ANGENIEUX  180mm f/2,3 APO DEM  E  200mm f/2,8  APO  DEM :

DUE  TELE  LUMINOSI  DEL  RECENTE  PASSATO


01/06/2007

 

Fra i primi anni '80 ed i primi anni '90 la Angenieux - forte della sua invidiabile reputazione nel campo
dell'ottica - decise di cimentarsi sul mercato anche nel settore degli obiettivi intercambiabili destinati alla
fotografia 35mm amatoriale e professionale, proponendo una ridotta ma invidiatissima gamma di obiettivi
universali, anche se - visto il prezzo ed il blasone - questo aggettivo è davvero poco appropriato; il mito
che aleggiava attorno al celebre brand francese era ancora ben saldo nei cuori degli appassionati, e ben
presto l'Angenieux in attacco Canon, Nikon o Leica divenne il sogno nel cassetto di molti, raffinati fotografi,
disposti a spendere una piccola fortuna per montare sul proprio corpo macchina un gioiello made in St. Heand
e sentirsi parte della ristretta schiera di fortunati utenti, che annoverava i più celebri registi cinematografici e
addirittura gli astronauti della prima missione Apollo sulla Luna, filmati dal modulo LEM con uno zoom Angenieux!

La disponibilità di focali fu molto ristretta: inizialmente furono lanciati due zoom in grado di coprire le esigenze di base,
ovvero un 35-70mm f/2,5-3,3 ed un 70-210mm f/3,5, cui fecero seguito due teleobiettivi a focale fissa caratterizzati
da luminosità molto elevata e correzione APO, i chiacchierati 180mm f/2,3 e 200mm f/2,8 APO DEM, per finire con
l'unica realizzazione autofocus, il celebre 28-70mm f/2,6 AF, il cui progetto fu successivamente ceduto alla Tokina che
continuò a produrlo come Tokina AT-X PRO; la sfortuna dell'Angenieux in questa effimera e poco remunerativa esperienza
fu rappresentata dall'incredibile accelerazione tecnologica di quegli anni, in cui i sistemi autofocus sbocciarono, si evolvettero
e si affermarono a ritmi serrati, imponendo nuovi standard negli attacchi al corpo macchina, caratterizzati da interfacce elettroniche,
contattiere striscianti sulle ghiere di regolazione e soprattutto ROM interne agli obiettivi stessi: le grandi Case non hanno mai
visto di buon occhio l'intrusione del mitico marchio francese nel loro orticello, negandogli la fornitura dei dati ROM e di altri
dati chiave delle nuove realizzazioni, obbligando l'Angenieux a realizzarli in proprio; a questa situazione si aggiunse il prezzo
di listino molto elevato,  la politica commerciale degli importatori nazionali - davvero poco aggressiva - e della Angenieux stessa,
che imponeva acquisti cumulativi di altri prodotti (es: binocoli) per ottenere gli agognati obiettivi (come mi fu riferito direttamente
da un amico francese, commerciante del settore, che nel 1992 andò direttamente a St. Heand per acquistare quattro zoom
28-70/2,6 AF - uno dei quali per me - e si vide "costretto" ad aggiungere altra mercanzia non richiesta in cambio del "grande
privilegio" di ottenere i nuovi zoom AF...); il colpo di grazia venne dalla traballante gestione dell'azienda, che sotto commissariamento
fu obbligata ad abbandonare il settore fotografico per dedicarsi unicamente al cinema ed alle forniture militari.

In questa sede sveleremo i segreti che stanno sotto la pelle delle due focali fisse, che a suo tempo destarono molto interesse, in
special modo la versione 180mm f/2,3, estremamente luminosa, che al momento del lancio sedusse molti fotografi inducendoli
ad abbandonare in suo favore il classico 180mm f/2,8  di casa; in effetti queste realizzazioni esercitavano un fascino
indiscreto per varie ragioni: erano molto luminose, portavano con orgoglio un blasone ormai mitico e si avvalevano di
una tecnologia estremamente avanzata con correzione apocromatica  ed il sistema di messa a fuoco interna DEM; soprattutto -
e questo era ignoto all'utente generico - erano stati progettati e brevettati dall'anziano ed esperto Pierre Angenieux in persona,
nel corso del 1985, a 35 anni di distanza dal suo primo, celebre brevetto, un Gauss normale di luminosità f/1; purtroppo i test
strumentali ed i riscontri sul campo non confermarono le grandi aspettative della vigilia, ed anche la resa dello sfuocato fu
definita "marmellatosa" (SIC), nonostante il grande know-how cinematografico della Casa ed il sofisticato sistema di messa
a fuoco col movimento asincrono di due gruppi interni diversi.



la pagina dedicata all'Angenieux 180mm f/2,3 APO DEM sulla brochure 1992; il sofisticato sistema di messa
a fuoco interna viene giustamente messo in risalto, garantendo resa altissima a tutte le distanze.
Il Concorde, la bella donna, il tricolore francese: sono presenti tutti i simboli della grandèur transalpina!

 

l'omologa pagina dedicata alla versione 200mm  f/2,8; curiosamente, viene definito "ED" anzichè "APO",
nel disperato tentativo di differenziare concettualmente due ottiche molto simili come caratteristiche
geometriche e che - come vedremo dagli inediti estratti del progetto - sono state in realtà progettate
assieme, sull'identico schema ottico e con identica scelta di vetri...

credits: pictures (2) Angenieux

 

Pierre Angenieux completò il progetto e lo presentò per la registrazione nel primi giorni di Dicembre
del 1985; come anticipato, i due obiettivi sono praticamente gemelli, dal momento che furono calcolati
simultaneamente, utilizzando lo stesso schema ottico e gli stessi tipi di vetri in tutte otto le lenti; dal
punto di vista tecnico si tratta senz'altro di obiettivi molto moderni per l'epoca, come gli schemi che
ho realizzato possono confermare.




gli inediti schemi relativi al 180mm f/2,3 APO, visto in posizione di infinito ed in quella di messa a fuoco minima
(1,8m); si può notare come il sistema DEM di messa a fuoco interna - giustamente strombazzato dal marketing -
fosse davvero sofisticato, dal momento che chiama in causa ben due gruppi ottici diversi, caratterizzati da
movimento asincrono ed indipendente sia l'uno dall'altro sia dal resto dello schema ottico; in particolare, il
gruppo costituito dalle lenti L7-L8 avanzava vistosamente, provvedendo alla massa a fuoco di base, mentre
il gruppo L2-L3 avanzava in modo meno percettibile, correggendo - come spiegato da Pierre Angenieux
in persona - varie aberrazioni tipiche della distanza ravvicinata, in particolare il coma, classica bestia nera
di obiettivi così luminosi; i vetri adottati sono altrettanto avanzati, dal momento che sei elementi su otto sono
realizzati con materiale ad alta rifrazione, con nD compreso fra 1,728 ed 1,806, mentre la lente L2 è stata
sbozzata da un fluor krown glass a bassa dispersione, il classico vetro ED commerciale ampiamente utilizzato
anche da Canon, Nikon, Pentax e molti altri, corrispondente alla classificazione Schott PK-52A e dotato
di un numero di Abbe molto elevato (81,6); questa lente è collata in doppietto ad un'altra realizzata con
un vetro antagonista ad alta rifrazione (nD= 1,785) ed alta dispersione (vD= 25,9), realizzando così un
classico e potente doppietto acromatico

 

il 200mm f/2,8 ED DEM è praticamente identico, condivide la stessa scelta di vetri ed anch'esso
si avvale del sofisticato sistema di messa a fuoco interna composita per scendere fino alla distanza
di messa a fuoco minima, in questo caso 2,15m; quest'obiettivo ha incontrato molto meno successo
della versione 180mm ed è molto raro: probabilmente la luminosità f/2,3 del modello più corto era
un forte richiamo, mentre un 200mm f/2,8 era senz'altro meno eclatante

 

la grande attenzione dedicata in sede di progetto alla resa sulle brevi distanze è confermata dalle caratteristiche
ottiche allegate al progetto originale, dove sono presenti diagrammi riferiti sia ad infinito che alla coniugata più
ridotta; effettivamente la correzione si mantiene costante, mentre un effetto collaterale del sistema di messa a
fuoco DEM è rappresentato dall'andamento della distorsione, che passa da segno negativo a positivo, restando
comunque su livelli di eccellenza, al di sotto dello 0,5%

 

I due obiettivi condividevano anche una meccanica molto simile, realizzata in lega leggera, una scelta moderata e sicura
dopo la presa di campo anticonformista del primo zoom 35-70/2,5-3,3, caratterizzato da uno sconcertante barilotto
esterno in resina policarbonato che fece storcere il naso ai potenziali clienti, nonostante un istrionico PR alla Photokina
giurasse sulla sua estrema robustezza, scagliando l'obiettivo in terra e saltandoci letteralmente sopra.... Entrambi pesavano
quasi 1kg (rispettivamente 995g e 945g), un fardello non certo trascurabile per focali fisse da reportage, e adottavano
costosi filtri da 82mm; quando la produzione fu a regime, il 180mm veniva fornito in attacco fisso Canon FD, Contax-
Yashica, Minolta MD, Nikon Ai, Olympus OM e Pentax KA; come potete notare non è disponibile l'attacco Leica-R.

La versione 200mm f/2,8 ED arrivò sul mercato italiano con un certo ritardo rispetto al 180mm f/2,3, comparendo a
listino soltanto nel 1989, confermando come l'interesse dell'importatore fosse accentrato sul più appariscente 180mm;
l'impressione di "cenerentolo" del gruppo è confermata anche dal prezzo nettamente differenziato: il 180mm f/2,3 era
proposto all'astronomica cifra di 2.900.000 lire, mentre il 200mm f/2,8 costava "solamente" 2.100.000 lire, una
differenza che commercialmente si poteva giustificare con la luminosità superiore, ma resta inspiegabile da punto di
vista realizzativo, dato che le ottiche sono pressochè identiche ed i costi di produzione probabilmente si equivalevano!

Un'altra anomalia, legata sempre e probabilmente a scelte commerciali dell'importatore, riguarda gli attacchi disponibili
per il 200mm f/2,8 ED DEM: la scelta è ridotta a soli quattro attacchi, ma in questo caso è presente la versione Leica R
(a fare compagnia a Canon FD, Contax-Yashica e Nikon Ai); visto che venivano importati col contagocce, praticamente
quasi su ordinazione, non è escluso che ci siano in circolazione esemplari con attacchi "non convenzionali"; a titolo di
confronto, nello stesso periodo un Canon FD 200mm f/2,8 costava 1.165.000 lire, un Minolta MD 200mm f/2,8
1.190.000 lire, un Nikkor 180mm f/2,8 ED autofocus 1.440.000 lire ed un Olympus OM Zuiko 180mm f/2,8 1.460.000 lire;
il più economico Angenieux sarebbe stato concorrenziale con il Pentax 200mm f/2,8 A Star ED (2.000.000 di lire) e
con il Minolta AF 200mm f/2,8 APO II (2.130.000 lire), anche se quest'ultimo era molto avvantaggiato dall'AF, ma
era fuori prezzo rispetto alla citata concorrenza, anche se in effetti Canon FD, Minolta MD ed Olympus OM non
potevano vantare una correzione apocromatica.

Il 180mm f/2,3 APO DEM poteva insidiare lo Zeiss Sonnar per Contax (proposto ad un prezzo, effettivamente smodato,
di 2.750.000 lire), ma il suo vero terreno di caccia sarebbero stati i 180mm Leica-R, dall'alto dei 3.460.000 lire
dell'Elmarit f/2,8 e soprattutto dei 4.120.000 lire dell'Apo-Telyt f/3,4; invece - inspiegabilmente - sul mercato italiano
l'Angenieux 180mm f/2,3 APO DEM non era fornito in attacco Leica, nonostante la casa fosse l'unica ad avere il
lignaggio per convincere un Leicista ad acquistare un obiettivo universale, come aveva già confermato il buon trend
di vendite degli zoom 35-70mm e 70-210mm, nonostante il loro prezzo in attacco Leica R fosse addirittura superiore
di un buon 15% rispetto alle altre versioni (probabilmente per rojalties pagate sull'usufrutto della baionetta...); su altri
mercati, invece, il 180mm f/2,3 APO DEM era disponibile anche in attacco Leica R con un inedito collare per il
montaggio su treppiedi, e qualche orgoglioso utente, lasciandosi andare ad un entusiasmo forse eccessivo, proclamava
che la sua resa fosse paragonabile a quella, effettivamente inarrivabile, del 180mm f/3,4 APO di casa Leitz....

Pasticci commerciali, prezzo elevato, disponibilità ischemica e report non esaltanti flagellarono come pioggia gelata
la parabola commerciale di questi specialissimi obiettivi, oggi piuttosto rari e certamente significativi testimoni di
un magico momento in cui una Casa mitica come la Angenieux smise per un attimo di contemplare le stelle e si
degnò di concedere un fugace sguardo, il tempo di un attimo, anche a noi fotoamatori, comuni mortali.


MARCOMETRO




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PER  LE PAROLE  CHE  NON  CI  HANNO  DETTO  E  CHE  SOLO  IL

CUORE  PUO'  SENTIRE



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