ZEISS TIPO SONNAR
ED IL GENIALE FILO CONDUTTORE
CHE COLLEGA TUTTE LE VERSIONI
DEL CAPOLAVORO DI LUDWIG BERTELE
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ABSTRACT
Here you are a job that covers all the Sonnar
dazzling-idea, giving for the first time a whole afflatus that
thoroughly examine the matter: well known masterpieces such as obscure and
exceptional prototypes.
From the acient Ernostars, a flash in the
night for those crude-lenses days, to the late Sonnar evolutions
born right in postwar gauss-coated lands, the genius of Ludwig Jakob Bertele
simply stood over the
other competitors, shining like the venerable and exotic Schott-glass mixtures
hiden inside his razor-sharp
children; the Sonnar-type clearly outperformed the other brands' similia
for decades, and its sparkling
reproduction and unmistakable fingerprint belongs to two exclusive technical
arrangements tuned up by
Dr. Bertele in two different chronological steps: in early-20' he conceived for
his boosted Ernostars
(the former f/1,8 and the versuch f/1,5) a second member consisting of a
cemented triplet of lenses,
the first and second collectives and the third dispersive, the first based onto
a medium-to-high refractive
and medium-to-low color-dispersive glass, the second cut from a
low-refractive-low color-dispersive
stuff and the film-facing last one realized with the highest refractive-highest
color-dispersive kind of glass
available at the time, so that the first and second element together acted a
chromatic undercorrection for
the entering pencils of light, while the second and third lens in tandem
accomplished an opposite chromatic
overcorrection to the outgoing light pencils; this first step got real a
previously unreached sphero-
chromatic correction for such apertures as large as f/1,5, even if spherical
aberration was yet on strike;
the second step forward relates to the early-30' Sonnar-type: his venerable
optical formula incorporated
a first single meniscus and the second glued-triplet member just discussed, a
precious Ernostar heritage,
but the third member facing the camera was evolved into another glued triplet
with the second and
third lens acting a strong curvature of collective power towards the film plane;
this option, together with
carefully selected refraction indexes, corrected coma and spherical aberration
at the highest aperture to
a new ground, giving birth to the first really usable and full-spread-sharp fast
lens of the batch; all
the following, blessed Sonnar magistral versions enjoyed one or both of these
features, a stepless redline
that lit up the field of optics and the extraordinary life of Dr. Ludwig Jakob
Bertele, a giant that simply
changed the way of lens-making, a gift for all mankind; the Sonnar-type
winning-concept was a sort
of wonderful obsession for his creator, that really reached its limits, as many
frozen-on-paper project
clearly display, versuchs like the 1932 Sonnar 15° f/1,4 or the 1937 Sonnar
20° f/1,2, stunning
calculations that show as far-off this idea could get; all the following drawing
are hand made by myself,
mostly unreleased before: a long and patient job based onto the original Bertele
projects and patents
that required hundreds of hours behind the screen, all dedicated to the man that
tamed the light to
the highest human limits.
to Ludwig Jakob Bertele
(1900-1985)
a father, mentor, brother and friend never known in this life
Marco Cavina
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Anticipo che tutti gli schemi e le sezioni
presenti in questo pezzo sono stati concepiti e disegnati
ex-novo da me, basandomi sui progetti ed i brevetti originali di Bertele, e che
quasi tutti sono inediti
o comunque mai presentati in grafica chiara, di ampie dimensioni e/o con le
caratteristiche dei
vetri ottici previsti; molti sono relativi a prototipi e progetti sconosciuti o
poco noti, e l'insieme
costituisce un colpo d'occhio globale sul concetto Sonnar mai tentato prima e che
mi è costato un
notevole dispendio di tempo e risorse umane; naturalmente è per me una gioia
celebrare l'opera
del grandissimo Ludwig Jakob Bertele, un'idea che coltivo da oltre 15 anni e che
finalmente prende vita.
Parlare di Ludwig Jakob Bertele e dell'epica evoluzione del tipo Ernostar-Sonnar
è come rivivere la storia
dell'ottica moderna, proiettata brutalmente dalle sue geniali intuizioni in un
territorio d'inaspettate potenzialità;
la straordinaria accelerazione messa in atto da questo eccezionale matematico è
ancora più stupefacente se
consideriamo che il grosso del lavoro concettuale fu messo in atto nel decennio
1923-1933, quando gli unici
ausili al suo complesso lavoro erano abachi meccanici, tavole logaritmiche ed
una risicata scelta di vetri dalle
caratteristiche piuttosto convenzionali, e che uno dei due fili conduttori che
accomuna l'intera saga dei Sonnar
venne teorizzato da un Bertele giovanissimo, appena ventitreenne!
Ludwig Jakob Bertele evidenziò un'autentica genialità innata, ed in quel 1923
- ad onta della giovane età -
vedeva già riconosciuti pienamente i suoi talenti, ricoprendo un prestigioso
incarico a capo del dipartimento
matematico di calcolo ottico presso la Ernemann di Dresda, per la quale firmò
subito una straordinaria opera
prima calcolando il mitico obiettivo Ernostar 1:2, un luminosissimo obiettivo a
sei lenti in quattro gruppi destinato
alla celebre fotocamera Ermanox, famosa per la sua attitudine alla ripresa
istantanea in condizioni di luce proibitive
al punto da trasformarla in una sorta di spy-camera ante-litteram, resa
immortale dai celebri reportage di Salomon
sui politici dell'epoca a convivio informale; nonostante l'incredibile
luminosità abbinata alle lunghe focali necessarie
ad impressionare i formati in voga, l'Ernostar copriva 40° di campo ad f/2 con
una correzione sferocromatica decisamente
elevata per l'epoca, facendone una sorta di alieno nell'ancora imberbe panorama
degli anni '20; già in questo primo
cimento è presente uno dei due elementi caratterizzanti che costituiranno
l'ossatura di ogni tipo Sonnar sviluppato
in seguito fino agli anni '50: un tripletto di elementi collati costituito in
sequenza da due lenti collettive ed una dispersiva.
Senza adagiarsi un istante sugli allori di questo primo exploit, il giovane
Bertele puntò lo sguardo lontano, avanti verso
il futuro, dal quale non lo avrebbe distolto fino alla morte; l'Ernostar 1:2 era
costituito dal già citato tripletto collato
anteriore e da un membro posteriore in forma di tripletto spaziato, sfruttando
completamente l'opzione limite degli otto
passaggi ad aria concessi dai vetri privi di antiriflesso: nel 1923-24 egli
spostò il tripletto collato in seconda posizione,
anteponendogli un menisco semplice collettivo mentre il membro posteriore in
forma di tripletto spaziato perdeva il
primo elemento, formalmente "scalato" in prima posizione; le opzioni
di calcolo permisero di ampliare l'angolo di correzione
sferica ed astigmatica a circa 50° e la luminosità addirittura ad f/1,8, un
abbinamento eccezionale anche ai giorni nostri,
se consideriamo che nelle Ermanox di formato maggiore l'Ernostar f/1,8 per
lastre 13x18 era addirittura un 165mm!
un'advertising d'epoca che illustra efficacemente i punti di
forza della fotocamera
Ermanox dotata del celebre Ernostar f/1,8 di Ludwig Bertele: in quel 1924,
se la critica messa a fuoco era correttamente impostata, la Ermanox garantiva
risultati incredibili, grazie all'ampio formato di negativo ma soprattutto in
virtù
dell'ottima resa dell'Ernostar, realmente molto più avanzato rispetto al
panorama dell'epoca
Il progetto di bertele relativo al nuovo Ernostar 1:1,8 da
50° comprendeva anche una versione più spinta 1:1,5 che
non fu mai prodotta, vuoi per costi, diametri e pesi eccessivi, vuoi per il
fatto che con focali così lunghe la profondità
di campo era talmente ridotta da rendere quasi inconsistente il piano di fuoco a
piena apertura; tuttavia il versuchsobjektiv
1:1,5 è concettualmente importante sia perchè rivela un nuovo target per
l'ambizioso Bertele (la luminosità 1,5 come nuova
frontiera degli obiettivi d'uso pratico) sia perchè la morfologia dei suoi due
membri anteriori (il menisco semplice ed il
tripletto collato con due elementi collettivi ed uno dispersivo) fu evoluta
leggermente rispetto all'analoga configurazione
1:1,8, ed in pratica preconizza quella del Sonnar 1:1,5 giunto otto anni dopo,
nel 1932.
lo schema dei tre Ernostar calcolati da Bertele: gli 1:2 ed 1:1,8 di produzione
ed il prototipo avanzato 1:1,5; si può notare che
il tripletto collato alla base delle sue prestazioni superiori era già presente
nella prima opzione, anche se in posizione avanzata:
evidentemente Bertele, nonostante la giovanissima età, aveva già visualizzato
ed elaborato da tempo questo concetto vincente
analizziamo in dettaglio le caratteristiche di questo secondo
membro con tripletto collato, alla base della correzione cromatica
del luminosissimo Ernostar e primo step verso la definizione del Sonnar,
avvalendoci di uno schema esemplificativo che
ho realizzato appositamente.
Il secondo membro presente sia negli Ernostar 1:1,8 ed 1:1,5
del 1924 sia nel successivo Sonnar 50mm 1:1,5
del 1932 è costituito, come detto, da un tripletto di lenti collate, una prassi
comune a quei tempi, dove la riduzione
delle interfacce ad aria era una priorità richiesta dall'assenza di
antiriflessi; i primi due elementi sono collettivi, mentre
il terzo - rivolto verso l'apparecchio - ha potere dispersivo; la prima lente è
ottenuta da un vetro con indice di rifrazione
medio-alto ed indice di dispersione cromatica medio-basso, ovvero un buon vetro
ottico di caratteristiche elevate ma
non anomale; il secondo elemento collettivo prevede invece l'adozione di un
vetro che oggi definiremmo a dispersione
anomala, caratterizzato da un indice di rifrazione molto basso e da un indice di
dispersione cromatica parimenti molto
ridotto; viceversa, la terza ed ultima lente di potere dispersivo veniva molata
da un vetro ad altissimo indice di rifrazione
(ovviamente con i criteri ed i limiti dell'epoca) ed alta dispersione cromatica;
questo curioso ma opportuno assortimento
agiva in modo che la prima e seconda lente fossero antagoniste e generassero uno
stato di sottocorrezione cromatica
per i raggi incidenti, mentre la seconda e la terza lente fungevano da coppia
acromatica garantendo una sovracorrezione
cromatica ai raggi in uscita dal tripletto; questa struttura garantiva una
superiore correzione sfero-cromatica; inoltre, le
emulsioni dell'epoca erano molto sensibili al blu-violetto e progetti coevi di
analoga luminosità che non si avvalessero di
questa invenzione avrebbero richiesto - a parità di campo piano anastigmatico -
l'utilizzo di gruppi ottici di spessore molto
maggiore, il cui vetro avrebbe assorbito fisiologicamente elevate quantità di
luce nello spettro dell'ultravioletto-violetto-blu,
per cui nell'utilizzo reale il tipo Ernostar di Bertele presentava un'effettiva,
superiore luminosità massima anche a parità di
pupilla luminosa.
Questa prima invenzione di Bertele avrebbe quindi consentito
già negli anni '20 la realizzazione di un anastigmatico di
luminosità 1:1,5 con buona correzione dello sferocromatismo, ovvero una
combinazione di aberrazione cromatica e
sferica di ordine superiore, tuttavia restavano insoluti alcuni problemi legati
al coma e all'andamento della curva di aberrazione
sferica ai bordi dell'immagine; nel frattempo la Ernemann di Dresda era
confluita nella Zeiss Ikon AG, ma questo non ebbe
significative ripercussioni sulla vita sociale e professionale di Bertele, dal
momento che la sede della ZIAG fu stabilita
nella stessa città di Dresda e che alla Zeiss, preso atto rapidamente delle sue
eccezionali capacità, gli affidarono le identiche
mansioni svolte in precedenza alla Ernemann; tranquillizzato su questo fronte,
Bertele ed il suo staff affrontarono da
lontano un nuovo ed entusiasmante cimento: realizzare il parco ottiche per la
nuova fotocamera 35mm a telemetro che
l'altrettanto geniale Heinz Kueppenbender stava sviluppando con certosina
dedizione alla perfezione; un agile apparecchio
35mm con una smisurata base telemetrica era il partner ideale per obiettivi
molto luminosi, che avrebbero rivelato
orizzonti inesplorati nella fotografia dinamica; Bertele ripartì dal prototipo
dell'Ernostar 1:1,5 cercando il metodo per
eliminare le aberrazioni residue, un lavoro lungo e paziente svolto spesso per
approssimazioni empiriche e test pratici
su prototipi e senza l'ausilio di calcolatori elettronici, che richiese anni di
sperimentazione sistematica; dopo circa 3 anni
di studi Bertele mise a punto il famoso secondo step nella realizzazione
dell'obiettivo in versione definitiva, che assieme
al tripletto anteriore già descritto avrebbe caratterizzato, singolarmente o in
tandem, la fisionomia ottica di tutti i progetti
derivati: era nato il Sonnar, un mito per le generazioni future, il cui nome
stesso (Sonnar = solare, in tedesco) la dice
lunga sulla sua proverbiale e smagliante brillantezza!
L'evoluzione rispetto all'Ernostar 1:1,5 era relativa al membro posteriore,
mentre il menisco anteriore ed il tripletto collato
in seconda posizione erano stati mantenuti quasi invariati: al posto di due
lenti singole spaziate ad aria Bertele adottò un
secondo tripletto collato, portando a sette il numero complessivo delle lenti ma
riducendo a sei quello dei passaggi ad aria,
a tutto vantaggio della brillantezza d'immagine; anche in questo caso lo schema
che segue aiuterà nella descrizione.
il mitico Sonnar 1:1,5 del 1932 col padre naturale, il
prototipo di Ernostar 1:1,5 del 1924;
il menisco anteriore e la funzione diottrica del tripletto collato in seconda
posizione sono
stati ampiamente mantenuti, mentre le due lenti posteriori singole dell'Ernostar
hanno lasciato
il posto ad un secondo tripletto collato, che ha ridotto i passaggi ad aria da
otto a sei
L'elemento connotante nel secondo step è un membro posteriore costituito da un
secondo tripletto collato, che in certi casi
può essere semplificato a doppietto, caratterizzato da una superficie di
contatto fra due lenti con forte curvatura di segno
collettivo rivolta verso il corpo macchina; questo nuovo membro posteriore,
grazie anche ad una oculata scelta degli indici
di rifrazione reciproci per i singoli elementi, interagisce con la struttura
anteriore derivata dall'Ernostar 1:1,5 prototipo
garantendo una superiore correzione del coma e soprattutto dell'aberrazione
sferica, come evidenziato dal diagramma a
destra, rielaborato direttamente dal progetto originale di Bertele per il Sonnar
1:1,5 del 1932, fornendo le basi per un
obiettivo superluminoso da almeno 45° di campo anastigmatico e con una
riproduzione d'immagine di elevata qualità:
in quel 1932 era nato il primo obiettivo dalle caratteristiche moderne
due capolavori che alimentarono il mito Zeiss Ikon: la Contax I di Kueppenbender,
con la sua spaventosa
base telemetrica, guarnita col brillantissimo Sonnar di Bertele, in versione
1:2: gioielli nati nel 1932 ma anni luce avanti
credits: foto Il Contatto - Torino
Il Sonnar non tardò a rivelare le sue straordinarie virtù e
fu un successo immediato; Bertele confidava totalmente nella
bontà del progetto, al punto che gli obiettivi da lui concepiti per il primo
corredo della neonata Contax I derivavano
tutti da questo tipo; col tempo il Sonnar diverrà per Bertele una vera
ossessione, e cavalcando l'asintoto della perfezione
continuerà periodicamente a cimentarsi, rivisitando e correggendo versioni note
ed acclamate così come tentando
ardimenti estremi con progetti dalle caratteristiche ancora più spinte; lo
specchio che ho realizzato e che allego a seguire
rende per la prima volta l'idea di quanto metodico lavoro e quanta passione
Ludwig Bertele abbia profuso al riguardo!
questo schema rivela la reale complessità dell'evoluzione del Sonnar-type, che
a partire dall'archetipo
Ernostar 1:2 del 1923 fu caparbiamente sviluppato dal suo ideatore fin quasi a
metà degli anni '50,
confermando così la sua ferma convinzione sulle eccezionali potenzialità di
questo schema, nato da
geniali intuizioni concepite quando Ludwig bertele aveva solamente 23
anni....Queste idee innovative
garantivano un margine di sviluppo ben superiore a quello evidenziato dagli
esemplari di produzione,
com'è testimoniato dal progetto di 180mm 1:1,4 ed 1:1,5 del 1932 o dal progetto
di Sonnar da 20°
(circa un 120mm sul 24x36) 1:1,2 del 1937 !
Come accennavo nel preambolo iniziale,
ho personalmente analizzato e disegnato ex-novo tutte le versioni
del tipo Sonnar e derivati concettuali progettate da Bertele di cui sia rimasta
una documentazione fruibile, e per
meglio chiarire la grandiosità del quadro complessivo ho realizzato uno
specchio con tutti gli schemi ottici:
appare chiaro che il lavoro di Bertele sul Sonnar è un poderoso affresco,
ampliato e rifinito per buona parte
della sua vita e sviluppato fino a conseguenze tali da confermare oltre ogni
dubbio l'eccezionalità
delle intuizioni di base
il frutto di oltre 100 ore di computer: gli schemi ottici di tutte le evoluzioni
del tipo Sonnar concepite
da Ludwig Jakob Bertele, dagli archetipi Ernostar di inizio anni '20 agli ultimi
fuochi degli anni '50;
ho realizzato ciascuno di questi schemi in 7 varianti diverse, creando un
database che ritengo molto
utile; non sono presenti le sezioni relative ai prototipi Sonnar 90mm 1:1,5 e
Sonnar 400mm 1:1,4
del 1941, mancando qualsivoglia documentazione al riguardo, tuttavia posso
supporre che il 400mm
1:1,4 - più che per spionaggio terrestre a grande distanza su formato 35mm -
fosse concepito per
aero-fotografia notturna con flash-bombs illuminanti, solitamente basata su
formati molto maggiori,
ed è possibile che il "400mm" corrisponda in realtà ad un angolo di
campo di circa 15° sulla diagonale
del formato effettivo, e che di conseguenza sia basato sui progetti del 1932 per
obiettivi 1:1,5-1,4
dalla copertura equivalente; ovviamente è solo un'affascinante teoria
Da questo primo schema generale, davvero mozzafiato, possiamo
desumere alcune linee guida che hanno
dipanato lo sviluppo del tipo Sonnar messo in atto da Bertele per 30 anni:
A) realizzare un obiettivo di angolo normale con
caratteristiche superiori di luminosità e correzione, per uso generale
B) evolvere il progetto di base per coprire il più ampio spettro di angoli di
campo senza stravolgerne i concetti
C) forzare il progetto alla ricerca della massima luminosità possibile ancora
compatibile con una buona resa fotografica
D) semplificare il progetto per ottenere obiettivi normali di media luminosità
ed economici per apparecchi di ampia
diffusione commerciale, senza pregiudicare troppo le favorevoli prerogative
ottiche di origine
E) rivedere periodicamente i progetti di obiettivi apprezzati e diffusi alla
luce delle nuove tecnologie di calcolo e
dei nuovi vetri ottici, per eliminarne le difettosità residue e migliorarne
ulteriormente le prestazioni generali
Dopo queste premesse generali,
analizziamo più in dettaglio gli schemi delle singole varianti e - quando
possibile -
le caratteristiche dei vetri utilizzati così come i principi informatori
nell'evoluzione di modelli preesistenti; come già
disquisito, il primo Sonnar a calcare le scene fu l'impressionante 50mm per
Contax, in versione 1:2 ed 1:1,5; in
particolare, quest'ultimo era accreditato di prestazioni altissime e fu la vera
star del settore negli anni '30.
Il Sonnar 50mm 1:1,5 incarna il tipo Sonnar più ortodosso, con i due speciali
tripletti collati le cui caratteristiche
ho già ampiamente descritto; una conferma al punto E) delle linee guida
nell'evoluzione del progetto ci è fornita
già da questo primo obiettivo: come potete notare ho allegato due sezioni dello
schema praticamente identiche ma
caratterizzate da una scelta di vetri leggermente differente: il primo schema si
riferisce infatti alle specifiche del progetto,
ed il secondo all'obiettivo di produzione; evidentemente nel frattempo si erano
resi disponibili nuovi vetri ottici dalle
caratteristiche più spinte e Bertele non si fece scrupolo di mettere in
discussione un progetto nato perfetto, prendendo
in mano le tavole logaritmiche e rivedendo leggermente spessori e curvature per
ottimizzare ulteriormente il calcolo:
è da dettagli come questi che emerge la statura del personaggio, intento per
tutta la vita in un duello perenne con la
perfezione! I dati di targa confermano gli assunti teorici sul tripletto
anteriore: la prima lente collettiva ha caratteristiche
di rifrazione/dispersione buone ma non anomale, la seconda presenta una bassa
rifrazione ed una bassissima dispersione,
con un numero di Abbe vD addirittura fermo a quota 70,1, una caratteristica
degna di moderni vetri ai fluoruri come lo
Schott FK-5 e rimarchevole per i primi anni '30; infine, il terzo elemento, di
segno dispersivo anzichè collettivo, è
realizzato - come da copione - con un vetro ad alta rifrazione (altissima per
l'epoca) pari ad 1,7394 e con dispersione
cromatica parimenti elevata (numero di Abbe vD= 28,2); nelle specifiche del
progetto originale le caratteristiche di questi
tre vetri sono analoghe ma leggermente meno spinte, confermando la teoria di una
rivisitazione i corsa alla luce delle nuove
forniture Schott; una variabile interessante si può riscontare anche nel membro
posteriore della versione evoluta, nel quale
le ultime due lenti differiscono per indice di rifrazione ma presentano lo
stesso numero di Abbe (vD= 51,2) che palesa
identiche caratteristiche di dispersione, permettendo una rifinitura nella
correzione di Seidel delle aberrazioni ottiche
senza influire su quella dell'aberrazione cromatica, evidentemente già
ottimizzata dagli elementi precedenti; la logica
avveniristica del progetto e le avanzate caratteristiche dei vetri sono
testimonianza tangibile di quanto la Zeiss Ikon,
i suoi geni matematici e la Schott fossero in quegli anni all'avanguardia assoluta
della tecnica.
Per la Contax I (e quattro anni dopo per la sofisticatissima
Contaflex biottica) Bertele calcolò
anche un 50mm Sonnar di luminosità 1:2 (comunque elevatissima per l'epoca), di
prestazioni
parimenti ottime e dal costo più moderato, che ebbe un grande successo
commerciale; questa
opzione si basa sulla semplificazione del membro posteriore, che inaugura un
secondo filone
principale nell'evoluzione di questo schema ottico, resa possibile dalla
luminosità inferiore che
rende meno critica la correzione del coma e dell'aberrazione sferica; in questo
caso la forte
curvatura degli elementi collati di forza collettiva rivolta verso la pellicola
non è più necessaria,
e per esigenze diottriche il nuovo doppietto posteriore presenta un'interfaccia
di segno opposto,
"tipo Tessar" se vogliamo. Quest'obiettivo vanta una longevità da
record, dal momento che
le sue linee di montaggio, trasferite in Unione Sovietica, continueranno a
sfornare il suo clone
Jupiter 50mm 1:2 per Kiev fino a metà anni '80, un bel tributo alle sue ottime
prestazioni!
strettamente derivato dal Sonnar 50mm 1:2, il Sonnar 85mm 1:2
fu un altro colpo da knock-out per la
concorrenza diretta: la sua luminosità, brillantezza di resa e qualità dello
sfuocato erano senza rivali; fu lanciato
nel 1933 ma progettato nel 1932 assieme alle versioni 50mm e costituì sempre un
fiore all'occhiello del
sistema Contax a telemetro
il Sonnar 135mm 1:4 del 1932 completò il poker d'assi di
Bertele per Contax, mettendo a disposizione un vero
tele di luminosità moderata ma dalla resa smagliante anche a piena apertura,
vestito in una montatura snella e
leggera; anche quest'ottica, giunta in forma evoluta nel corredo Contarex e
prodotta in lotti fino agli anni '70, finirà
la sua carriera - così come il precedente Sonnar 85mm 1:2 - arricchendo il
corredo delle Contax-Kiev ukraine;
in questo caso lo schema Sonnar - visto il ridotto angolo di campo e la modesta
luminosità - fu semplificato al massimo,
riunendo le due lenti collettive del tripletto anteriore in un solo elemento,
che con l'elemento dispersivo con cui è collato
(caratterizzato da opposti valori di rifrazione/dispersione) agisce come un
doppietto acromatico, mentre per la correzione
residua del membro posteriore è sufficiente un semplice menisco di campo; uno
schema semplice ma di efficacia letale,
che ha visto innumerevoli imitazioni
Mentre era intento a questo corredo iniziale per Contax I, Bertele stava
sondando il grande potenziale del tipo
Sonnar, sperimentando variabili e modifiche con l'entusiasmo di un klondiker che
ha trovato la vena buona; dopo varie
prove empiriche che suffragarono i complessi calcoli matematici Bertele concluse
che era possibile ottenere con la
configurazione a 6 lenti (quella alla base dl Sonnar 50mm 1:2) le stesse
prestazioni in quanto a nitidezza e controllo
dell'aberrazione sferica proprie di quella a 7 lenti originale, avendo
l'accortezza di progettare un tripletto anteriore
caratterizzato da uno spessore più elevato della norma, almeno 1/4 della
lunghezza focale del sistema e preferibilmente
fino ad 1/3; questa ulteriore variante permetteva di ottenere obiettivi
dall'angolo di campo ridotto a 14-15° (più o meno
come un 180mm nel formato 24x36) mantenendo invariata non solo la correzione a
anche la luminosità originaria di
1:1,4 - 1:1,5! Circa un mese dopo il progetto del Sonnar da 45° Bertele
completò il calcolo di due varianti basate
su questo nuovo assunto, caratterizzate - appunto - dall'angolo di campo ridotto
a 14-15° e dall'eccezionale luminosità
di 1:1,4 ed 1:1,5, i cui schemi inediti arricchiti dalle caratteristiche dei
vetri ottici previsti seguono a ruota.
i due prototipi del 1932 relativi ad una evoluzione del Sonnar
su un angolo di campo pari
a circa 14-15°, che preconizzerebbe un 180mm sul formato della Contax, con
luminosità
massima di 1:1,5 ed 1:1,4, tuttora incredibile; si tratta di due evoluzioni ben
connotare:
nella prima è stato inspessito vistosamente il membro posteriore, mentre nella
seconda
il tripletto anteriore; nel primo prototipo le equazioni relative alle
caratteristiche reciproche
dei vetri nel tripletto seguono al regola standard, mentre nel secondo viene
utilizzato un
vetro a dispersione medio-bassa anche nel primo, secondo e sesto elemento,
suggerendo
un differente approccio alla correzione dell'aberrazione cromatica; in assenza
di alcun dato
certo, trovo suggestivo ipotizzare che il famoso Sonnar 400mm 1:1,4 del tempo di
guerra
fosse destinato ad una aerial-camera per formati superiori e che in realtà il
suo angolo di
campo coincidesse con quello di quest'ultimo prototipo, permettendoci così di
acquisire
qualche nozione sulla sua misteriosa architettura
Tornando nell'alveo della produzione di serie, il Sonnar 50mm
1:1,5 incontrava grande successo e le sue rinomate qualità
di riproduzione consentivano di vivere di rendita, procrastinando qualsiasi
evoluzione; tuttavia, come detto, Bertele era
intimo con la perfezione e sia pure a livello di prototipo preliminare egli
evolvette ripetutamente il suo gioiello: una prima
volta nel Luglio1937 per correggere al distorsione residua che l'ottimizzazione
della altre aberrazioni aveva lasciato nel progetto
iniziale datato 1932, inserendo una ottava lente di campo singola in posizione
posteriore, caratterizzata da un modesto
potere diottrico e concepita per mantenere perfettamente la qualità di resa
precedente con una soppressione totale
della distorsione residua; una seconda volta nel Febbraio 1939 per riportare a
sei i passaggi ad aria, incorporando
l'ottava lente nel membro posteriore, caratterizzato ora da quattro elementi,
due collettivi e due dispersivi con rifrazioni
differenziate, che consentono di ridurre il flare eliminando i due passaggi ad
aria, aumentare la correzione sul campo
ed anche la luminosità fino ad 1:1,4 effettivi; una prova di talento che
lasciò indifferenti i vertici Zeiss Ikon, i quali
mantennero seraficamente in produzione il 7 lenti originale che tanti consensi
raccoglieva fra l'utenza...
La prima evoluzione del Sonnar 50mm 1:1,5, rimasta allo stadio di prototipo,
verteva
sull'eliminazione della distorsione, l'unica aberrazione corretta un po'
sottotono nel capolavoro
del 1932, introducendo una ottava lente di campo posteriore, che correggeva
perfettamente
il difetto mantenendo inalterate le prerogative di resa, sia pure al costo di un
flare superiore
(forse Bertele sperava in un utilizzo civile a breve termine del neonato
verguetung antiriflessi?)
una delle prime avvisaglie dell'attenzione di Bertele
all'economia reale ed ai risparmi in scala -
virtù che coesiste col genio solamente nei più grandi progettisti - ci viene
da un progetto alternativo
al precedente, concepito per situazioni dove non sia richiesto il massimo delle
prestazioni e della
correzione, rinunciando all'effetto correttivo del tripletto posteriore,
sostituito in questo caso da
un elemento singolo di forte spessore, dal quale è lecito attendersi un
andamento dell'aberrazione
sferica ad 1:1,5 molto meno controllato, mentre rimane in servizio la lente di
campo posteriore
per sopprimere la distorsione, denominatore comune di questa evoluzione datata
1937
La seconda evoluzione del 1939 riporta a sei i passaggi ad aria, incorporando
l'ottava lente nel complesso
membro posteriore a quattro elementi collati, due dispersivi e due collettivi,
con indici di rifrazione differenziati
in modo tale che l'obiettivo garantiva una luminosità effettiva di 1:1,4,
correzione delle aberrazioni leggermente
superiore, flare più contenuto e distorsione parimenti corretta, anche questa
opzione del 1939 rimase allo stato di
prototipo: evidentemente i venti di guerra dirottavano il potenziale Zeiss in
altre direzioni....
Premetto che d'ora innanzi, per assecondare una logica
funzionale tesa a raggruppare le varie evoluzioni concettuali
di ogni progetto, ci saranno frequenti flash-back temporali a cavallo del
conflitto; come già accennato, i primi anni
di guerra videro due prototipi di Sonnar da 90mm 1:1,5 e 400mm 1:1,4, dei quali
non sono attualmente disponibili
dati tecnici al riguardo o sezioni; terminato il conflitto, Ludwig Bertele fu
costretto ad espatriare negli States, assieme
ad altri eminenti cervelli tedeschi provenienti da varie discipline, nell'ambito
della Operation Paperclip, volta ad
assicurare agli U.S.A. la collaborazione ed il travaso tecnologico da parte dei
depositari della superiore tecnologia
nazi, e l'esempio più ecclatante fu il vettore Saturno per la missione Apollo,
realizzato col sinistro contributo di Von
Braun, il padre delle famigerate V1, V2 e chissà cos'altro rimasto a livello di
prototipo, mentre a più breve raggio
l'interesse era sfruttare le tecnologie tedesche per volgere a proprio favore la
guerra del Pacifico contro il Giappone,
che all'epoca infuriava ancora; Bertele rientrò nel 1947 e ben conoscendo lo
strazio della sua Germania, divisa in
blocchi fra le superpotenze ed ancora impegnata in una faticosa ripresa fra
macerie ed acuta penuria di materie prime,
decise di inaugurare una nuova vita accettando di collaborare con la Wild
Heerbrugg AG, una società specializzata
apparecchi metrici e per fotogrammetria, con sede ad Heerbrugg nel cantone S.
Gallo, in Svizzera, dove si insediò,
prese casa e trascorse serenamente il resto della sua esistenza, alternando alla
routine quotidiana come progettista
di obiettivi aero-fotorammetrici per Wild (come i celebri Aviotar, Universal
Aviogon o Super-Aviogon) gli ingaggi
"a gettone" da parte della neonata Zeiss di Oberkochen (un nome per
tutti: il Biogon 1:4,5 da 90°), senza tuttavia
trascurare, almeno nei primi lustri del dopoguerra, l'antico amore, il Sonnar,
cui dedicò ancora attenzione.
Proprio partendo dal concetto originale del Sonnar 50mm 1:1,5
a sette lenti, nel 1951 realizzò un prototipo intermedio
con angolo di campo di 35° e luminosità 1:2, che anticipò di poco la versione
definitiva Sonnar 85mm 1:2, progettata
per la Zeiss di Oberkochen e la sua rinata Contax a telemetro, e che costituiva
una significativa evoluzione dell'omologo
Sonnar 85mm 1:2 a sei lenti di inizio anni '30; quest'obiettivo entrò a far
parte anche del corredo Contarex e fu una
delle ultime versioni di Sonnar prodotta basandosi ancora sullo schema originale
del 1932
Il prototipo di Sonnar 1:2 con angolo di campo ridotto a 35° (la data 01/1952
si riferisce alla concessione
del brevetto tedesco), calcolato nel 1951 sulla base del Sonnar 1:1,5 originale,
costituisce la base per il
definitivo Sonnar 85mm 1:2 a sette lenti, praticamente identico, ben noto agli
utenti delle Contax IIa-IIIa
e Contarex
Il Sonnar 85mm 1:2 postbellico è praticamente identico al
prototipo illustrato in precedenza
e nella opzione Contarex rappresenta una delle ultime versioni di Sonnar ancora
prodotta basandosi sullo schema originale del 1932
Tornando idealmente agli anni precedenti il conflitto, Bertele
non poteva trascurare l'evoluzione del Sonnar 50mm
1:2, molto diffuso ed apprezzato, ed impostò l'operazione su due parametri:
A) aumentare ulteriormente la già elevata qualità di riproduzione
B) ampliare l'angolo di campo fino alla soglia dei grandangolari effettivi,
mantenendo la qualità e l'apertura 1:2 originale
Il primo prototipo per un Sonnar 50mm 1:2 vistosamente evoluto
fu calcolato da Bertele entro il 1937 e prevedeva
l'adozione di uno schema basato su sette lenti, con un membro posteriore
composto da un tripletto come nel Sonnar
1:1,5, ma caratterizzato da curvature e potenze sensibilmente differenti: in
questo caso ci troviamo in presenza di una
lente centrale biconvessa, dispersiva e con curvatura pronunciata, realizzata
con un vetro dall'indice di rifrazione
vistosamente inferiore a quello che caratterizza i due elementi attigui collati;
questo espediente avrebbe consentito
un evidente miglioramento di resa sul campo senza penalizzare l'apertura
massima, ma rimase a sua volta allo stadio
di prototipo, sacrificato sull'altare dell'assioma "squadra vincente non si
cambia".
L'evoluzione del Sonnar 50mm 1:2 prevista da Bertele nel 1937
e mai prodotta; l'inedito
tripletto posteriore prevede un elemento biconcavo dispersivo a bassa rifrazione
(1,5150)
collato a due lenti con rifrazione superiore (1,6200 ed 1,6682) ed avrebbe
consentito un
maggiore controllo delle aberrazioni residue; rimane il classico tripletto
anteriore di foggia
nota, autentica firma del tipo Sonnar, anche se in questi modelli particolari la
distribuzione
delle caratteristiche di rifrazione/dispersione è meno forzata rispetto agli
schemi originali
Nel dopoguerra Bertele lavorò molto su varianti del Sonnar
1:2 che garantissero un angolo di campo ben diversificato rispetto
ai 45° del modello base: dopo il già citato progetto da 35° che portò al
Sonnar 85mm 1:2, egli sviluppò ulteriormente lo schema
in direzione opposta, adottando sempre sei lenti come nel 50mm originale del
1932 ma inspessendo il doppietto posteriore ed
aumentando di diametro il menisco anteriore, fino ad arrivare a due prototipi:
il primo datato ottobre 1951 prevedeva un angolo
di campo di 55° ad 1:2 mentre il secondo, completato a fine 1952 - inizio
1953, garantiva 50° di campo, sempre ad 1:2; queste
opzioni, rimaste peraltro sulla carta, sono curiose in quanto sembrano
preconizzare il classico leggero grandangolo tuttofare
solitamente appannaggio di inespensivi apparecchi al base di gamma...Viceversa,
il Sonnar era un obiettivo costoso e dalla
realizzazione complessa, certo inadatto a questa categoria di apparecchi;
inoltre, per gli utenti smaliziati, c'erano già specifici
grandangolari fra i quali l'ottimo Biogon 35mm 1:2,8 che tratteremo in seguito.
Queste due realizzazioni postbelliche con luminosità 1:2 evidenziano la grande
flessibilità del progetto Sonnar,
che ben si adattava a schemi con angolo di campo ampiamente variabile dal
grandangolare al tele spinto
Con un ennesimo balzo temporale torniamo al 1938, poco dopo il prototipo per
l'evoluzione a sette lenti del Sonnar 50mm 1:2;
Bertele aveva ormai preso atto che il suo pupillo era un'autentica cannonata, in
grado di sopportare camaleontiche trasformazioni
ed adattamenti senza pregiudicare la sua proverbiale qualità; forse con
l'intento di creare un alternativa a 12 cilindri per l'immortale
Tessar, cavallo di battaglia per una miriade di apparecchi dall'inizio del
secolo, immaginò una versione semplificata a cinque lenti,
col tipico tripletto anteriore - uno dei due comuni denominatori della saga -
semplificato in doppietto, delegando ad una singola
lente collettiva l'azione precedentemente svolta da due; prevedendo uno spessore
per i menischi collati non superiore al 25% della
lunghezza focale ed un vetro per i suoi elementi dispersivi con indice di
rifrazione superiore ad 1,64, giunse al calcolo di un'opzione
con luminosità 1:2,8 ed angolo di campo di ben 60°, adatta all'uso generale su
apparecchi di gamma media, dove il Tessar spremuto
ad 1:2,8 era oltre i suoi limiti di progetto e non brillava come l'omologo
1:3,5; inoltre l'angolo di campo equivalente più o meno ad
un 38mm sul 24x36 ben si sposava con l'impiego generale disimpegnato ad ottica
fissa; anche questa versione, presentata nel Maggio
1938, non ebbe seguito commerciale, mentre avrebbe senz'altro trovato una sua
logica collocazione sul mercato, se i venti di guerra
non avessero raffreddato ogni entusiasmo.
Il Sonnar semplificato da 60° 1:2,8 del Maggio 1938 avrebbe
senz'altro incontrato un buon successo commerciale
su apparecchi di gamma media, sostituendo di fatto il Tessar 1:2,8 il cui
calcolo tirato per i capelli non garantiva
risultati eccelsi, mentre questo Sonnar "detuned" presentava
credenziali senz'altro migliori; notare il vetro con
rifrazione nD= 1,7620, davvero elevata per l'epoca e testimone dell'egemonia
tecnica Schott, mantenuta almeno
fino ai progetti di Sun per Kodak dei tempi di guerra
Rientrato dalla Operation Paperclip ed insediato ad Heerbrugg in Svizzera,
Bertele divise il suo tempo fra il calcolo del
nuovo obiettivo Aviar, base concettuale del famoso Aviogon, ed una ulteriore
versione del Sonnar 1:2,8 a cinque lenti,
simile al precedente ma con angolo di campo ridotto a 50°, il cui calcolo
prototipico fu completato nel Settembre 1947;
in particolare, questo progetto verte su una superiore correzione
dell'aberrazione sferica rispetto a progetti analoghi,
ridotta progressivamente i tre prototipi sequenziali fino a farla rientrare al
di sotto di 1/200 della lunghezza focale, una
correzione circa il 50% superiore rispetto alla "prior art",
inspessendo progressivamente la prima lente del membro
posteriore a discapito della seconda e provvedendo affiinchè: 1) la somma degli
indici di rifrazione del gruppo di lenti
dispersive e collettive del sistema differisca di >0,16 2) il raggio di
curvatura nella superficie collata del membro
posteriore sia <60% - >34% del fuoco totale dell'obiettivo 3) la somma
degli indici di rifrazione della prima e della
quinta lente sia >3,3; anche per questa versione valgono le considerazioni
espresse per la precedente, a maggior
ragione nell'immediato dopoguerra, dove fra penuria di materiali e macchinari e
con l'economia tedesca disastrata
un obiettivo semplificato e di minori pretese avrebbe avuto maggiori chances di
affermarsi; nonostante queste logiche
considerazioni anche questo progetto rimase tale, e del resto il suo brevetto è
registrato a Ludwig Bertele, Heerbrugg
a titolo personale, senza alcun committente, prova che il grande matematico,
ormai nel pieno della maturità ed avviato
ad una seconda vita come progettista di supergrandangolari fotogrammetrici,
amava tornare sui propri passi e rivedere
il grande progetto che illuminò i suoi anni giovanili.
un'altra versione, datata 1947, del Sonnar "depotenziato" ad
1:2,8, idoneo a molti apparecchi
di gamma intermedia e con spazio sufficiente per l'otturatore centrale,
progettato da Bertele senza
particolari commissioni esterne e realizzato forse anche per il mero piacere di
ritornare sui passi dei
propri esordi gloriosi
Tornando agli anni '30, fin dagli esordi il sistema Contax fu adottato dai più
accreditati fotografi che celebravano il reich
della croce uncinata, e a tale proposito le imminenti olimpiadi di Berlino
costituivano una ghiotta occasione per la propaganda
di regine ed ovviamente ai fotografi venne raccomandato con grande anticipo di
immortalare con enfasi e a pieno formato
il fuehrer e la nomenklatura del regine in pose più o meno marziali, cosa che
visto l'evolversi dinamico degli eventi e la grande
distanza forzatamente interposta richiedeva a gran voce l'impiego di un potente
teleobiettivo dalla elevatissima luminosità, dal
momento che il 180mm 1:6,3 Tele-Tessar di Willy Mertè era un onesto obiettivo
ma inadatto ad un reportage d'assalto a
mano libera; le pressioni esercitate sulla Zeiss imposero a Ludwig Bertele di
calcolare un Sonnar da 180mm, che per tenere
fede al suo nome esibiva la luminosità massima di 1:2,8, ancora elevata ai
giorni nostri e sbalorditiva nel 1936; quest'obiettivo,
che sarebbe stato per decenni un'icona dello strapotere tecnico Zeiss, sfruttava
i due membri anteriori di tipica estrazione
Sonnar, mentre il ridotto angolo di campo permise di ridurre il gruppo
posteriore ad una singola lente quasi piano-parallela;
l'obiettivo, prima accoppiato al telemetro della Contax I e poi,
precauzionalmente, realizzato in montatura corta per una
cassetta reflex aggiuntiva (guai a sfuocare i baffi del fuehrer!) si
caratterizzava per una resa ottica pastosa e brillante e le
immagini eseguite a Berlino con esso, soggetti a parte, sono di elevatissima
qualità; anche l'estetica imponente e sobria
ad un tempo fa parte della sua mistica, e si può dire che l'Olympia-Sonnar
(così battezzato per l'occasione) 180mm 1:2,8
sia una pietra miliare dell'ottica moderna ed una chiara testimonianza delle
potenzialità insite nel neonato tipo ottico.
l'Olympia-Sonnar 180mm 1:2,8 del 1936, straordinario obiettivo, si basa su un
classico impianto
Sonnar col membro posteriore ridotto a lente singola grazie alle diverse
esigenze di correzione
legate al suo ridotto angolo di campo; un obiettivo che per decenni non ebbe
rivali, un'icona
Zeiss che rende onore all'idea geniale di Bertele: peccato solamente per le
circostanze legate alla
sua origine....
L'Olympia-Sonnar 180mm 1:2,8 del 1936 lascia ancora
impressionati gli esperti attuali per le sue ardite caratteristiche,
tuttavia il vero potenziale di questo schema era forse ignoto allo stesso
progettista, dal momento che da questa configurazione
Bertele fu in grado di ricavare due prototipi, calcolati nel Luglio 1937 - al
culmine dello strapotere tedesco - con angolo di
campo leggermente superiore (20°, equivalenti all'incirca ad un 120mm sul
24x36) e l'incredibile luminosità di 1:1,2, cioè
2,5 stop in più rispetto al già eccezionale 1:2,8! l'esistenza di questi
progetti, probabilmente già indirizzati ad esigenze
militari, era sconosciuta e sono lieto di squarciare in anteprima il velo su
realizzazioni così notevoli, rese possibili dal consueto
trucco di inspessire il tripletto collato anteriore per conseguire una
favorevole curva dell'aberrazione sferica: in questo caso
lo spessore del menisco composto è pari o superiore al 40% della lunghezza
focale complessiva.
in anteprima assoluta, gli schemi ottici e le caratteristiche dei vetri relativi
ai due prototipi
di Sonnar da 20° progettati da Bertele nel 1937 ed accreditati dell'incredibile
luminosità di 1:1,2;
anche questi prototipi estremi si avvalgono del classico tripletto collato, filo
conduttore del progetto
Sonnar, caratterizzato dalle due tipiche lenti collettive anteriori e dalla
collettiva posteriore che agiscono
reciprocamente in modo da attuare una correzione cromatica opposta per i raggi
luminosi in entrata
o in uscita; nel secondo prototipo la lente singola posteriore è sdoppiata in
due elementi spaziati e
realizzati con la stessa varietà di vetro, forse per aggiustamenti fini della
distorsione e della curvatura
di campo; sono probabilmente progetti che occhieggiano ad esigenze militari e
che forniscono un
quadro eloquente circa le possibilità quasi illimitate garantite dal concetto
Sonnar
Nel 1950 Bertele, soddisfatto per l'Universal Aviogon appena
calcolato e che si avviava a divenire un classico
dell'aerofotogrammetria, si rilassò rimettendo mano nuovamente ai suoi progetti
giovanili, interpretando il classico
Sonnar 180mm 1:2,8 alla luce delle sue reiterate esperienze, anche se il
progetto era nato quasi perfetto e nei due
prototipi teorizzati nel Giugno di quell'anno evidenziano soltanto variabili
minori, una delle quali è eventualmente
rappresentata dalla spaziatura ad aria di una/di tutte le lenti del celebre
tripletto anteriore, resa possibile dai nuovi
trattamenti antiriflessi, un particolare rimarcato specificamente da Bertele che
deve aver gioito per questo progresso,
dopo decenni passati a lottare con un massimo numero di passaggi ad aria
fisicamente imposto!
l'interpretazione del Sonnar 180mm 1:2,8 del Giugno 1950 resta perfettamente
nell'alveo
dell'Olympia-Sonnar originale del 1936, obiettivo nato praticamente perfetto, la
cui genialità
va di pari passo con la semplicità realizzativa, che non richiede vetri
particolarmente esotici;
l'opzione della spaziatura ad aria del tripletto grazie agli antiriflessi è
l'unica, vera novità di rilievo
L'ultimo cimento di Bertele con il grande progetto della sua
vita è datato Marzo 1954 e va nella direzione minimalista della
rarefazione, preconizzando un Sonnar tele 1:2,8 realizzato con sole quattro
lenti, come il classico 135mm 1:4 del 1932, senza
particolari "giochetti" con la rifrazione/la dispersione dei vetri,
semplice come le opere d'arte dell'artista maturo.
Il Sonnar 1:2,8 del 1954, un progetto semplice e senza
fronzoli, trucchi e forzature,
figlio di un progettista ormai al culmine della sua maturità
L'ultima trasformazione del multiforme tipo Sonnar è relativa
alla sua opzione realmente grandangolare, nell'ambito di una
copertura equivalente ad una focale 35mm nel formato 24x36; il sistema Contax fu
lanciato aggressivamente sul mercato
e rapidamente si ammantò dell'allure di apparecchio d'elìte, in grado di
affrontare qualunque cimento con risultati professionali,
coadiuvato dalla mitica batteria di Sonnar che ben presto gli fu affiancata e da
altri obiettivi di contorno comunque accomunati
dalla qualità Zeiss Ikon; tuttavia, sebbene all'epoca le pretese nel campo
grandangolare fossero davvero assai blande rispetto
alle consuetudini correnti, non si può negare che il settore costituisse
l'unica, minuscola zona morta di un sistema eccezionale:
ne' il Tessar 28mm 1:8 - non accoppiato al telemetro e con luminosità ridicola
- nè il 35mm 1:4,5 Orthometar - corretto ma
a sua volta poco luminoso per la focale non esasperata - assurgevano al
lignaggio ed alla luminosità che caratterizzava le focali
superiori di uso più corrente, e Bertele ne fu cosciente fin dagli esordi del
sistema; infatti il successivo e celebre Biogon 35mm
1:2,8, a sua volta ennesima e geniale evoluzione del Sonnar, fu lanciato non
prima del 1937, a cinque anni dal lancio della Contax,
tuttavia lo stesso Bertele aveva realizzato il calcolo per un prototipo
preliminare entro la metà del 1934, molto più strettamente
imparentato col Sonnar classico a sette lenti rispetto alla versione definitiva
di tre anni dopo: evidentemente il perfezionista
Bertele lavorò di fino sulle spigolature del progetto, accumulando tuttavia un
ritardo che - se azzerato - avrebbe davvero
consentito di spiazzare ogni avversario sul mercato per tutto il decennio.
lo sconosciuto prototipo del Giugno 1934 alla base del
progetto Biogon 35mm 1:2,8, lanciato sul
mercato tre anni più tardi; pur con le proporzioni stravolte, è facile
rilevare il fingerprint Sonnar in
questo progetto grandangolare non retrofocus, a cominciare dal tipico tripletto
anteriore con due lenti
collettive ed una dispersiva fino al membro posteriore, analogo come concetto al
Sonnar 1:1,5
salvo per la spaziatura ad aria degli ultimi due elementi; sono concettualmente
analoghe al Sonnar
originale anche le reciproche relazioni fra rifrazione e dispersione nei vari
gruppi; se l'obiettivo fosse
stato rapidamente commercializzato, in quel 1934 il parco ottiche Contax sarebbe
stato di un
altro pianeta sia per qualità che per luminosità
il progetto definitivo, commercializzato nel 1937, evidenzia
le profonde evoluzioni messe in
atto rispetto al prototipo del 1934, pur basandosi chiaramente su questa prima
ipotesi; in
particolare, il tipico tripletto anteriore è stato ridotto a doppietto,
sostituendo le due lenti
collettive anteriori con una singola che svolge funzioni analoghe; è stata
lasciata la lente d'aria
posteriore ma l'ultimo elemento è stato trasformato in un doppietto; anche
quest'obiettivo ha acquisito
un'invidiabile reputazione per la sua resa ottica, diventando un mito alla
stregua del successivo
ed omonimo Biogon 1:4,5 da 90° dei primi anni '50; una caratteristica
dell'ottica è rappresentata
dall'ultima lente di grande diametro che entra profondamente nel corpo Contax
fin quasi a sfiorare
l'otturatore
Rientrato dalla parentesi americana, durante la quale evidentemente dev'essersi
annoiato, Bertele mise mano non soltanto
ai Sonnar di focale normale ma realizzò un magnifico studio sul Biogon 35mm
1:2,8, concependo sul finire del 1947 tre
prototipi evoluti, mai giunti in produzione, i cui membri posteriori -
costituiti da due tripletti collati - si basano sui concetti
del Sonnar 50mm 1:2 prototipo del 1937 e sono costituiti da una lente centrale
biconcava dispersiva; anche se queste opzioni
non vennero prodotte sono senz'altro estremamente interessanti dal punto di
vista ottico.
i tre magnifici prototipi relativi all'evoluzione del Biogon 35mm 1:2,8,
concepiti dal Bertele nel 1947, sono
molto interessanti e presentano un netto passo avanti progettuale, evidenziato
dal doppio tripletto posteriore
con lente centrale dispersiva fortemente incurvata; non furono mai prodotti,
forse anche per le impegnative
esigenze legate all'ingombro posteriore
Negli anni immediatamente successivi la Zeiss occidentale si
era riorganizzata avviando la produzione di una versione
rivista e corretta della Contax, ottimizzata e semplificata nei settori
eccessivamente complessi e logorroici, come il
famigerato otturatore a saracinesca in lamine di ottone smaltato, fonte di
malfunzionamenti; il nuovo otturatore impiegava
lamelle in alluminio le quali, non possedendo le caratteristiche meccaniche di
resistenza alla trazione dell'ottone di alta
qualità, erano state adeguatamente irrobustite, dando vita ad un otturatore
più affidabile ma anche più ingombrante, il
cui spessore interferiva con la lente posteriore del Biogon 35mm 1:2,8
prebellico; Bertele corse ai ripari progettando
una nuova versione di Biogon che adottava la struttura anteriore della versione
prebellica con l'aggiunta di un membro
posteriore più semplice, assai affine a quello del prototipo originale del
1934, composto da un doppietto con secondo
elemento molto spesso e curvatura collettiva rivolta verso il diaframma con
l'aggiunta di un menisco posteriore spaziato
ad aria, il tutto concepito in modo da lasciare lo spazio necessario al
funzionamento del nuovo otturatore.
Il Biogon 35mm 1:2,8 postbellico mantiene intatto tutto il suo
fingerprint Sonnar, l'ennesima
riprova dell'eccezionale versatilità di questo fortunato schema ottico; va
sottolineato con
particolare evidenza il fatto che l'ingegnosità della concezione non richiedeva
l'utilizzo di vetri
ottici dalle caratteristiche esasperate, anche se in quel 1950 sarebbero state
disponibili
versioni più spinte
Biogon 35mm 1:2,8 pre e postbellico: le maggiori evoluzioni
riguardano il membro posteriore, opportunamente rimaneggiato per
ridurre i diametri e gli ingombri e favorire il corretto funzionamento
dell'otturatore sulle Contax IIa e IIIa, più spesso di quello anteguerra
In definitiva, Ludwig Jakob Bertele è un genio dotato di
titanica vivacità intellettuale, che con due felici intuizioni giovanili
ha cambiato per sempre il mondo dell'ottica e della fotografia, due marker
indelebili che hanno accompagnato l'avvincente
storia del tipo Sonnar, caratterizzando la struttura di tutte le innumerevoli e
spesso stupefacenti versioni, sia di produzione
che prototipiche, e la cui saga, iniziata con i magistrali Ernostar dei primi
anni '20 e terminata con le mature versioni anni '50,
ha illuminato di luce abbagliante la storia dell'ottica moderna e la sua
straordinaria vita; dedico questo lungo e doveroso
profilo all'uomo che più di ogni altro ha saputo domare la luce fino agli
estremi limiti umani.
a Ludwig Jakob Bertele (1900-1985)
padre, mentore, fratello ed amico mai incontrato in questa vita
(Marco Cavina)
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