti, la vignettatura accettabile, la distorsione ben controllata, la resa uniforme sul campo, la risolvenza ed il contrasto costanti fin dalla massima apertura e alle varie distanze di ripresa: si tratta di uno strumento che non pone alcun limite a priori; dove invece potrebbe accendere discussioni è nella "resa artistica" di certe immagini, basate sulla poesia di vocaboli che non incrociano la perfezione ottica bensì fortunate sovrapposizioni e convivenze di aberrazioni fortuitamente (o volutamente?) presenti nell'obiettivo.
Come già detto, il Summilux originale di Mandler non è certo l'obiettivo adatto per riprendere edifici o elementi bidimensionali con dettagli minuti fino ai bordi da riprodurre nitidamente, tuttavia la sua resa morbida, il bo-keh graduale e la compensazione del contrasto lo rendono uno strumento ben tagliato per il reportage ambientale in condizioni di luce cruda e contrastata; va anche detto che le successive e moderne versioni prodotte verso la fine della sua lunga carriera presentano un blend cromatico meno caldo e - si direbbe - anche un'aggiustatina all'aberrazione sferica che ne modifica leggermente il comportamento, senza però stravolgere la personalità dell'obiettivo.
Per sintetizzare uno stringato giudizio personale, direi che la parabola del Summilux-M 35mm f/1,4 in mezzo secolo di vita collima con quella di altri obiettivi Leitz, evoluti nel tempo e trasformati da strumenti per poeti a strumenti per tecnici: il principio informatore del Costruttore non fa una grinza: è giusto e lecito che, nel corso degli anni, le aberrazioni vengano risolte al massimo grado, aumentando risolvenza e contrasto a tutte le aperture, specie quelle maggiori, ed in questo campo Leica ha svolto una radicale revisione di indubbia efficacia, anche con un occhio alla proiezione telecentrica, dal momento che tutti i modelli attualmente in produzione eccellono sotto questo punto di vista; resta comunque la voce fuori del coro di chi usa(va) Leica e certi suoi obiettivi, fra i quali il Summilux 35mm di Mandler, per ottenere effetti legati anche alle "pecche" di rendimento così impietosamente rilevate e corrette dal Produttore; a questi utenti suggerisco di provare attentamente sul campo i vari obiettivi, scegliendo col cuore quelli che più si adattano al loro sentire, senza guardare troppo all'età!
Come punto e a capo, ecco una simpatica istantanea che immortala il Presidente di WHI Pierpaolo Ghisetti (a sinistra), immeritatamente il sottoscritto (al centro) ed il Segretario di WHI Rubes Neri (a destra) in occasione del rapido test descritto in precedenza.
(Marco Cavina)
(ringrazio Pierpaolo Ghisetti e Runes Neri per la cortese e fattiva collaborazione)
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