CANON FL-F DEL 1969:
DEBUTTA LA FLUORITE NEI SISTEMI SLR 35mm
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E' fin dall'800 che l'ottica combatte l'aberrazione cromatica, figlia di un peccato
originale del materiale vetroso disponibile sulla Terra, che per sua natura,
quando
viene molato con superfici rifrangenti, rifrange le varie frequenze dello
spettro con
angoli diversi e via via maggiori passando dal rosso al blu; in particolare fu
nella
costruzione dei microscopi che il problema si presentò in modo acuto, e già nel'800
ci si guardò attorno cercando materiali cristallini alternativi che
permettessero di
avere una dispersione più ridotta, cioè una rifrazione con angoli abbastanza
omogenei
fra le varie frequenze dello spettro utilizzato; ben presto ci si accorse che la
Fluorite,
un fluoruro di Calcio presente in natura allo stato cristallino (sistema
cubico), era adatta
alla bisogna, essendo caratterizzata da un numero di Abbe molto elevato, cioè
di una
bassissima dispersione, fra l'altro con un andamento anomalo e non proporzionale
in una breve sezione dello spettro, sfruttabile in certe situazioni; inoltre i
cristalli
naturali erano talvolta trasparenti e puri, e sia pure di piccole dimensioni
erano più
che sufficienti alle minuscole lenti degli obiettivi da microscopio: infatti
già nell'800
i microscopi Leitz, oggi ridicoli nelle loro barocche montature d'ottone,
disponevano
di lenti in Fluorite per i loro obiettivi.
Naturalmente anche la Fluorite presenta delle limitazioni: il suo indice di
rifrazione tipico
è 1,434, decisamente basso e richiede l'abbinamento con vetri ad alta
rifrazione e quindi
anche ad alta dispersione, che vanno studiati oculatamente per accordarsi con al
dispersione
parziale anomala nello spettro secondario della Fluorite sul principio
dell'annullamento
reciproco dei contrari; inoltre la Fluorite è fragile, assorbe umidità, si
riga facilmente ed
è soggetta a sfaldatura frequentissima in presenza di urti, vibrazioni e sbalzi
termici, ai
quali reagisce peraltro con una dilatazione superiore a quella del vetro,
rendendone
problematico l'accorpamento in un doppietto collato; infine, i cristalli
presenti in
natura nella stragrande maggioranza dei casi sono colorati, parzialmente opachi,
impuri
e/o caratterizzati da inclusioni, faglie, ghiacciature ed altre imperfezioni che
li rendono
non idonei all'impiego ottico; fatto sta che mentre questa strada con le
piccolissime
lenti degli obiettivi da microscopio era praticabile, con le ben altre
dimensioni in gioco
nelle ottiche fotografiche i problemi erano insolubili e si arrivò fino al 1960
senza che
i materiali cristallini venissero chiamati in gioco.
A metà anni '60 la Canon, nell'ambito di un poderoso sforzo teso all'evoluzione
delle proprie tecnologie, iniziò a sperimentare sistematicamente al
realizzazione di
cristalli di Fluoruro di Calcio e Fluoruro di Litio in ambiente controllato,
artificialmente,
con l'intento di produrre esemplari più grandi e puri di quelli naturali,
adatti a ricavarne
lenti per teleobiettivi fotografici; notate incidentalmente come sia il Fluoro
la chiave di
questo controllo della dispersione sui materiali rifrangenti: infatti, tutti i
vetri speciali
a bassa dispersione creati dai vari brand e sbandierati come ED, SD, ULD, UD,
etc
sono tutti additivati, appunto, con fosfato di Fluoro; Canon riusci ad elaborare
un
protocollo realizzando i cristalli necessari e nel 1969, al crepuscolo del
sistema FL,
ruppe gli indugi senza attendere l'introduzione del nuovo corredo FD, già in
fase di
elaborazione e sul mercato di lì a due anni, e mise sul mercato rispettivamente
a Marzo
e Giugno due teleobiettivi che avrebbero fatto la storia dell'ottica fotografica
convenzionale,
presentando il Canon FL-F 300mm f/5,6 ed il Canon FL-F 500mm f/5,6, dove la
F aggiunta alla sigla era l'acronimo di Fluorite, il nuovo e misterioso
materiale
impiegato per la prima volta in questo settore, esclusività sottolineata anche
da un
filetto verde inserito sotto i dati di targa; alea jacta fuit, erano nati i
primi tele
apocromatici in ambito fotografico 35mm, creando un clamoroso precedente
col quale tutti i concorrenti dovettero confrontarsi, spesso precipitosamente e
con evidente imbarazzo come nel caso di Nikon, che imbastì in fretta a furia un
prototipo di 300/2,8 con vetri a bassa dispersione realizzati dalla Schott,
accettando
lo scotto di bussare a casa Zeiss dato che i vetri ED proprietari non erano
pronti;
Col tempo tutti si allinearono ma Canon fu l'unica ad impiegare su vasta scala e
sistematicamente, nel tempo, la Fluorite ricristallizzata, presente anche in
molti
obiettivi della gamma EF; in particolare, è degna di nota l'enorme lente in
Fluorite
(la seconda) del mostruoso EF 1.200mm f/5,6 L, caratterizzata da un
diametro
di circa 20cm, il che richiede cristalli con dimensioni assolutamente esagerate
che in parte giustificano il prezzo di lancio pari a circa 75 mensilità.....
Un paio di amici che possiedono i due oggi rarissimi FL-F assieme ai cugini
300mm f/2,8 FD SSC Fluorite, 300mm f/2,8 FD-L e 300mm f/2,8 EF-L
hanno provato il più corto dei due antesignani assieme agli altri
qualificatissimi
300mm appena decritti, sia in caccia fotografica che in riprese di montagna
con aria tersa e a lunga distanza; il verdetto insindacabile della Velvia è che
la trasparenza, l'ariosità e la pulizia delle linee del 300mm FL-F (certo
agevolato nel calcolo dalla luminosità d'esordio ad appena f/5,6) sembrano
ancora imbattute, confermando l'alone leggendario che avvolge da sempre
i Canon FL-F Fluorite, e mentre l'introvabile 500mm dal peso di 2,7 kg è
certo scomodo sul campo, il compatto 300mm con i suoi 850 gr è ancora
un compagno micidiale nelle lunghe camminate in montagna.
Gli FL-F sono pressochè introvabili, infatti in Giappone frotte di collezionisti
fanno carte false pagando qualsiasi cifra per accaparrarsene ogni esemplare,
in qualsiasi stato esso sia, prova ne sia quest'ultima testimonianza: il
300mm
f/5,6 FL-F delle foto che seguono era stato messo in vendita da uno dei
due amici di cui sopra, e l'altro si era deciso ad acquistarlo, ma un giapponese
si era già interessato al pezzo, vantando un diritto di prelazione; il
proprietario,
preferendo favorire il caro amico raccontò al potenziale acquirente giapponese
che l'obiettivo, caduto per incidente, si era sfracellato; senza fare una piega
l'interlocutore nipponico chiese addirittura di acquistare I COCCI
ROTTI !
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La coppia di FL-F dell'amico Federico Ghetti, completi di tutto, comprese
garanzia ed istruzioni; notare le
dimensioni molto compatte del 300mm f/5,6
I due Canon FL-F 300 e 500mm con i rispettivi schemi ottici; le lenti in
Fluorite
sono evidenziate in rosa: due nel 300mm ed una, di diametro ben maggiore, nel
500mm;
le ottiche sono in attacco Canon FL, perfettamente compatibile con i successivi
Corpi FD
Il diagramma di aberrazione cromatica del Canon FL-F 300m F/5,6 (linea rossa)
paragonato ad un 300mm convenzionale; il tele alla Fluorite è così corretto
che
lo spostamento di fuoco alle varie lunghezze d'onda della luce rientra
abbondantemente
nella profondità di campo disponibile ad f/5,6 (piena apertura)
Le sovrimpressioni del Canon FL-F 300mm f/5,6, il caratteristico filetto verde
che all'epoca
indicava lenti in Fluorite (ed oggi i reticoli di diffrazione negli EF-DO) e la
ghiera del diaframma
in alluminio; notare l'assenza della correzione per l'infrarosso nel punto di
fede.
Le omologhe indicazioni riportate sul Canon FL-F 500mm f/5,6
Un campione di Fluorite naturale dalla Germania; appare evidente come sia
difficile
adattare il materiale cristallino di miniera all'uso ottico-fotografico: nella
fattispecie
i cristalli sono colorati, tramoggiati ed opachi.
Lo schema ottico dell'enorme Canon FL 1.200mm f/5,6 L con l'enorme
lente in Fluorite (la seconda, in colore rosa), la più grande mai adottata
da Canon
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