LEICA NOCTILUX-M 50mm f/1,2
ASFERICO:
I SEGRETI MAI SVELATI DEL PRIMO OBIETTIVO
SUPERLUMINOSO LEITZ PER USO FOTOGRAFICO
Il Leitz Noctilux 50mm f/1,2 asferico è una leggenda del settore che ha
rappresentato una pietra
miliare sia per la Leitz che per l'intera categoria; è stato il primo obiettivo
Leitz davvero superluminoso
concepito per il normale impiego fotografico (i Summar f/0,85 degli anni '30 e
'40 furono meteore
per nicchie specialistiche, come la ripresa su fluoroscopi a raggi X), ed
abbracciava concetti davvero
eversivi e coraggiosi per l'epoca: quando tutti cercavano la luminosità
aumentando il numero degli elementi
e la complessità degli schemi, andando incontro a drammatiche perdite di
contrasto, alla Leitz operarono
una scelta controcorrente, decidendo di spingere al massimo delle possibilità
il classico Gauss a 6 lenti
in 4 gruppi, derivato direttamente dal Planar di Rudolph del 1896 e ben
conosciuto da Leitz fin dal Summar
f/2 degli anni '30, concependo un obiettivo f/1,2 con solamente 8 passaggi ad
aria, una prerogativa che garantiva
un elevato contrasto, davvero sconosciuto ai concorrenti; per sopperire al
numero insufficiente di superfici
rifrattive e lenti d'aria, i progettisti attuarono l'azzardo finale: nonostante
all'epoca la tecnica per la realizzazione
di lenti asferiche fosse tutt'altro che evoluta, ed i costi dovuti alle
lavorazioni manuali ed all'elevata percentuale
di scarti fossero proibitivi, alla Leitz non si fecero scrupoli di inserire ben
due superfici asferiche nell'obiettivo,
posizionandole sulle due facce esterne, all'estremità dello schema: in questo
modo le superfici asferiche
gestivano direttamente i "light pencils" in entrata ed in uscita dal
sistema ottico, consentendo un controllo
sulle aberrazioni primarie dell'ottica; queste caratteristiche, unite ad un
prezzo inarrivabile (oltre quattro volte
superiore a quello del Summicron f/2), fecero del Noctilux un instant-classic
nelle fantasie più lubriche di
Leicisti e non, e l'alone mistico che l'ha sempre avvolto aleggia ancora oggi
nell'aria, con quel nome -Noctilux -
che più azzeccato non poteva essere e che già da solo bastava per sognare.
Purtroppo, come spesso accade, i miti sono tali anche per l'alone di mistero che
li accompagna, sovente
dovuto alla scarna disponibilità di informazioni e retroscena credibili; il
Noctilux-M 50mm f/1,2 è uno dei
casi più lampanti, dal momento che raramente si è saputo così poco di un
pezzo così chiacchierato e famoso;
disponendo sia del progetto originale dell'obiettivo che dello specialissimo
vetro ottico che lo caratterizza
cercherò come di consueto di far luce su aspetti e caratteristiche mai
divulgate finora, nemmeno dalla
letteratura più specializzata!
Il Noctilux-M 50mm f/1,2 fu progettato in team dai Dr. Helmut
Marx e Paul Sindel, entrambi residenti
ed attivi a Wetzlar, nel distretto di Lahn, nella sede storica della Leitz;
all'epoca Helmut Marx e Walter
Mandler dirigevano il dipartimento matematico di calcolo ottico al vertice dei
rispettivi poli tecnologici
della Leitz Wetzlar e della Leitz Canada a Midland, Ontario, e non erano
soltanto le menti geniali di
un sano antagonismo interno, ma rappresentavano anche due filosofie progettuali
quasi antitetiche: più
idealista Marx, rivolto all'assoluto teorico senza badare ai costi ed alla
complessità, più pratico Mandler,
che accettava compromessi o ideava ingegnose scappatoie con un occhio al mondo
reale ed ai costi
effettivi di industrializzazione; nel caso del Noctilux - come già accennato -
questa "filosofia" abbracciata
dal Dr. Marx e dal suo staff fu spinta al parossismo; naturalmente un progetto
così avanzato ha richieso
una gestazione ponderata, contrassegnata da steps intermedi; un primo abbozzo
dell'idea fu concretizzato
e registrato in Germania il 25 Aprile 1964, mentre il progetto evoluto e
definitivo fu divulgato e presentato
per la richiesta di brevetto il 19 Aprile 1965, per poi concretizzarsi in
produzione nel corso del 1966,
quando fu presentato alla Photokina di Colonia.
Non si può parlare del Noctilux-M f/1,2 senza citare in
parallelo gli studi avanzati che erano in corso alla
vetreria interna della Leitz a Wetzlar per realizzare una nuova famiglia di
vetri ad altissima rifrazione e
dispersione contenuta (caratteristica favorevolissima ma naturalmente
antitetica), studi portati avanti da
Heinz Broemer e Norbert Meinert con la supervisione fattiva dell'epigono di
casa, lo stesso Ernst Leitz III;
questi progetti, sviluppati in un ampio lasso di tempo compreso fra il 1958 e
metà degli anni '60, diedero
vita ad una nuova famiglia di vetri basati sull'ossido di Boro, di Lantanio, di
Zirconio e di Tantalio, uno
dei quali divenne il famoso vetro 900/1 "Noctilux", caratterizzato da
un indice di rifrazione elevatissimo
(nD= 1,900) e da una dispersione contenuta (vD= 40,5 o 40,3 a seconda dello
spettro di riferimento);
questo vetro è sempre stato sbandierato dall'advertising della Casa come la
grande novità introdotta da
Mandler col Noctilux-M 50mm f/1,0 del 1976, in grado di sopperire efficacemente
all'abbandono delle
due costose ma prestigiose lenti asferiche del predecessore, tuttavia sono in
grado di confermare che
questo vetro, poi definito 900405 (riferendosi ad una lettura in uno spettro che
fornisce vD= 40,5), era
appena stato sviluppato già ai tempi del Noctilux f/1,2 asferico, e che anche
questa prima versione del
1966 adottava due lenti realizzate con questo vetro, esattamente come il
successivo!
Si può dunque affermare che il Noctilux f/1,0, nonostante la lente aggiuntiva e
l'apertura maggiore, abbia
rappresentato in realtà una semplificazione tecnica rispetto all'f/1,2 asferico,
perfettamente nell'alveo
dei principi di Mandler, attento anche ai costi finali.
lo schema tratto dal progetto originale di Marx e Seidel, presentato come bozza
preliminare
il 25 Aprile 1964; notare le due superfici asferiche messe in evidenza e
collocate all'estremità
dello schema, consentendo così di gestire in raggi in entrata ed uscita e di
controllare le aberrazioni
di ordine superiore
Lo schema ottico definitivo del Noctilux f/1,2 di produzione;
notare la profusione di vetri
altamente rifrattivi, con in evidenza due elementi in vetro Leitz 900/1 con
rifrazione 1,900,
passato poi alla storia come "vetro Noctilux"
Come accennato, le due lenti asferiche consentono un controllo
diretto sulle aberrazioni di
ordine superiore, ed indirettamente permettono anche l'opportuna distribuzione
delle aberrazioni
di Seidel all'interno dello schema ottico, e questo consente molte variabili
nella costituzione e nel
posizionamento delle lenti a superficie sferica, controllando le loro
caratteristiche ottiche al fine
di correggere ulteriormente le aberrazioni di ordine superiore: le due superfici
asferiche, dunque,
sono realmente alla base della correzione generale, e sono posizionate in modo
che il loro
contributo al coefficiente di Seidel sia di segno positivo per l'anteriore e
negativo per la posteriore;
collocandole alla massima distanza possibile esse agiscono in modo indipendente
l'una dall'altra,
senza interferire nei rispettivi effetti; la presenza delle superfici asferiche
all'estremità dello schema
è la chiave del particolare comportamento sul campo del Noctilux f/1,2: esse
infatti correggono
in modo egregio il flare di coma sagittale, permettendo una netta riproduzione
dei punti luminosi
contro lo sfondo notturno anche ad f/1,2 senza aloni e perdite di contrasto;
tuttavia, in quella
posizione, non interagiscono in modo ottimale con l'andamento
dell'aberrazione sferica, permettendo
un apprezzabile focus-shift al chiudersi del diaframma, che fa stallare la resa
per alcuni diaframmi.
I coefficienti di asfericità delle superfici asferiche sono i
seguenti:
superficie S1
C1= 0,869 C2= -0,188 C3= 0,2 C4=
0 C5= -16 C6= 100
superficie S12
C1= -0,932 C2= 1,880 C3= -12 C4=
0 C5= 233 C6= 1,670
Oltre alle due lenti asferiche, per spingere il semplice
schema ad f/1,2, il Dr. Marx attinse a piene mani
dalla già citata serie di materiali altamente rifrattivi appena concepiti dalla
vetreria di casa, adottando
ben cinque vetri su sei ad alta rifrazione ed utilizzando materiali davvero
all'avanguardia: un vetro con
nD= 1,792, uno con nD= 1,821, uno con nD= 1,844 e due con nD= 1,900 (il vetro
"Noctilux"):
considerando che la rifrazione media di un vetro ottico convenzionale come il
BK-7 è circa 1,51
si tratta senza dubbio di un grande tour de force, e considerando i costi e le
difficoltà di lavorazione
di questi vetri altamente rifrattivi si può affermare che il prezzo di listino
al pubblico trova qualche
giustificazione postuma....
Dal momento che si è favoleggiato tanto su questo vetro
"Noctilux" e sulle sue notevoli caratteristiche
sono lieto di divulgare per la prima volta dati e caratteristiche specifiche
sulla sua formulazione e
realizzazione; come anticipato, questa nuova generazione di vetri altamente
rifrattivi, poi vanto della
vetreria Leitz a Wetzlar, fu progettata fra il 1958 e la metà degli anni
'60 da Heinz Broemer, Norbert
Meinert e Ernst Leitz III; si tratta di una famiglia di vetri basati
principalmente su biossido di Silicio,
ossido di Boro ed ossido di Lantanio; per completare la mescola e differenziare
opportunamente le
caratteristiche rifrattive e dispersive, la composizione di ogni singola
versione veniva implementata
con l'aggiunta di quantità variabili di altri elementi, scelti in una rosa che
comprendeva:
ossido di Berillio, ossido di Magnesio, fluoruro di Magnesio, ossido di Calcio,
fluoruro di Calcio, ossido di
Tantalio, ossido di Bario, ossido di Zinco, ossido di Cadmio, ossido di Piombo,
ossido di Alluminio, ossido
di Yttrio, biossido di Titanio, pentaossido di Niobio, triossido di Tungsteno e
fluoruro di Sodio e Alluminio;
questi elementi secondari servono anche a mantenere costanti le caratteristiche
fisiche del vetro: infatti,
i vetri altamente rifrattivi erano da tempo basati su ossido di Boro e Lantanio,
tuttavia per arrivare
ad indici di rifrazione così elevati la percentuale di ossido di Lantanio
cresceva ad un punto tale
che il vetro diveniva fisicamente instabile, de-vetrificando improvvisamente e
senza preavviso.
La serie di vetri progettati dal team di Broemer è articolata su 15 versioni
diverse, che coprono
un range compreso l'indice di rifrazione nD= 1,850 del tipo PKT31 e l'indice di
rifrazione nD= 1,919
del tipo PKT98, con un indice di dispersione compreso fra vD= 43,2 (PKT31) e vD=
35,8
(PKT98); l'intera famiglia è connotata dalle seguenti versioni:
PKT31, A77, PKT41/Kr, PKT87, PKT93, PKT41, PKT83,
A78, PKT96, A91, AL2546,
900/1, 900/2, St404, PKT98
la versione più spinta adottata in due
lenti del Noctilux 50mm f/1,2 è il tipo 900/1, caratterizzato da
un indice di rifrazione nD= 1,900 e da un indice di dispersione vD= 40,5; la
versione alternativa
900/2 è quasi identica (è aggiunta una quantità leggermente maggiore di
ossido di Zinco, a discapito
di altri componenti), presenta lo stesso nD= 1,900 ed un vD molto simile, 40,4:
le differenze sono
legate unicamente alle caratteristiche fisiche; come avrete notato, il vetro
"Noctilux" 900/1, sia pure
dotato di caratteristiche bordline, non è il più estremo della lista: infatti,
il tipo St404 presenta un
nD= 1,9008 ed il tipo PKT98 un nD= 1,919, sia pure con una dispersione
leggermente superiore
(vD= 38,9 e 35,8); probabilmente il tipo 900/1 fu scelto anche in virtù della
sua favorevole dispersione.
Ho realizzato uno specchio riassuntivo con dati inediti che evidenzia la
sofisticazione di questo vetro
e la complessità della sua realizzazione.
Questi dati squarciano il velo su uno dei grandi miti
dell'ottica moderna, il famoso vetro "Noctilux" alla base dei due
omonimi e famosissimi obiettivi; il vetro Noctilux originale, adottato anche dal
50/1,2, è costituito da una modesta
quantità di silice come base (un esiguo 9,75%...), dal 7,60% di ossido di Boro
e da una quantità spropositata del
costoso ossido di Lantanio, addirittura il 55,75%! Per completare la mistura
vengono aggiunti ossido di Zinco (0,55%),
ossido di Zirconio (8,00%) ed ossido di Tantalio (18,50%); i dati vengono
riportati talis qualis dal progetto originale,
senza errori, anche se la somma è effettivamente 100,15%; questo vetro veniva
fuso in crogioli di Platino a 1.300-1.350° C,
dopo la fusione dei singoli elementi la temperatura veniva portata a 1.400° C,
cui seguivano alcuni steps a 1.250-1.200° C
ed il successivo, lentissimo raffreddamento definitivo secondo le note
procedure; questo materiale vetrifica a 692° C e la
sua eccezionalità è sottolineata da un peso specifico di 5,53, oltre il doppio
della sabbia silicea alla base dei vetri comuni (2,58)!
Il vetro più spinto della famiglia, il tipo PKT98, presenta
un indice di rifrazione pari ad 1,919 e si differenzia dal tipo 900/1
"Noctilux" principalmente per la sostituzione dell'ossido di Zinco con
un 5,00% di biossido di Titanio; lo schema piramidale
presente nello schema è il tabulato che inscrive i parametri della famiglia di
vetri, ed è ricavato dal progetto originale.
Abbiamo tracciato il quadro di un obiettivo ai limiti fisici
della tecnologia del tempo, dotato di due lenti asferiche per la cui
lavorazione era disponibile in Leitz un solo operaio anziano e qualificato (che
doveva operare con estrema difficoltà e con
un numero impressionante di scarti), e basato su vetri altrettanto sofisticati e
costosi per la cui realizzazione la Leitz
dovette creare in casa una catena cinematica specifica, realizzando direttamente
i crogioli e gli agitatori in Platino
per non contaminare la mescola a temperature nell'ordine dei 1.400° C e
spendendo follie per la profusione di terre
rare adottate; considerando le piccole dimensioni industriali della Casa, sembra
quasi impossibile che un progetto così
"assurdo" abbia trovato la via della produzione, e forse è questo il
vero valore storico del Noctilux, l'avere creduto a
qualcosa di ideale anche contro la più ovvia evidenza!
Il Noctilux-M 50mm f/1,2 andò in produzione nel 1966 e vi rimase ufficialmente
fino al 1975, venendo poi pensionato
dal nuovo Noctilux f/1,0 di Mandler; l'ottica si basava su un barilotto di
complessione granitica, servito da nobili e
massicci elicoidi in bronzo indurito che portarono il peso a ben 515g;
l'obiettivo era fornito di diaframma con arresto
a scatto anche sui mezzi valori e scalato da f/1,2 ad f/16, mentre la messa a
fuoco passava da infinito ad 1m; gli fu
assegnato il codice di produzione 11820 e veniva fornito completo del paraluce
rigido 12503, mentre l'attacco
filtri era il poco pratico serie VIII; poco si sa sulla produzione effettiva del
Noctilux f/1,2, penalizzata dal prezzo
spropositato (circa 9 mensilità di un operaio) e dallo stillicidio nella
finitura delle lenti asferiche; il compianto Ghester
Sartorius azzarda circa 2.000 obiettivi, mentre più recenti valutazioni
ridimensionano il lotto in un range compreso
fra 700 e 1.500 esemplari, il che - considerando anche le caratteristiche e
l'esclusività del pezzo - ne fa uno dei
modelli più ambiti dal collezionismo Leica; numerose leggende metropolitane si
intrecciano anche al riguardo della
sua caratteristica resa ottica, e la suggestione collettiva è che si tratti di
un obiettivo ottimizzato alla massima apertura
(dove surclasserebbe ogni possibile concorrente), tuttavia non in grado di
migliorare con la diaframmazione; in realtà,
anche se in questo c'è un fondo di verità (ed indagheremo il perchè), come
argutamente puntualizza Erwin Puts si
tratta del retaggio, pedissequamente tramandato per generazioni, di un test
eseguito all'epoca da Joffrey Crawley
per il British Journal of Photography, il quale asserì perentoriamente
che l'obiettivo offriva le migliori prestazioni
ad f/1,2, e nessuno mise mai in dubbio il suo autorevole giudizio, limitandosi
ad utilizzare l'obiettivo sempre tutto aperto...
In realtà, l'ottica fu progettata in funzione dell'utilizzo più logico e
prevedibile, cioè in condizione di luce molto scarsa,
col diaframma spalancato ed utilizzando le pellicole ad alta sensibilità
dell'epoca; Marx prese atto che queste emulsioni
offrivano una risoluzione inferiore rispetto a quelle convenzionali, e decise di
livellare il potere risolutivo dell'obiettivo
sui limiti di questi materiali; in cambio della rinuncia ad una risoluzione
molto alta egli fu in grado ci concentrarsi su una
resa di contrasto estremamente vigorosa, che nell'utilizzo specifico (forti luci
su sfondo buio) fornivano una resa
soggettivamente molto soddisfacente; a questo va unita l'ottima soppressione del
flare di coma sagittale (flagello della
sparuta concorrenza) e dei riflessi parassiti, il che forniva a tutta apertura
una risoluzione non superiore a 40 coppie
di linee/mm, ma riprodotte con un vigore di contrasto senza uguali e con una
pulizia ed assenza di aloni che
rappresentavano il tipo di resa fotografica ottimale in queste condizioni di
luce; i dati al riguardo presenti sulla rara
brochure dell'obiettivo chiarificano il concetto
Un'altra caratteristica peculiare del Noctilux, evidenziata
dalla sua brochure, consiste nella
capacità propria al doppietto anteriore di riflettere interamente la luce
incidente che giunge con un
inclinazione al di fuori dell'area di ripresa effettiva, aiutando a ridurre
ulteriormente i riflessi parassiti;
purtroppo ad f/1,2 sono presenti vistosi fringings di aberrazione cromatica
sottocorretta, ed ovviamente
la resa si ammorbidisce ulteriormente, in modo visibile, passando alle zone
mediane e ai bordi.
Se ad f/1,2 abbiamo una risoluzione media ma supportata da
contrasto secco, soppressione del
flare di coma e dei riflessi parassiti, cosa aspettarsi ai diaframmi successivi?
Il discorso è complesso,
dal momento che le due superfici asferiche all'estremità dello schema, dove
svolgono un lavoro egregio
nella soppressione del flare comatico, non possono impedire all'aberrazione
sferica di introdurre un
avvertibile spostamento di fuoco passando ai diaframmi successivi (problema che
affligge, del resto,
anche il successivo modello f/1,0); questo fa si che l'incremento nella qualità
di riproduzione che ci
si aspetterebbe chiudendo ad f/1,4-2-2,8 venga annullato dagli errori nel
posizionamento del piano
di fuoco effettivo, per cui soltanto ad f/4 ed f/5,6 la risoluzione aumenta
percettibilmente; tuttavia
va sfatato il mito dell'ottica "perfetta ad f/1,2" ed incapace di
migliorarsi: a diaframma chiuso l'obiettivo
è effettivamente nitido, anche se l'omogeneità sul campo è inferiore alle
versioni meno luminose, ed
i bordi sono sempre piuttosto impastati; curve MTF standard a 5,10,20 e 40
cicli/mm - recentemente
proposte da Erwin Puts - mostrano un comportamento ad f/5,6 simile a quello dei
Summilux f/1,4
coevi, col classico flesso a 2/3 di campo ed un rendimento tutto sommato
sovrapponibile.
Proposti da Ervin Puts, gli MTF del Noctilux-M 50mm f/1,2 confermano che
l'obiettivo
ad f/5,6 performa in modo analogo alle coeve versioni meno luminose,
replicandone il
comportamento caratteristico; a piena apertura l'MTF alle basse frequenze
spaziali è
alto, indice di buon macrocontrasto, anche se i più moderni
"campioni" - ovviamente -
fanno meglio: il tempo passa anche per i miti!
(credits: Erwin Puts)
In definitiva, il Noctilux-M 50/1,2 L asferico è stata una
pietra miliare per tante ragioni, sia sul piano tecnico
che commerciale, e va tributato un plauso al coraggio del Brand Leitz per avere
commercializzato e proiettato nel
mondo "reale" quest'obiettivo da sogno, che pareva un puro esercizio
tecnologico fine a se stesso; l'architettura
su appena 6 lenti con l'adozione di vetri speciali e superfici asferiche e la
particolare "filosofia" abbracciata dal
Dr. Marx nella sua ottimizzazione ne fanno un obiettivo dal fingerprint
ovviamente particolarissimo, oggi molto
raro e ricercato da collezionisti ed amatori; possiamo vederlo in tanti modi: il
biglietto da visita della Leitz agli
aggressivi produttori giapponesi ed alle loro reflex arrembanti, un compiaciuto
colpo di tosse di Marx giunto
fino al collega-rivale Mandler in Canada, un sogno sublimato al reale quasi per
errore, ma non esistono
definizioni limitative: il Noctilux f/1,2 e', e basta.
MARCOMETRO
OBIETTIVO PROGETTATO SUL TARGET DELLE
PELLICOLE SENSIBILI D'EPOCA,
E QUESTE SONO LE SUE COLONNE D'ERCOLE; LE
CARATTERISTICHE UNICHE
E CORAGGIOSE, IL PRINCIPIO EVERSIVO ALLA BASE DELLA SUA
CORREZIONE
E L'OGGETTIVA RARITA' NE FANNO UN OGGETTO-CULT, UN
FETICCIO DA
VALUTARE COL CUORE, AL DI LA DI QUALSIASI
CONSIDERAZIONE RAZIONALE
UPGRADING 10/06/2009
Dopo il lancio, avvenuto nel 2008, della terza generazione Noctilux, incarnata
dall'ormai maturo
Noctilux-M 50mm f/0,95 Asph., ho deciso di tracciare un breve profilo dei due
modelli che hanno
raccolto il testimone del primo, mitico esemplare; mere considerazioni di ordine
pratico, in primis il
costo spropositato delle due superfici asferiche presenti nel modello originale
f/1,2 (lavorate con una
fresa tridimensionale a controllo manuale, gestita da un singolo tecnico
super-specializzato e penalizzata da
un'alta percentuale di scarti), portarono Walter Mandler a rivedere il progetto
iperbolico ma poco realista
di Marx, concependo un Gauss a sette lenti in sei gruppi di stampo tradizionale
e privo di lenti asferiche,
che delegava alle quattro superfici rifrangenti delle ultime due lenti spaziate
ad aria il compito di correggere
"di fino" le aberrazioni residue; nonostante l'eliminazione delle
superfici asferiche, questo progetto del 1976
non sfociò in un modello di produzione significativamente più economico del
precedente, ma il listino era
in parte giustificato dell'ulteriore incremento di luminosità di mezzo stop,
che portava il nuovo Noctilux alla
soglia psicologica dell' f/1,0, ben più consona al suo nome pretenzioso.
Il Noctilux-M 50mm f/1,2, lanciato nel 1966 e sostituito,
dieci anni dopo, dalla versione f/1,0
progettata da Mandler alla Leitz Midland.
(credits: picture Leitz Wetzlar)
Il progetto di Marx, fatto suo l'assunto che un ottica del
genere si utilizza in luce scarsa con
pellicole ad alta sensibilità (le 400 ISO di allora), dotate di risoluzione
piuttosto ridotta, limitò
il potere risolutivo dell'obiettivo a quello garantito da questo tipo di
emulsioni, concentrando
però la "forza" del contrasto in modo da rendere linee più vigorose
di quelle consentite da
un 50mm meno specializzato e dotato di risoluzione più alta ma con riproduzione
più debole.
schema: Marco Cavina 2007-2009
L'evoluzione ad f/1,0 di Walter Mandler consistette nella
spaziatura ad aria del doppietto
anteriore e nello sdoppiamento dell'ultima lente: in tal modo ottenne quattro
ulteriori
superfici rifrangenti spaziate ad aria, in grado di contribuire alla
soppressione delle
aberrazioni e di supplire all'assenza delle costose superfici asferiche; il
progetto originale
prevedeva che la seconda e la quinta lente fossero realizzate con vetro Leitz
900/1, passato
alla storia come "vetro Noctilux", esattamente come avveniva nel
modello precedente, mentre
i rimanenti vetri erano regolarmente disponibili nei cataloghi delle vetrerie
(ad esempio Schott),
anche se - ad onore del vero, il vetro LaF21 utilizzato nelle ultime due lenti
deriva da un progetto
originale Leitz, fornito in concessione alle vetrerie; le due lenti adiacenti al
diaframma sono realizzate
con vetri Short Flint, caratterizzati da una elevata dispersione. Il modello
f/1,2 adottava, come detto,
due superfici asferiche (la prima e l'ultima dello schema), e nella schermata ho
riportato i parametri
relativi alla loro curvatura parabolica.
L'asterisco accanto al vetro Leitz 900/1 "Noctilux"
del modello f/1,0 fa riferimento ad un piccolo segreto
industriale della Leitz, ancora da verificare completamente: pare che alla
vetreria di Wetzlar fosse stato
inizialmente prodotto un certo lotto di 900/1 (la sua composizione chimica e le
caratteristiche fisiche sono
indicate all'inizio dell'articolo), impiegato per la piccolissima tiratura del
Noctilux 50mm f/1,2 originale e
per il primo lotto di esemplari del nuovo Noctilux 50mm f/1,0 (non si hanno
riferimenti precisi sul numero
esatto); dato che il lotto iniziale si stava esaurendo ed il management aveva
preso atto che realizzarlo "in casa"
era controproducente dal punto di vista economico, si decise di appaltare la
produzione di questo prezioso
materiale ad una vetreria esterna, ma pare che nè la Schott di Mainz nè la
Corning France (succursale europea
della grande vetreria Corning americana, da sempre in buoni rapporti con Mandler
ed il suo staff canadese)
vollero accollarsi l'onere della produzione di un vetro così
"difficile".... Sempre secondo queste indiscrezioni,
terminata la disponibilità interna di vetro 900/1, Mandler fu costretto a
sostituirlo con un vetro di caratteristiche
simili, anche se nei cataloghi standard non esisteva una versione assolutamente
identica, il che pare lo abbia
obbligato ad una minima modifica allo schema ottico per "adattare" il
nuovo vetro; dal momento che questo
intenso lavoro sotterraneo non è mai stato ufficialmente dichiarato dalla Casa,
non ci sono indicazioni certe
sul tipo di vetro succedaneo, ma da quanto ho appreso nelle mie ricerche sono
propenso ad ipotizzare che il
vetro che avrebbe sostituito il 900/1 nelle successive serie di Noctilux-M f/1,0
appartenga al tipo Schott
LaSF31-A ovvero Hoya TAFD30 oppure Ohara S-LAH58, un vetro con indice di
rifrazione nD 1,883 e
numero di Abbe vD 40,8, mentre il vetro Leitz 900/1 presentava (con la
Fraunhofer E-line anzichè D-line)
indice di rifrazione 1,9005 e numero di Abbe 40,5.
Dal punto di vista chimico, il vetro 883408 commerciale si
differenzia dal Leitz 900405 per un impiego più
parsimonioso dell'ossido di Lantanio (difficile da "gestire" in fase
di fusione e presente nel vetro Leitz in misura
superiore al 55% in peso), sostituito nelle sue funzioni da quote di ossido di
Tantalio e Gadolinio, altrettanto
costosi ma meno proni a generare striature e devetrificazioni birifrangenti
durante le fasi si fusione; la composizione
di un tipico vetro 883408 commerciale è la seguente:
B2O3 ............................ 13,5%
La2O3.............................32,0%
Gd2O3.............................27,0%
WO3.................................4,5%
ZrO2.................................5,0%
Ta2O5.............................14,0%
SiO2..................................4,0%
Come si può intuire, la scelta delle vetrerie di non produrre
il vetro 900/1 "Noctilux" non dipendeva dall'economia
di scala: i componenti del tipo 883408 sono altrettanto costosi (ad esempio,
l'ossido di Tantalio è estremamente
difficile da separare dall'ossido di Niobio, con quale è in tale affinità da
aver preso il nome di Niobe, cioè proprio
la figlia di Tantalo), ma probabilmente questa miscela consente di ottenere più
facilmente un vetro fluido e trasparente
con procedure automatiche, mentre il vetro Leitz 900/1 era molto critico e
probabilmente forniva una certa quantità
di scarto (materiale con caratteristiche ottiche o fisiche inadatte alla
realizzazione di lenti).
Dal punto di vista delle aberrazioni ottiche, il Noctilux-M f/1,0 presenta un
astigmatismo a piena apertura leggermente
più controllato rispetto al modello f/1,2, ma in entrambi i modelli una delle
calotte sfugge brutalmente dal piano di fuoco
medio quando si arriva ai bordi estremi della copertura consentita, un problema
senz'altro più serio nel Noctilux-M f/1,2
che presenta uno spostamento di oltre 0,7mm rispetto al piano di riferimento.
Astigmatismo più corretto nel modello f/1,0 rispetto al
precedente f/1,2: in entrambi una
calotta sfugge al controllo verso i bordi ma nell' f/1,2 le giaciture sono
sostanzialmente
differenti per buona parte del campo.
Le curve sovrapposte evidenziano il differente comportamento dei due obiettivi.
Per quanto concerne l'aberrazione sferica, il vecchio Noctilux-M f/1,2 si prende
la rivincita
grazie ad una curva più controllata, ma la differenza fra f/1,2 ed i diaframmi
immediatamente
adiacenti è avvertibile (e conferma le impressioni sul campo dei proprietari,
che non riscontravano
incrementi di resa chiudendo ad f/1,4 ed f/2); anche per il modello f/1,0 è
presente uno spostamento
di fuoco che "tarpa le ali" all'obiettivo: se questo shift non
esistesse le sue prestazioni teoriche ad
f/5,6 sarebbero superiori a quelle del Summicron... Ecco un diagramma con le due
curve sovrapposte.
Nel 2008, quando ormai tutti supponevano che il Noctilux f/1,0
sarebbe stata l'ultima versione del
superluminoso per Leica M, la Casa ha stupito tutti presentando un terzo modello
che si avvantaggia
di tutti i progressi compiuti nella progettazione ottica e dei vetri, a partire
dalle lenti asferiche, ora
decisamente più economiche e trionfalmente reintrodotte nel nuovo modello; il
Noctilux-M "MkIII"
presenta un'apertura massima di f/0,95, in grado di bissare il grande acuto
Canon del 1961 ed ovviamente
di lasciarlo ad anni luce sul piano delle prestazioni.
Lo schema ottico dei tre Noctilux-M; l'ultimo modello, il
luminosissimo f/0,95 del 2008,
dispone di otto lenti con superfici asferiche e presenta uno schema che conferma
la
tendenza Leitz degli ultimi anni volta a superare il classico tipo Gauss
introducendo
variabili come ad esempio le lenti esterne a superficie concava.
(credits: pictures and data Leitz Wetzlar, Leica Camera and
Erwin Puts)
In oltre 40 anni di storia, il progetto del Noctilux-M è stato evoluto
soprattutto per
uniformare il rendimento sul campo, anche se le prestazioni a tutta apertura
continuano
ad essere molto buone solamente nello spot assiale e la vignettatura del sistema
è
comunque elevata, con un'illuminazione residua ai bordi che si ferma alla soglia
limite
che solitamente induce il costruttore di grandangolari simmetrici a dotarli di
serie di
un filtro degradante grigio.
Per chiudere in bellezza voglio svelarvi un interessante
retroscena sulla progettazione meccanica
del Noctilux-M 50mm f/1,0, una rivelazione in grado di retrodatare il momento in
cui la Casa
cominciò a vagheggiare un nuovo Noctilux più luminoso...
Questo progetto di Gerhart Bechmann, ingegnere meccanico alle dipendenze della
Leitz, fu completato
nell'estate del 1970 ed ipotizza un'evoluzione del Noctilux con luminosità
spinta ad f/1.0; potete notare
che l'aspetto esteriore della montatura è già pressochè identico a quello che
caratterizzò i primi esemplari
di produzione, lanciati diversi anni dopo, mentre non esisteva ancora alcuna
ipotesi sul relativo schema
ottico, ed infatti nel progetto è stata impiegata la sezione del vecchio
Noctilux f/1,2, allora in produzione.
Immaginando per il nuovo calcolo ottico una lente posteriore di diametro
incrementato, il progettista
paventò l'impossibilità di utilizzare le classiche camme telemetriche
circolari in ottone (che sottraggono
spazio alla lente) e si ispirò alla soluzione adottata molti anni prima dai
progettisti Canon per il loro
celebre 50mm f/0,95: nell'obiettivo Canon la lente posteriore occupava tutto
l'interasse della baionetta
e la camma telemetrica, ad azionamento rettilineo come in certi teleobiettivi
Leica M, usciva da una
feritoia ricavata direttamente tagliando l'ultima lente in un punto cieco (ad
ore 12) non sfruttato dalla
proiezione... Bechmann preferì invece salvaguardare l'integrità della preziosa
lente, immaginando una
camma che "aggirasse" l'ultimo elemento, rientrando poi in posizione
davanti al nottolino rotante del
corpo macchina. E' un'inedita ed interessante spigolatura che dimostra come già
nel 1970 il progetto
del nuovo modello f/1,0 fosse avviato, probabilmente per i costi di produzione
eccessivi connessi
al modello originale,
INIZIO UPGRADING 04/02/2010
In realtà già nel corso del 1966 Helmut Marx aveva ipotizzato un
Noctilux più luminoso del
modello f/1,2 entrato in produzione: è noto infatti il disegno per un
prototipo di Noctilux-M da
52mm f/1,0 firmato da Marx il primo Settembre 1966; anche in questo caso il
progettista rimase
coerente con la sua preferenza per calcoli estremamente complessi ed al limite
del fisicamente
realizzabile, e se il Noctilux 50mm f/1,2 che tutti conosciamo si avvaleva di
due superfici asferiche,
il prototipo di Noctilux 52mm f/1,0 prevedeva addirittura una lente composita
realizzata assemblando
assieme quattro tipi di vetro; questo non sarebbe insolito se il settore "compound"
non fosse limitato
esclusivamente al bordo dell'elemento, mentre la porzione centrale è costituita
unicamente dal vetro
base che funge da "supporto" agli altri; ecco una scheda che illustra
questo interessantissimo progetto.
La scheda si riferisce ad un elemento composito per un Gauss
simmetrico a 6 lenti in 4 gruppi
(la stessa configurazione del Noctilux-M 50mm f/1,2 di produzione), e
specificamente
al doppietto posto subito dietro il diaframma; come si può notare la lente
anteriore di
questo elemento è costituita da un sandwich di quattro vetri diversi, applicati
nella zona
periferica seguendo il raggio di curvatura principale della faccia concava.
(credits: sheet Leica Camera AG)
Il dettaglio dell'intestazione conferma che si tratta di un
obiettivo destinato al 24x36mm
con focale di 52mm e luminosità massima f/1,0
(credits: sheet Leica Camera AG)
Come potete notare il modulo principale è costituito da vetro
tipo
PPF1, un materiale ad alta rifrazione e media dispersione, appartenente
alla categoria Lanthanum Dense Flint; sulla corona periferica dell'elemento
sono riportati altri tre dischi di vetro, ciascuno dei quali dotato di raggio
posteriore congruente con l'elemento che lo supporta e raggio anteriore
proprio, ad eccezione del terzo, il cui raggio anteriore si raccorda con
quello dell'elemento base; il primo disco aggiuntivo è realizzato in vetro
SF51, un Dense Flint dotato di rifrazione estremamente elevata (1,92927)
ed alta dispersione (numero di Abbe vE= 21,09), il secondo prevede
l'impiego di vetro BaSF14, un Dense Flint al Bario con rifrazione medio-alta
e dispersione media; infine, il terzo elemento che si raccorda col raggio
anteriore della lente di supporto viene realizzato con il mitico vetro 900405
"Noctilux" già impiegato nella seconda e quinta lente del modello
f/1,2 di serie.
(credits: drawings Leica Camera AG)
Il dettaglio ingrandito chiarisce meglio l'estrema
complessità dell'elemento, la cui realizzazione
sarebbe stata quanto meno perigliosa, considerando anche le caratteristiche
fisiche di alcuni
dei vetri scelti, decisamente coriacei alla smerigliatura.
(credits: drawings Leica Camera AG)
Questa serie di sezioni illustra il raggio di curvatura
anteriore relativo a ciascuna delle sezioni
riportate sulla lente di base; il vertice interno della loro sezione è definito
dall'intersezione col
raggio delle lenti contigue. Non è dato di conoscere le prestazioni ipotetiche
di questo prototipo,
ma l'estrema complessità di questo elemento, probabilmente, è stata
sufficiente per scoraggiare
qualsiasi velleità produttiva, e fu necessario attendere fino al 1976 per
assistere alla nascita del
Noctilux-M f/1,0 di Mandler, personaggio - come detto - molto più radicato alle
considerazioni
concrete ed alle necessità del mondo reale rispetto al fantasioso ma poco
realistico Marx.
(credits: drawings Leica Camera AG)
Eppure... anche Mandler, ad inizio anni '60, progettò un prototipo di
Noctilux f/1,2 con superfici
asferiche, antecedente al progetto di Marx, ma questa è un'altra storia, della
quale, purtroppo, non
è noto alcun dettaglio, almeno per ora...
FINE UPGRADING 04/02/2010
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