LEITZ  ACHROMATIC  3,5x / 0,10  170 - :

OBIETTIVO  DA  MICROSCOPIO  LEITZ  ANNI  '60

USATO  PER  LA  MACROFOTOGRAFIA  SPINTA


di Marco Cavina


(21/05/2011)

Ancora prima dell'avvento del sistema Leicaflex, gli utenti Leitz erano in grado di operare con successo nel campo della macrofotografia spinta grazie all'articolata sinergia fra il sistema Leica M e le pregiate attrezzature per microscopia per le quali la casa era giustamente famosa fin dal 1800: negli anni '60 il tecnico, il medico o lo scienziato che si appoggiava a prodotti Leitz poteva contare su un completo sistema micro-fotografico, il Leitz Aristophot, dotato di notevole modularità e che si poteva abbinare sia ai microscopi Leitz, come il classico Laborlux, sia a speciali obiettivi per macrofotografia spinta come i Summar ed i Milar; specificamente, per ingrandimenti modesti (2x - 10x) che esulavano un po' dal range abituale dei microscopi, la Leitz aveva concepito un sistema ibrido che prevedeva l'abbinamento di un corpo Leica con relativa cassetta reflex Visoflex (come la MD illustrata ma anche un modello standard come la M4 era perfetto) ad un cannotto distanziale munito di torretta girevole da microscopio; tale cannotto consentiva di applicare una prolunga complessiva di 170mm, idonea all'impiego con obiettivi a microscopio Leitz Acromatici di basso ingrandimento (3,5x - 10x).

 



 

Questo dispositivo, vero trait d'uniòn fra la microfotografia ed il sistema Leica, trovava posto su uno stativo microscopico, al fine di facilitare la messa a fuoco ed i movimenti micrometrici richiesti dal forte ingrandimento; fra gli obiettivi consigliati per questo sistema c'erano anche due ottiche specifiche per microscopio, prive di diaframma, appartenenti alla gamma Achromatic e caratterizzate dal fattore di ingrandimento base di 3,5x e 10x; la gamma Achromatic (obiettivi corretti per il rosso ed il verde, con un limitato spostamento di fuoco su blu e violetto) rappresentava il base di gamma fra i pregiati obiettivi destinati ai microscopi Leitz a catalogo negli anni '60-70 (Laborlux, Ortholux, SM, etc.) ma su microscopio garantivano comunque prestazioni eccellenti.


L'immagine di questo microscopio Leitz Laborlux degli anni '60 evidenzia proprio un obiettivo Leitz Achromatic 3,5x / 0,10  170 - ; la distanza di lavoro tipica, 23mm, è sufficiente anche per un impiego in macrofotografia, su soggetti tridimensionali.

Incuriosito da questo "sconfinamento" del settore microscopia nel sistema Leica, ufficialmente ratificato dalla Casa, ho pensato di verificare sul campo quali fossero le prestazioni dell'Achromatic 3,5x / 0,10 nella macrofotografia, replicando le condizioni di utilizzo previste in origine ma utilizzando, per comodità, un moderno corpo macchina digitale full-frame ad alta risoluzione (Canon EOS 5D mark II).

Varie viste del Leitz Achromatic 3,5x / 0,10 anni '60: il barilotto è in ottone cromato, perfettamente lavorato, e la montatura anteriore è fissa, priva di sistema rientrante di sicurezza a molla (inutile, vista l'ampia distanza di lavoro); le lenti sono trattate antiriflesso.

 


Il Leitz Achromatic 3,5x / 0,10  170 -  (codice Leitz: OANEE) è basato su uno schema classico per questa categoria di obiettivi: l'ottica da proiezione tipo Petzval invertita; si tratta di una coppia di doppietti acromatici, col vetro flint ad alta rifrazione rivolto verso il soggetto, posti ad una distanza pari alla lunghezza focale del doppietto anteriore; la lunghezza focale del doppietto posteriore è doppia rispetto a quella dell'anteriore e la distanza di lavoro coincide con quella che separa i due doppietti; la lunghezza focale di quest'obiettivo è 31,6mm mentre l'apertura effettiva coincide con la strozzatura rappresentata dalla montatura del doppietto posteriore. Quest'obiettivo, in origine, lavorava in abbinamento con l'oculare periplanatico Leitz PELEK da 10x, con campo utile da 18mm di diametro. Nello schema ho inserito anche le specifiche degli altri tre obiettivi acromatici (10x, 40x e 100x ad immersione) che costituivano la dotazione completa.

Queste specifiche evidenziano subito un problema: la copertura richiesta dall'oculare è largamente inferiore a quella necessaria per coprire il formato 24x36mm: questo tipo di obiettivi garantisce un cerchio di copertura corretto con diametro di circa 18mm, mentre il formato 24x36 è inscritto in un cerchio da 43,2mm: è dunque lecito aspettarsi un vistoso calo delle prestazioni (abbinato a vignettatura) da metà diagonale in poi.

Ecco come ho messo il Leitz 3,5x / 0,10 in condizioni operative:

 


Sfruttando un riproduttore con cremagliera di messa a fuoco supplementare, ho applicato il Leitz Achromatic 3,5x / 0,10 su un soffietto di prolunga (nella fattispecie un Nikon PB6) utilizzando un adattatore da RMS (Royal Mount Screw) a Nikon F; la montatura RMS presenta un filetto da 20,32 x 0,7mm ( W 0,8 x 1/36") e costituisce l'attacco standard delle ottiche microscopiche.  All'estremità opposta del soffietto, con un ulteriore adattatore, ho applicato la Canon EOS 5D mark II, digitale full-frame da 21,1 megapixel; per le riprese in transilluminazione (insetti inclusi in ambra) ho utilizzato un light box con tubi fluorescenti e superficie in vetro opalino e per massimizzare il risultato ho messo a fuoco in live view con ingrandimento 10x, scattando direttamente (a specchio alzato ed otturatore aperto) con l'ausilio di un comando a distanza wireless; per riprodurre le condizioni di esercizio originali ho applicato una prolunga complessiva (soffietto + adattatori + tiraggio del corpo macchina) di 170mm (in realtà la misura sarebbe riferita ad un punto principale nel sistema ottico del condensatore che è sotto la torretta del microscopio, ma per semplicità ho adottato questo valore nominale senza correzioni).

 

Il complesso in compagnia di alcuni obiettivi specialistici in grado di raggiungere lo stesso rapporto di riproduzione: il Canon EF 65mm f/2,8 MP-E, il Canon FD 35mm f/2,8 macro bellows e lo Zeiss Luminar 63mm f/4,5.

 


Questa formica fossile in ambra oligocenica del mar Baltico è stata ripresa con l'apparato appena descritto: l'obiettivo presenta un'apertura elevata (necessaria per garantire alta risoluzione) ed ovviamente non dispone di diaframma (essendo nato per visionare soggetti bidimensionali), quindi la profondità di campo è molto limitata ed occorre attenzione nel scegliere sia il piano di fuoco sia l'orientamento del soggetto; in questo caso la superficie dell'ambra è curva ed introduce ulteriori aberrazioni ma in ogni caso la qualità di riproduzione è sicuramente molto buona; con un tiraggio di 170mm dal punto nodale dell'ottica al piano focale l'ingrandimento effettivo è risultato essere 4x, leggermente superiore a quello nominale.

 


Un altro esemplare dall'Oligocene della striscia di Danzica fotografato a 4x con il Leitz Achromatic 3,5x / 0,10 conferma la bontà delle sue prestazioni, sia pure in presenza di una ridotta profondità di campo; occorre considerare che la sorgente luminosa utilizzata presenta una forte emissione nello spettro del violetto/ultravioletto, l'area esclusa dall'acromatizzazione originale, quindi il risultato finale va ulteriormente rivalutato.

Per valutare il calo di prestazioni evidenziato ai bordi del formato 24x36mm (come detto, non coperto dalle specifiche dell'obiettivo) ho ripreso il dettaglio di una banconota, evidenziando due dettagli dell'immagine portati al 100% del file e prelevati al centro e ai bordi estremi del campo inquadrato.



In questa immagine complessiva è visualizzata (in verde) l'area corrispondente alla copertura standard del complesso obiettivo/oculare; come si può vedere il formato 24x36, sia pure ufficialmente autorizzato dal materiale informativo Leitz, richiede una coniugata posteriore dal diametro notevolmente superiore! I settori delimitati in giallo corrispondono ai crops che seguono.

 


Stiamo osservando sezioni da un file di 5.616 x 3.744 pixel visualizzato a 96 Dpi, il che significa con un ingrandimento di oltre 40x rispetto al 24x36mm originale... Nonostante ciò il crop assiale presenta ancora una buona nitidezza (le fibre della carta moneta sono veramente minuscole) mentre ai bordi è ancora presente un certo dettaglio ma fortemente penalizzato da aberrazioni, curvatura di campo e vignettatura.

Questo Leitz acromatico 3,5x da microscopio consentiva dunque di ottenere macrofotografie spinte di alta qualità, soprattutto su soggetti che non richiedessero una estesa profondità di campo, ma la sua copertura - fin dalle specifiche di progetto - non è mai stata in grado di arrivare al 24x36mm; ai giorni nostri potrebbe sicuramente lavorare bene con fotocamere digitali a sensore di formato ridotto (APS-C e micro 4/3) ma, a prescindere da questa curiosa "rivisitazione" postuma, resta un interessante esempio di "pietra angolare", di compenetrazione fra gli universi Leitz della fotografia e della microscopia.

(Marco Cavina)



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